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biologici. ANALISI E PURIFICAZIONE DELLE PROTEINE

Per l’analisi delle proteine il primo step è preparazione degli estratti proteici: attraverso tecniche

diverse il campione biologico viene ridotto ad un omogenato; segue un trattamento per eliminare

le parti che non sono di interesse; la parte solubile ottenuta contiene più proteine: come faccio ad

ottenere solo quella di

mio interesse?

CROMATOGRAFIA

La cromatografia è una

tecnica di separazione

che è costituita da due

elementi o fasi: la fase

stazionaria e la fase

mobile. Queste due fasi

hanno caratteristiche

chimiche e fisiche

diverse e le interazioni che

ne derivano sono alla base del processo di purificazione.

CROMATOGRAFIA SU COLONNA

Nella (la forma più comune di cromatografia) è presente una

fase solida, che ha caratteristiche chimiche ben definite, allocata all’interno di un tubo. La fase

mobile è invece una soluzione che contiene il campione e viene fatta scorrere per gravità

attraverso la colonna, facendo in modo che tutte le parti del campione vengano a contatto con la

fase stazionaria. Il principio fondamentale è il seguente: l’intensità di interazione del composto di

mio interesse con la fase stazionaria determina la velocità con cui il composto fuoriesce dalla

colonna.

Esempio: se la colonna contiene materiale solido che espone cariche positive e faccio fluire un

campione che contiene il DNA (carico negativamente) estratto dalle cellule all’interno di questa

colonna, il DNA rimane fissato a alle porzioni solide (attrazione tra cariche opposte) e viene

rallentato nella sua corsa, mentre tutto ciò che non espone cariche negative non interagisce con

la parte solida e quindi tende a fluire più velocemente in base alle sue dimensioni. 41

In conseguenza della diversità di interazione tra i componenti della fase solida e quelli della fase

liquida, si ottiene la separazione delle diverse componenti del campione; inoltre, dopo un primo

processo si eluizione, è possibile intervenire cambiando la fase solida: nell’esempio di prima verrà

cambiata la fase stazionaria in modo tale che il DNA si distacchi dalla componente solida ed

eluisca, potendo in questo modo essere recuperato.

Nel caso delle proteine (ma anche per altre componenti biologiche) è possibile avere

cromatografie di tipo diverso. La cromatografia può essere basata su:

Polarità;

๏ Carica: presenza di cariche nette. La fase stazionaria ha carica netta positiva e interagisce

๏ con molecole con carica negativa;

Affinità: la fase stazionaria presenta al suo interno degli anticorpi che consentono di

๏ riconoscere in maniera specifica la proteina di interesse; le proteine non riconosciute

dall’anticorpo fluiscono all’interno della colonna, mentre quelle riconosciute vengono

trattenute. Infine il pezzo contenente la proteina d’interesse viene lavato e si applica una

soluzione specifica che interrompe il legame con l’anticorpo, consentendo di recuperare la

proteina in maniera quasi perfettamente pura;

Dimensioni: le molecole di dimensioni maggiori scorrono più velocemente.

SAGGI BASATI SU INTERAZIONE ANTIGENE-ANTICORPO

Supponiamo di avere a disposizione un campione biologico da è stata estratta una miscela di

varie proteine; si vuole sapere se in tale campione è presente una determinata proteina di

interesse: per ottenere questa informazione servono dei reagenti particolari, gli anticorpi.

Nei laboratori di diagnosi si utilizzano anticorpi sia per individuare la presenza di una proteina (un

enzima, un ormone, ecc) ma anche per quantificare analiti di diversa natura. L’interazione

specifica antigene-anticorpo consente di monitorare sia la presenza che la quantità di un antigene

in un campione biologico. Le tecniche più utilizzate sono:

Western blotting o immunoblotting;

๏ Saggi immunometrici: consentono di quantificare un analita in campioni liquidi;

๏ Saggi immunicitochimici/immunoistochimici: consentono di identificare la presenza di un

๏ analita in campioni di tessuti.

Solitamente in laboratorio si usano anticorpi prodotti da un animale (topo o coniglio) che

riconoscono in maniera specifica la mia proteina di interesse; se ho a disposizione gli anticorpi

allora posso applicare una tecnica che si chiama western blotting.

1- WESTERN BLOTTING (o IMMUNO-BLOTTING)

Si tratta di una tecnica che, attraverso l’utilizzo di un anticorpo come sonda, consente di

visualizzare la presenza di una proteina in un campione biologico; fornisce un’informazione

qualitativa ma anche semi-quantitativa (la presenza della proteina è molto abbondante oppure

molto scarsa). Il procedimento è del tutto simile al southern blotting che, come abbiamo già visto,

consentiva di analizzare e determinare la presenza di una sequenza di DNA genomico in un

contesto estremamente variegato. Il western blotting è del tutto analogo, ma applicato alle

proteine: utilizzando come sonda un anticorpo specifico consente di visualizzare all’interno di un

campione biologico la presenza di una proteina di interesse. Nello specifico il campione biologico

viene separato mediante elettroforesi, ma differenza del Southern Blotting il gel non è orizzontale

ma posto in senso verticale; il campione viene caricato nei pozzetti e viene applicata la differenza

di potenziale per creare il campo elettrico. La proteina corre nel gel e va a separarsi (non è gel di

agarosio ma gel con caratteristiche leggermente diverse); le proteine più piccole migreranno più

velocemente mente le proteine più grandi migreranno più lentamente e quindi rimarranno più in

alto. Finita la migrazione, per essere in grado di individuare la proteina di interesse si usa

l’anticorpo che si comporta da sonda e va a cercare all’interno del gel la proteina specifica; una

volta riconosciuta, l’anticorpo lega la proteina, ed essendo coniugato a fluorocromi o enzimi

consentirà di visualizzare una banda colorata che conferma la presenza della proteina.

