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Nel primo decennio del 2000 questa situazione si aggrava ulteriormente in alcuni casi come per
esempio la Tunisia di Ben Ali ma anche l'Egitto di Mubarak.
Mubarak nel primo decennio del 2000 sta cercando di preparare il figlio a diventare il nuovo
presidente dell'Egitto e attorno al figlio c'è tutto questo gruppo di grandi capitalisti monopolisti del
paese al punto che si parla di stati mafia perché c'è un progressivo aggravamento del carattere
predatorio dei regimi. Vengono gestiti in modo neopatrimoniale interessi privati ai vertici dello
Stato i quali hanno sempre più profitti ad esclusione invece della maggior parte della popolazione.
Quindi i beneficiari della liberalizzazione economica diminuiscono sempre di più. Di fatto i
beneficiari sono solo piccole cecchie monopoliste intorno ai vertici dei regimi, appunto stati mafia
o stati neopatrimoniali.
Nella Tunisia di Ben Ali tutta la famiglia allargata della moglie di Ben Ali gestiva gran parte
dell'economia del paese come se fosse proprietà sua in gestione privata. In parte, però, delle
risorse vengono ridistribuite in modo nepotista, clientelare dall'alto verso il basso soprattutto in
alcuni contesti (per esempio quando ci sono le elezioni per comprare i voti). Però comunque si crea
un contesto che è molto simile a quello di epoca coloniale in cui c'era la borghesia compradora.
Oggi non si chiama più borghesia compradora, ma "crony capitalism” cioè il capitalismo dei
compari: c’è una classe parassita monopolizzatrice del regime o quasi identificata con il regime che
in contesto neoliberalista, collegata al capitale internazionale, riesce a ricavare grandi profitti ad
esclusione della popolazione.
Sul piano politico che cosa succede? Succede che le riforme verso il sistema della democrazia
liberale creano dei sistemi di rappresentanza, cioè dei sistemi multipartitici e elezioni regolari.
Quando si passa al sistema multipartitico, l'unione socialista araba viene smantellata. Questi partiti
non servono più a mobilitare il popolo dietro al regime, anzi hanno la funzione opposta di
smobilitare la massa. Abbiamo, quindi, una deideologizzazione dei regimi che non hanno più da
legittimarsi da un punto di vista ideologico. Anche le strutture di mobilitazione di massa, ovvero i
partiti unici e i sindacati vengono smantellati.
Ci sono nuovi codici del lavoro che impediscono la creazione di sindacati indipendenti, con l'ottica
di creare delle condizioni favorevoli all'attrazione di investimenti internazionali che non amano i
sindacati e gli scioperi. Sulla carta abbiamo dei sistemi multipartitici più democratici.
I partiti legati all'opposizione non rappresentano nessuno, non hanno basi sociali reali, sono delle
piccole elite, un sistema di rappresentanza limitata all'elite ma non alla maggior parte della
popolazione: non c'è una reale rotazione di potere.
Spesso negli anni 90 e 2000 i partiti di regime rimangono comunque, pure in un contesto
multipartitico, i partiti dominanti, cioè vincono le elezioni sempre. Ad esempio il partito di Hosni
Mubarak è il partito nazionale democratico in Egitto che ha sempre vinto le elezioni per trent'anni.
Poi c'è l'opposizione con partiti di opposizione che partecipano alle elezioni che sono
rappresentate in Parlamento però questo partito serve come macchina clientelare con il sistema di
raccolta di voti. Tant’è che, per esempio in Egitto, nel corso degli anni 90 e 2000, c’era questo
fenomeno dei “candidati indipendenti", per cui il partito nazional democratico si presentava alle
elezioni con pochi candidati. La maggior parte dei candidati erano candidati indipendenti, senza
partito, ed erano magari imprenditori locali, latifondisti,...
Quindi poi il Partito Nazionale Democratico si ricomponeva dopo le elezioni assorbendo tutti i
candidati indipendenti con un sistema di baratto, in cambio di favore, in cambio di appalto, in
cambio di qualche privatizzazione di un pezzo di Stato da qualche parte, in cambio di terra, in
cambio di altre cose.
I partiti dell'opposizione legali (perché poi quelli reali dell'opposizione invece sono illegali) sono di
fatto deboli, divisi, privi di basi sociali, e ritorniamo ai partiti dei notabili. I notabili oggi sono in
Egitto ad esempio i latifondisti o capitalisti, monopolisti o grandi imprenditori.
Ora in tutto ciò forse l'unica eccezione sono i movimenti islamisti, che rappresentano l'opposizione
ai regimi con più basi sociali in questo periodo storico, che però subiscono regolarmente la
repressione del regime e quindi hanno anche difficoltà a rinnovarsi. Non potendo agire troppo alla
luce del sole subiscono un processo di sclerotizzazione, agiscono spesso da clandestini oppure se
escono troppo alla luce del sole poi vengono repressi.
Spesso la parte migliore di questi movimenti e partiti è quella più colpita dalla repressione del
regime, come è tipico per esempio i governi musulmani in Egitto negli anni 90 che hanno tutto un
loro processo interno, cioè c'è una richiesta interna ad una nuova generazione di attivisti, di
democratizzazione interna del movimento dei governi musulmani e di posizioni più progressiste
rispetto a un'alleanza con altre forze politiche, rispetto all'accettazione della democrazia come
migliore forma di governo, interna alla fratellanza. Questa parte che chiedeva tutto questo alla
prossima generazione degli anni 70, è quella che viene colpita dalla repressione del regime, che li
mette in carcere, li manda in esilio, li fa sparire e il movimento ogni volta si blocca, cioè deve
ripiegare la sua parte più interna, la parte anche più conservatrice del movimento e quindi questo
crea un blocco.
