Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
PLASTICITÀ CEREBRALE E POSSIBILITÀ DI CAMBIAMENTO
Le connessioni tra i neuroni vengono modificate in maniera più o meno permanente dall'esperienza e i cambiamenti sono sia strutturali che funzionali e dipendono dagli effetti che gli eventi ambientali hanno a livello della trascrizione genica; questo dimostra come il cervello sia un organo estremamente dinamico e in relazione permanente con l'ambiente. Alcuni stimoli ambientali, quali esperienze traumatiche, esperienze di attaccamento ed esperienze nell'ambito dell'apprendimento e della memoria, possono provocare delle modificazioni dell'espressione genica. Per comprendere le basi molecolari dell'interazione geni-ambiente, riprendiamo qualche concetto basilare di genetica. I geni hanno una duplice funzione: una funzione "modello", per cui funzionano come mezzi di replicazione affidabili, ed una funzione trascrizionale. Prendiamo in considerazione la funzione a
livellotrascrizionale: esistono particolari proteine (regolatori trascrizionali) che si legano a diversi tipi di DNA (soprattutto il cosiddetto enhancer) e che determinano se e quanto spesso il gene verrà espresso. È noto che stimoli esterni ed interni (es.: stati di sviluppo del SNC, ormoni, stress, apprendimento, esperienze interpersonali) modificano il legame dei regolatori trascrizionali e gli enhancer. Tornando a trattare la plasticità neurale, essa è stata prevalentemente studiata rispetto ai processi di apprendimento e memoria. La regione celebrale maggiormente coinvolta in questi processi è l'ippocampo, una sorta di "serbatoio plastico" delle informazioni, in cui le informazioni stesse vengono mantenute per essere smistate in maniera più diffusa a livello delle diverse aree cerebrali.
5.3 IMPLICAZIONI DELLE NEUROSCIENZE PER LA DIAGNOSI PSICOLOGICA E PER IL TRATTAMENTO
Lo studio e la valutazione del patrimonio genetico
Dell'individuo mediante le tecniche di genetica molecolare potrebbero consentire di individuare i soggetti a rischio per alcune patologie, e quindi di mettere in atto strategie di prevenzione secondaria e follow-up più precisi. Nei casi in cui la diagnosi non sia chiara, una valutazione della struttura e del funzionamento cerebrale mediante le tecniche di neuroimaging può consentire di dirimere il dubbio diagnostico, e quindi di mettere in atto più adeguate strategie di trattamento. L'esempio più chiaro di quanto le neuroscienze possono contribuire a una diagnosi più consapevole, è quello delle psicopatologie legate ai traumi e all'abuso. È noto che nei soggetti traumatizzati esistono alterazioni della struttura e della funzione di diverse aree cerebrali, tra cui principalmente, un'alterazione dell'ippocampo. L'ippocampo, assieme all'amigdala, alla corteccia prefrontale e ai nuclei paraventricolari dell'ipotalamo,
5.4 DIREZIONI FUTURE DELLA RICERCA: VERSO LA SINGERGIA TRA NEUROSCIENZE E PSICOLOGIA 21
I "neuroni specchio" sono una classe di cellule
comprensione del funzionamento del cervello umano. Questi neuroni sono responsabili della capacità di imitare e simulare il comportamento altrui, consentendo di comprendere le azioni intenzionali sia quando le si compie personalmente, sia quando le si osserva negli altri. Sono localizzati nelle aree motorie e premotorie, nell'area di Broca e nella corteccia parietale inferiore. Il sistema dei neuroni specchio ha il potenziale per costituire un meccanismo di comprensione delle azioni e dell'apprendimento attraverso l'imitazione e la simulazione del comportamento altrui. La comprensione delle caratteristiche di queste cellule permette di comprendere l'esistenza di uno spazio di azione condiviso da altri individui, che dimostra la capacità del cervello umano di attivarsi alla percezione delle emozioni altrui, espresse con movimenti del volto, gesti e suoni. Questo potrebbe rappresentare la base neurobiologica della partecipazione empatica. La scoperta dei neuroni specchio e lo studio delle loro caratteristiche ci permette di fare un salto nella comprensione del funzionamento del cervello umano.conoscenze neuroscientifiche riguarda lo studio dei processi di apprendimento e memoria. La comprensione di come il cervello memorizza e recupera le informazioni può essere utile per sviluppare strategie di apprendimento più efficaci. Inoltre, la ricerca sulle basi neurali dell'attenzione e della consapevolezza può fornire spunti per migliorare la concentrazione e la consapevolezza di sé. In conclusione, le neuroscienze offrono un approccio scientifico per comprendere il funzionamento del cervello e i processi neurali sottostanti ai comportamenti e alle esperienze umane. Queste conoscenze possono essere applicate in diversi ambiti, come la psicoterapia, l'apprendimento e la memoria, e possono contribuire a migliorare la nostra comprensione del cervello e del comportamento umano.Neuroscienze potrebbe consistere nella valutazione degli esiti e dell'efficacia degli interventi psicoterapeutici, nonché nellacomprensione dei meccanismi neurobiologici che possono essere alla base dei cambiamenti indotti da interventi più complessi, come quelli psicoterapeutici dinamici e analiticamente orientati, nei quali il cambiamento si deve principalmente all'esperienza relazionale terapeutica e all'interpretazione. Tali interventi sembrano coinvolgere meccanismi più complessi che riguardano le dimensioni dell'esperienza interpersonale e della memoria e i loro correlati biologici.
