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Regola 180°: se si inquadrano due soggetti che parlano uno di fronte o altro non si deve mai superare i 180
°. Regola 30°: la camera può spostarsi con angolazioni di 30° nei 180°.
Effetti Speciali sonori
Musica elettronica – Nella fantascienza o in Deserto Rosso di Antonioni. Privilegiare la dimensione verbale o
visiva? (Chaplin – Fratelli Marx). Cinema contemporaneo – Effetto videoclip (la musica determina le
immagini) – effetto circo (la musica accompagna le immagini). Film Luna-Park
Cultura Visuale
Studiare la cultura visuale significa porre l’accento sulla dimensione culturale delle immagini e della visione,
in quanto il modo di guardare cambia a seconda del periodo storico di riferimento, dunque non è
un’interpretazione. Il valore di un’immagine è diverso da spazio a spazio. Per studiare la cultura visuale è
importante riferirsi alla storia dell’arte, in particolare a Eduard Wolfflin ed Erwin Panofsky: Wofflin afferma
che ciò che conta sono le forme, Panofsky invece afferma che ciò che conta sono i contenuti e che l’opera
artistica si può interpretare in 3 forme : lettura pre-iconografica, iconografica, e iconologica. Il primo livello,
il pre-iconografico, riguarda la descrizione pura e semplice dell’immagine. Questo livello di lettura si basa
sulla percezione primaria e sull’interpretazione dell’immagine. Non richiede alcuna conoscenza particolare
oltre a quella comune; Il secondo livello, l’iconografico, richiede una conoscenza più profonda. Questo
livello di lettura si basa sulla comprensione dei temi e dei concetti rappresentati nell’immagine. Richiede
una conoscenza della tradizione e della simbologia dell’arte; Il terzo livello, l'iconologico, è il più profondo e
complesso. Questo livello di lettura richiede una comprensione della cultura, della filosofia, della storia e
dell'ideologia dell'epoca in cui l'opera d'arte è stata creata.
Es. San Francesco: lettura pre-iconografica ( frate con ramoscello di ulivo in mano); lettura
iconografica(magro, chierico, e elementi che portano a riconoscerlo come il ramoscello di ulivo); lettura
iconologica(povertà, amore per tutte le creature, preghiera, compassione). Pur non conoscendo nulla si
può interpretare l’epoca storica dalla lettura figurativa.
Origine del concetto di cultura visuale
Béla Bálazs Scrittore, teorico del cinema e sceneggiatore ungherese, nato a Szeged il 4 agosto 1884 e morto
a Budapest il 17 maggio 1949. Con capillare completezza affrontò nei suoi testi tutti i problemi connessi
all’immagine filmica, ritornando più volte sugli stessi concetti e riuscendo a modularli con preziose
variazioni formali, riadattando gli argomenti ai contesti cambiati, ponendo in scena il tessuto 25
problematizzato della sua logica in progress. Adottando una prospettiva antropologico-culturale, fu il primo
tra i teorici a rilevare la condizione rivoluzionaria di un’arte, quella cinematografica, nata sotto gli occhi
degli studiosi. Con i suoi contributi impose un rovesciamento del punto di vista tradizionale in virtù del
quale l’estetica non veniva più chiamata a legittimare lo statuto d’arte del cinema, ma a riconsiderare,
proprio per l’affermarsi del cinema stesso e sulla base dell’analisi delle sue peculiari caratteristiche, tutte le
altre arti. Nel suo secondo testo, Lo spirito del cinema, pubblicato negli anni 30 , afferma “Con il cinema lo
spettatore non si trova più davanti a segni che rinviano a un significato che è collocato al di là, le cose sono,
invece, assolutamente prossime», il mondo non è più chiuso in sé, impenetrabile.
Il concetto di cultura visuale, nasce con la fotografia grazie a Bálazs, che in “ L’uomo visibile”, pubblicato
nel 1924, afferma che la cultura visuale introdotta dal cinema è una vera rivoluzione: esperienza
immediata, non verbale e non concettuale della realtà. L’uomo visibile introdotto dal cinema è quindi
l’uomo della cultura visuale, un uomo che ha cambiato anche il suo modo di esprimersi. Un esempio è la
mimica degli attori del cinema muto, scrutabile dallo sguardo grazie alle dimensioni dello schermo; e nasce
anche grazie a Moholy-Nagy che ha parlato di cultura della visione per rappresentare il modo in cui la
fotografia e il cinema stavano trasformando le coordinate del visibile. Sia Balazs che Naty mettono in
stretta relazione il termine logos e icona per evidenziare il rapporto tra sapere visivo e conoscenza del
logos: al di sopra della fotografia c’è l’idea dell’ Immagine, ciò che il personaggio è nel suo profondo.
Nella visione degli studi della cultura visuale contemporanea, tali immagini hanno una vita propria e per
questa ragione ci vengono incontro.
Nel 1946 Jean Epstein, regista e teorico del cinema molto attivo tra gli anni Venti e gli anni Trenta del
Novecento, in Intelligence d’un machine, afferma che il cinema ha cambiato la nostra visione di realtà in
quanto la macchina possiede una propria intelligenza. «Vale a dire [con] una capacità di ripensare la realtà
secondo la prospettiva della propria identità tecnica, quella di un medium fondato sulla registrazione del
movimento e sulla sua restituzione tramite immagini animate – il cinema ha condizionato profondamente,
secondo Epstein, la cultura, il clima mentale di un’epoca, agendo sulla memoria e sull’immaginazione di un
pubblico esposto per la prima volta allo spettacolo di un mondo dinamico, fluido, instabile, in costante
trasformazione». Quindi la macchina da presa era quello strumento in grado di modificare tanto il campo
creativo quanto tutta la cultura.
