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MENTALE, MEMORIA A LUNGO TERMINE.

Possiamo stabilire relazione tra architettura e nostro cervello? Ci

sono analogie. Per individuare i correlati, Adam Butley diceva che

abbiamo zone cervello che svolgono stesse funzione di calcolatori:

abbiamo funzione di ELABORAZIONE DEL DATO, COMBINATORIA,

DINAMICA, CORRISPONDENTE A PARTE PIU’ FRONTALE DI EMISFERO

SINISTRO, DETTA AREA DI BROCA. Poi abbiamo una parte di

memoria che si articola in 2 componenti, distinti e localizzati

diversamente: abbiamo una MEMORIA A LUNGO TERMINE, AL

CONFINE TRA AREA TEMPORALE, E A BREVE TERMINE IN UNA PARTE

PIU’ SUPERIORE. Il dato nella memoria di lavoro è disponibile a

brevissimo termine, si trattiene per pochi secondi, estremamente

volatile. C’è un’interazione però tra memoria di lavoro e a lungo

termine, perché l’unità che possiamo trattenere è definita da cose

che abbiamo già nella lungo termine. Praticamente,

nell’elaborazione di nuovi input linguistici, l’elaborazione procede in

funzione di input che abbiamo già incorporato nella nostra memoria

a lungo termine. Per cui se nel lessico mentale abbiamo

memorizzato parole intere, le unità nella memoria di lavoro

interagiscono con quelle che abbiamo nella memoria a lungo

termine(così possiamo mantenere piccoli simboli). Più unità

linguistiche abbiamo memorizzato, più bravi saremmo a elaborare

gli input che ci arrivano nella memoria di lavoro, riuscendo ad

allargarla anche. Perché così possiamo inscatolare l’input in unità

che già conosciamo. Questa abilità è unica del nostro cervello,

neanche chat gpt con memoria infinita ci riesce. Però l’abilità di

espandere la nostra memoria dinamicamente in funzione degli

stimoli linguistici è impareggiabile.

abbiamo 2 flussi di info cicliche: quando ripetiamo in maniera

silenziosa mentalmente, si apre un loop fonologico, possiamo

mantenere info non familiare che svanirebbero subito altrimenti.

Il secondo loop è interazione tra memoria a breve termine e lungo

termine, cioè che attraverso la memorizzazione di alcune sotto

unità(prefisso telefonico), non occorre ricostruire quei prefissi

perché li abbiamo già a LUNGO TERMINE(scomporre un numero in

questo caso ci aiuta).

George Miller ha studiato capacità memoria di lavoro, scoprendone i

limiti. Dice che la memoria di lavoro è limitata se dobbiamo

memorizzare cose non familiari(ad un minimo di 5 unità a un

massimo di 9). A lui si deve anche intuizione che capacità può

essere amplificata tramite la memorizzazione di sotto sequenze più

ampie.

MEMORIA DI LAVORO ci fa attivare MEMORIA LESSICALE, è una sorta

di finestra di accesso. Un’unità per entrare in memoria lessicale

deve passare per quella di lavoro, che è la più esposta a stimoli

esterni. Se abbiamo poca memoria di lavoro, se abbiamo qui un

deficit, faremo fatica ad accumulare nuove parole nel lessico

mentale. acquisizione lessicale dipende dalla nostra capacità di

memoria di lavoro, e ciò è stato accertato tramite più esperimenti.

Dalla memoria a lungo termine si può passare a breve termine: più

ricco è a lungo termine, migliore sarà capacità memoria di lavoro.

Possiamo memorizzare anche frasi intere, come proverbi o

espressioni idiomatiche(tagliare la corda). Il lessico CONTIENE

RIDONDANZA.

RAPPORTO TRA MEMORIA E FREQUENZA: c’è un legame: la nostra

memoria è sensibile alla frequenza degli stimoli a cui siamo esposti.

Quanto più uno stimolo è ripetuto nel nostro input linguistico, tanto

più sarà radicata nella nostra memoria la rappresentazione di quella

parola, e tanto sarà più facile per accedervi.

La frequenza serve a radicare un’unità nel lessico mentale, ma

possiamo anche fare il contrario, indebolirla o rimuoverla come

conseguenza di disuso. Con uso ripetuto nuova struttura diventa

sempre più radicata fino a diventare unità. Abbiamo 3 concetti

fondamentali riguardo l’effetto della frequenza:

1. CONSOLIDAMENTO DELLA CODIFICA

2. AUTOMATIZZAZIONE NELL’ELABORAZIONE

3. PERCEZIONE OLISTICA

Cosa vuol dire radicamento? Quanto più frequente è uno stimolo,

tanto aumenta il dettaglio delle informazioni che associamo a quello

stimolo. Ad esempio, a livello articolatorio, più è familiare uno

stimolo più siamo rapidi nella pronuncia. Possiamo pronunciare una

parola ad alta frequenza più velocemente ad una più a bassa

frequenza(così come italiano rispetto a inglese ad esempio).

EFFETTO DI RADICAMENTO= EFFETTO DI DETTAGLIO NELLA

RAPPRESENTAZIONE. La rappresentazione del dettaglio può avvenre

in modalità diverse. Una parola che usiamo più frequentemente la

sappiamo anche spiegare più rapidamente.

Il concetto tra frequenza e radicamento è stata vista anche da un

punto di vista matematico: davanti a un corpus di testo, per

calcolare la frequenza di una parola si contano quante volte

compare(quante volte cantando appare in un testo). Questa è la

frequenza. La frequenza lessicale è quante volte quella specifica

forma ricorre in un certo contesto. Le frequenze aumentano man

mano che aumentiamo i corpus sui quali ci basiamo. Quindi è

difficile dare un’info relativa a una frequenza assoluta di una parola.

