LE FORME DI MANIFESTAZIONE DEL CONSENSO
Il contratto collettivo può entrare a far parte del rapporto individuale di lavoro. In
particolare, con le forme di manifestazione della volontà del lavoratore di accettare
quella disciplina collettiva. Una prima modalità, molto diffusa, è quella in cui
l’adesione al contratto collettivo avviene attraverso l’iscrizione del lavoratore a
un’associazione sindacale. In questo caso, è lo statuto del sindacato a stabilire che il
socio è vincolato ai contratti collettivi sottoscritti dall’associazione. Quindi, la volontà
non viene espressa direttamente rispetto al contratto, ma in modo indiretto tramite
l’adesione al sindacato stesso. Questo vincolo continua finché dura l’iscrizione, ma in
alcuni casi può prolungarsi anche dopo l’eventuale recesso, ad esempio se lo statuto
lo prevede o se si è fatto affidamento su quella partecipazione. Una seconda forma è
quella in cui la volontà di aderire al contratto collettivo viene espressa direttamente
dal lavoratore, senza passare per l’associazione. In questi casi, il lavoratore manifesta
in modo chiaro la volontà di accettare quel contratto come parte del proprio rapporto
di lavoro. Questo può avvenire in modi diversi: in forma scritta, verbale oppure anche
in modo implicito, come attraverso il comportamento tenuto nel tempo, cioè
applicando di fatto quel contratto nella quotidianità lavorativa. Il testo precisa anche
un punto importante: una volta che questa volontà è stata espressa, non è detto che il
vincolo al contratto collettivo possa cessare in modo unilaterale. Cioè, non basta che
una parte – ad esempio il lavoratore – cambi idea, perché quel legame venga meno. È
possibile prevedere il recesso, ma questo dev’essere disciplinato chiaramente,
altrimenti il vincolo resta. In conclusione, il contratto collettivo può entrare nel
rapporto individuale sia per effetto dell’iscrizione a un sindacato, sia per volontà
espressa direttamente dal lavoratore, e questa volontà può essere anche implicita. In
ogni caso, si tratta di un vincolo che ha effetti giuridici reali e che non può essere
annullato facilmente.
IL CONSENSO DEL DATORE DI LAVORO AL CONTRATTO COLLETTIVO
ACQUISITIVO E LA SUA INCENTIVAZIONE
Un aspetto importante del contratto collettivo è il consenso del datore di lavoro, che
può portare all'applicazione del contratto anche nei confronti dei lavoratori non iscritti
a un sindacato. Questo consenso può essere espresso attraverso il rinvio nel contratto
individuale o può derivare da un comportamento costante del datore, che applica
sistematicamente le clausole del contratto collettivo. L’applicazione può avvenire
anche se il contratto collettivo è stato stipulato da sindacati ai quali il datore non è
iscritto. L’importante è che vi sia una volontà esplicita o implicita del datore di
applicarlo. Questo accade soprattutto nel caso dei contratti collettivi aziendali, che
spesso vengono applicati a tutti i lavoratori, anche a quelli non iscritti ai sindacati
stipulanti. Un secondo punto riguarda l’uso del contratto collettivo come condizione
per accedere a benefici pubblici o fiscali. Ad esempio, lo Stato può richiedere
l’applicazione di un contratto collettivo per concedere agevolazioni come la riduzione
di contributi o l’accesso a sgravi fiscali. In questo contesto, il contratto collettivo viene
utilizzato per selezionare le imprese meritevoli, premiando quelle che rispettano gli
standard fissati dalla contrattazione. Un esempio specifico è quello degli appalti
pubblici, dove spesso nei bandi viene richiesto il rispetto di determinati contratti
collettivi, anche attraverso l’inserimento nei capitolati di clausole che vincolano gli
aggiudicatari all’applicazione delle condizioni contrattuali previste. Queste clausole,
seppur non sempre previste dalla legge, sono ammesse dalla giurisprudenza. Infine,
c'è il tema dell’efficacia esterna della contrattazione collettiva, cioè verso i lavoratori
non direttamente coinvolti nel contratto. Se un’impresa applica stabilmente un
contratto collettivo, i lavoratori possono rivendicare il trattamento previsto da quel
contratto, purché dimostrino che l’azienda lo ha effettivamente adottato. In questo
caso, è fondamentale la prova della deduzione e dell’accettazione da parte del datore.
