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Questa conflittualità globale tra gli USA e i loro alleati e chi mette in discussione questa gerarchia del
sistema internazionale, ovviamente si sviluppa o si gioca questo scontro su diversi scacchieri nell'ambito
globale cioè tutta la questione dell'oceano indiano, del sud est asiatico, però anche in Medio Oriente c'è la
sua propria partita e il conflitto siriano è stato una di queste arene di scontro, così come l'Ucraina è un’altra
ancora.
Quindi abbiamo diversi conflitti locali che però assumono un significato diverso perché inseriti in questo
contesto storico di rimessa in discussione del sistema internazionale, il che fa sì che poi anche questi
conflitti si prolunghino in qualche modo perché se ci fosse l’ordine internazionale assestato che non viene
messo in discussione si troverebbe poi la strada per una risoluzione, invece essendo questa conflittualità
aperta e rappresentata anche nelle istituzioni della cosiddetta Governance globale come per esempio il
consiglio di sicurezza dell’ONU dove sono rappresentati anche la Cina e la Russia come potenze, paesi che
hanno dritto di voto all’interno del consiglio di sicurezza dell’ONU, è difficile trovare poi un consenso per
una risoluzione dei fatti.
Frammentazione del fronte dell’opposizione interno.
Settembre 2011 fondazione a Istanbul del Consiglio Nazionale Siriano (CNS) in rappresentanza
dell’opposizione. Il CNS tuttavia è poco rappresentativo della realtà sul terreno e diviso al suo interno. Le
forze militari in Siria prendono il sopravvento sulla diaspora politica.
A partire dal 2013, le forze democratiche siriane che avevano inizialmente avviato e sostenuto la rivolta,
sono state quasi completamente eclissate da una miriade di milizie jihadiste sunnite, ideologicamente
vicine ma spesso in lotta politica fra loro a seconda delle alleanze dettate anche dai variabili rapporti fra i
rispettivi sponsor internazionali (USA; Turchia, Arabia Saudita e Qatar in primis).
Già dai primi mesi del 2011, la prima rappresentanza formale dell’opposizione popolare al regime di Bashar
al-Assad, è la fondazione a Istanbul del consiglio nazionale siriano che si pone come rappresentante
dell’opposizione interna siriana; questo consiglio nazionale siriano viene riconosciuto dalla comunità
internazionale, cioè dal fronte anti-regime sostanzialmente, però è poco rappresentativo delle forze sul
terreno perchè è soprattutto composto da esponenti politici siriani in esilio che hanno poche basi sociali
all’interno del paese e hanno interessi diversi, non vivono la realtà della mobilitazione popolare all’interno
del paese.
A partire dal 2013, le forze democratiche siriane che avevano inizialmente sostenuto la rivolta ( tra l’altro si
erano creati dei comitati popolari, delle forme di organizzazione dal basso), queste forze però autrici delle
proteste pacifiche del 2011 che vanno avanti nel 2012 vengono completamente eclissate da una miriade di
milizie jihadiste prevalentemente sunnite che sono finanziate dall’esterno e siccome si passa da forme di
opposizione pacifica democratica,popolare a forme di opposizione armata, le forze popolari civili vengono
schiacciate tra due fuochi sostanzialmente, cioè da una parte l’esercito del regime e dall’altra e le miriadi di
milizie jihadiste che si scontrano con l’esercito siriano.
Queste milizie jihadiste sono varie, sono ideologicamente vicine, appartengono a quello spettro neo-
wahhabita però sono anche spesso in lotta tra di loro per una supremazia all’interno dell’opposizione siriana
e anche mosse da diversi interessi dei loro sponsor internazionali per cui se vengono sostenute da sponsor
internazionali diversi, agiscono e si scontrano tra loro a seconda degli interessi dei loro sponsor.
Gli sponsor internazionali sono Stati Uniti D’America, la Turchia, l’Arabia Saudita, il Qatar, gli Emirati Arabi
Uniti e via dicendo.
Quindi si fa molta fatica ,in questo clima che diventa sempre più violento , per le forze democratiche
popolari siriane organizzarrsi e creare un’altra voce diversa rispetto a quella della repressione del regime e
delle milizie armate jihadiste.
Andamento altalenante delle sorti militari del conflitto.
Prima fase di stallo (fine 2012), relativo prevalere delle forze anti-regime (2013-2014) e, infine, una fase
di recupero del regime grazie all’intervento militare russo (2015-2016) e poi all’iniziativa diplomatica
di Russia, Iran e Turchia (2017-2018).
La frammentazione dell’opposizione e l’andamento militare altalenante si sono anche riflessi in una
grande frammentazione del controllo del territorio con conseguenze disastrose sulla popolazione civile,
nonché sulle prospettive di ricostituzione di una Siria unitaria post-conflitto.
