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Se il principio di legalità sostanziale consente di definire le modalità astratte di esercizio del potere, allora si
tratterà di un potere che è sindacabile sotto il profilo del rispetto dei suoi limiti c.d. esterni e cioè quelli che
definiscono le modalità e le condizioni di esercizio del potere.
In particolare, le condizioni di esercizio del potere, cioè le condizioni di esistenza del potere, sono poste
della cosiddetta norma di relazione… che è la norma che risolvendo un conflitto intersoggettivo da
prevalenza a un interesse pubblico rispetto a un interesse privato e perciò attribuisce alla pubblica
amministrazione il potere di costituire, modificare o estinguere in modo unilaterale situazioni giuridiche
soggettive… dicevo, oppure da una norma di relazione che è quella detta specificamente come modalità di
esercizio del potere e il cui rispetto è sindacabile sotto il profilo della violazione di legge e
dell’incompetenza. Tuttavia, ci si chiede: cosa accade negli spazi lasciati liberi dalla legge alla discrezionalità
della Pubblica Amministrazione? è possibile parlare anche rispetto a questi limiti interni, quindi della
discrezionalità amministrativa, di conformità e di legalità dell'azione amministrativa?
Ce lo si chiede perché se la legalità dell'azione amministrativa, quindi la conformità al parametro
normativo, sostituisce la legalità dell'azione amministrativa, dall'altra parte il corretto esercizio della
discrezionalità riguarda la legittimità dell'azione amministrativa e, infatti, è sindacabile sotto il profilo del
vizio dell’eccesso di potere.
Abbiamo detto nella scorsa lezione che la discrezionalità, sebbene non sia conformata da una norma di
relazione (quindi dal principio di legalità sostanziale), lo è in ogni caso da regole di tipo giuridico e non, dove
regole di tipo giuridico sono quelle che si ricavano, sebbene implicitamente, dal vincolo della funzione
pubblica che orienta l’attività della pubblica amministrazione e quindi le impone di agire con logicità e in
modo non contraddittorio, con ragionevolezza e soprattutto poi assumere la scelta più proporzionata,
opportuna e conveniente al fine di conseguire l'interesse pubblico scegliendola tra tutte le possibili
soluzioni legittime e plausibili.
Dunque, se però vi sono delle norme di tipo giuridico, sebbene implicito, che la pubblica amministrazione
deve osservare e che sono sindacabili sotto il profilo dell’eccesso di potere resta fuori del tutto dal principio
di legalità il rispetto delle cosiddette regole di merito. Trattandosi, infatti, di regole di merito
amministrativo, queste esulano dal principio di legalità in quanto si collegano direttamente all’attuazione
dell’indirizzo politico-amministrativo e si muovono all'interno della riserva di amministrazione che per il
principio di separazione dei poteri non è sindacabile da parte del giudice.
Fatta questa sistematizzazione, quindi, anche del potere della discrezionalità amministrativa e del suo
sindacato rispetto al principio di legalità, possiamo vedere velocemente un paio di questioni applicative del
principio di legalità.
Ricordiamo, solo, come la Corte Costituzionale ha interpretato il principio di legalità in connessione con il
principio di imparzialità della pubblica amministrazione nel sindacare quelle norme del Testo Unico degli
Enti Locali che in passato attribuivano al sindaco il potere di emanare ordinanze anche contingibili e
urgenti, cioè di emanare ordinanze atipiche anche al di fuori del requisito della necessità e dell’urgenza che
rendono invece conformi ai principi dell'ordinamento giuridico le ordinanze contingibili e urgenti.
La Corte costituzionale, in questo caso, ha operato un sindacato sotto il profilo della imparzialità,
precisando che una norma di legge che si limita a stabilire un certo fine e che consenta alla pubblica
amministrazione di adottare provvedimenti di contenuto atipico, è un potere che si presta a operare
discriminazioni e che pertanto non è conforme alla Costituzione sotto i profili dell’imparzialità della legalità.
Altro problema specifico che viene in rilievo rispetto al principio della imparzialità è il tema dei poteri
impliciti. I poteri impliciti sono quei poteri non espressamente attribuiti da una legge ma che una autorità
ritiene di esercitare al fine di raggiungere un determinato risultato attraverso poteri espressamente
attribuiti da parte dell’ordinamento.
I poteri impliciti sono ammessi all’interno dell’ordinamento dell’’Unione Europea e sono, quindi, poteri che
le istituzioni entro certi limiti hanno nell’esercizio del loro potere normativo. Nel nostro ordinamento,
invece, i poteri impliciti sono tendenzialmente esclusi, fatto salvo soltanto il caso in cui venga in rilievo un
potere non programmabile e a condizione che le finalità di questo potere deve perseguire siano
perfettamente definite da parte della legge.
In passato, si riteneva che l’autotutela amministrativa fosse un potere implicito ma la riforma del 2005 ha
invece disciplinato in modo compiuto definendo gli istituti della revoca del provvedimento amministrativo e
l’annullamento d’ufficio.
