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Estratto del documento

M N

ODELLI DI EURONE

Il problema della caratterizzazione neuronale è risolvibile mediante il modello HH precedentemente descritto. Ci

permette di calcolare il potenziale di membrana in funzione delle correnti che l’attraversano, mediante la seguente

equazione differenziale: ; D

( ) ) ( )

= − − − ℎ( − − − +

% / / 01 01 K K 1""

Questa equazione viene applicata assieme alle altre equazioni differenziali viste in precedenza, cioè quelle che

descrivono la dinamica dei canali ionici. Il modello risultante è un sistema di equazioni differenziali, non lineare e

in quattro variabili (cioè V, n, m, h). Questo sistema non è risolvibile analiticamente e, anche utilizzando un

calcolatore, diventa difficile estrapolare, dai risultati ottenuti, le informazioni necessarie. Per questa ragione sono

stati proposti delle semplificazioni del modello HH che prevedono la riduzione delle variabili e lo sviluppo di

equazioni più semplici e di più facile interpretazione. Tali modelli si classificano in tre grandi classi: modelli

bidimensionali ridotti, modelli fenomenologici e modelli stocastici di neurone.

M ODELLI BIDIMENSIONALI RIDOTTI

I modelli ridotti del neurone operano una semplificazione del modello HH attraverso una diminuzione del numero

delle variabili, e quindi delle equazioni del modello. Questa semplificazione è giustificata dalle seguenti

considerazioni:

• La costante di tempo è molto minore delle altre due, quindi possiamo trascurare la dinamica di m,

%

considerando che essa segue “istantaneamente” le variazioni del potenziale di membrana. A questo punto

m viene sostituito con il suo valore stazionario.

• Le altre due costanti di tempo sono confrontabili come ordine di grandezza. Inoltre, i parametri relativi,

per i valori di Hodgkin e Huxley, seguono empiricamente la seguente relazione: = − ℎ . Allora

possiamo accorpare tutto questo in un’unica variabile che chiameremo = = − ℎ, con a e b costanti.

Detto ciò, si andrà a togliere la dinamica di m e si otterrà un sistema composto da 2 equazioni differenziali:

; D

( ) ()( ) ( )

= − − − − )( − − − + ;

m n

% / / 01 L 01 K K 1""

()(

= − ) − ()

M M

B

A questo punto applichiamo una semplificazione ulteriore, andando a porre = , = e raggruppando nelle

%

N '

funzioni (, ) e (, ) tutti i termini non dipendenti dalla corrente di stimolazione. Ecco allora ottenuta la

forma generale dei modelli ridotti bidimensionali:

= J(, ) − K;

(, )

=

La variabile V rappresenta il potenziale di membrana, mentre la variabile w è nota come variabile di rilassamento

o recupero.

P IANO DELLE FASI

Il vantaggio di un modello bidimensionale è che permette di descrivere la dinamica nel cosiddetto piano delle fasi.

In questo piano l’evoluzione temporale di V e w si può visualizzare come una traiettoria descritta da un punto P di

coordinate V e w.

Facendo riferimento alla figura a, supponiamo che all’istante t il sistema si trovi nel punto P. Da questo punto il

sistema evolverà nel tempo verso un nuovo stato P’ di coordinate ′(( + Δ), ( + Δ)). Queste coordinate

andrebbero determinate dall’integrazione dell’equazione differenziale, ma, per intervalli temporali

sufficientemente piccoli, lo spostamento è approssimabile come il seguente vettore:

̇

Δ

= : @ Δ

m n

Δ ̇

Le variabili puntate sono le derivate prime rispetto al tempo. Queste si ricavano direttamente dall’equazione 3,

senza integrare il sistema. In pratica abbiamo approssimato la traiettoria con una tangente alla traiettoria stessa.

Se si calcolano questi vettori per ogni punto del piano si ottiene un campo vettoriale la cui direzione rappresenta

la tangente alla traiettoria e il cui modulo rappresenta l’entità dello spostamento lungo la traiettoria (a moduli

maggiori corrisponderanno spostamenti più ampi).

Nella figura b si mettono in evidenza due proprietà importanti del piano delle fasi, che sono le isocline e il punto

̇

di equilibrio. Per isoclina si intende quel luogo di punti in cui = 0 o ̇ = 0. Dalle isocline ci si può spostare solo

in orizzontale o in verticale, a seconda dell’isoclina di riferimento.

• Osservando per esempio l’isoclina , le traiettorie evolveranno solamente in una direzione imposta da ̇ ,

C

quindi il campo sarà diretto verticalmente. A decidere il verso è il segno della derivata, quindi si calcola

osservando l’altra isoclina: ci sposteremo in alto quando la derivata è positiva, quindi a destra dell’isoclina.

• Il discorso è simile per quanto riguarda : il campo è diretto orizzontalmente, verso destra per le derivate

M

positive (cioè quando ci troviamo sotto ), verso sinistra per le derivate negative.

C

Il punto di equilibrio è quel punto in cui entrambe le derivate sono nulle, cioè all’intersezione tra le due isocline.

Se nel sistema si applica una piccola perturbazione possono accadere principalmente due cose:

1. Il sistema descrive una traiettoria che si conclude nel punto di equilibrio. In questo caso l’equilibrio si dice

stabile.