CAPITOLO 6 - PROBLEMI SPECIFICI DELLA DIAGNOSI PSICOLOGICA
Questo capitolo si propone di affrontare alcuni dei principali nodi concettuali o metodologici della diagnosi psicopatologica e della valutazione clinica. In particolare verranno approfonditi i quattro aspetti della comorbilità, della stabilità temporale dei quadri diagnostici, della doppia
DI PSICHIATRIA Il DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) è uno strumento ampiamente utilizzato nella pratica clinica per la diagnosi e la valutazione dei disturbi mentali. Esso fornisce una serie di criteri specifici per identificare e classificare i diversi disturbi psichiatrici. Il DSM utilizza un sistema di classificazione multiassiale, che significa che tiene conto di diversi aspetti della diagnosi. Le cinque assi del DSM includono: 1. Asse I: Disturbi clinici principali, come la depressione maggiore, il disturbo bipolare o l'ansia. 2. Asse II: Disturbi della personalità e ritardo mentale. Questo asse considera i disturbi della personalità, come il disturbo borderline di personalità o il disturbo antisociale di personalità. 3. Asse III: Condizioni mediche generali. Questo asse tiene conto di eventuali condizioni mediche fisiche che possono influenzare la diagnosi e il trattamento dei disturbi mentali. 4. Asse IV: Problemi psicosociali e ambientali. Questo asse considera i fattori ambientali e sociali che possono influenzare la diagnosi e il trattamento, come il divorzio, la disoccupazione o il trauma. 5. Asse V: Valutazione globale del funzionamento. Questo asse valuta il livello di funzionamento globale del paziente, tenendo conto di diversi aspetti come il lavoro, le relazioni interpersonali e le attività quotidiane. L'utilizzo di un sistema multiassiale permette una valutazione più completa e approfondita del paziente, tenendo conto di tutti gli aspetti che possono influenzare la diagnosi e il trattamento. Tuttavia, è importante notare che il DSM non è privo di critiche e controversie. Alcuni clinici sostengono che alcune categorie diagnostiche sono troppo ampie o vaghe, mentre altri sostengono che il DSM tende a medicalizzare eccessivamente i problemi psicologici. In conclusione, il DSM è uno strumento utile per la diagnosi e la valutazione dei disturbi mentali, ma è importante considerare anche altri approcci e modelli diagnostici al fine di ottenere una comprensione più completa e approfondita dei pazienti.malattia. Questo approccio si basava principalmente sull'osservazione clinica e sulla descrizione dei sintomi e dei segni presenti nei pazienti. D'altra parte, l'orientamento empirico si basava sull'applicazione di metodologie statistiche all'epidemiologia psichiatrica. Questo approccio cercava di identificare i fattori di rischio e le correlazioni tra determinati sintomi e disturbi psichiatrici, al fine di comprendere meglio le cause e i meccanismi sottostanti. La convergenza di questi due orientamenti ha portato alla creazione del DSM-III, che ha introdotto una nuova impostazione diagnostica basata su criteri specifici e oggettivi. Questo ha permesso una maggiore standardizzazione delle diagnosi psichiatriche e ha favorito una migliore comunicazione tra i professionisti della salute mentale. Negli anni successivi, il DSM è stato aggiornato e rivisto più volte, arrivando alla sua quinta edizione, il DSM-5. Questa versione ha introdotto ulteriori modifiche e aggiornamenti, tenendo conto dei progressi nella comprensione dei disturbi mentali. In conclusione, l'impostazione diagnostica del DSM ha subito importanti cambiamenti nel corso degli anni, passando da un approccio basato sulla psicoanalisi a un approccio più empirico e basato su criteri specifici. Questo ha contribuito a migliorare la precisione e l'affidabilità delle diagnosi psichiatriche.entità diagnostica. Il concetto di unità morbosa indica appunto una corrispondenza trale manifestazioni cliniche di un disturbo e i processi eziopatogenetici sottostanti. Vista la difficoltà a riscontare la cause specifiche delle patologie mentali, la psichiatria del Novanto ha progressivamente rinunciato al concetto di unità morbosa rimanendo legata al concetto di malattiaintesa come raggruppamento di sintomi che si presentano in modo omogeneo e derivano da un processo patogenetico noto. Nel corso del tempo, però, anche il concetto di malattia viene gradualmente posto sullo sfondo a causa della difficoltà di indagare la natura dei processi patogenetici sottostanti le malattie mentali. Per buona parte del secolo scorso, la ricerca psichiatrica e psicopatologica ha utilizzato come costrutto di riferimento il concetto di sindrome di Karl Jaspers, intesa come raggruppamento di sintomi dal significato psicopatologico omogeneo, organizzati in modo
disturbo; (b) considera i sintomi primari come quelli che sono direttamente correlati all'eziopatogenesi del disturbo e che sono presenti in tutti i pazienti affetti; (c) considera i sintomi secondari come quelli che sono conseguenza dei sintomi primari e che possono variare da paziente a paziente. In base a queste indicazioni, i sintomi primari sono considerati come i sintomi fondamentali del disturbo e sono quelli che permettono di fare una diagnosi specifica. I sintomi secondari, invece, sono considerati come sintomi aggiuntivi che possono variare da paziente a paziente e che possono essere influenzati da fattori individuali, ambientali o di comorbilità. La distinzione tra sintomi primari e secondari è importante perché permette di comprendere meglio la natura del disturbo e di individuare le cause sottostanti. Inoltre, questa distinzione può essere utile per orientare il trattamento e per valutare l'efficacia delle terapie. In conclusione, l'approccio sindromatico acquisito dalla psichiatria fenomenologica permette di comprendere meglio i disturbi psichiatrici e di individuare i sintomi fondamentali che permettono di fare una diagnosi specifica. La distinzione tra sintomi primari e secondari è importante per comprendere la natura del disturbo e per orientare il trattamento.