Per quanto riguarda le autorità amministrative indipendenti si è parlato di poteri impliciti, oggi, invece, si
preferisce parlare di poteri di regolazione [non so se ho sentito bene] soggetti al principio di legalità in
senso formale (non anche sostanziale) dove però la regolazione [anche qua non ho sentito] dei principi di
legalità in senso sostanziale viene compensata da un più intenso sindacato, attraverso il vizi di eccesso di
potere, quindi di ragionevolezza, proporzionalità della scelta della autorità e da un rafforzamento anche
delle garanzie procedimentali; applicando quindi anche agli atti normativi delle autorità indipendenti le
garanzie del procedimento amministrativo, quindi derogando all'articolo 13 che le esclude per quanto
riguarda gli atti a contenuto generale e gli atti normativi della P.A.
Dunque, passiamo ora al principio di imparzialità dell'azione amministrativa vedendo come è anch’esso un
principio che è enunciato dall'articolo 97 della Costituzione che lo ricollega alla organizzazione della
pubblica amministrazione.
Il principio di imparzialità pone dal punto di vista proprio del suo fondamento già un problema giuridico,
perché l'amministrazione in quanto volta ad attuare i fini previsti della legge nella sua azione, è
naturalmente non imparziale in quanto appunto persegue un fine specifico.
D’altro canto, la funzionalizzazione dell'azione amministrativa al principio di imparzialità indica che
l'amministrazione sebbene persegua un fine specifico, deve farlo con modalità che non pregiudichino le
situazioni giuridiche soggettive sotto il profilo della non discriminazione. Profilo della non discriminazione
che deve poi tradursi in un assetto imparziale di interessi; quindi, un assetto di interessi che soddisfi le
finalità istituzionali dell'amministrazione, arrecando però un minor sacrificio possibile alle posizioni
giuridiche pubbliche o private che vengono in rilievo.
Quindi, il principio di imparzialità a livello costituzionale si riferisce all'organizzazione della pubblica
amministrazione perché proprio per la naturale parzialità della pubblica amministrazione essa deve
dimostrarsi imparziale già dal punto di vista dell'organizzazione, essendo quindi strutturata secondo
modalità che ne consentono un'attività scevra da condizionamenti. Sotto il profilo, invece, poi dell'attività,
come ho detto, deve tradursi in un’attività non discriminatoria, tale da realizzare in un assetto imparziale di
interessi.
Invece, restando per un secondo al profilo dell'organizzazione espressione de collegamento tra imparzialità
e organizzazione, sono:
- l’articolo 28 della Costituzione che pone i pubblici impiegati al servizio della Nazione;
l'articolo 97 comma 4 che stabilisce che i criteri per l'accesso agli impieghi presso le pubbliche
amministrazioni è quello del pubblico concorso, in modo tale da evitare che eventuali rapporti
fiduciari possano condizionare l’organizzazione e il reperimento delle risorse della pubblica
amministrazione.
Veramente, una amministrazione organizzata in modo imparziale non garantisce che l'attività
amministrativa sia imparziale. Di conseguenza, il principio di imparzialità dall'organizzazione si estende
all'azione amministrativa attraverso l’interpretazione estensiva dell’espressione pubblici uffici.
In altre parole, quando l’art. 97 dice che i pubblici uffici devono essere organizzati dalla legge perché sia
assicurato il principio di imparzialità, per pubblici uffici si è inteso attività amministrativa in generale. In
modo tale che “attività amministrativa in generale” soddisfi il principio di non discriminazione, quindi il
principio di uguaglianza in senso formale e sostanziale; quindi, non soltanto come divieto di discriminazione
ma come dovere dell’amministrazione di adottare scelte che, a fronte di una corretta valutazione di tutti gli
interessi coinvolti, realizzino il già detto assetto imparziale di interessi.
Corollari del principio di imparzialità sono:
- il principio di pubblicità,
- il principio di trasparenza.
Sono questi i criteri che orientano l’azione amministrativa sanciti dall'articolo 1 della Legge n. 241 del 1990
alla quale li ricollega nuovamente, ripetendo, al principio di imparzialità. Ciò in quanto l'articolo 1 della
Legge 241 del ’90 vuole evidenziare che se l'azione amministrativa è retta da criteri di pubblicità e di
trasparenza, allora realizza un’amministrazione imparziale; ciò, in quanto la pubblicità, quel criterio che
regge il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione, impone alla pubblica amministrazione di
informare i singoli delle decisioni e delle determinazioni che li riguardano.
La trasparenza, invece, riguarda anch’essa il rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione ma in senso
più ampio, imponendo che l’attività della Pubblica Amministrazione sia conoscibile e visibile sotto il profilo
sia dell'attività sia sotto il profilo funzionale sia sotto il profilo della organizzazione.
Il principio di trasparenza che quindi garantisce la visibilità della pubblica amministrazione, si traduce nel:
- obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi;
- garanzie di partecipazione al procedimento