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MA L’EDUCATORE NON INTERVENIRE MAI DIRETTAMENTE. COSTRUIRE DELLE PER ANDARE
BAMBINO”.
INCONTRO AL
Non si interviene in maniera diretta ma in maniera collaterale.
Si dice “Negativa” poiché al posto di essere positiva (cioè che aggiunge), questa toglie, sottrae.
Così come la libertà positiva o negativa, la prima aggiunge, la seconda diminuisce.
Esempio di educazione negativa: “se io non voglio che mio figlio tocchi dei libri miei, io non gli dico “no, non
toccare”, faccio in modo di non farli arrivare a prenderli, mettendoli in un ripiano più alto, in modo che il bambino
non vada, capendo da solo che è meglio così per non rischiare di cadere, ma che non abbia ricevuto un NO diretto
dal genitore”. .
L’educatore secondo Rousseau non dev’essere propositivo e non deve svolgere un intervento attivo
Questa educazione ha però dei limiti perché si può anche andare incontro a conseguenze molto
negative. Esempio: il bambino anche se non riesce apparentemente ad arrivare a
prendere i libri, utilizza più sedie, o una scala, per prenderli e può rischiare che cadere.
Entrambi i tipi di educazione, sia quella dello Sgomitolamento, sia quella dell’essere
Volontarista/Interventista, possono cambiare in base all’età e al carattere del bambino.
Anche scegliere di non intervenire o lasciar fare è una forma di intervenire. L’educazione è un tentativo
di calibrare l’azione diretta e il lasciar fare all’altro come crescita.
Platone: parla sempre di Socrate nelle sue opere. Le opere platoniche sono dialoghi. Per lui
l’educazione è quasi come un’attività medica. Proprio per questo per lui è importante utilizzare delle
metafore in campo semantico della medicina, dell’ ostetricia.
“
In Teeteto, Platone scrive: La mia arte da ostetrico possiede tutte le caratteristiche che competono alle
levatrici, ma ne differisce per il fatto che fa da levatrice agli uomini e non alle donne, e che si applica alle loro
anime partorienti e non ai corpi. Poiché questo, almeno, è comune a me e alle levatrici non posso generare
sapienza, ma di quelli che mi frequentano, alcuni appaiono dapprima ignoranti, ed anche molto, ma poi tutti,
continuando a frequentarmi; fanno progressi così straordinari, che se ne rendono conto essi stessi, ed anche gli
altri. E questo è chiaro: da me non hanno mai imparato nulla, ma da sé stessi, scoprono e generano molte cose
belle. Tuttavia, siamo stati il dio e io a fare a loro da levatrici”.
Qui è presente un’altra metafora di educazione, un’altra immagine, diversa da quelle viste. Qui
l’educatore è un ostetrico/a. L’educazione è, in questa immagine, un processo che tende a far
partorire. Educare qualcuno significa aiutarlo a far partorire il suo potenziale. Faccio partorire il
potenziale di quella persona accompagnandolo o stando lì. È grazie alla relazione di frequentazione che
si riesce a far tirare fuori il potenziale dell’altro. Stare può anche voler dire intervenire.
Platone dice che ‘ non sono io a metterti dentro i saperi, ma stando con me tu tiri fuori il tuo potenziale’ .
Così come le ostetriche/i non solo loro a generare ma aiutano a far nascere. Non sono io che ti faccio
nascere ma la frequentazione, che tu hai con me, permette a te di venir fuori, di crescere.
Educare significa:
Tirare su/ intervenire?
Lasciar fare alla natura?
stando con me, tu puoi costruire la tua identità?
Far partorire l’altro:
(ha fatto vedere le immagini scelte da noi che ci rappresenta l’educazione)
Scegliendo le immagini di come sarebbe la nostra idea di educazione, da un punto di vista mentale
per me l’educazione è come...’
abbiamo attivato dei processi. Abbiamo utilizzato delle metafore ‘
Metafora vuol dire trasportare il significato di una parola, più complesso, in un dominio più semplice.
Quando noi scegliamo delle immagine, stiamo spiegando un qualcosa in un altro modo. Le metafore
Dal punto di vista teorico, ci aiutano a fare chiarezza, rendendo più semplici concetti difficili.
o Dal punto di vista pratica, le metafore hanno una funzione pragmatica, perché sanno
o risolvere i problemi. Hanno un risvolto pratico nell’azione. Ci dicono anche di quelle azioni che
non capiamo.
Le immagini che scegliamo dicono qualcosa di noi, il nostro modo di vedere la realtà. Svelano, in parte,
le cose in cui crediamo.
Le metafore, sono come delle immagini, delle convinzioni che ci portano a costruire dei veri e propri
“ abiti d’azione ”, cioè sono dei modi con cui agisco, sono dei modelli di comportamento che sempre
nella vita ci servono, e secondo i quali scegliamo e capiamo come comportarci correttamente, che ci
sostengono nelle scelte delle nostre azioni.
