MOLTO BENE.
Secondo atto, scena nona- scena tredicesima (scena 13 meta teatrale). Vediamo il
richiamo alla coscienza, alla ragione. C’è la scena dei due innamorati da soli. C’è
l’ossessiva presenza del termine ‘scena’. C’è poi un lungo assolo prosastico di
Eugenia che presagisce un momento importante della commedia. Nel principio della
scena sono nel punto di max distanza che si realizza nella commedia, sono arrabbiati,
sono isolati e si vede con la presenza degli ‘a parte’, sono chiusi in se stessi.
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Sembrano quasi non entrati in scena, sembrano nei camerini e sembrano parlare con
se stessi prima di entrare nella parte, e ciò avviene dopo. C’è un breve provocatorio
monologo di Eugenia che esegue alla perfezione un repertorio, quello ‘del geloso’.
Eugenia è in preda alla gelosia e Fulgenzio va su tutte le furie e anche lui sfoggia
sulla scena l’armamentario della tradizione, il fazzoletto quasi dilaniato, ma non solo,
il coltello, che ne fa quasi, come sottolinea Ferrone, l’eroe protoromantico. Si sfiora
la commedia tragedia. Non è un caso che questo rappresenti un punto di non ritorno,
si sente dire sulla scena ‘non facciamo scene, vi dico’ e Fulgenzio arrabbiatissimo
dice di non fare scene, che le scene le fai lui. Qui duellano anche i due comici. Cade
questo coltello e la scena si chiude con un’altra aria da baule, in un concentrato di
retorica d’amore che sembra prosa ma prosa ritmata. Lui si inginocchia letteralmente
ai piedi dell’amante e torna ad essere tradizionalmente servo d’amore. I duelli di
gelosia ritornano anche nel terzo atto.
Terzo atto scena dodicesima. Di nuovo Fulgenzio ed Eugenia soli nella scena. Altro
duetto di gelosia, in cui Fulgenzio ritenta di conquistare la sua donna con un
monologo sentimentale che si appiglia a tutti i logori ferri del mestiere, per portare
logorio d’amore sulla scena, fazzoletti, svenimenti e via dicendo. Tramite lo
svenimento Eugenia riconquista la scena che era fino a quel momento di Fulgenzio.
Tutto l’ultimo atto con anche le scene precedenti, la terza, l’ottava, l’undicesima,
sono un condensato di letteratura e teatro esplicato in quelli che sono dialoghi ma
sono quasi sempre monologhi a rimarcare la solitudine di questi personaggi. Nel terzo
atto c’è incremento che inizia già nel cuore del secondo atto di artificio, teatralità,
anche nel linguaggio, che caratterizza la precipitazione della condizione sentimentale
e d’amore. La scena letta è importante perché il lettore, lo spettatore scopre che questi
dialoghi sono in realtà falsi monologhi, sono esibizioni di sé, del proprio sentimento.
Sono manifestazioni dei virtuosismi dei singoli attori. L’attrice in modo particolare è
preda e in balia di questo sentimento e sembra essere davvero l’incarnazione di una
Bresciani riottosa ad accettare questo ruolo con cui combatte, conformemente alla sua
natura di prima amorosa. Su questo personaggio femminile si concentra l’attenzione
di Goldoni, ma non solo, anche sul personaggio di Flaminia, che ha il ruolo di
guidare illuminare la sorella, che è cieca nel corso della commedia, sempre di più.
Eugenia tenta sin da principio di sabotare questo amore, si ribella, crea continui
fantasmi di gelosia che la allontanano dal finale pacificante e necessario della
commedia che è il matrimonio con Fulgenzio. Secondo molti critici questa riottosità
dipende anche dalla riottosità della Bresciani poco disposta a calarsi in ruoli
precostituiti, prestabiliti. Entrambi i giovani vogliono condurre in porto la propria
storia ma in virtù dei proprio meriti, sfidando più volte l’amante e cercando un
primato sulla scena con una gara che va aumentando nella commedia per proliferare
soprattutto nel secondo e terzo atto. Gli innamorati si ribellano ai ruoli, alla
convenzionalità e Goldoni sembra divertirsi di ciò, quasi con crudeltà, spingendo al
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massimo le debolezze di questi personaggi che appaiono accomunati da un senso di
frustrazione del sentimento amoroso, anche nei confronti dei propri ruoli. C’è solo
una donna che appare accettare il proprio ruolo, poco incline alla trasgressione,
ovvero Flaminia. Del resto secondo gli schemi delle compagnie il ruolo poteva essere
antagonistico rispetto alla prima amorosa, e Flaminia è la voce della ragione e sorella
della superiore in ruolo sulla scena e anche nella vita. Flaminia è un personaggio in
cui prevale fin da principio la ragione ma anche la rinuncia alla vita non si profila per
lui nessun amore anche quando in casa ci sono nuovi uomini, non è mai per lei, è
sempre per Eugenia. L’amore è appannaggio di Eugenia e Goldoni sta attento in
questa definizione dei ruoli, in Flaminia il ruolo none sorbita, è costretta dal suo ruolo
a rimanere senza innamorato, costretta a vagheggiare un amore ideale non vaneggiato
neppure per sé ma solo per la sorella. Cerca di propiziare l’amore ideale per Eugenia
e in questo sta la sua missione, lo zelo della sua esistenza, è una morosa supplente.