2. Altrimenti l’equilibrio è instabile, perché la traiettoria si allontana progressivamente.

M F N

ODELLO DI ITZHUGH AGUMO

Il modello nasce dall’intuizione di approssimare le isocline del sistema mediante delle funzioni polinomiali. In

particolare: D

+

=− + ; = ;

1""

3

Queste equazioni derivano dal seguente sistema differenziale:

D

=− − + ;

1""

3

= ( + − );

La variabile di ingresso del sistema è la corrente applicata, che può assumere qualsiasi forma. I parametri a, b e

sono positivi e il loro valore è dipendente dalla particolare realizzazione del modello. In assenza di stimolazione,

il modello ammette un punto di equilibrio stabile. Le isocline sono sempre una cubica ( ) e una retta ( ).

C M

Il modello, così descritto, può dare spiegazione ad alcuni aspetti della membrana delle fibre nervose.

Il processo tutto o niente: Stimoliamo il sistema mediante un impulso di corrente composto da un delta di dirac

moltiplicato per la quantità di carica associata. A seguito di questa applicazione, la capacità di membrana si carica

istantaneamente, modificando il potenziale di una quantità pari a V=Q/C. Questa variazione però non presenta

effetti immediati su w, pertanto possiamo ottenere uno spostamento orizzontale dal punto di equilibrio, indicato

con R. Il verso dello spostamento viene determinato dal segno della carica. A questo punto possono succedere due

cose:

1. Se lo stimolo è sotto la soglia, la traiettoria è

limitata e torna al punto R dopo un breve

percorso;

2. Se lo stimolo genera un potenziale d’azione,

allora il percorso sarà più lungo, evidenziando

bene la depolarizzazione e la ripolarizzazione.

La linea separatrice tra questi due stati è detta NM e

corre a fianco del tratto ascendente dell’isoclina v. Per

ogni tratto a sinistra della separatrice si ha quindi una

soglia istantanea di stimolazione pari alla distanza

orizzontale che separa lo stato attuale dalla separatrice.

Refrattarietà: Nella stessa figura è facile individuare i punti che descrivono la refrattarietà assoluta (AR) e la

refrattarietà relativa (RR). AR è posizionata al di sopra della separatrice NM, quindi nessun impulso può generare

un PA. RR invece si trova a sinistra, quindi uno stimolo di ampiezza sufficiente può creare un salto orizzontale tale

da superarla, generando così un potenziale d’azione.

Interruzione d’Anodo: Applicare una corrente costante significa spostare l’isoclina verso l’alto o verso il basso.

In caso di cambio graduale, il punto di riposo si sposterà assieme all’isoclina: quindi otteniamo il punto di equilibrio

R’. Se interrompo bruscamente il passaggio, l’isoclina si sposta istantaneamente dov’era prima e il punto R’ non è

più l’equilibrio. Se ci troviamo al di sotto della separatrice, il sistema dovrà percorrere una traiettoria di tipo 2,

cioè si genera il PA.

Treno d’impulsi: Supponiamo adesso di applicare un gradino di corrente positivo. Con un’ampiezza

sufficientemente grande, il punto di equilibrio individuabile può collocarsi sul tratto ascendente dell’isoclina: ciò

genera instabilità. Pertanto, si genera un ciclo infinito di percorsi, che coinciderà con un treno di impulsi.

M ODELLI FENOMENOLOGICI DEL SINGOLO NEURONE

I modelli bidimensionali ridotti possono risultare complessi nel momento in cui ci si limita a studiare la frequenza

di sparo, la dinamica dei treni di spike o le strategie di codifica neuronale dell’informazione. A questo scopo si

utilizzano i modelli fenomenologici del neurone, con attenzione focalizzata sui meccanismi che portano alla

generazione del potenziale d’azione, descrivendo lo spike mediante una forma d’onda stereotipata.

Il neurone può essere diviso in 3 elementi funzionali:

1. Dendriti: rappresentano l’input del sistema “neurone”,

poiché raccolgono i segnali provenienti dalle sinapsi degli

altri neuroni e lo convogliano direttamente verso il Soma.

2. Soma: è l’unità centrale del sistema neurone, la quale

ha il compito di integrare spazialmente e temporalmente

tutte e informazioni che provengono dai dendriti (sotto

forma di tensione), al fine di generare il potenziale d’azione

una volta superata la soglia di sparo.

3. Assone: rappresenta l’uscita del sistema neurone, in

cui il potenziale d’azione si propaga e si trasmette ad altri

neuroni tramite le sinapsi.

Il sistema neurone può essere pertanto modellato nella seguente modalità:

D -

ENDRITI E POTENZIALE POST SINAPTICO

Consideriamo un neurone all’interno della rete e poniamoci l’obiettivo di caratterizzare l’evoluzione temporale del

suo potenziale

Dettagli
A.A. 2020-2021
54 pagine
SSD Ingegneria industriale e dell'informazione ING-INF/06 Bioingegneria elettronica e informatica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher francesco_mazzali di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Bioelettromagnetismo e strumentazione biomedica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Milano o del prof Corino Valentina.