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DEFINIZIONE E TEORIE PSICOLOGICHE DEL GIOCO
Il gioco e il disegno rappresentano delle attività che possono venire incontro allo psicologo quando deve
effettuare una valutazione del bambino.
L’attività del gioco e del disegno possono essere delle utili attività di rivelazione del disagio, dello sviluppo
atipico.
Il gioco in psicologia è l’espressione di uno stato intenzionale, nel gioco chi gioca mette qualche cosa di sé,
consiste in attività con oggetti, spontanee e naturali, che impiegano attenzione e motivazione.
È un modo di entrare in relazione con l’ambiente sico ed è un modo spontaneo e naturale. Mi aspetto che
naturalmente il bambino sia predisposto al gioco, e che sia un’attività per lui piacevole, talvolta anche per
scaricare la tensione e l’ansia con un’impiega di attenzione e motivazione. Il bambino nel gioco mette in atto le
competenze cognitive e psicologiche motivazionali che ha dentro di sé.
Esso può essere:
- svolto con o senza il coinvolgimento di caregiver o altri. Ci si aspetta che ci sono dei momenti in cui si gioca
da soli ma anche si impari a giocare con altri, le competenze sociali attraverso il gioco vengono messe in gioco.
Saper giocare con gli altri in un contesto richiede delle competenze, cognitive, di teoria della mente, emozionali.
- Il gioco è una palestra ma anche un osservatorio con o senza manifestazione affettiva e emotiva. Attraverso il
gioco posso anche esprimere delle emozioni, degli stati d’animo e questo utilizzo del gioco ci fa intendere
anche un utilizzo clinico del gioco. Quando diventa un canale di espressione, diventa anche un canale utile
nel momento in cui si instaura una relazione con lo psicologo.
- In ne, può essere un’attività con o senza nzione, attraverso il gioco è possibile regolare le capacità di
astrazione. Attraverso il gioco il bambino può esercitarsi nella simbolizzazione e nella nzione
Ci possono essere diversissime manifestazioni di gioco. Ciò che ci si aspetta è che ci sia un andamento tipico
nello sviluppo del gioco, perché segue lo sviluppo tipico delle competenze emotive, relazionali e della teoria
della mente del bambino.
Il gioco assorbe un’importante funzione psicologica. Si considera il gioco un’attività che promuove lo sviluppo
cognitivo del bambino e lo sviluppo del sé. È atipico che il bambino non voglia giocare, si ritiri dal gioco…
proprio perché è un’attività naturale.
Il gioco infatti:
- Non è necessariamente un’attività funzionale: non sempre all’interno del gioco si riscontra un obiettivo nale,
una concatenazione causale. Il gioco può essere ne a sé stesso, senza una logica. Questo riempie il gioco di
signi cati simbolici
- È un’attività spontanea, naturale, piacevole che di solito il bambino svolge in modo volontario. Questa
caratteristica di naturalezza è fondamentale tanto da essere usata nei setting clinici per entrare in relazione con il
bambino. Aiuta a ripristinare uno stato di tranquillità in contenesti che per lui sono sconosciuti grazie proprio al
carattere di spontaneità
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- Il gioco, a differenza delle altre attività consapevoli, non è un’attività letterale. Non necessariamente ciò che
accade è reale. Per esempio, il gioco di nzione: un bastone può diventare una bacchetta magica. La non
letteralità sta nel simbolizzare. Con la mente trasformo gli oggetti in ciò che voglio. Questo rende il gioco un
contenitore di signi cati, di simboli, di interpretazioni
- È un’attività che può essere ripetuta nel tempo ma non stereotipata. Ovvero l’essere stereotipato connota il
gioco in modo negativo, un gioco che non cresce, che non si modi ca. Nella ripetizione invece vi è un
cambiamento cognitivo, mentre la stereotipia è ne a sé stessa, non evolutiva, tipico con bambini aventi
dif coltà cognitiva
- Il gioco è un’attività dominata dall’intenzionalità dell’individuo. Nel gioco il bambino è padrone, ribalta la
realtà. Spesso si organizza uno scenario di gioco in cui da vittima si passa ad essere carne ce. È un mondo che il
bambino crea a propria dimensione di pensiero
Il gioco è quindi denso di signi cati se si hanno le competenze per poterli leggere. Noi abbiamo un repertorio
importante di attività di gioco: il bambino gioca in tanti modi diversi, attraverso diverse manifestazioni di gioco.
Sono state proposte delle classi cazioni per cercare di organizzare queste manifestazioni:
Una classi cazione elaborata da Partner si distingue sia per diverso gradiente simbolico che per associazione
agli altri.
1. Gioco solitario: prima espressione di gioco, gioco non sociale i cui il bambino si isola e gioca sa solo senza
entrare in interazione con alcun caregiver o pari. Nelle rime fasi di vita il bambino gioca spesso con le sue
parti del corpo, entra in interazione con gli oggetti anche da solo. Fa esperienza del sé e del mondo. il gioco
al solitario permane nella vita del bambino ma per porzioni sempre più ridotte nel tempo crescendo, ma che
comunque non scompaiono
2. Gioco parallelo (2-3 anni): attività con limitata partecipazione sociale. I bambini giocano anco a anco,
compiono la stessa attività di gioco, ma in realtà non giocano assieme. Ognuno gioca da solo ma guarda
l’altro, scura quello che fa, spesso lo replica, ma non c’è una vera e propria interazione. Se vengono separati
però vi è una protesta.