Quello che si stabilisce è la frequenza relativa: essa rappresenta il

rapporto tra la frequenza con cui abbiamo incontrato una parola e

tutte le parole che abbiamo incontrato. Esempio(in un testo di 100

parole troviamo 10 volte la parola “suonare”. La frequenza relativa

è uguale a 10/100). Si avvicina al concetto di PROBABILITA’, perché

con la frequenza relativa stiamo calcolando anche la probabilità ad

esempio di poter estrarre da un urna di 100 parole la parola

suonare.

Relazione tra FREQUENZA E MEMORIA RELATIVA: IPOTESI DELLA

FREQUENZA ASSOLUTA: parole derivata ad alta frequenza tendono

ad essere meno trasparenti nel loro significato e nella loro struttura.

Vuol dire che percepiamo meno la loro struttura interna. Se calcolo

frequenza di parola “irriverente”(479) e “impossibile”(1500). Sono

parole che presentano la stessa struttura morfologica. Secondo

ipotesi, per noi è più difficile percepire struttura parola frequente

come “impossibile” rispetto a “irriverente”. L’ipotesi è stata

formulata dalla linguista australiana Hay. Praticamente, quando una

forma risulta altamente frequente, la sua struttura non viene

percepita come forma derivata. LA FREQUENZA DETERMINA LA

PERCEZIONE DELLA STRUTTURA INTERNA DI UNA PAROLA.

IPOTESI DELLA FREQUENZA RELATIVA: parole derivate ad alta

frequenza tendono ad essere meno trasparenti. In realtà,

PERCEPIAMO PIU’ “IRRIVERENTE”(FORMA A BASSA FREQUENZA

ASSOLUTA) CHE “IMPOSSIBILE” COME FORMA NON DERIVATA MA UN

TUTT’UNO. Quindi non è la frequenza assoluta che determina la

capacità di percepire struttura parola complessa, ma è QUELLA

RELATIVA(FREQUENZA DELLA BASE E FREQUENZA DEL DERIVATO).

Infatti, la base di irriverente(riverente) è inesistente. La base di

impossibile(possibile) ha una frequenza MOLTO PIU’ ALTA. Perciò,

irriverente viene vista come una parola non derivata, ma già come

una base. La frequenza della base dà maggiore salienza alla nostra

capacità di percepirla all’interno del derivato.

MODELLO COMPETITIVO: abbiamo come unità di accesso non solo i

costituenti elementari delle unità di accesso di una parola

complessa, ma abbiamo la parola complessa e i suoi

costituenti( NON SOLO IR/ RIVERENTE, MA SIA IRRIVIRENTE CHE

IR/RIVERENTE). Si attivano tramite competizione tra elementi, e

vince unità più saliente. La salienza si misura con la frequenza:

irriverente nel caso di prima ha una frequenza molto alta, rispetto a

riverente. Di conseguenza irriverente si attiverà molto più

fortemente di riverente proprio perché più frequente, e inoltre

percepiamo IRRIVERENTE come un tutt’uno proprio grazie alla sua

unità complessa molto frequente. Questo non sarebbe accaduto allo

stesso modo con possibile e impossibile, la percezione sarebbe

stata diversa a causa dell’alta frequenza di entrambi gli aggettivi,

vince la percezione della struttura della parola derivata.

Differente da quanto diceva Blumfield, le parole non sono elencate

in ordine alfabetico, non è organizzato come un dizionario: le parole

sono memorizzate attraverso RETI ASSOCIATIVE. Come si

costruiscono i legami associativi che legano le parole? Secondo il

modello di Bybee del 1995, le parole si legano dal punto di vista

delle relazioni formali( ASPETTO FONOLOGICO), sia da quelle

semantiche(SIGNIFICATO). Sono legate parole con forme che si

somigliano(tieni, tengono/vieni, vengono- parole che sono

sovrapponibili, ridondanza di terminazione flessionale uguale-

anche il contenuto è uguale(seconda persona singolare, contiene

stessa info)).

RELAZIONI SINTAGMATICHE: unità che si accompagnano l’una

all’altra tra IO e VENGO

RELAZIONE PARADIGMATICA: unità che non si accompagnano una

all’altra VENGO e VENGANO

RETI DISCRIMINATIVE: reti in cui parole che iniziano allo stesso

modo condividono stessi nodi nella rappresentazione,

rappresentazione ad albero che si divarica sempre. Ci consente di

vedere relazioni paradigmatiche che iniziano allo stesso modo e si

divaricano in modo diverso poi. Un concetto da tener presente è

come la frequenza influisce su queste strutture lessicali. Se le

parole hanno una struttura ad albero, e le forme che si

sovrappongono in inizio, possiamo capire effetti delle parole sulla

nostra percezione.

1. il radicamento delle frecce che collegano un nodo a un altro

dipende dalla frequenza di quante volte ho attraversato quella

linea. Ogni volta che produco uno di quei suoni, quel legame,

lo faccio diventare maggiore. La forza del legame dipende

dalla frequenza. (in vengo ho attivato più volte la V-E-N-G-O)

la nozione di radicamento della memoria è legata a un processo di

rafforzamento dei legami associativi delle unità, in funzione della

ripetizione dello stimolo. Ogni volta che lo ripetiamo, quel legame si

rafforza, migliorando il radicamento( che deve essere rafforzato nel

tempo altrimenti scompare).

ENTROPIA immaginiamo che i nostri stimoli linguistici si riducono

soltanto a 3: LA, PALLA, GATTA. Sentiamo il suono LA 5 volte, PALLA

4 volte e GA

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
7 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chrismane99 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica computazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Bevivino Vito.