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I positivisti sono anche convinti che il metodo induttivo debba essere applicato
alle discipline umanistiche, rivolte allo studio dell’uomo. Non a caso in questo
periodo nascono la psicologia, la sociologia e la pedagogia scientifiche, le quali
si ponevano di indagare la realtà e le esperienze umane con un approccio simile
a quello delle scienze naturali.
[Verso la fine dell’ ‘800, Dilthey e Weber incominciarono a scostarsi da questa
visione, proponendo che si usassero metodi diversi per le scienze umane e
quelle naturali]
Un quinto tratto distintivo del Positivismo è la naturale conseguenza del
contesto storico-culturale in cui esso si sviluppa. Dato il grande miglioramento
delle condizioni di vita legate all’inarrestabile progresso scientifico, si diffonde
la convinzione che la scienza possa risolvere, se non tutti, gran parte dei
problemi.
Da questo però scaturisce anche la marginalizzazione di tutte le problematiche
esistenziali che invece avevano occupato un ruolo di primo piano nel pensiero
di Feuerbach. Il Positivismo ha forti tendenze legate al materialismo, con scarso
interesse per le componenti della vita umana.
Infine, parlando del ruolo della filosofia per i positivisti, si può dire che
quest’ultima venisse vista come la disciplina con il compito di cogliere ed
unificare i risultati di tutte le altre varie materie scientifiche, che per definizione
erano settoriali. Charles Darwin
All’interno del Positivismo si colloca un’importante rivoluzione scientifica
legata alla teoria di Charles Darwin. Nel 1859 venne infatti pubblicata la sua
opera “L’origine della specie” che cambiò la storia e la visione della biologia.
Essa si inseriva in un dibattito secolare che vedeva contrapporsi la fissità e la
trasformazione delle specie.
Per secoli la dottrina aristotelica e quella biblica avevano sostenuto la dottrina
del fissismo delle specie: si credeva fermamente che queste fossero state create
da Dio e che perciò fossero rimaste invariate nel tempo.
Tra ‘600 e ‘700 ad essa si era contrapposta una visione antitetica che riteneva i
diversi tipi di esseri viventi in un continuo stato di trasformazione, dettato dalle
condizioni ambientali. Il suo principale promotore era stato Jean Baptiste de
Lamarck.
“L’origine della specie” nasce dopo una lunga permanenza di Darwin alle
Galapagos che andò ad arricchire ulteriormente il suo vastissimo patrimonio di
nozioni naturali e biologiche. In questo viaggio egli aveva anche avuto modo di
constatare che tra specie diverse in molti casi intercorressero differenze minime.
La teoria di Darwin passò alla storia con il nome di “teoria dell’evoluzione”:
secondo essa le specie sarebbero in continuo mutamento secondo tempi
lunghissimi, che farebbero risalire i progenitori dei vari esseri viventi a tempi
ampiamente anteriori a quelli postulati dalla Bibbia (per il testo sacro, la
creazione aveva avuto luogo circa 4 mila anni prima). La causa di tale
cambiamento sarebbe la cosiddetta selezione naturale, che porta alla prosperità
del più forte e alla sconfitta del meno adatto. Ciò a sua volta è generato dallo
stato di lotta continua che intercorre tra i viventi. Essa non è da intendere in
senso fisico, quale scontro tra creature, ma come una situazione in cui la
possibilità di sopravvivenza dell’individuo in un dato ambiente è determinata
dalla presenza di alcuni caratteri morfologici ben definiti che permettono
l’adattamento di alcuni. Tramite la trasmissione genetica di questi ultimi, il
singolo individuo da vita ad un’intera specie.
Va sottolineato che la presenza o l’assenza di questi tratti fondamentali alla
sopravvivenza fosse il risultato di un evento casuale e non merito di un disegno
divino o di una tendenza spontanea di adattamento all’ambiente.
Filosoficamente parlando, per Darwin, è il caso il motore dell’evoluzione della
specie. L’aspetto che nell’ ‘800 causò maggiore scandalo fu l’applicazione della
teoria dell’evoluzione anche alla specie umana. Fino ad allora l’uomo era stato
visto come un essere eccezionale, superiore agli altri animali per la razionalità,
la moralità, il senso estetico… Con l’avvento di Darwin esso viene
ridimensionato alla pari di tutti gli altri animali, anch’esso il risultato di
un’evoluzione millenaria. Addirittura lo scienziato identificava all’origine della
specie umana un progenitore comune con le scimmie. In quest’ottica anche tutte
quelle facoltà che per secoli avevano decretato l’apparente superiorità umana
diventano merito del caso e non più un dono di Dio.
Osservazioni
Darwin formulò questa teoria dopo aver letto alcune opere di Thomas
1. Malthus ed essersi informato sugli incroci tra diverse specie di piante che
venivano portati avanti nel settore agricolo.
[Malthus aveva coniato la cosiddetta legge malthusiana per cui un forte
incremento della popolazione sarebbe diventato insostenibile dal punto di vista
materiale. L’aumento demografico infatti seguiva un andamento geometrico (2,
4, 8. 16…) mentre la produzione di generi alimentari ne seguiva uno aritmetico
(2, 4, 6, 8, 10…). La soluzione a tutto ciò era regolamentare i matrimoni tra i
poveri.]
