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Ognuno di noi ha più ruoli, l'insieme dei ruoli viene definito come role set. Questo vale soprattutto nelle società
contemporanee (differenziazione cerchie sociali). Il fatto che una persona abbia più ruoli ha conseguenze ambivalenti
sulla persona. Ci sono aspetti positivi: nessun ruolo mi definisce interamente e, entro certi limiti, sono libero di
scegliere a quali dare più importanza. Si può però creare un conflitto di ruolo: in certi momenti potrei trovarmi
soggetto ad attese fra loro in contraddizione. Un ruolo può chiedermi una cosa e un altro ruolo un’altra. Il conflitto di
ruolo è un problema individuale ma ha anche una rilevanza sociale, è qualcosa di cui la società deve tenere conto. Il
funzionario pubblico si trova la pratica di un parente: un ruolo richiede che la tratti come le altre, l'altro ruolo che la
tratti diversamente. Ci sono quindi delle leggi per risolvere queste situazioni, come le leggi sui concorsi, dove i
commissari non devono avere nessun rapporto di parentela o amicizia con i candidati.
Gruppi
Quando l'interazione continua nel tempo può anche dar vita ai gruppi.
Sono tre gli elementi fondamentali affinché si possa parlare di un gruppo
- Due o più persone
- Frequenti occasioni di incontro: devono interagire fra di loro ripetutamente nel tempo
- Senso di appartenenza: le persone devono sentirsi parte del gruppo
Le categorie sociali, come i giovani o gli anziani, per esempio, non sono un gruppo.
Ci sono poi altri elementi che potrebbero esserci o meno:
- Interessi e necessità comuni: più persone possono stare nel medesimo gruppo per motivi diversi
- Inevitabilmente ogni interazione ha regole, ma non è necessario che esse siano formali, uno statuto
- Non è detto, soprattutto nei gruppi piccoli, che ci siano dei ruoli prestabiliti
- La vicinanza fisica, e quindi le frequenti occasioni di incontro, può esserci o meno, soprattutto oggi, grazie ai
mezzi di comunicazione e di trasporto
- La conoscenza e l'interazione diretta fra tutti i membri del gruppo, soprattutto nei gruppi molto grandi
I gruppi, quindi, non sono tutti uguali, ma ne esistono di diversi tipi. Soprattutto possono essere distinti sulla base di
alcune contrapposizioni idealtipiche in senso weberiano, perché i gruppi veri spesso si trovano a metà strada.
- Gruppi primari vs secondari
o Primari. Gruppo al cui interno i rapporti fra gli appartenenti sono di tipo affettivo. I ruoli di solito
sono di tipo diffuso. In genere sono gruppi piccoli dove c'è una conoscenza reciproca di tutti gli
appartenenti. Un esempio è la famiglia.
o Secondari. Le relazioni fra gli appartenenti al gruppo sono di tipo strumentale. Di solito al loro
interno ci sono ruoli di tipo specifico. Rispetto alle dimensioni, possono essere sia grandi che piccoli.
Possiamo trovare gruppi primari ma gruppi secondari in maniera pura è difficile trovarli, perché quando
interagiamo spesso con una persona è facile che nasca un rapporto di tipo affettivo.
- Gruppi informali vs formali
o Informali: mancano regole esplicite
o Formali: il funzionamento del gruppo si basa sull'esistenza di regole esplicite, solitamente
scritte. Sono chiaramente definite le regole che fanno funzionare il gruppo.
Un gruppo ha sempre delle regole, come ogni tipo di interazione sociale, quindi la differenza non dipende
dalla presenza o meno di regole, ma dalla presenza o meno di regole esplicite. Una regola esplicita, però, non
è necessariamente più forte di una informale: una regola implicita più essere molto più forte e la sua
violazione potrebbe avere conseguenze più gravi. Si possono trovare gruppi informali, ma è molto difficile
trovare gruppi puramente formali perché in tutti i gruppi ci sono regole informali.
- Gruppi aperti vs chiusi
È una distinzione ancora meno netta delle precedenti: sono gli estremi di un continuum. Dipende
dall'esistenza o meno di barriere all'ingresso.
o Aperti: chiunque può diventare membro (WWF)
o Chiusi: chi non ne fa parte non può entrare (famiglia)
- Gruppi segmentali vs totali
o Segmentali: l'appartenenza al gruppo non esaurisce tutti i ruoli degli appartenenti
o Totali: contiene in se tutti i ruoli degli appartenenti al gruppo. Alcuni esempi possono essere le sette
religiose, le organizzazioni militari nei sistemi non democratici, il carcere, i manicomi.
Noi facciamo quasi sempre parte di gruppi segmentali che controllano poco la nostra vita.
C'è anche una distinzione relativa alle funzioni, finalità dei gruppi:
- Gruppi espressivi vs strumentali
o Strumentali: hanno un obbiettivo, una finalità specifica, esterna al gruppo stesso.
o Espressivi: non ha nessuna finalità esterna a se stesso, la sua finalità è l'esistenza stessa del gruppo.
Anche qui può essere che un gruppo abbia entrambe le finalità.
Nei gruppi strumentali la finalità del gruppo non è detto che corrisponda a quella di tutti coloro che ne fanno
parte.
Questa distinzione si ritrova anche nei ruoli all'interno del gruppo: esiste infatti, soprattutto nei gruppi più
grandi, una distinzione dei ruoli, che può essere formale o informale.