In tutto ciò, su cosa si basano questi regimi? Su un apparato coercitivo, sempre più efficiente, con
grandi spese per il controllo interno, al punto che si è parlato di una metamorfosi tra quelli che
erano un tempo regimi militari, di fatto repubbliche militari a regimi polizieschi. Il ministero degli
interni, con tutte le sue forze speciali di polizia varia, è quello che riceve più finanziamenti da parte
del regime. Deve controllare in modo capillare la popolazione e la tecnologia aiuta poichè consente
un controllo molto più capillare di quanto non fosse possibile un tempo.
Quindi apparati coercitivi, ancora espansi, mantenuti o intensificati rispetto al passato, che
diventano lo strumento di mantenimento dei regimi. In genere i regimi si basano su due cose
ovvero un po' di consenso e un po' di repressione, però la misura tra queste due cose vale nel
tempo. Nasser pure se reprimeva l'opposizione, aveva parecchio consenso, quindi repressione e
consenso.
Quindi che cosa succede? Accentuazione del carattere militare dei regimi, unita alla
marginalizzazione politica ed economica di tanti strati sociali, deideologizzazione e rafforzamento
dei sistemi coercitivi come principale strumento del mantenimento dell'ordine.
Vi ricordate quando parlavo dopo l'indipendenza delle due grandi categorie di regimi delle
Repubbliche, l'evoluzione dei regimi militari e le monarchie conservatrici? Ecco abbiamo una
convergenza, cioè si assomigliano sempre di più, non c'è più questa diversità, al punto che in arabo
si parla di “jumulukia”, cioè una linea di mezzo tra repubblica e monarchia mischiate. E infatti negli
anni 90 e 2000, prima delle primavere arabe, in diversi contesti si cercava di avere una presidenza
ereditaria, quindi Mubarak cercava di preparare al trono suo figlio; Hafez al-Assad in Siria ci riesce,
infatti Bashar al-Assad, l'attuale presidente siriano, è il figlio del precedente presidente.
La situazione è sempre più critica fronte di questo neo-autoritarismo repressivo. In realtà il mondo
arabo è sempre stato caratterizzato da cicli di proteste. La primavera araba non è che nasce da
nulla. Già negli anni 70 c'erano le prime rivolte del pane contro la liberalizzazione economica e se
guardate la storia dei singoli paesi ci sono cicli di proteste anche contro questa trasformazione
dell'autoritarismo con la cosiddetta “rottura del patto sociale”: il cittadino rinuncia ai diritti civili e
politici perchè non sono in una democrazia, però in cambio ho un livello di vita migliore, quindi ho
servizi, sanità, istruzioni, case, lavoro. Il patto sociale è basato su questo: il consenso del regime
(Nasser o Boudhiba in Tunisia ma anche Al-Assad in Siria negli anni 70).
Questo patto viene rotto perché non ho più nessun beneficio, però non ho neanche i miei diritti
civili e politici, quindi che vantaggio ho? Rottura del patto. In più la crisi sociale è sempre peggiore,
la questione sociale diventa sempre più urgente con le disuguaglianze sociali, disoccupazione e via
dicendo, per cui per tutti gli anni 10 degli anni 2000, iniziano ad esserci dei segni di riattivazione
della mobilitazione dal basso, che poi esplode nel 2010 inizialmente in Tunisia. In Tunisia ci sono
delle proteste innescate da un episodio, una goccia che fa traboccare il vaso: un venditore
ambulante, un tunisino si dà fuoco e protesta perché la polizia aveva sequestrato il suo banco dove
vendeva le cose. Scoppia una protesta nelle zone più marginalizzate della Tunisia, che però dopo
diverse settimane di protesta arriva anche nella capitale a Tunisi.
Nel contesto della Tunisia la protesta è talmente forte, tante sono le persone che scendono in
piazza di tutti gli strati sociali medi e bassi, che l'esercito non interviene a favore del regime di Ben
Ali. Il presidente della Tunisia Ben Ali è costretto ad abbandonare il paese nel gennaio del 2011.
Questa situazione determina un effetto domino in tutto il mondo arabo, tra l'altro è la
dimostrazione che esiste ancora uno spazio interarabo, cioè che esiste una politica araba
nonostante il declino del panarabismo. Le rivolte scoppiano in tutti i paesi ovviamente con
intensità diversa a seconda del contesto e a seconda anche di come reagisce il regime al vertice.
Soprattutto in Tunisia e in Egitto si avvia tutto un processo di manifestazioni, soprattutto nelle città
principali, Cairo, Alessandria, ecc. e anche in quel caso l'esercito non si schiera a difesa del regime
e dimette Mubarak.
Anche in Siria nel marzo del 2011 scoppiano delle manifestazioni nelle zone più svantaggiate,
rurali. Da marzo iniziano le proteste che poi arrivano alla capitale Damasco. Però in tutti i contesti
scoppia una rivolta: in Libia, in Cirenaica soprattutto, ma anche parzialmente in Marocco, in
Algeria, perfino in Arabia Saudita, anche se ci sono delle proteste minori e nello Yemen.
Nel caso di tre paesi Siria, Libia e