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Siccome ci si deve addentrare in questo tema è importante capire quali possono essere alcuni di questi fattori

e quale ruolo giocano. Quando si ha una muratura la si può schematizzare in una cella elementare,

individuando il nucleo più semplice di muratura a cui si può pensare, che sono 2 mattoni con interposto uno

strato di malta; se si prova a schiacciare questo sistema sottoponendolo ad una prova di compressione si

deve sapere che in generale il mattone, in quanto più performante e rigido, tende a dilatarsi meno della malta

e hanno quindi un coefficiente di Poisson più piccolo.

Se si schiaccia tutta la cella elementare insieme i 3 materiali (2 mattoni e lo strato di malta) avranno lo stesso

stato tensionale verticalmente, perché sono sottoposti alla stessa forza verticale, hanno la stessa area e

quindi la tensione verticale è la stessa, di conseguenza anche la deformazione verticale sarà la stessa.

σ

Trasversalmente quando si schiaccia la cella elementare è vero che entrambi i materiali tenderanno ad

espandersi, ma il coefficiente di Poisson dei mattoni è più piccolo di quello della malta, dunque i mattoni si

espanderanno di meno della malta. Però bisogna tenere conto che i 2 materiali non sono indipendenti ma

sono aderenti e collegati tra di loro, quindi quando la malta si vuole espandere tanto il mattone che è

congruente con la malta si vuole espandere meno, ciò significa che agisce da vincolo nei confronti della malta.

La malta viene compressa trasversalmente dal mattone che la vincola, viceversa il mattone trasversalmente

viene messo in trazione dalla malta che vorrebbe espandersi maggiormente, allora a livello di tensioni

trasversali si deve ragionare in questo modo: più si spinge verticalmente e più il mattone risulta teso in senso

orizzontale e più la malta risulta compressa e confinata in senso orizzontale.

Ad un certo punto si potrebbe raggiungere la resistenza a trazione del mattone e come è disegnato sopra

all’interno del mattone potrebbero nascere delle fessure parallele alla forza, che nel momento in cui nascono

si propagano anche nella malta, che quindi non rimane intatta seppur compressa trasversalmente.

Si schiaccia verticalmente ma ciò che porta alla crisi la muratura è la capacità trasversale, chi governa dipende

anche dal rapporto tra i coefficienti di Poisson.

Per provare a gestire quantitativamente questo tema in passato si è andati a prendere una pila di 2 mattoni

con della malta, poi sono stati fatti gli equilibri tra le varie tensioni e imponendo le congruenze si è andati ad

ottenere, con dei semplici domini resistenti elastici (pensando che sia la malta che il mattone hanno un

comportamento elasto-fragile come di fatto hanno), un’espressione molto brutta che sostanzialmente dà il

legame della capacità della muratura in funzione dei coefficienti di Poisson della malta e del mattone, ma

anche di altri coefficienti come α, β e λ che rappresentano rispettivamente il rapporto tra gli spessori del

mattone e della malta, il rapporto tra i moduli elastici e il rapporto tra la resistenza del mattone a trazione e

a compressione.

Se si va a diagrammare l’equazione si ottiene il grafico dell’immagine con 2 curve azzurre, che permettono di

rappresentare la resistenza della muratura in funzione del rapporto tra gli spessori della malta e del mattone,

cioè in funzione del coefficiente α.

Come si può osservare al crescere dello spessore della malta la resistenza della muratura si riduce, in questo

modo è stato scoperto uno dei parametri più importanti che governano il funzionamento a compressione

delle pareti in muratura, ovvero lo spessore dei giunti di malta in rapporto alla dimensione del blocco: più è

sottile lo spessore del giunto e meglio è, perché nel grafico ci si sposta verso sinistra rimpicciolendo gli

spessori.

In laboratorio vari anni fa è stata testata una colonna in muratura, che aveva

una tessitura più o meno regolare ma si può notare che gli spessori di malta

sono molto diversi tra di loro a seconda dei punti che si vanno a guardare.

Se si va a vedere alla rottura cosa succede si nota che il punto più debole

dell’elemento è proprio nelle zone di accumulo di malta, perché è facile finché

si hanno i mattoni con geometria regolare, ma quando si hanno dei blocchi

irregolari e non squadrati bisogna fare maggior attenzione.

Andando a spingere si vede che l’elemento di traverso sopra la zona di

accumulo di malta si è spezzato, perché all’estremità aveva un appoggio rigido

sull’elemento sottostante ma nella parte centrale appoggiava sulla malta che

invece era più deformabile. In generale l’accumulo di molta malta non è un segnale positivo.

Allargando un po’ la vista e guardando sia nel piano che nello spessore della parete si hanno

2 un po’ differenziati, perché nella parete accade quanto è già stato visto,

meccanismi di crisi

infatti se si schiaccia un muretto ci si aspetta che nascano delle fessure parallelamente alla

forza applicata (così come per il calcestruzzo); questo è dovuto all’effetto Poisson perché

quando si schiaccia il materiale trasversalmente si espande diventando teso e quando si

raggiunge la resistenza a trazione si arriva alla crisi, per questo motivo si ha un prevalente

orientamento verticale del quadro fessurativo.