2. La teoria darwiniana capovolgeva la concezione millenaria per cui la
natura avrebbe un proprio fine, trasformandosi spontaneamente per la
realizzazione di un risultato intrinseco alle sue possibilità. Darwin
contrariamente riteneva che i risultati della natura, le specie, fossero
frutto del caso. I loro caratteri quindi non erano stati dati loro con una
funzione ben precisa, ma casualmente e solo dopo avevano trovato
un’applicazione concreta.
3. Una delle cause della teoria dell’evoluzione fu la sua applicazione
socio-politica, ovvero il Darwinismo sociale. Esso era la trasformazione e
l’adattamento dell’idea della lotta per la sopravvivenza alle relazioni
umane, tra popoli e “razze”. Tale ideologia sarà il supporto ideologico del
colonialismo.
4. Avvenne anche una completa rivoluzione rispetto alla visione cristiana
della storia, dell’uomo e del cosmo. Per Darwin, il cosmo aveva avuto
origine milioni e milioni di anni prima e tutto al suo interno sarebbe
avvenuto per caso, senza un intervento soprannaturale (anche se lui non si
sbilancerà mai su temi religiosi, come l’esistenza di Dio). L’uomo è
quindi un essere naturale come tutti gli altri, senza particolari meriti che
lo elevino.
5. L’Evoluzionismo come concetto generale viene trasportato dall’ambiente
strettamente scientifico a quello filosofico per fornire un’interpretazione
globale della realtà. I suoi maggiori esponenti saranno Spencer e Ardigò.
In generale nel Positivismo si dividono due filoni: il Positivismo evoluzionistico
di Ardigò e altri pensatori tedeschi e il Positivismo sociale, principalmente
rappresentato da John Stuart Mill e Auguste Comte. Mill in particolare scrisse
un importante saggio, “On liberty” del 1859. Esso diverrà un classico del
liberalismo, supportando la parità dei sessi e la concezione di libertà, non solo
per i suoi parametri fondamentali (con riferimento a Locke), ma anche come
libertà dal conformismo. Il singolo si deve sottrarre alla tirannia della
maggioranza, avendo le proprie idee, abitudini e valori.
Auguste Comte
Le due opere più importanti di Comte sono “Il corso di filosofia positiva” e “Il
sistema di filosofia positiva”.
Il concetto centrale della sua filosofia è la legge dei 3 stadi. Secondo Comte, se
si analizza la storia dell’umanità, di ogni singolo uomo o dello sviluppo del
sapere si può sempre osservare come queste seguano un percorso a 3 stadi.
Il primo detto TEOLOGICO, o fittizio, il secondo METAFISICO, o astratto, e il
terzo POSITIVO, o scientifico. Ciascuno è caratterizzato da un diverso
approccio alla conoscenza e, dal punto di vista storico, da un particolare sistema
politico.
Lo stadio teologico
Nello stadio teologico, l’umanità, il singolo uomo e il sapere inizialmente sono
caratterizzati dalla ricerca delle cause prime o finali in grado di spiegare l’intera
realtà. Queste sono identificate in entità soprannaturali: gli dèi. Dal punto di
vista storico in questo stadio il potere politico è detenuto dai guerrieri (nobili) o
dai sacerdoti, i quali agiscono per volere di Dio. Quest’età va dalla notte dei
tempi fino al 1600 ed è definita da una grande coesione sociale poichè tutti si
rivedono nella stessa fede, tradizioni e istituzioni.
Lo stadio metafisico
Il secondo stadio è quello metafisico, in continuità col primo a livello
dell’approccio alla conoscenza: si ricercano sempre i principi primi e le cause
finali della realtà, ma stavolta vengono identificate con essenze astratte. Ne sono
un esempio la res cogitans e la res extensa di Cartesio, le monadi di Leibniz o
l’Idea di Hegel. Storicamente in questa fase, che va dal 1600 alla prima metà
dell’’800, il potere politico è nelle mani dei giuristi che governano e fondando la
loro autorità su principi astratti come la sovranità popolare, i diritti naturali o i
contratti sociali. Inoltre questa è un’età che Comte stesso si augura di superare
molto velocemente poichè caratterizzata da confusione, conflitti e caos.
Lo stadio positivo
Nel terzo stadio, quello positivo, l’approccio alla conoscenza cambia: si
rinuncia ai principi primi e alle cause finali e ci si limita all’osservazione dei
fenomeni per la formulazione di leggi che ne spieghino il funzionamento. Gli
oggetti della ricerca delle fasi precedenti vengono visti come infantili. Lo stadio
positivo, al tempo di Comte, è ancora in fase d’avvio per quanto riguarda
l’aspetto politico-sociale. Comte inoltre aspira a contribuire proponendo come
detentori del potere politico i sociologi, gli scienziati sociali.
[Per questo motivo, Comte viene visto come il padre della sociologia. Fu di
fatto il primo a parlare di fisica sociale e ad intuire che il metodo scientifico
potesse essere applicato alla società, senza tuttavia dare un vero apporto da
scienziato alla questione]
Questo modello politico in particolare prende il nome di sociocrazia,
richiamando fortemente la sofocrazia platonica. I sociologi sono gli unici a
conoscere le leggi che governano la società e quindi sono di conseguenza gli
unici in grado di governare. Questi saprebbero infatti prevedere ciò che sta per
accadere. Questa forma di governo in realtà esclude o