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INABILITAZIONE E AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO
Il codice civile, subito dopo aver chiarito che la capacità si acquista al momento della nascita,
afferma nell'art. 2, comma 1 che “la maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno.
Con la maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non è stabilita un'età
diversa”. Ed al comma 2 dello stesso articolo, espressa l'esigenza che a firmare il contratto di lavoro
sia chi sul minore esercita la potestà genitoriale o comunque la tutela, anche prima del compimento
del diciottesimo anno l'ordinamento riconosce e consociati la capacità (d'agire) speciale di svolgere
prestazioni lavorative.
Accanto al concetto di capacità giuridica, dunque, il legislatore pone immediatamente quello di
capacità d'agire.
- la capacità giuridica attiene alla possibilità per il soggetto di essere titolare di situazioni
giuridiche soggettive e, dunque, di poter essere parte del rapporto giuridico, assoluto o
relativo che sia.
- la capacità d'agire attiene più strettamente all'idoneità del soggetto a compiere atti
volontari.
Vi sono diverse ipotesi in cui la capacità d'agire in capo ad un singolo individuo risulta esclusa
(incapacità assoluta) o limitata (incapacità relativa). Nel primo caso l'ordinamento prevede che
l'atto nell'interesse dell'incapace possa essere ugualmente compiuto ma da un sostituto. Nel
secondo caso, invece, l'ordinamento stabilisce che la volontà dell'incapace ha bisogno
esclusivamente di essere integrata da quella del curatore perché possa produrre pieni effetti sul
piano giuridico. L'incapacità assoluta può derivare da una incapacità naturale, e cioè dall'incapacità,
anche transitoria, di "intendere e volere", (ad esempio, un'intossicazione da farmaci, ubriacatura,
assunzione di sostanze stupefacenti); così come da una incapacità legale, e cioè dalla sussistenza di
una situazione legalmente tipizzata in cui l'ordinamento considera che un soggetto non sia idoneo
a comportarsi autonomamente sul piano giuridico sotto il profilo negoziale. Le azioni compiute
perché incapace di intendere e volere a causa della conseguenza di una sua condotta colposa,
comportano delle conseguenza a chi le ha commesse.
L’incapacità di intendere e di volere deve essere valutata rispetto al caso concreto ed al singolo atto
compiuto. Essa viene definita “naturale” in quanto dipende da un fatto naturale che incide sulle
capacità intellettive del soggetto. Le azioni compiute da chi è incapace di intendere e volere a causa
della conseguenza di una sua condotta colposa, vengono definite actiones liberae in causa.
In forza di quanto disposto dall'articolo 428, gli atti negoziali posti in essere da un soggetto incapace
di intendere e volere sono annullabili. Se l'atto compiuto è un contratto, al fine di ottenerne
l'annullamento occorre dimostrare "la malafede dell'altro contraente". In condizioni di piena
incapacità legale di agire si trova il minore di età, nonché chi abbia subito la interdizione legale in
esito ad una condanna penale in determinati casi previsti dalla legge.
Ai sensi dell'articolo 427 c.c., non è più detto che sia pienamente incapace di agire chi ha subito una
interdizione giudiziale, in quanto egli può oggi mantenere una capacità d'agire residua, limitata
all'ordinaria amministrazione.
L'interdizione giudiziale può essere disposta dal giudice quando il soggetto maggiore di età, o il
minore emancipato, si trovi in condizioni di abituale infermità mentale tale da renderlo incapace di
provvedere ai propri interessi e ciò si rende necessario al fine di assicurargli una adeguata
protezione.
Ai sensi dell'articolo 415, quando un "maggiore di età infermo di mente" non è in uno "stato
talmente grave da far luogo all'interdizione", egli può subire una sentenza di inabilitazione. Alla
stesso modo, possono essere inabilitati coloro che "per uso abituale di bevande alcoliche o di
stupefacenti espongono sè o la loro famiglia a gravi pregiudizi economici" nonché "il sordo e il cieco
dalla nascita o dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto un'educazione sufficiente". L'inabilitato
ha bisogno dell'assistenza del curatore solo per gli atti di straordinaria amministrazione, potendo
per il resto agire in piena autonomia. Le conseguenze derivanti dal compimento di un atto da parte
dell'inabilitato senza l'ausilio del curatore, sono simili a quelle cui si è fatto cenno in tema di
interdizione. L'atto, cioè sarà annullabile. Ancora oggi l'interdetto è considerato alla stregua di un
minore bisognoso di piena tutela, mentre l'inabilitato è posto nella stessa condizione giuridica in cui
si trova il minore che abbia compiuto 16 anni di età e sia stato dichiarato emancipato, il quale ha
solo la necessità, per atti di particolare rilevanza, di essere affiancato da un curatore. L'articolo 427,
nella sua versione attuale, espressamente stabilisce che "nella sentenza che pronuncia l'interdizione
o inabilitazione, può stabilirsi che taluni atti di ordinaria amministrazione possano essere compiuti
senza l'intervento del tutore, e che taluni atti possono essere compiuti dall'inabilitato senza
l'assistenza del curatore".