3. Gioco sociale: progressivamente compare il gioco sociale. Accanto al gioco solitario progressivamente il
bambino impara a giocare con gli altri. Si ha una evoluzione cognitiva personale.
o In primis il gioco sociale associativo: ognuno stata facendo un pezzo di gioco e comunicano tra loro ma nella
realtà ognuno coltiva il proprio gioco, non c’è un obiettivo comune di gioco, caratterizza la fase prescolare.
o Progressivamente il gioco sociale associativo diviene gioco sociale collaborativo: le competenze dei bambini
maturano cognitivamente, emotivamente, la teoria della mente matura. Anche nel gioco il bambino riversa le
nuove capacità di interagire in modo interattiva con gli altri. I bambini giocano insieme per il raggiungimento di
un obbiettivo di gioco comune. È il gioco tipico del gioco di squadra. È tipico dell’età scolare perché richiede
delle competenze speci che
Il gioco si sviluppa in modo sequenziale dall’assenza alla complessità di interazioni. Piano piano il bambino
saprà interagire con gli altri in modo sempre più competente.
Anche lo sviluppo del linguaggio consente una migliore interazione con l’altro.
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Il gioco e le diverse manifestazioni di gioco quindi dipendono dall’età, dovrò aspettarmi manifestazioni di gioco
diverse a seconda dell’età del bambino. A età diverse corrispondono forme diverse di gioco.
Fattori contestuali, culturali e sociali modi cano lo sviluppo del gioco. Il gioco è un’attività che risente
tantissimo della cultura. I giochi dei bambini occidentali sono diversi da quelli orientali, giocano in maniera
diversa. Rispetto al gioco bisogna fare i contri con il contesto culturale di appartenenza che può modi care la
traiettoria che ci aspettiamo.
Teoria classiche ( teorie ingenue del gioco)
Una teoria classica che per molto tempo è stata considerata valida è la teoria del rilassamento. Ovvero il gioco
è un’attività che serve al bambino per rilassarsi e riposarsi. Questa è una teoria ingenua.
Oppure un altro punto di vista semplicistico viene dalla teoria di Spencer ovvero la teoria dell’energia in
eccesso che prende in considerazione il gioco come attività che serve per eliminare un’energia in eccesso. Il
gioco sarebbe il risultato dell’energia in eccesso che rimane dopo che i bisogni primari vengono soddisfati.
Sono delle visioni molto semplicistiche, non si tiene in conto il fatto che il gioco è un’attività volontaria e di
espressione del sé.
Le teorie di Hall ovvero la teoria della ricapitolazione prende in considerazione il gioco come attività che
ripercorrono e costruiscono lo sviluppo della specie. Il bambino attraverso questa attività costruisce le sue
certezze e la stabilità come fecero i nostri antenati.
Oltre ad essa vi è la teoria del pre-esercizio in cui si riconosce che il gioco rappresenta un bisogno primario
attraverso il quale il bambino può incanalare i propri istinti, desideri e permette di perfezionare le proprie abilità
ed è una palestra in cui il bambino si esercita per sviluppare le competenze richieste nelle fasi successive di
sviluppo, specialmente nella fase adulta.
Oggi tutte queste teorie sono superate poiché troppo ingenue o semplicistiche.
Teorie moderne del gioco
Oggi ci sono 4 possibili approcci del gioco che fanno del gioco un’attività a 360°:
1. Teorie della modulazione dell’arousal: approccio neuroscienti co. Il nostro sistema nervoso centrale è
caratterizzato da un livello ottimale di arousal. Il gioco consente di ripristinare il livello ottimale di attivazione
nervosa, è una ricarica. Il bambino attraverso il gioco riesce a ripristinare le energie nervose che gli consentono
di riprendere la sua attività. È una teoria neurologica.
2. Teoria dello sviluppo cognitivo: approccio piagetiano in cui il gioco diventa una chiave di lettura dello
sviluppo cognitivo, in primis l’espressione dell’egocentrismo infantile è un’attività di assimilazione e di
interiorizzazione della realtà. Attraverso il gioco il bambino conosce il mondo. Il gioco rappresenta un
meccanismo chiaro dello sviluppo cognitivo. Compare il gioco simbolico nella teoria di Piaget come
espressione di rappresentare mentalmente la realtà si istituisce al gioco un valore evolutivo. Il binomio gioco e
sviluppo cognitivo è un binomio che ancora oggi sussiste in modo importante. Il gioco è uno strumento di
valutazione cognitiva. Dal modo in cui il bambino gioca posso capire se il suo sviluppo è tipico oppure no
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3. Teorie psicodinamiche: hanno tutto un altro punto di vista rispetto alle teorie dello sviluppo cognitivo. Un
approccio complementare però, il gioco procura in forma simbolica grati cazioni negate dalla realtà favorendo
comportamenti adattivi e assicurando un adeguato equilibrio emotivo (Freud). Il gioco è un contenitore di
emozioni, di rappresentazioni della realtà, di credenze, di bisogni, di istinti e pulsioni. Nel gioco il bambino
esorcizza la realtà. In forma simboli