IL PROBLEMA DELL’EFFICACIA GENERALE DEL CONTRATTO
COLLETTIVO ACQUISITIVO
La Costituzione italiana, all’articolo 39, comma 4, prevede un meccanismo per
conferire efficacia generale ai contratti collettivi stipulati dai sindacati registrati e
rappresentativi. Tuttavia, questo sistema non è mai stato attuato, e ciò ha spinto a
ricercare soluzioni alternative, spesso complesse e incerte. Uno degli strumenti
utilizzati è stato quello di far intervenire la legge per riprendere i contenuti dei
contratti collettivi, ma questo è risultato in contrasto con la Costituzione, che vieta una
"ricezione legislativa generalizzata" dei contenuti negoziali, poiché equivarrebbe a
trasformare la contrattazione collettiva in legge, snaturandone l’autonomia. Un
esempio significativo è stata la legge Vigorelli del 1959, che autorizzava il governo a
emanare decreti con clausole normative vincolanti per tutti i datori di lavoro della
categoria. Questo sistema fu salvato solo in parte dalla Corte costituzionale, che ne
limitò l’applicazione solo alle clausole normative e minime inderogabili. Tali decreti,
quindi, hanno avuto valore solo per stabilire i minimi di trattamento economico, e
hanno lasciato spazio a successive trattative per miglioramenti, ma hanno anche
creato una rigidità, rendendo difficile l’evoluzione dei nuovi contratti. Per quei
lavoratori non coperti dai contratti collettivi aggiornati, la giurisprudenza ha garantito
la tutela del minimo retributivo sufficiente attraverso l’articolo 36 della Costituzione. I
giudici utilizzano come parametro le retribuzioni previste nei contratti collettivi del
settore, ma non estendono formalmente il contratto collettivo, bensì si limitano ad
applicare un criterio di sufficienza economica. La Corte e la dottrina ritengono
legittimo che la legge utilizzi i contratti collettivi per determinare la retribuzione
imponibile ai fini previdenziali. Questi riferimenti non hanno efficacia generale sul
rapporto di lavoro, ma si limitano a definire importi utili per calcoli contributivi, quindi
non violano la Costituzione. Al contrario, sono molto criticate le tesi secondo cui il
contratto collettivo sarebbe automaticamente vincolante per tutti i datori di lavoro
della categoria, anche senza la procedura prevista dall’art. 39 Cost., perché ciò
equivarrebbe ad aggirare il sistema costituzionale. L’idea che basti la firma dei
sindacati “maggiormente rappresentativi” per rendere efficace un contratto collettivo
per tutti, non trova un fondamento normativo solido. Inoltre, si scontra con il principio
costituzionale di rappresentanza proporzionale, che richiede una verifica oggettiva
della rappresentatività di ciascun sindacato all’interno della categoria. Nemmeno
l’ipotesi di efficacia generale per i sindacati che rappresentano la maggioranza nel
complesso sistema sindacale appare compatibile con la Costituzione, perché non
garantisce adeguata tutela alle minoranze e rischia di escludere il necessario
pluralismo all’interno del sistema contrattuale.
IL CONSENSO DEL LAVORATORE AL CONTRATTO COLLETTIVO
ABLATIVO O GESTIONALE E LA SUA INCENTIVAZIONE
Nel contratto collettivo ablativo o gestionale, di solito a livello aziendale, si presume il
consenso del datore di lavoro. Tuttavia, il dissenso può emergere da singoli lavoratori o
gruppi svantaggiati rispetto ad altri dalla gestione concordata. L’iscrizione al sindacato
stipulante da parte del lavoratore è considerata espressione di consenso ai contratti
collettivi, anche peggiorativi. Tuttavia, il lavoratore può revocare l’iscrizione prima
della firma del contratto per sottrarsi agli effetti. Chi non è iscritto al sindacato
stipulante non è vincolato al contratto. Il consenso può anche essere dato
esplicitamente o per fatti concludenti, ma solo se si riferisce all’intero sistema
contrattuale (es. accettare tutte le condizioni dell’area sindacale che ha firmato il
contratto). Il problema si pone soprattutto quando il lavoratore è vincolato al rispetto
di un contratto collettivo peggiorativo per accedere o mantenere il lavoro. Qui si parla
di incentivazione al consenso, che può avvenire: All’assunzione, quando il datore
condiziona l’assunzione all’accettazione della disciplina collettiva applicata in azienda.
Durante il rapporto di lavoro, solo se il contratto collettivo prevede vantaggi oltre a
condizioni sfavorevoli. In tal caso, il lavoratore può essere costretto ad accettare
l’intero contratto per ottenere quei benefici. Se il beneficio è la conservazione del
posto di lavoro, il lavoratore può rifiutare il contratto collettivo solo se è chiarito che
ciò comporterebbe automaticamente la perdita del posto, come accade nei casi di
licenziamenti collettivi o trasferimenti d’azienda. Il consenso del lavoratore al
contratto collettivo, soprattutto in caso di contratti peggiorativi, può essere incentivato
o presunto, ma non sempre è libero. Le dinamiche di assunzione e permanenza nel
lavoro possono condizionare fortemente questa scelta.
IL PROBLEMA DELL’EFFICACIA GENERALE DEL CONTRATTO
COLLETTIVO ABLATIVO O GESTIONALE
Uno dei temi più delicati del diritto sindacale riguarda l’efficacia generale dei contratti
collettivi, in particolare quelli di tipo ablativo o gestionale, ossia quei contratti che
incidono in modo significativo sulle condizioni individuali del lavoratore, talvolta anche
in senso peggiorativo. Il punto centrale è se questi contratti possano vincolare anche i
lavoratori che non sono iscritti ai sindacati firmatari o che esprimono dissenso. Il
problema nasce soprattutto in presenza di una pluralità di sindacati, che non sempre
sono uniti nella stipula dei contratti, soprattutto a livello aziendale. In questi casi,
capita che un contratto venga firmato solo da alcune sigle, lasciando fuori una parte
dei lavoratori. Di conseguenza, ci si è chiesti se questi contratti possano comunque
essere efficaci nei confronti di tutti. La dottrina ha tentato di fornire diverse soluzioni,
ad esempio cercando di attribuire efficacia generale ai contratti stipulati da sindacati
maggiormente rappresentativi o che rappresentano la maggioranza dei lavoratori.
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