LE FASI DEL PROCEDIMENTO 8.5
Il procedimento solenne è un procedimento che nasce dalla prassi diplomatica
degli stati e quindi in realtà la codificazione della Convenzione di Vienna è la
codificazione quasi di un rituale diplomatico.
Qualunque trattato internazionale per formarsi ha bisogno di un negoziato, cioè
le parti che sono interessate a dare vita a un trattato avviano un negoziato, può
essere un negoziato molto complesso, pieno di Stati, organizzazioni, anche
soggetti che partecipano, può essere un negoziato molto asciutto, un trattato
che deve essere concluso fra tre Stati, si trovano i rappresentanti, decidono qual
è il testo e il negoziato, è essenzialmente molto
più largo, di solito nei negoziati molto ampi come quelli per un grande trattato
multilaterale questa fase del negoziato è chiamata conferenza internazionale,
ma è una riunione dei rappresentanti degli Stati e di altri soggetti interessati con
delle sue regole, tutte finalizzate a un unico obiettivo adottare un testo.
Nelle conferenze molto complesse, molto estese, ci si dà persino delle regole di
voto per proporre gli emendamenti al testo, per approvare il testo definitivo, ma
in qualunque negoziato internazionale l'obiettivo è che si arrivi all'adozione di un
testo di trattato, a quel punto, gli stati o altri soggetti, firmano il testo, nel
procedimento semplificato questo chiude il processo e il trattato entra in vigore
per chi ha firmato, nel procedimento formale o solenne si va avanti, e la firma ha
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un valore diverso, si arriva alla ratifica, si procede allo scambio delle ratifiche e si
registra il trattato presso le Nazioni Unite, specificamente presso il segretariato
generale, ma questi due momenti, firma e ratifica sono quelli essenziali, la firma,
che viene anche detta parafratura, consente di far entrare in vigore il trattato se
il procedimento è quello semplificato.
LA FIRMA (O PARAFRATURA) 8.6
Evidentemente il procedimento semplificato è un procedimento breve che vuole
arrivare il prima possibile all'entrata in vigore del trattato per le parti, quindi
basta la firma.
La firma è apposta da un rappresentante dello Stato, che viene anche chiamato
plenipotenziario, perché è un rappresentante a cui lo Stato ha dato i cosiddetti
pieni poteri, cioè i pieni poteri di rappresentanza che significa il potere di
impegnare la volontà dello Stato.
Nel procedimento solenne, la firma serve invece a chiudere definitivamente il
testo, cioè il testo che è emesso da negoziato non si può più mettere in
discussione, e con la firma lo Stato esprime l'impegno a ratificare, questo è reso
più evidente dall'articolo 18 della Convenzione di Vienna che parla proprio degli
effetti della firma nel processo solenne, perché dove la firma non ha questo
valore, cioè non fa entrare in vigore il trattato, perché per quello serve la ratifica,
l'articolo 18 stabilisce che con la firma, e prima che lo Stato abbia ratificato, lo
Stato si impegna a non tenere alcun comportamento che possa pregiudicare
l'oggetto e lo scopo del trattato, c’è un obbligo generale di buona fede, per cui se
firmo e in attesa di ratificare, devo comunque evitare di pregiudicare il
funzionamento del trattato per il futuro.
Molto spesso accade che gli Stati firmino e poi non ratifichino immediatamente,
intanto perché le procedure di ratifica hanno delle procedure particolari
all'interno dei singoli Stati, quindi ci vuole più tempo, per cui intanto il
rappresentante firma e poi nell'ordinamento interno si forma il processo di
ratifica, ma alle volte dinamiche politiche interne allo Stato impediscono la
ratifica, per cui lo Stato ha firmato attraverso il suo rappresentante ma cambia la
maggioranza di governo, la maggioranza di un Parlamento e non si riesce più a
ratificare, succede che rimane fermo questo obbligo di buona fede, lo Stato non
è ancora vincolato a tutti gli obblighi del trattato, perché non ha ratificato, cioè il
trattato, per quello Stato non è entrato in vigore, non produce i suoi effetti, ma
per aver firmato è gravato da questo generale obbligo di buonafede.
ACCORDI IN FORMA SEMPLIFICATA 8.7
Normalmente la forma semplificata è usata principalmente per i trattati
bilaterali, cioè tra due Stati, ci sono anche casi di trattati multilaterali conclusi in
forma semplificata e quindi che vengono solo firmati, ma è molto raro.
L'articolo 12 della Convenzione ci spiega quando possiamo capire se gli Stati
volevano concludere quel trattato in forma semplificata oppure no.
La prima ipotesi è la più semplice, quando è il trattato stesso a prevedere che la
firma abbia questi effetti, cioè noi troviamo nel trattato una disposizione di solito
nella parte finale del trattato che dice il presente trattato entrerà in vigore al
momento della firma da parte dei rappresentanti degli Stati, significa che il
trattato è concluso in forma semplificata e che la firma è sufficiente a farlo
entrare in vigore.
Oppure questa volontà non è scritta nel trattato ma emerge chiaramente dai
negoziati, cioè nei negoziati gli Stati si sono chiaramente messi d'accordo perché
il trattato entri in vigore con la sola firma.
