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SISTEMA UNITARIO
Quali sono le assise nelle quali si toccherà con mano che non esiste più la
collaborazione dello stato nella determinazione delle fonti canoniche e
nell’assistenza tramite il cosiddetto braccio secolare?
Sono le assise che si celebrano a Roma nel 1869-1870: il Papa Pio IX celebra il
Concilio Vaticano I.
Non è un caso che mentre Pio IX sta celebrando il Vaticano I siano già passati
otto anni da quando è stato proclamato il Regno di Italia (17 marzo 1861). Il
concilio stesso non è mai stato chiuso ufficialmente perché il 20 settembre
1870 la nazione italiana entra Roma che diviene finalmente
capitale di Italia.
Questo concilio per noi è molto importante perché è in quella sede che molti
vescovi, essendoci meno garanzia di esecuzione nell’ambito del sistema di
applicazione della gerarchia delle fonti, dicono a Pio IX che non possono più
Corpus Iuris
andare avanti in questo modo perché hanno sopra il tavolo un
Canonici, i decreti di Trento senza commenti dottrinali (il papato aveva detto
che i decreti di Trento non dovevano essere commentati), i 167
volumi delle risoluzioni della Sacra Congregazione del Concilio, le decine di
volumi di sacre romane decisiones, i responsi singoli che venivano dati dalle
altre congregazioni, i decreti della Penitenzieria apostolica, ecc. Specialmente i
vescovi napoletani, che si erano accorti che lo stato non collaborava più, dicono
che non possono andare avanti in questo modo.
Nel frattempo, la grande dottrina pandettistica tedesca aveva formulato,
correlativamente al sistema del codice napoleonico, l’istanza codificatoria.
Allora i vescovi presenti al Concilio Vaticano I dicono che l’insieme multiforme
e per certi versi inestricabile di fonti normative rendono impossibile l’azione
pastorale.
Dunque, la prima richiesta di codificazione canonica viene fatta al Vaticano I
che viene interrotto in seguito all’evento del 20 settembre 1870: l’evento della
breccia di Porta Pia determina al grande separazione tra la potestà spirituale
del romano pontefice e la sua potestà secolare.
Il Papa non è più re (immagine della cupola della Basilica di San Pietro sulla
quale viene issata la bandiera bianca della capitolazione): lo Stato pontificio
giuridicamente cessa, viene debellato e non esiste più. Quello che era il
palazzo dei Papi, il Quirinale, diviene il palazzo del Re di Italia.
Nasce un sistema unitario dove la legge è uguale per tutti, non c’è spazio per
le leggi particolari (consuetudini)
Il diritto giurisprudenziale viene costruito caso per caso - Principio della
flessibilità dell’ordinamento canonico.
Il Codice del 1917 è analogo alla tradizione illuministica (codice di Napoleone)?
NO, perché i codificatori inseriscono nel codice del 1917 gli elementi tipici di un
ordinamento confessionale.
Elementi tipici del codice di diritto canonico: all’interno vengono mantenuti
degli istituti (privilegi, dispense, consuetudine contra legem fonte)
Il codice del 1917 è il punto di arrivo di una evoluzione storico-politica perché
viene meno lo Stato giurisdizionalista confessionista e al suo posto subentra
uno stato che formalmente è uno Stato separatista ed è ben lontano dalle
categorie politiche dell’esercizio della sovranità da parte di un sovrano assoluto
(nel 1848 Carlo Alberto diventa sovrano costituzionale con lo Statuto Albertino:
il monarca è Re di Sardegna per grazia di Dio ma anche per volontà del
popolo); in secondo luogo perché il capo dell’ordinamento canonico perde
completamente la sua potestà temporale (la riacquisterà in parte in modo
simbolico sul quel fazzoletto di terra che è lo Stato Città del Vaticano 59 anni
dopo).
Al codice del 1917 ci si arriva direttamente per queste trasformazioni epocali
che investono direttamente l’ordinamento canonico. Sarà il pontefice Pio X
che porrà tutte le premesse perché venga promulgato il codice
canonico del 1917: è da lui che è stato voluto (veneto, studente a Padova) e
promulgato dal suo successore Benedetto XV perché egli non farà a
tempo.
Quali erano gli impedimenti all’adozione del sistema codiciale all’interno
dell’ordinamento canonico?
Dietro la codificazione sta una ideologia, quella della figura unitaria del
destinatario, della completezza dell’ordinamento giuridico e della
compattezza del codice e della sua sufficienza a regolare tutte le
fattispecie concrete che si presentano.
Può essere così un codice di diritto canonico? I critici dicevano che non era
possibile che si avesse un codice all’interno dell’ordinamento canonico perché
l’ordinamento canonico è per sua caratteristica essenziale flessibile: deve
avere la capacità di adeguarsi al caso concreto (in sostanza la finalità
dell’ordinamento canonico non è quella di realizzare l’eguaglianza dei
destinatari, bensì esso deve avere la capacità di adattamento alla singola
anima e ciò può esigere anche la negazione del principio di eguaglianza di
tutti davanti alla legge).
