Estratto del documento

ILC, relativo alla condotta di gruppi o individui che esercitano funzioni tipiche

dell’autorità statale in assenza, o a causa dell’inoperatività, delle autorità

ufficiali.

In sostanza, ci si riferisce a quelle situazioni in cui, per mancanza di un’autorità

pubblica funzionante, alcuni soggetti — pur non essendo formalmente organi

statali — assumono, de facto, il controllo e l’amministrazione di funzioni

pubbliche essenziali, come il mantenimento dell’ordine, la riscossione delle

imposte, o la gestione della sicurezza.

Questa disposizione si applica, ad esempio:

• in contesti di vacuum istituzionale (vuoto di potere),

• in territori occupati o in guerra civile,

• in casi di fallimento dello Stato (failed state),

in cui una forza non ufficialmente riconosciuta si sostituisce allo Stato

nell’esercizio dell’autorità.

In tali circostanze, la condotta di questi soggetti può essere attribuita allo

Stato, non per un’investitura formale, ma in virtù del ruolo funzionale assunto

in luogo delle autorità statali assenti o decadute.

Prendiamo ora in considerazione l’ipotesi in cui la condotta di Nives Monda, pur

essendo originariamente una condotta privata, venga successivamente fatta

propria o adottata dal governo italiano — o, per riprendere il linguaggio usato

in sede internazionale, da “Roma”.

In tal caso, la condotta in sé, considerata isolatamente, resterebbe una

condotta privata, priva dei requisiti per essere direttamente attribuita allo

Stato. È analoga a una situazione in cui un individuo, uscendo da un edificio,

aggredisca un passante riconoscibile per segni religiosi o etnici: si tratterebbe,

in sé, di un atto privato. Nessuno penserebbe di attribuire automaticamente

tale gesto allo Stato italiano o, per esempio, allo Stato inglese, solo perché

l’aggressore è cittadino di quello Stato.

Tuttavia, lo Stato può diventare responsabile in due circostanze ben precise. La

prima è quella contemplata dall’articolo 11 del Progetto ILC, che prevede che

una condotta non attribuibile allo Stato in origine possa esserlo

retroattivamente nel caso in cui lo Stato stesso la approvi espressamente o

implicitamente, rendendola quindi un proprio atto.

È questa l’ipotesi che ci interessa qui: la trasformazione della natura giuridica

di una condotta privata in condotta statale, a seguito di un atto di

riconoscimento o adozione da parte dello Stato. In simili casi, la responsabilità

internazionale dello Stato può effettivamente emergere, pur in assenza di un

legame organico o funzionale iniziale tra l’autore materiale dell’atto e lo Stato

stesso.

Nel 1979, il regime monarchico facente capo allo Shah di Persia fu rovesciato

da una rivoluzione di carattere politico-religioso, che portò all’instaurazione di

un nuovo regime teocratico. Questo regime, pur assumendo formalmente la

forma di una monarchia costituzionale, fu caratterizzato dalla sovrapposizione

tra autorità religiosa e autorità statale: l’una coincideva con l’altra.

La rivoluzione si manifestò anche attraverso azioni dirette contro ciò che veniva

percepito come simbolo dell’ingerenza straniera. Lo Shah, infatti, pur non

rendendo l’Iran uno Stato fantoccio, godeva del forte sostegno degli Stati Uniti.

In questo contesto, un gruppo di studenti rivoluzionari fece irruzione

nell’ambasciata americana a Teheran e prese in ostaggio il personale

diplomatico statunitense.

Questa attività La condotta in questione — l’irruzione nell’ambasciata

americana e la presa in ostaggio del personale diplomatico da parte di gruppi

rivoluzionari — costituiva già in sé una violazione del diritto internazionale

vigente, in particolare delle norme consuetudinarie e convenzionali in materia

di inviolabilità delle sedi diplomatiche e del personale diplomatico (come

stabilito dalla Convenzione di Vienna del 1961).

Non è ammesso, nemmeno nei confronti di cittadini di uno Stato ostile, porre in

essere atti come l’interruzione violenta di relazioni diplomatiche o il sequestro

di diplomatici. Questi comportamenti rappresentano violazioni gravi di norme

consolidate e pienamente vincolanti del diritto internazionale generale.

Tuttavia, prima ancora che quella condotta fosse fatta propria o ratificata dallo

Stato teocratico iraniano, non era automaticamente imputabile a quest’ultimo.

Inizialmente, l’azione era da qualificarsi come condotta privata di un gruppo di

individui (i cosiddetti “studenti islamici”), nonostante l’evidente matrice

ideologica condivisa con il nuovo regime.

La responsabilità internazionale dello Stato iraniano è sorta solo nel momento

in cui il governo teocratico, ormai insediato e operativo, non è ha prevenuto ha

ratificato e fatto propria la condotta degli assalitori, rifiutandosi di condannarla,

approvandola politicamente, e protraendo la detenzione degli ostaggi. Questo

comportamento rientra nell’ambito dell’articolo 11 del Progetto ILC, che

consente l’attribuzione allo Stato di atti inizialmente non imputabili, se da esso

adottati o approvati in seguito.

La colpevolezza – intesa come dolo o colpa, ossia come elemento soggettivo –

non rientra tra i presupposti necessari per l’attribuzione della responsabilità

internazionale dello Stato, secondo il Progetto di articoli sulla responsabilità

dello Stato per atti internazionalmente illeciti della Commissione di diritto

internazionale (ILC).