Forse perché o ha mai conosciuto l’amore, sposata presto e rimasta presto vedova e
vive u amore per interposta persona, nei sogni della sorella. Flaminia ha il ruolo di
enunciare nella prima scena la trama agli uditori. Recita il primo monologo amoroso
della commedia affidati a una donna che non ha esperienza d’amore, per conto della
sorella e si dichiara subito esplicitamente ‘io tengo dalla ragione’, spiega subito che
l’abbandono sentimentali, al passione che contraddistingue Eugenia non fa parte
dell’universo sentimentale di questo personaggio, Flaminia, che è represso e costretto
in un angolo. Una distanza separa queste due sorelle. Il rapporto familiare è segnato
dal fastidio, dalla bile, dalla insoddisfazione dei ruoli all’interno della famiglia. Nella
scena della lettera iniziale c’è un moto di entusiasmo e si vede con quanta fretta
Flaminia accetta di scrivere la lettera e non resiste alla tentazione di sostituire la
sorella nella composizione della lettera e Ferrone dice che si tratta anche di sostituire
la sorella nella recita di una parte scannata, di un monologo di innamorata in cui
Flaminia solo per un attimo, si riappropria di una funzione teatrale che in questa
commedia è persa del tutto. Si deve riguardare la quarta scena che è tutta scandita
sulla schermaglia delle mani che prendono questa lettera, secondo Ferrone giocata
tutta su una tecnica all’improvviso, Eugenia cerca di sfilare la carta alla sorella e
recita le parole scritte da lei stessa per l’altra. Flaminia cerca in qualche mood di
riconquistare il ruolo ma rimane in assoluto confinata da un punto di vista teatrale, è
debole, per opporsi alla vitalità di Eugenia che è minacciosa anche dal punto di vista
scenico, delle doti interpretative. Qui emergono la grande abilità e presenza scenica
all’interno degli innamorati di Fabrizio, quando c’è lui sulla scena cattura l’attenzione
del pubblico, combattute costruite come duetti ritmicamente intessuti con
Succianespole e culminanti in cadenze e movenze da balletto, così come nelle altre
scene dove è assente Fabrizio e c’è Eugenia, domina Eugenia. Anche quando
Flaminia proverà a rubare la scena verrà subito tenuta a bada. I due personaggi più
cari a Goldoni negli innamorati sono il vecchio Fabrizio ed Eugenia, due personaggi
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ai quali viene donato un potere straordinario pagato a caro prezzo, sono personaggi
connotati da un destino di solitudine, sia Fabrizio, sia Eugenia, a mimare l’incapacità
del personaggio di donarsi all’altro. Questa maturazione è evidente nei futuri ruoli di
Caterina Bresciani e di Brighella che però noi non possiamo fare, bisogna recuperare
con Ferrone.
Interpretazioni critiche sugli innamorati. Molti studiosi hanno visto sulla scena delle
commedie goldoniane fronteggiarsi il tema della decadenza della borghesia e della
progressiva ascesa del nuovo ceto popolare. Ne è esempio: L’edizione di Da Vico
Bonino estratto p.44 introduzione ‘è con gli innamorati scritti a Bologna sulla via
del ritorno da Roma che si apre l’ultima stagione goldoniana. Questa commedia
messa in scena con successo tra Novembre e Dicembre del 1759 e catalogata come
una delle migliori opere di Goldoni è solo i parte un raffinato e quasi diabolico
studio di carattere. Certo la gelosia furiosa che per alterne fasi separa e avvince i
due giovani amanti Fulgenzio ed Eugenia induce Goldoni a delineare con superiore
finezza due complessi e contraddittori profili psicologici. Ma converrebbe guardare
anche alla condizione sociale dei personaggi per ridare a questa opera tutta la sua
profondità, questi due innamorati si sciolgono e incrudeliscono uno contro l’altro
perché spinti dall’orgoglio ma in loro c’è anche una forte e biologica attrazione a
abbandonarsi a una pura vita sentimentale che non sa nutrirsi di altro che di se
stessa. Sono borghesi e cittadini che si rimirano (egotismo, si guardano allo
specchio), si sdoppiano, si fingono quelli che non sono in un disperato e crudele
delirio trasformistico senza recepire altro che la propria immagine. In questo senso
gli innamorati è una commedia nient’affatto slegata da quella che seguiranno,
polarizzate sul doppio tema della decadenza della borghesia e delle timide speranze
di una diversa socialità affidate alle virtù native del ceto popolare.’
Lezione XI.
p.s: per avere quadro completo leggere anche l’inizio della lezione seguente, va
messo tutto insieme negli schemi, riprende discorsi e aggiunge cose.
E’ un momento importante nella storia di Goldoni, perché Goldoni compie per
l’ennesima volta nella sua vita un viaggio destinato ad avere ripercussioni importanti
nella propria opera. Nella vita di Goldoni la necessità, la propensione a spostarsi da
un luogo all’altro si associa a una fervida fantasia creativa, a una vivacità poetica
insolita. Il viaggio è quasi necessario perché offre al poeta comico la possibilità di
osservare il mondo che poi porta a teatro, sulla scena. Una realtà in movimento
condizionata da un autore in viaggio, alla ricerca di se stessa, l’invenzione linguistica
che molto deve al suo continuo peregrinare e una profonda riflessione autobiografica.
Nella scrittura goldoniana si inseriscono frammenti di contemporaneità con
suggestioni provenienti dal mondo e le rielaborano sulla scena. Per Goldoni viaggiare
e scrivere sono due azioni strettamente connesse. Ciò è evidente fin dal vascelli di
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comici più volte rievo
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Letteratura italiana - Carlo Goldoni
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Carlo Goldoni
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Carlo Goldoni
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