INCAPACITÀ RELATIVA: INABILITATI E INCAPACI NATURALI
Inabilitazione
Sono inabilitati:
1. Chi è “infermo di mente”, ma “non…talmente grave da far luogo all’interdizione”;
2. “coloro che, per prodigalità o per abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti,
espongono sé o la loro famiglia a gravi pregiudizi economici”;
3. “il sordomuto e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia”.
I CASI D’INCAPACITÀ DI AGIRE, DEFINITI DALLA LEGGE, SONO: MINORE ETÀ, INTERDIZIONE
GIUDIZIALE E INABILITAZIONE
• Minore di età
Per quanto riguarda la minore età, sono incapaci di agire coloro che non hanno raggiunto il
diciottesimo anno. Ma NB: Il minore di 18 anni, ma maggiore di 16, che eccezionalmente sia stato
autorizzato a sposarsi, acquista una capacità parziale, pur non diventando pienamente capace e si
definisce minore emancipato.
• Interdizione giudiziale
Quanto all’interdizione giudiziale, i soggetti “i quali si trovano in condizioni di abituale infermità di
mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi” vengono sottoposti ad un apposito
procedimento giudiziale. Questo è generalmente promosso dai familiari più stretti dell’incapace,
una volta accertate sul piano clinico le sue effettive condizioni mentali, si conclude con una sentenza
che lo dichiara “interdetto”. Il conseguente stato di incapacità scatta dal momento in cui la sentenza
viene pubblicata. Inoltre la sentenza va annotata a margine dell’atto di nascita per renderla
facilmente conoscibile da chiunque.
INCAPACITÀ RELATIVA : INABILITATI E INCAPACI NATURALI
Inabilitazione
Sono inabilitati:
Chi è “infermo di mente”, ma “non...talmente grave da far luogo all’interdizione”;
“coloro che, per prodigalità o per abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti, espongono sé o la
loro famiglia a gravi pregiudizi economici”;
“il sordomuto e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia”.
MINORI E PERSONE DISABILI
Responsabilità genitoriale
Nozione: potere spettante ai genitori di proteggere, educare, istruire i figli e di curarne gli interessi
patrimoniali.
Tutela
Nozione: la tutela è un ufficio di diritto privato, gratuito ed irrinunciabile, istituita allo scopo di
realizzare l’interesse pubblico della protezione degli interdetti e dei minori privi di genitori in
condizione di esercitare la potestà. Il tutore è nominato dal giudice tutelare.
Curatela
Nozione: con la curatela viene integrata la volontà dell’inabilitato o minore emancipato. È un istituto
di protezione prevalentemente privatistico. Il curatore è nominato dal giudice tutelare.
Amministrazione di sostegno
Nozione e fondamento: con l’amministrazione di sostegno l’ordinamento tutela coloro i quali, pur
non versando in condizioni di infermità tali da richiedere una pronuncia di interdizione o di
inabilitazione, sono affetti da forme di disabilità fisica o di disagio psichico che ostacolano il pieno
esercizio dei propri diritti ed impediscono di attendere ai propri interessi.
LA RESIDENZA ABITUALE E IL DOMICILIO.
Per le esigenze della vita di relazione, è importante anche identificare il luogo in cui ciascun soggetto
vive e opera. Questo luogo costituisce infatti punto di riferimento indispensabile per lo svolgimento
di molti rapporti giuridici.
Vi corrispondono, a tal proposito, tre diversi concetti giuridici: residenza, domicilio e dimora.
La residenza corrisponde al “luogo in cui la persona ha la dimora abituale”.
Ogni Comune ha un ufficio di anagrafe della popolazione residente, al quale ciascuna persona deve
comunicare il luogo della propria residenza nel Comune.
Il domicilio di una persona è il “luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e
interessi”.
Normalmente, il domicilio coincide con la residenza; però può anche non coincidere con la
residenza: ad esempio, se un imprenditore abita a Portofino, ma lavora abitualmente a Genova,
dove sono situati gli uffici della sua impresa, la sua residenza è a Portofino e il suo domicilio a
Genova. Questo è il domicilio generale della persona. Ma essa (la persona) può anche stabilire un
domicilio speciale in relazione a determinati atti o affari: l’atto con cui si indica un proprio domicilio
speciale si chiama elezione di domicilio, e deve farsi per iscritto. Ad esempio, in relazione a una
causa che la riguarda, la persona di solito elegge domicilio presso lo studio dell’avvocato da cui è
difesa.
Esiste poi il domicilio legale che è quello fissato dalla legge alla persona, e non scelto da questa. Ad
esempio, il domicilio del minore coincide con la residenza della famiglia.
La dimora non è definita dalla legge ed è il luogo in cui la persona si trova in un dato periodo, anche
per una permanenza non lunga (purché non sia brevissima); ad esempio, se una persona residente
a Milano trascorre un mese di vacanza in albergo a Cortina, per tale periodo Cortina è la sua dimora;
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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