Nel 1972 con L’Occhio del Quattrocento, Michael Baxandall reintroduce il concetto di visual culture, anche
se questa è la data ufficiale che si deve considerare. Baxandal afferma « Il modo in cui le immagini
artistiche di una determinata epoca storica vengono osservate […] è in stretta correlazione con le abitudini
percettive e lo stile conoscitivo che ogni individuo acquisisce attraverso l’esperienza». Evidenzia ,quindi, lo
stretto rapporto tra cultura e immagine. La storia dell’arte è intesa come prodotto culturale e sociale, e
non solo come forma (Wofflin).
A differenza di Bálazs e Nagy, Baxandal fa riferimento al concetto di cultura visuale in studi che si
presentano come studi di storia dell’arte per riformulare gli schemi interpretativi della disciplina che in
quel periodo cominciavano a sottolineare dei Limiti. Nonostante ciò in entrambi i casi al centro dei loro
studi ci sono ancora le immagini artistiche.
Negli anni 90, si sviluppano due direzioni diverse nella cultura visuale, Bildwissenschaft e Visual Cultures
Studies, entrambe accumunate dal superamento del riferimento alla storia dell’ arte, infatti vanno oltre le
teorie dell’arte e distinguono tra valore artistico e influenza che un’immagine ha in una specifica società.La
Bildwissenschaft parla di «scienza delle immagini» tedesca, con ancora ampi riferimenti alla storia
dell’arte. La Visual Cultures Studies, lo studio delle immagini di matrice anglosassone. Questo campo di
studi pone l’accento sul contesto culturale nel quale nascono le immagini e le pratiche della visione.
Potere delle immagini 26
Partendo dall’esempio di una bambola, si può iniziare a comprendere cosa significa parlare di potere delle
immagini : la bambola di per sé è un immagine, avente determinate caratteristiche, che si attivano solo nel
momento in cui il consumatore le vede, ciò significa che l’immagine ha vita propria e non influisce sul
soggetto, in quanto il soggetto aveva già in se il desiderio della bambola che però si è attivato solo alla sua
vista: Non siamo solo consumatori di immagine ma anche produttori di immagini.
Si parla quindi di potere delle immagini invece che di indipendenza: l’ immagine ha un messaggio, e
travasa dentro il soggetto il messaggio (movimento unidirezionale).Gli studiosi di cultura visuale vanno
oltre, cioè non si fermano a studiare la relazione che c’è tra l’immagine comunicata e la sua
interpretazione, ma studiano la qualità strutturale dell’immagine che esiste e si manifesta al di là di
qualsiasi relazione soggettiva.
Un esempio di messa in atto del potere delle immagini lo si ha nel 1872 con una mostra impressionista di
Soleil Levant. La pittura impressionista era in grado di influenzare negativamente la vita di un bambino,
quindi si comprende che l’immagine possiede un Agency, cioè un intenzionalità di azione: dentro le
immagini sono contenute già tutte le potenzialità, come se avessero già una vita intrinseca. Ciò ricorda
l’animismo, cioè l’attribuzione di un’anima agli oggetti o elementi materiali, questi hanno l’Agency, cioè una
capacità di agire, una vita propria. Considerando la teoria di Lucrezio, in cui si afferma che ogni cosa
esistente sulla terra, materiale e non, lascia tracce, si deduce che anche le immagini lasciano una traccia
nell’ambiente così come nel cinema il ricordo del film agisce sulla nostra vita lasciandoci qualcosa.
Roland Barthes, grande saggista, studioso di moda, lingua, e autore di “la Camera chiara”, un lavoro sulla
fotografia, afferma in questo libro che ogni immagine possiede degli elementi che catturano la nostra
attenzione, chiamati Puntum: considerando la locandina di The Jazz Singer, primo film sonoro, che ha alle
spalle la storia di un bianco che si traveste da nero per cantare nei locali afro americani, si osserva
l’immagine in se che è detta studium , la cosa più scontata, e le mani che sono la particolarità, ciò che
attrae e che va oltre l’immagine che è detto puntum. La locandina di The Jazz Singer è un altro esempio di
potere dell’ immagine, in quanto mostra la capacità di contenere elementi a priori da noi. Questa capacità,
questo potere dell’immagine esiste da sempre, basti pensare all’uomo primitivo che è riuscito ad uscire
dall’oscurità con l’immagine, intingendo le mani e mettendole sulle pareti, queste per noi sono solo
impronte, per loro invece sono immagini, loro hanno creduto che quel gesto rappresentasse una traccia
della loro vita; o si pensi anche al regime fascista che si è affidato alla comunicazione mediatica, tramite la
fondazione dell’istituto luce , e alla cinematografia, con brevissimi film inseriti prima del film vero e proprio
che rappresentavano la vita, le abitudini, gli abiti di Mussolini , per trasmettere immagini che
diffondessero il regime fascista. Le immagini, dunque, continuano a sussistere nel tempo come tra