Affinché il gruppo possa funzionare e raggiungere i suoi obbiettivi nel tempo è necessario che ci siano
persone che ricoprono ruoli strumentali e altre quelli espressivi: serve sia chi è concentrato sull'obiettivo del
gruppo, sia chi tiene coeso il gruppo (Parsons con AGIL).
Gruppo di riferimento.
Concetto messo a punto in particolare da Robert Merton.
Noi possiamo fare parte di più gruppi e in ognuno abbiamo un ruolo, cioè le attese che gli altri hanno nei nostri
confronti. Queste attese condizionano la mia esistenza in quanto devo rispondere ad esse: non la determinano perché
posso anche non rispondere, in particolare se faccio parte di tanti gruppi.
Merton con gruppi di riferimento ci dice che ci condizionano non solo i gruppi di cui facciamo parte ma anche quelli di
cui vorrei fare parte: per essere agevolato nell'accesso di un gruppo potrei iniziare già prima a comportarmi secondo
le attese che il gruppo ha nei confronti dei suoi aderenti.
Le dimensioni del gruppo.
La dimensione di un gruppo orienta alcuni suoi aspetti. Simmel, in particolare, distingue fra diade e triade.
In un gruppo piccolo ci può essere conoscenza reciproca, in uno grande no; in uno piccolo c'è interazione reciproca
con tutti i membri; in un gruppo grande servono regole esplicite e una gerarchia.
Socializzazione, identità e devianza.
Noi facciamo parte di una società, che è fatta da persone. Le persone cambiano nel tempo, nascono e muoiono,
immigrano ed emigrano.
La società è quindi fatta da individui, ma l’insieme degli individui che compone la società cambia nel tempo, arrivando
a rinnovarsi totalmente nel tempo (chi c’era nella società italiana nel 1900 non c’è più: ogni membro è cambiato. Però
è comunque la società italiana: resta una lingua comune, una cultura comune).
Le società cambiano nella loro composizione ma alcuni elementi permangono nel tempo anche se le persone
cambiano: sono quelli che Durkheim chiama fatti sociali. Questi fatti sociali sono esterni alle persone, non sono innati.
Per esempio, le persone hanno una predisposizione al linguaggio ma la conoscenza dell'italiano non è innata. Questi
elementi che caratterizzano la nostra società devono quindi essere appresi.
La socializzazione, nel suo significato sociologico, è un processo che può essere visto da due punti di vista: quello della
società e quello dell'individuo.
- Quello della società è un punto di vista macro. La socializzazione è il processo attraverso cui la società
trasmette da una generazione all'altra i suoi elementi costitutivi fondamentali. È il processo con cui la società
si mantiene nel tempo.
- Quello dell'individuo è un punto di vista micro. La socializzazione è un processo di apprendimento, attraverso
il quale gli individui imparano le regole, i valori, i modi di comportarsi tipici della società in cui si trovano a
vivere.
Oltre a queste due chiavi di lettura c'è una contrapposizione a livello teorico tra i modi in cui questo processo può
essere interpretato:
- Socializzazione come condizionamento.
Parsons e funzionalismo. Idea che nel processo di socializzazione ci sia un soggetto che insegna e l'altro che
apprende: c'è un soggetto attivo, la società, che spiega a un soggetto passivo, il bambino, come vive nella
società. È un processo asimmetrico e unidirezionale.
- Socializzazione come interazione.
Interazionismo simbolico e Mead (mild). Si concentrano sull'aspetto bidirezionale della socializzazione, la
quale non è un semplice passaggio acritico di informazioni, ma un processo in cui chi riceve informazioni
agisce attivamente e ha la capacità di negoziare il contenuto di ciò che viene trasmesso. Per esempio, i
genitori imparano dal bambino come essere genitori: il bambino, anche se è in una posizione di inferiorità,
reagisce e negozia le regole insegnate dai genitori.
Alcuni studiosi, che fanno propria la prospettiva dell’interazione, sottolineano l’importanza del gioco nel processo di
socializzazione. È un’attività tramite cui i bambini imparano come vivere nella società.
Ci sono due fasi distinte a livello temporale:
- Il gioco semplice. Il bambino imita i ruoli degli adulti, per esempio giocando a fare la mamma, il papà, il
poliziotto, il maestro ect. È importante perché il bambino comincia a imparare il fatto che nella società
esistono ruoli diversi. Così capisce che la realtà può essere vista da diversi punti di vista. Inizia a imparare a
mettersi nei panni dell’altro. È un gioco che si fa da soli, è il bambino ad avere la situazione sotto controllo.
- Il gioco organizzato. Il bambino deve assumere un ruolo ma anche imparare a confrontarsi con l’altro,
soprattutto con le attese che hanno gli altri nei suoi confronti.
Questa divisione è congruente con la visione che Meald aveva del sé. Nel gioco semplice c’è soltanto l’io, nel gioco
organizzato c’è l’io e anche il me.
Quindi come avviene la socializzazione? I processi hanno caratteristiche comuni, ma come avviene concretamente
cambia a seconda della società e con il tempo. Quindi le due prospettive, di condizionamento e di interazione,
possono essere co-presenti nelle società ed essere presenti in quantità variabili. Si può dire che nella società
occidentale, fino a 50 anni fa, le dinamiche di condizio