Oppure, ancora, che è il caso un po' più complicato quando l'intenzione dello
Stato di dare questa efficacia alla firma risulti dai pieni poteri del suo
rappresentante o sia stata espressa nel corso dei negoziati, effettivamente, se il
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rappresentante dello Stato, che di solito è un diplomatico, ma può anche essere
un ministro, per esempio noi concludiamo moltissimi trattati in materie molto
specifiche e a seconda della materia viene firmato dal ministro competente,
l’importante è che chi lo firma abbia i pieni poteri, cioè abbia la possibilità di
impegnare la volontà dello Stato.
Se in quella fase chi firma dice "per noi va bene così", il trattato entra in vigore
con la firma. È chiaro che c'era questa intenzione di utilizzare la cosa in forma
semplificata, altrimenti, se siamo nel procedimento solenne, la firma non è
sufficiente, fa scattare questo obbligo di buona fede, ma il trattato non entra in
vigore per lo Stato, cioè non produce i suoi effetti intanto che non viene
ratificato.
LA RATIFICA 8.8
La ratifica viene chiamata in vari modi: approvazione, accettazione, però
"ratifica" è il termine più corretto, è la manifestazione della volontà dello Stato di
assumere gli obblighi e i diritti derivanti dal trattato, quindi determina per lo
Stato che ratifica l'entrata in vigore e la sua efficacia sul piano internazionale.
Questo è un caso particolare perché la ratifica è un atto interno dello Stato che
però produce effetti sul piano internazionale, cioè un atto interno che si forma
all'interno dello Stato secondo le sue procedure costituzionali, ma che ha una
rilevanza internazionale perché sul piano internazionale manifesta la volontà
dello Stato.
Ma non basta che lo Stato adotti il cosiddetto strumento di ratifica, bisogna che
questo sia portato a conoscenza degli altri.
Da noi di solito la ratifica è contenuta in una legge del Parlamento, dopodiché
deve essere portata a conoscenza degli altri, nei trattati bilaterali si scambiano o
si fa una cerimonia in cui ci si incontra, quando si incontrano, si passano quelle
specie di cartelline, altrimenti si fa anche in modo più semplice, cioè si invia con
la posta alla rappresentanza dell'altro Stato, se invece siamo negli accordi
multilaterali, si utilizza un altro strumento perché scambiarsi tutte le ratifiche
l'uno con l'altro diventa un po' laborioso, e quindi si individua un soggetto, di
solito è uno degli Stati parte, soprattutto spesso gli Stati che hanno dato
l'iniziativa al trattato, oppure gli Stati in cui si è tenuto il negoziato, che , viene
identificato come il depositario, significa che raccoglie le ratifiche, ne verifica la
regolarità e comunica alle altre parti che è arrivata la ratifica dello Stato X.
Quindi, in questi casi, di solito è il trattato a dire chi è il depositario delle
ratifiche, di solito quando leggiamo la Convenzione di Vienna, la Convenzione di
Ginevra, questo è perché queste convenzioni sono state negoziate in quelle città
e molto spesso i governi di quei paesi fanno anche da depositari.
Allora, questo è il momento in cui si perfeziona la ratifica, cioè in cui quell'atto
interno dello Stato produce i suoi effetti sul piano internazionale, quindi,
ipoteticamente, quando lo Stato adotta lo strumento interno della ratifica, questo
non è ancora efficace il trattato sul piano internazionale fin tanto che non arriva
a conoscenza degli altri, cioè fin tanto che non viene scambiato o depositato, nel
momento in cui viene scambiato o depositato, la ratifica produce i suoi effetti e
determina l'entrata in vigore del trattato.
Per gli accordi multilaterali, però, c'è anche un'altra ipotesi, cioè che io ratifichi,
depositi la ratifica come previsto, ma il trattato non entra ancora in vigore perché
alcuni accordi multilaterali, soprattutto quelli di una certa importanza, entrano in
vigore soltanto quando si raggiunge un certo numero di ratifiche, questo per
garantire che il trattato, avendo una portata molto ampia, possa cominciare a
funzionare nel momento in cui un certo numero di stati lo ha ratificato, a seconda
anche della ambizione che ha il trattato, questo numero può essere molto
elevato o minimo, però queste due cose di solito devono coincidere, cioè se io
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voglio che un trattato multilaterale che ha una portata rilevante per la comunità
internazionale sia efficace, vuol dire che devo avere quante più ratifiche possibili,
in questi casi qui noi abbiamo uno scarto tra quando lo Stato ratifica perché fin
tanto che non viene raggiunto quel numero il trattato non è applicabile, poi in
certi casi questo avviene istantaneamente, nel senso che tutti ratificano subito e
allora il trattato entra velocemente in vigore.
In altri casi ci sono dei trattati che non sono mai entrati in vigore, sono stati
negoziati, conclusi, sono stati firmati, sono stati ratificati da alcuni ma non hanno
raggiunto il numero minimo delle ratifiche.
Un caso per esempio che è molto attuale è il trattato sullo sfruttamento della
luna, il trattato sullo sfruttamento della luna, è stato concluso negli anni 70 e
conteneva delle norme molto innovative, l
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