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Capitolo 1 L'educazione come apprendimento: "apprendere per la vita"

Per capire bene che cosa sia l'apprendimento, bisogna partire da lontano ponendosi due domande:

  • In cosa consiste?
  • A che cosa serve?

Ricordare una scelta giusta e ripeterla vuol dire appunto averla presa. Per rispondere alla seconda domanda porterò come esempio le parole di un grande filosofo contemporaneo, Karl Popper. Egli disse che fra Einstein e un'ameba c’è solo una differenza fondamentale: l’ameba se sbaglia la scelta muore, se Einstein sbaglia scegliendo un'ipotesi, muore solo l’ipotesi sbagliata, lui ne sceglie un'altra, e va avanti così finché non trova quella giusta. La scienza e quindi il caso più alto di apprendimento per tentativi ed errori.

1.2 come avviene l'apprendimento.

Che si apprenda per tentativi di errori non solo è facile da capire perché ci accade continuamente di farne esperienza ma è anche stato il concetto chiave di una famosa teoria psicologica dell'apprendimento, “la teoria comportamentista”. Gli psicologi del comportamentismo, ponevano quest'ultimo alla base dell'apprendimento: “consideravano l'apprendimento come una modifica del comportamento, o l'acquisizione di un comportamento nuovo, limitandosi perciò a studiare dalle modifiche di esso come conseguenza di stimoli provenienti dall'ambiente”. Legge dell'effetto: il cambiamento di un comportamento si ottiene attraverso una serie di tentativi errati corretti in base ai risultati e agli effetti ottenuti. I comportamentisti, consideravano l'apprendimento esclusivamente nei limiti dell'osservazione degli stimoli e delle risposte che si determinavano o concepivano, il sistema nervoso e in particolare il cervello come una scatola nera. Ma la teoria comportamentista odierna, è stata integrata per quanto riguarda la specie umana da altre teorie più complesse. L'apprendimento e il linguaggio può essere concepito come una serie di risposte linguistiche a stimoli linguistici provenienti dall'ambiente, ma dire una parola conforta riferirsi a un'idea che sia in testa. Apprendere un linguaggio vuol dire apprendere le idee che il linguaggio esprime e che sono costruite nella nostra mente la maggior parte delle nostre idee nasce da percezioni sensoriali che sono elaborate dalla mente in immagine: un certo insieme di percezioni così elaborate da un'immagine di una figura. L'elaborazione della nostra figura è stata studiata dai filosofi come operazioni logiche, non come fenomeni di apprendimento, le possiamo riscontrare e ricostruire nella nostra mente e dimostrano che essa non è una scatola nera, come sostenevano gli psicologi comportamentisti, poiché noi siamo in grado in questo caso di dire come la mente funzioni ragionando. In questo ci aiuta l'introspezione. Le teorie cognitive, si occupano appunto di capire quel che accade nella nostra testa e più precisamente nella nostra mente: fanno delle ipotesi in merito e ne cercano conferme indirette le teorie che nascono in tal modo non affermano che il cervello umano sia identico a un computer ma che il suo funzionamento deve essere in qualche modo analogo a quello di un computer o piuttosto di quelle macchine che realizzano i processi di apprendimento imitando le reti di neuroni. In genere queste teorie considerano il l'apprendimento come il risultato di un'elaborazione di informazioni (Information processing). Un'altra teoria cognitivista sostiene che la mente umana prende in base a ciò che già sa’. Teorie di questo tipo si chiamano «costruttiviste».

1.3 Apprendimento ed esperienza

Esistono altre teorie dell'apprendimento che si presentano come loro variazioni o come combinazione di loro elementi inclusi in particolari attività della mente ad esempio il "problem solving".

Possiamo riportare a quella parte della psicologia per ulteriori approfondimenti che si occupa soprattutto dello sviluppo dell'intelligenza durante l'infanzia e l'adolescenza sulla base degli studi fondamentali di Jean Piaget.

Analoga a Piaget c'è un'altra teoria molto più complessa dell'apprendimento che lo tratta come esperienza e ha una base scientifica anche se è stata trattata in termini filosofici da John Dewey.

Quando parliamo di esperienza ci riferiamo a questo rapporto: al fatto di agire nell'ambiente fisico di reagire adesso, respirare e nutrirci a muoverci in esso soltanto in esso e a condividerlo con altri esseri come noi, al dipendere da alcuni di loro e di dipendere di alcuni e dipendere di alcuni di loro da noi tutti i rapporti reciproci. Noi siamo nell'ambiente di modo stesso in cui siamo parte dell'ambiente in cui viviamo e di altri esseri viventi ancora.

Potremmo così affermare che la nostra esperienza è controllabile.

Possiamo affermare che l’esperienza è connaturata.

L'apprendimento e’ la costante di organizzazione della nostra esperienza rientrando in questa visione nell'ambito delle teorie costruttiviste.

1.4 apprendimento e memoria

Non ci può essere apprendimento senza memoria; Quando si impara per tentativi di errori, ad esempio si devono ricordare i tentativi sbagliati per non ripeterli e per ripetere quelli giusti. La memoria esaminata dalle neuroscienze ed è distinta in memoria a breve termine e memoria a lungo termine.

Ma esiste anche una memoria di lavoro, che comprende tutte le abilità apprese e impeiegate per svolgere l'attività mentale.