Questo non basta perché si deve anche guardare cosa succede nello spessore delle pareti, perché purtroppo

non sempre le pareti possono essere considerate come dei blocchi unici nello spessore, cioè monolitiche,

questa è una situazione che si verifica soprattutto nelle murature storiche molto vecchie.

Nella prima immagine si vede la sezione di una parete, la si carica e se

questa funziona come un unico blocco non c’è nulla di preoccupante

visto che lo spessore le dà anche una geometria abbastanza tozza,

quindi non ci si devono aspettare fenomeni di instabilità e la muratura

andrà in crisi per resistenza a valori di forza abbastanza elevati.

Però può succedere anche che nello spessore questo muro non sia

monolitico, ma che ci siano delle superfici di discontinuità, cioè che i

vari strati che compongono la parete nel suo spessore non siano ben

collegati tra di loro, è un caso tipico delle murature a sacco, dove ci

sono delle cortine non collegate bene tra loro.

Quando si va a schiacciare il tutto in direzione verticale, ogni singola cortina lavora separatamente, è come

se ce ne fossero 2 affiancate che sono indipendenti, ecco che allora la snellezza di ogni singola parete cresce

molto avendo dimezzato lo spessore, purtroppo la sua inerzia flessionale non è lineare ma si riduce con delle

potenze dello spessore. Se anche la parete monolitica resisteva ad un carico P, quando la si va a dividere in 2

pensando che esistono 2 mezze pareti affiancate mal collegate, la capacità complessiva dello stesso muro

diventa 1/4.

Una muratura a sacco è una muratura che prevede la presenza di 2 paramenti esterni dove ci sono pietre o

laterizi, che sono elementi abbastanza resistenti e una zona centrale di forma irregolare dove si hanno

materiali di risulta, più debole e incoerente. Quindi si hanno le 2 cortine esterne più belle e regolari ma

all’interno c’è un riempimento, quindi invece di avere 2 cortine in questo caso se ne hanno addirittura 3 visto

che non c’è un efficace collegamento tra le 3 diverse parti. Se si passa dalla parete monolitica ad una

geometria a sacco con 3 cortine il carico precipita ad 1/9 P, perché si va col quadrato e 1/3 dello spessore

diventa 1/9.

Da questo si può capire che nello spessore delle pareti c’è un tema critico: quanto sono monolitiche le pareti

nello spessore o si possono vedere come divisibili in più parti? Questo è proprio quello che porta a

meccanismi di crisi di questo genere:

Se si hanno dei muri perimetrali che magari hanno una cortina

esterna e una interna più debole e se vengono sollecitati in

maniera non centrata perché magari il carico arriva in questo

modo dal solaio, le 2 cortine vengono sollecitate in maniera

diversa e tendono a staccarsi e una delle 2 si instabilizza anche.

Oppure anche se il carico è centrato si possono avere dei fenomeni di instabilità di varia natura, questi sono

schemi semplici ma scenari di questo tipo sono abbastanza comuni quando si ha un cattivo ammorsamento.

Questi sono i meccanismi fondamentali di crisi della muratura, sia nel piano cioè lungo la sua estensione con

delle fessure subverticali, che nello spessore a seconda del tipo di collegamento.

Meccanismi di collasso

Quello che è stato visto finora era esclusivamente legato ai carichi verticali, ma per affrontare meglio i

meccanismi di collasso non si considerano solo i carichi verticali ma si aggiunge la presenza di taglio con delle

forze orizzontali, che è una cosa molto comune tutte le volte che si ha a che fare con azioni sismiche, i

meccanismi nel piano principali e più importanti sono 3: I meccanismi fuori dal piano non si vedranno

perché per forze orizzontali la parete è un

elemento snello, quindi dovrebbe resistere

per flessione, ma la resistenza a trazione della

muratura la si pensa nulla (in realtà non è

nulla ma è molto bassa), quindi si considera

che questa capacità della parete non esiste;

una parete ortogonalmente al proprio piano

non è in grado di resistere come una mensola

ma si ribalta.

Per questo motivo i meccanismi efficaci che si considerano sono quelli nel piano della parete, dove la sua

geometria è di grande aiuto. Il primo meccanismo è una crisi per flessione-ribaltamento, altrimenti si può

avere un meccanismo per scorrimento oppure un meccanismo per taglio con fessurazione diagonale, quale

di questi si può verificare dipende a seconda della geometria della parete (quanto è snella) e a seconda del

rapporto tra le forze, cioè sforzo assiale e taglio.

Queste sono alcune immagini che testimoniano i vari meccanismi, la prima

è una crisi del maschio murario compreso tra 2 finestre in seguito ad un

sisma ed è una crisi per flessione, infatti le fessure che si sono formate sono

orizzontali quindi le trazioni che le hanno generate avranno una direzione

verticale in quanto il terremoto genera delle forze orizzontali cicliche

(mentre lo sforzo normale N rimane più o meno lo stesso).

Alla base si avrà una zona tesa verticalmente che darà luogo alla fessura, ma non

solo perché la muratura compresa tra 2 aperture tenderà a ribaltarsi e allora si

formerà un’altra fessura anche sull’altro

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
55 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/09 Tecnica delle costruzioni

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ale.mura1997 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diagnostica e sperimentazione delle strutture m e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Mazzotti Claudio.