Ci fu un grande canonista dell’800, laico, il giurista Francesco Ruffini, che
mentre erano in corso i lavori di preparazione del codice del 1917, scrisse un
opuscolo e disse che non era possibile nell’ordinamento canonico fare un
codice perché l’ordinamento canonico deve avere la capacità di essere
flessibile, perché nell’ordinamento canonico sono irrinunciabili fonti non solo
particolari, ma fonti che pongono deroghe alla legge generale: esso deve cioè
leges ad personam.
essere in grado di fare
Come risponde a queste esigenze il codice del 1917? Risponde
mantenendo al suo interno quegli istituti che sono impensabili
all’interno di un Codice civile o penale moderno: gli istituti dei
contra legem.
privilegi, delle dispense, l’istituto della consuetudine
LE FONTI DI PRODUZIONE DELL' ORDINAMENTO CANONICO.
Noi abbiamo già accennato ad una fonte di produzione quando abbiamo
parlato di quel fondamento ultimo dell'ordinamento canonico che è dato dalla
legge divina, secondo la grande tradizione scolpita poi dalla scolastica, si
suddivide tra legge divina naturale e legge divina positiva, le due grandi
branche del diritto divino.
CHE COS' HANNO IN COMUNE QUESTE DUE BRANCHE?
Hanno in comune il fatto che per definizione l'autore ne è la divinità. Oggi
lex
parleremo della in linea generale, se voi andate in cerca, nel codice del
1983 che è quello attualmente in vigore (la cosa non cambiava peraltro per il
codice del 1917) di una definizione di lex, quella voi non la trovate, infatti è
dal canone 7, uno dei primi canoni che si tratta della legge (stiamo parlando
della legge generale ed astratta).
Il canone 7 del codice esordisce, non dando una definizione della legge, ma
"lex instituitur cum promulgatur":
dicendo molto semplicemente che la legge
esiste, è istituita, è resa esistente, quando viene promulgata, invece il canone
8, per esempio, ci dice come avviene la promulgazione della legge. La
promulgazione sostanzialmente si identifica con una forma di pubblicazione, le
editionem, per
leggi ecclesiastiche universali sono promulgate tramite
editionem, che significa tramite la pubblicazione degli Atti apostolici,
Acta apostolicae sedis , che corrispondono sostanzialmente alla Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana.
PER QUALE MOTIVO IL CODICE DI DIRITTO CANONICO NON DA UNA
DEFINIZIONE DI LEGGE?
Perché evidentemente, in questo, l'ordinamento canonico e gli estensori dello
stesso codice del 1983, presupponevano una definizione di legge, e
presupponevano una definizione di legge in quanto proveniente da una delle
due branche del diritto divino che è fonte costituzionale ultima
dell'ordinamento.
Il ragionamento degli estensori del codice del 1983 è esattamente questo:
dobbiamo dare una definizione di legge nel codice? No, perché la nozione
lex
relativa di è patrimonio comune a tutti gli uomini e quindi è un dato che
proviene dal diritto naturale. Questa è la concezione, non è necessario dare
una definizione perché la lex è definita dal diritto divino naturale.
Un ragionamento analogo il codificatore canonico lo aveva fatto nel 1917 in
relazione al matrimonio: si era posto il problema di darne una definizione,
giungendo a una risposta negativa.
Il sacramento del matrimonio non viene definito nel codice del 1917, perché
dal punto di vista del codificatore il matrimonio è un dato regolato dal diritto
naturale, dunque comune a tutti gli ordinamenti positivi, non è necessario
darne la definizione, perché era ovvio in quel periodo che il matrimonio fosse
un legame stabile tra un maschio e una femmina volto alla procreazione.
Il codificatore del 1983 non fa la stessa scelta in relazione al matrimonio, ne
“Il patto
dà la definizione, che si trova al canone 1055 paragrafo 1:
matrimoniale attraverso il quale il maschio e la femmina costituiscono tra di
loro <<consortium totius vitae>> indole sua naturali (per sua ragione
naturale) è volto al bene dei coniugi, alla generazione e alla educazione della
prole”.
COME MAI IL CODIFICATORE DEL 1983 DECIDE DI DEFINIRE COS’È IL
MATRIMONIO, MENTRE NEL CODICE PRECEDENTE NON NE VENIVA
DATA LA DEFINIZIONE?
Perché all’inizio del Novecento il codificatore poteva affermare che il
matrimonio era “cosa scontata”, tutti sapevano cosa fosse il matrimonio, lo
stesso aveva fatto il legislatore fascista del codice del 1942 (la parte relativa
al libro I del codice è entrata in vigore nel 1939, poi tutto viene promulgato
cumulativamente nel 1942, però la parte relativa al matrimonio, alla famiglia,
alle persone giuridiche entra in vigore nel 1939).
Legge Cirinnà
Prima della (la legge sulle unioni civili e le convivenze di
fatto), spesso era arrivata in Corte di Cassazione e poi in Corte Costituzionale
la questione del matrimonio tra persone dello stesso sesso, uno degli
argomenti che venivano sollevati dai ricorrenti era quello di persone dello
stesso sesso che andavano a sposarsi in un paese europeo dove fosse
consentito, poi arrivavano in Italia a chiedere la trascrizione del loro
matrimonio, celebrato in un paese europeo, all’ufficiale dello stato civile.
L’ufficiale di stato civile negava, contro la negazione si fa ricorso al tribunale
del luogo dove l’ufficiale di stato civile ha sede, e poi tutto arrivava in Corte di
Cassazione e in