La seconda osservazione è questa: di solito quando ci troviamo di fronte a un problema di qualsiasi specie siamo obbligati a scegliere un modo di affrontarlo e se possibile di risolverlo; I tentativi che hanno successo ci producono gratificazione al contrario i tentativi sbagliati ci portano frustrazione. È a capo la gratificazione e la frustrazione sono due emozioni e sono fondamentali nell'apprendimento:

  • la gratificazione porterà a fare nostro un comportamento;
  • la frustrazione puòné porterà all'estinzione

1.5 La motivazione e la scelta

La sopravvivenza e la motivazione fondamentale all'apprendimento, l'apprendimento consiste nel ricordare e ripetere in ogni occasione le scelte giuste.

Possiamo quindi concludere che i due tratti fondamentali dell'apprendimento sono la motivazione e la scelta.

Si apprende quando si è motivati a fare delle scelte che servono soddisfare

1.6 Punto sei apprendimento ed emotività

L'apprendimento ha una componente emotiva essenziale. È implicita nella natura della motivazione, la quale è sentita dall'organismo, nasce dalle reazioni fra l'insieme degli organi e degli apparati di cui esso è costituito è l'area più profonda (Il sistema limbico) del cervello, dove nascono i sentimenti.

L’emotività opera nell'organismo umano in modo molto più generale e pervasivo a due livelli:

  • E' quello della frustrazione e gratificazione.
    • Riguarda soltanto la nostra specie, ha a che fare con tutta la nostra personalità, con il complesso di rapporti fra stati fisici e conoscenze, memorie, credenze,

gli allievi quando si parla di loro appaiono soprattutto come gli oggetti o i destinatari dell'attività educativa. Per quanto la scuola di tutti i giorni abbia tenuto sempre ben poco conto di queste teorie, l'attenzione degli studiosi andava rivolgendosi sempre più deliberatamente alla natura del bambino e dell'adolescente. Cercando di individuare le leggi naturali della loro maturazione psichica ed emotiva.

La svolta decisiva si ebbe con l'illuminismo e fu segnata da opere come la "Didactica Magna" di G.A.Komensky soprattutto dall' "Emilio" di J.J Roseau 1769. Dopo Rousseau, l'educando passa decisamente al centro del rapporto educativo e l'azione del maestro è obbligata a uniformarsi ai suoi bisogni e interessi, le sue capacità intellettuali, la maturità morale.

Si parlò allora di una rivoluzione Copernicana in pedagogia in analogia con il cambiamento portato da Copernico dell'universo conosciuto delle antichità. Con questo centramento, la figura del maestro era messa in secondo piano, fino ad apparire quasi sfocata in certe teorie della scuola.

3.3 il rapporto educativo oggi

In Italia la pedagogia di Giovanni Gentile, aveva evitato un esito del genere. Il suo interprete più profondo Giuseppe Lombardo, manteneva posizioni più equilibrate concependo il rapporto educativo come un incontro di due spiriti in un certo senso alla pari: "l'alunno cerca nel maestro la propria coscienza, ma è anche giudice del maestro".

Anche negli Stati Uniti la pedagogia di John Dewey evitava il puro centrismo, concependo il rapporto maestro allievo come ad un rapporto che per sua natura configura i ruoli tanto del maestro che dell'allievo. Due soggetti diventano maestro allievo soltanto nell'ambito del rapporto educativo; Al di fuori di esso sono soltanto un uomo e un ragazzo o una ragazza, è perciò il rapporto educativo detta i comportamenti di ciascuno dei due assegnando a loro ruoli.

La condizione dell'educando è quella del figlio in famiglia e dell'allievo della scuola

3.4 il rapporto fra autorità e libertà nell'educazione

Il ruolo di educatore, che è sempre naturale nel rapporto educativo, tuttavia va incontro a problemi più o meno seri in ragione della maturità dell'educando di cui si è descritta la condizione. La quale condizione è ben chiara a noi che ci rifacciamo la teoria del naturale, ha origine anche la inconsapevolezza di essa da un bambino, un bambino piccolo e disponibilissimo ad apprendere.

Un bambino piccolo, non fa altro che apprendere tutta la sua giornata. Nei suoi primi anni non ha neppure bisogno di educatori perché è impegnato a fare un'esperienza globale di tutto il piccolo mondo in cui vive.

In questa situazione il bambino realizza la sua condizione di libertà. E' profondamente motivato ad apprendere, scegliendo quello che gli va di apprendere secondo i bisogni e gli interessi del momento. Nel tentativo di imparare sceglie, caso per caso, il comportamento che gli sembra più buono. Sbagliando e correggendosi senza soste!

Anche in quel piccolo mondo ci sono cose che egli non sa. Nel concetto di quel che è bene e quel che male vi entra l'educatore. Il rapporto educativo a questo punto si configura come conflittuale il conflitto è fra la libertà dell'educando bambino e l'educatore genitore, perché non puoi rinunciare a insegnargli, per questo ha bisogno di imporsi e così il rapporto educativo si configura come rapporto fra autorità dell'educatore e libertà dell'educando. Tale rimarrà la sua configurazione in tutta la vita familiare e successivamente nella vita scolastica. Quando si è individuata la libertà dell'educando intorno ad essi e si è costruita completamente la sua figura ci si trova di fronte al problema del rapporto fra autorità dell'insegnante e libertà

Dettagli
Publisher
A.A. 2024-2025
13 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher miriam0307 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica "e-Campus" di Novedrate (CO) o del prof Mancini Edoardo.