Abbiamo una prima fase di stallo, di manifestazione , opposizione in cui il regime viene messo in crisi però
non si capisce chi ha la meglio tra le due parti. Tra 2013 e 2014 sembra che le forze anti-regime possano
avere in qualche modo la meglio, il regime ritira l’esercito da ampie zone del paese che non controlla più di
fatto e che diventano gestite autonomamente dalle forze di opposizione oppure dalle diverse milizie
jihadiste. Il regime recupera,poi, tra il 2015 e 2016 grazie al supporto militare russo; quindi la Russia entra in
gioco, porta dall’alto l’esercito siriano e riesce a creare una nuova fase in cui invece il regime riesce a
prevalere sulle forze di opposizione. A questo recupero del regime seguirà poi l’iniziativa diplomatica del
fronte di sostegno del regime quindi la Russia, l’Iran però anche la Turchia che ha un ruolo duplice perchè
da una parte fa parte del fronte anti-regime (ci sarebbe un discorso da fare delle relazioni tra Siria e Turchia
nel tempo che sono sempre state molto difficili anche per motivi pratici dovute alla gestione dell’acqua per
esempio, dell’Eufrate che attraversa anche la Siria e del sistema di dighe costruito dalla Turchia a monte, c’è
poi la questione curda che interessa sia la Siria, Turchia, Iran, Iraq, quindi ci sono sempre state relazioni
complesse però la Turchia cerca di avere un ruolo di potenza regionale all’altro fronte, cioè anche ponendosi
come paese intermedio che può in qualche modo aprire al fronte russo Iran, pur essendo paese
filoccidentale membro della NATO e via dicendo, anzi la Turchia cerca di sfruttare questo suo essere in
mezzo tra i due fronti per avere la sua influenza sulla regione.
A parte questo andamento altalenante delle sorti militari c’è anche la frammentazione delle forze
dell’opposizione e queste due cose hanno dei riflessi, conseguenze sulla frammentazione del controllo del
territorio siriano che quindi si divide in zone di influenza e di controllo di attori diversi a grave danno della
popolazione civile che si ritrova spesso a passare da una parte all’altra a seconda dell’ andamento del
conflitto e anche a subire operazioni di vendetta perchè nelle zone conquistate dal regime, la popolazione
civile viene accusata di aver supportato le forze di opposizione e quindi subisce delle conseguenze e
viceversa cioè quando delle zone vengono liberate dalle forze di opposizione, la popolazione viene accusata
di supportare il regime.
Questa è una mappa del 2016.
Le zone in rosso sono le zone controllate ancora dal regime, la zona curda controllata dalle forze curde e poi
la zona nera controllata dallo stato islamico di Siria e Iraq. Ci sono ampie zone vuote, c’è anche il deserto
siriano. Spesso quando si vedono le mappe del territorio occupato dalle diverse milizie, non sono delle
mappe complete perchè di fatto quello che controllano magari sono i centri abitati e le strade di
comunicazione tra un centro e l’altro. Ci sono poi vaste zone del territorio che sono spopolate. Le zone
grigie sono altri gruppi ribelli della forza dell’opposizione quindi il territorio è frammentato e diviso fra
diverse zone di influenza e il regime in questo momento controlla soltanto questa zona che sembra una
zona minore in realtà ci sono tutte le città principali come Damasco, Hamah e Homs e Aleppo.
La situazione cambia drasticamente, il regime riprende il controllo quasi su tutto il territorio a parte la zona
a nord (siamo nel 2018).
Infine, la mappa di marzo 2023 la situazione è rimasta così; per cui il regime controlla la maggior parte del
territorio però ci sono zone ampissime che sono o sotto il controllo turco (azzurre) o sotto il controllo delle
forze curde o di altre forze ribelli (zona intorno a Idlib e al centro del paese).
Il conflitto è ancora in corso, ampie zone del territorio siriano sono ancora sotto il controllo di attori diversi
fra di loro, il regime di fatto è al potere ufficialmente però non ha ripreso il controllo di tutto il territorio e in
più la Siria continua ad essere interessata da bombardamenti, presenza di forze armate non sotto il
controllo del regime ecc…
Debolezza iniziative diplomatiche internazionali mirate alla soluzione politica del conflitto
Vi sono state iniziative internazionali sin dall’inizio del conflitto (sanzioni alla Siria, interventi ONU,
iniziative della Lega Araba, processo di Ginevra avviato nel 2012 e poi rilanciato nel 2015-inizio 2016,
iniziativa Onu per il disarmo chimico del regime, ecc.), ma il loro sviluppo è stato sostenuto in modo
intermittente e strumentale da tutte le potenze coinvolte.
Più efficace il cosiddetto processo di Astana guidato dalla Russia con il sostegno di Turchia e Iran
(2017-2018).
Il Processo di Astana è incentrato su alcune de-esclation zones che di fatto sono oggi di nuovo sotto il
controllo del regime a parte la zona di Idlib a Nord sotto il controllo turco.
Vi sono state delle iniziative internazionali sin dall’inizio del conflitto, le sanzioni al regime, alla Siria,
interventi dell’ONU, iniziative della Lega Araba, il processo di Ginevra guidato dal blocco occidentale cioè
Stati Uniti, Unione Europea avviato nel 2012 poi rilanciato tra il 2015 e 2016, l’iniziativa ONU per il disarmo
chimico del regime collegato poi al regime di sanzioni contro la Siria ,però , tutte queste iniziative
diplomatiche di risoluzione del conflitto di fatto non hanno portato a nulla e sono state anche intermittenti,
poco incisive rispetto all’andamento del conflitto e gestite in modo strumentale dalle potenze coinvolte in
ogni modo mirato a una risoluzione del conflitto.
Un po’ più efficace è stato il processo diplomatico (2017-2018) guidato da Yemen, Russia e Turchia che è il
processo negoziale che ha portato alla situazione attuale cioè la divisione del territorio con la Turchia che di
fatto controlla delle zone al nord e quindi tiene sotto controllo anche i cu