Nella descrizione del procedimento è omesso un dettaglio. Il campione contiene diverse proteine

che vengono fatte correre sul gel e mediante l’applicazione di una differenza di potenziale si

valuta il loro pattern di migrazione verso il polo positivo. Questo significa che tutte le proteine

hanno cariche negativa? No, le proteine hanno una carica netta variabile a seconda della loro

sequenza amminoacidica. E’ necessario un “trucco” per rendere tutte le proteine cariche

negativamente: attraverso una denaturazione le proteine perdono la loro struttura secondaria,

terziaria e quaternaria e rimangono sottoforma di semplici sequenze amminoacidiche lineari; 42

vengono trattate con un detergente, SBS (sodio bisolfato) che si lega alla loro superficie e le

ricopre di cariche negative. In questo modo il campione viene a contenere proteine tutte

denaturate e tutte rivestite da cariche negative, quindi applicando l’elettroforesi migreranno tutte

verso il polo e potranno essere distinte per le loro dimensioni.

2- E.L.I.S.A. (SAGGIO DI IMMUNOADSORBIMENTO ENZIMATICO)

▪ E.L.I.S.A. diretto: (esempio: si vuole sapere se il siero di un paziente contiene un antigene virale)

l’antigene presente nel siero del paziente viene legato sul fondo di un pozzetto presente in una

piastra; un anticorpo marcato con fluorocromo o con un enzima viene aggiunto ai pozzetti e, se

l’antigene è presente, l’anticorpo si lega e sviluppa colore se la reazione è enzimatica-

colorimetrica oppure emette segnale fluorescente, se era marcato con fluorocromo. È un sistema

efficace per saggiare presenza ma anche quantità (semi- quantitativo), che è correlata all’intensità

del colore o della fluorescenza ;

▪ E.L.I.S.A. indiretto: invece di adsorbire l’antigene, nel pozzetto viene messo l’anticorpo; il siero

viene poi incubato. Si procederà quindi al saggio con un secondo anticorpo, questo marcato con

enzima o fluorocromo e a questo punto avverrà un secondo riconoscimento anticorpo- antigene;

l’antigene viene a trovarsi “impacchettato” tra due anticorpi, da cui il nome di “E.L.I.S.A.

sandwich”

Questi sono saggi estremamente sensibili e specifici in quanto il riconoscimento anticorpale è

estremamente specifico.

3- SAGGI IMMUNOISTOCHIMICI / IMMUNOCITOCHIMICI

Il campione è rappresentato da un tessuto: campione biologico proveniente da un animale da

laboratorio, cellule su vetrino oppure tessuto di un paziente (biopsie). In questo caso la proteina è

all’interno del tessuto e si deve andare a verificarne la presenza, ancora una volta attraverso un

anticorpo; il procedimento si basa sempre sul riconoscimento antigene-anticorpo, che può essere

diretto (l’anticorpo è marcato con fluorocromi o enzimi colorimetrici) o indiretto (il primo anticorpo

non è marcato, quindi è necessario che un secondo anticorpo marcato si leghi al complesso). La

fluorescenza anche in questo caso sarà il segnale che

confermerà la presenza della proteina nel tessuto o all’interno di una cellula; i tessuti naturalmente

devono essere opportunamente trattati per favorire l’ingresso degli anticorpi.

Con queste metodiche si possono condurre anche analisi complesse valutando

contemporaneamente la presenza di più proteine nello stesso campione e loro relativa

localizzazione.

PRODUZIONE DI ANTICORPI PER APPLICAZIONI BIOMEDICHE

Gli anticorpi sono reagenti molto importanti per l’analisi delle proteine e di altre molecole. Per

questo motivo sono fondamentali nei laboratori di diagnostica, ma vengono applicati anche

nell’ambito terapeutico, per pazienti che hanno deficit nella produzione di anticorpi.

Gli anticorpi son particolari proteine che riescono ad interagire e a legarsi con un particolare

antigene.

STRUTTURA DELL’ANTICORPO

L’anticorpo è una molecola biologica prodotta dalle cellule che si differenziano

a partire dai linfociti B, ovvero le plasmacellule. Un anticorpo è una proteina

costituita da 4 catene proteiche:

• 2 catene pesanti in cui è presente la regione costante che è identica per tutti

gli anticorpi ed è codificata da particolari sequenze che son presenti in tutte le

cellule del corpo.

• 2 catene leggere che contengono delle componenti variabili che consentono

a ciascun specifico anticorpo di riconoscere in maniera specifica l’antigene.

Ogni antigene ha delle caratteristiche chimico-fisiche ben precise che vengono

riconosciute da queste porzioni variabili. Queste porzioni varabili differenziano

per ogni linfocita B e quindi ogni linfocita B produce un solo tipo di anticorpo, questa grande

variabilità fra linfociti B è dovuta in parte anche da processi di rima

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
75 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/11 Biologia molecolare

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher kettygruosso di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biologia molecolare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Brescia o del prof Finazzi Dario.