Mantegazza ha individuato dei gruppi di metafore:
1. Meccaniche : metafore in cui l’educazione è spesso associata a processi di ‘ canalizzazione’, è
quel processo in cui si cerca di canalizzare le forze/le energie/capacità di una persona;
2. Biologica-organica : intendono l’educazione come processi affini a coltivazione, giardinaggio,
ortopedia (di sostegno);
3. Dinamiche: individuano l’idea di educazione metaforicamente intesa come:
→
“viaggio” l’educatore ti accompagna nel viaggio che è la vita;
→
percorso di “saggezza” che ti porta ad essere più consapevole, più maturo, più saggio;
4. Poietiche: riferita a un processo artistico → l’educatore è colui che intende l’altro come
“un’opera d’arte”. Dare una forma, ma non
dall’esterno (tramite l’educatore che ti dice cosa e come farlo o con quali strumenti, con quale
scalpello), ma anzi, dall’interno: sei tu che ti dai una forma.
“Educare” non è solo correggere, ma è stare accanto a te per accompagnarti verso la
strada giusta che TU prenderai.
Queste secondo grande gruppo di metafore fanno parte del campo semantico di Gramsci, che sceglie di
utilizzare all’interno di un campo semantico agrario (da lui preferito sempre), quindi che ha a che fare
con giardinaggio, con la metafora anche di pianta e di seme. La utilizza quindi per parlare e spiegare
l’educazione.
Differenze tra: EDUCATORE DI PROFESSIONE vs EDUCATORE QUALUNQUE (genitore, casalinga,
nonno):
EDUCATORE DI PROFESIONE: sa spiegare le ragioni per le quali fa le cose, sa fornire
buone ragioni per i suoi interventi, senza preoccuparsi di cambiare “la tradizione”.
EDUCATORE QUALUNQUE: “si è sempre fatto così, perché cambiare ora?” l’educatore
non accetta questa frase, poiché secondo lui bisogna capire perché si è sempre fatto così e se è
giusto o sbagliato; se è giusto, nonostante sia una cosa fatta da sempre, va bene continuare a
farla; se è sbagliata non per forza va mantenuta, può e deve essere cambiata, nonostante “la
tradizione dica così”. 20/02/2024
Una sola metafora non basta. Ci descrivono dei pezzi dell’educazione ma non c’è la descrivono tutta.
Siccome le immagini sono parziali, da dove nascono le immagini scelte? Perché se ne sceglie una
anziché un’altra? Da dentro la nostra mente; ciò da quello che abbiamo vissuto cioè dalle nostre
esperienze.
John Dewey ( si legge ‘Diù’) → è stato uno dei pedagogisti e filosofi dell’educazioni più importanti tra
la fine dell’ 800 e la metà del 900. È stato il padre della corrente pedagogista chiamata ‘ attivismo
pedagogico’. È colui che ha operato la rivoluzione puerocentrica che vuol dire ‘bambino nel mezzo
dei processi di crescita ’. “
Scrive nel 1929 un libro con su scritto: la realtà ultima della scienza dell’educazione non si trova nei libri, né
nei laboratori sperimentali, né nelle aule scolastiche dove viene insegnata, ma nella mente degli individui
impegnati nella direzione di attività educative”.
J. Dewey ci fa capire che l’educazione non dobbiamo cercarla nei libri, nemmeno nei laboratori
sperimentali, ma il primo luogo in cui si manifesta l’idea di educazione è nella nostra mente per poter
essere dei professionisti dell’educazione.
Bisogna chiedersi intanto cosa significa per me educare? Che senso ha fare questo mestiere?
1. bisogna capire come è nata in noi quell’idea di educazione. Nasce dalle esperienze; trasmetti a
tuo figlio le cose in cui credi. Per poter essere dei buoni educatori dobbiamo entrare in contatto
con la nostra idea di educazione. La testa è l’unica cosa che conta sempre. Scegliamo noi, cosa
riteniamo qualcosa educativo e cosa non lo è.
Oltre al lavoro educativo, rispetto alla nostra idea di educazione, ci troviamo di fronte a un
mistero o a due paradossi caratteristici del nostro lavoro:
Pedagogia popolare (Bruner) → fa riferimento a delle idee irriflesse di che cosa sia
l’educazione. Noi, col mondo che ci circonda, facciamo delle teorie ingenue. Per ingenuità si
intende una teoria data per scontata. Ognuno di noi ha delle teorie perché vere in quanto tali,
delle teorie che non ci si sofferma a riflettere. Ingenuità vuol dire che ci sono delle teorie vere
che non mettiamo in discussione. Popolare significa è un’idea diffusa.
tutti sanno educazione’
‘ : dal punto di vista dei professionisti dell’educazione dobbiamo
cercare di riconoscere e uscire dal senso comune educativo, uscire dall’ingenuità.
Dobbiamo conoscere il senso comune ma, contestualmente, uscire dalle frasi fatte ( se
). Le frasi fatte sono posizioni irriflesse e ingenue. Mai
l’avessi fatto io, sarebbe andata così
rispondere ad un tirocinante con la risposta ‘ , non è una risposta
si è sempre fatto così’
sbagliata ma un educatore deve dare delle spiegazioni a quello che fa.
Dal punto di vista educativo è importante riconoscere la propria idea di educazione, che sta
dentro di noi, la propria idea implicita, è un qualcosa di nascosto o che diamo per scontata.
Qualcosa che dobbiamo imparare a mettere in discussione, andando, tutti, ma soprattutto
l’educatore, oltre il senso comune. Abituarsi a considerare meno ovvie i nostri principi di
educazione. Diventare consapevoli della propria idea di educazione è il primo passo per
diventare delle buone educatrici/tori. Contemporaneamente essere consapevoli dell’esistenza
della pedagogia popolare, cioè convinzioni rispetto a quello che è