Il Progetto, infatti, non richiede l’accertamento di un elemento psicologico, né

vi è alcuna disposizione che menzioni la colpa in senso soggettivo. Di

conseguenza, non esiste un concetto di “intenzione” o “negligenza”

paragonabile a quello presente nel diritto penale interno.

Che cosa ne consegue?

Per dare una risposta giuridicamente fondata a questa mancanza, dobbiamo

agire su due livelli:

1. Analisi sistematica del Progetto nel suo complesso:

Dalla lettura degli articoli e dei commentari ufficiali emerge chiaramente che la

responsabilità internazionale dello Stato ha natura oggettiva. Ciò significa che

essa sorge in presenza di una violazione di una norma internazionale

attribuibile allo Stato, a prescindere dalla colpa o dall’intenzione dell’organo

statale autore dell’atto.

2. Analisi della prassi e della dottrina internazionale:

Il dibattito dottrinale su questo punto è stato ampio e complesso. Tuttavia, la

posizione prevalente — e riflessa nella prassi degli Stati — è che l’illiceità non

dipende da un elemento psicologico, ma solo dalla violazione di un obbligo

internazionale. Alcuni autori hanno proposto l’inclusione di criteri soggettivi in

contesti specifici (es. danni ambientali transfrontalieri), ma queste proposte

non hanno avuto esito normativo vincolante.

Sarebbe dunque corretto affermare che il problema dell’elemento soggettivo va

risolto non a livello della responsabilità in astratto, ma a partire dall’analisi

della norma primaria di condotta violata.

In altre parole, bisogna interrogarsi su come è strutturata la norma primaria, e

cioè su quali presupposti soggettivi o oggettivi essa richieda perché si configuri

la violazione.

Vediamolo con due esempi:

1. Norma che vieta il genocidio (es. Convenzione del 1948)

Nel caso del genocidio, la norma primaria impone un divieto la cui violazione

implica necessariamente l’esistenza di un elemento soggettivo: il dolo

specifico, ossia l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo

nazionale, etnico, razziale o religioso.

Quindi, se si vuole configurare un illecito internazionale dello Stato basato sul

genocidio, è necessario accertare l’elemento soggettivo nella condotta

dell’organo statale — non per la responsabilità in quanto tale, ma perché la

norma primaria lo richiede per la sua stessa violazione.

2. Norme sul trattamento degli stranieri (standard minimo internazionale)

Nel caso, invece, delle norme che regolano il trattamento degli stranieri, come

quelle relative alla protezione consolare, alla sicurezza personale o alla giustizia

equa, non è richiesto alcun dolo o colpa perché si configuri la violazione.

Qui si tratta di norme oggettive che fissano uno standard minimo di condotta, e

la violazione sussiste indipendentemente dall’intenzionalità o negligenza dello

Stato.

Ad esempio, se uno straniero viene arrestato e non gli viene notificato il diritto

a contattare il consolato (art. 36 della Convenzione di Vienna del 1963), la

violazione sussiste anche senza dolo.

“Nessuna negligenza, nessun do, nessuna negligenza, cioè c'è una

responsabilità oggettiva dell'agenda. C'è una presunzione, diciamo, di colpa, se

c'è un illecito, salva da prova contraria. Ora, io non sono tanto d'accordo con

questo, secondo me tanto l'assenza di norme a terreno quanto l'assenza di,

diciamo, regoli generati, ricavati dal diritto consuetudinario sempre partesali

delle norme specifiche, nel quello che non volevo, attesterebbero che il regime

generale, mio amico, non è quello di una responsabilità oggettiva dell'agenda,

ma è quello di una responsabilità oggettiva”

Anche quando sia un organo collegiale, ad esempio a un collegio di giudici è

ben difficile andare a cercare la colpevolezza individuale. Lo Stato non è come

il singolo, è un apparato complesso, che in linea di massima funziona in un

modo tale, hanno molto di più la capacità di garantire l’’osservanza del diritto.

Il fatto che si risponda oggettivamente non è così grave. È comprensibile che la

responsabilità sia oggettiva. Ci sono tentativi di scusanti e ci sono scusanti

molto note: il caso fortuito e forza maggiore.

Lezione 21 maggio mancante

Lezione 22 maggio

Competenze ricavabili dagli art 39 e 42 della Carta delle Nazioni Unite

Si tratta degli Articoli 39-42 del Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, che

riguardano come l’ONU risponde a minacce alla pace, violazioni della pace o

atti di aggressione.

Articoli spiegati brevemente:

• Articolo 39:

Il Consiglio di Sicurezza stabilisce se c’è una minaccia alla pace, una violazione

o un’aggressione, e decide le misure da adottare (militari o no) per ripristinare

la pace.

• Articolo 40:

Prima di decidere misure dure, può chiedere misure provvisorie (tipo cessate il

fuoco) ai paesi coinvolti, anche solo per evitare che la situazione peggiori.

• Articolo 41:

<
Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 9
Condotta illecita nel diritto Internazionale  Pag. 1 Condotta illecita nel diritto Internazionale  Pag. 2
Anteprima di 3 pagg. su 9.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Condotta illecita nel diritto Internazionale  Pag. 6
1 su 9
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Acquista con carta o PayPal
Scarica i documenti tutte le volte che vuoi
Dettagli
SSD
Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Matti0113 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Starita Massimo.
Appunti correlati Invia appunti e guadagna

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community