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Obbligo di diligenza del lavoratore

Il lavoratore ha un obbligo di diligenza, come stabilito dall'articolo 2104 comma 1 del Codice Civile. La diligenza consiste nell'adempimento della prestazione dovuta e non si limita semplicemente all'esecuzione di un'attività, ma richiede che tale attività venga svolta con la dovuta diligenza.

Nel rapporto di lavoro, il livello di diligenza richiesto varia in base a diversi criteri definiti dalla legge:

  • Natura della prestazione: non fornisce indicazioni diverse rispetto alla norma generale sulla diligenza dell'adempimento (articolo 1176 del Codice Civile: "Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata").
  • Interesse dell'impresa: non è sufficiente la diligenza individuale, ma la prestazione deve inserirsi nell'organizzazione dell'impresa.
  • Interesse superiore della produzione nazionale: criterio risalente al periodo...

corporativoPotere direttivo del datore di lavoroAll’obbligo di diligenza del datore di lavoro corrisponde il potere del datore di lavoro di dirigere la prestazione affinché la stessa si inserisca nell’organizzazione di impresa.Quindi anche al potere direttivo del datore di lavoro può essere letto in duplice modo:Potere direttivo rivolto all’esecuzione della singola prestazione-- Ma quel potere direttivo fa sì che quella prestazione sia svolta in modo da inserirsi nell'organizzazione più ampia dell'impresaQuesta posizione di soggezione del lavoratore, rispetto all'esercizio del potere direttivo del datore di lavoro o dei suoi collaboratori gerarchici (posizione attiva) nasce e vive nel contratto.Non è quindi un potere personale, non si tratta di posizioni personali, ma posizioni che sono delimitate dall'oggetto del contratto.Questa posizione di soggezione e il corrispondente potere direttivo qualificano la

fattispecie identificando l'eterodirezione. Queste due posizioni, attiva e passiva, sono strettamente legate fra di loro → dal momento che il lavoratore si è obbligato contrattualmente ad eseguire la prestazione secondo le direttive impartite dal datore di lavoro, il lavoratore non potrà adempiere fino a quando il datore di lavoro non avrà esercitato il suo potere direttivo → in mancanza delle istruzioni per eseguire la prestazione, la prestazione non potrà essere eseguita → posizione di mora credendi del creditore che non coopera all'adempimento della prestazione.

Inoltre, dal momento che l'osservanza delle direttive identifica l'obbligazione lavorativa, la loro inosservanza comporta l'inadempimento dell'obbligazione principale. Detto in altri termini, non è sufficiente che il lavoratore esegua la prestazione, perché se questa prestazione non è eseguita secondo le direttive non ci troveremo di fronte

ad un inadempimento parziale, ma ci troveremo di fronte all'inadempimento dell'obbligazione principale. Obgetto dell'obbligazione lavorativa non è la materiale esecuzione dell'attività, ma l'esecuzione di una attività secondo le direttive impartite dal datore di lavoro → se il lavoratore esegue una attività senza seguire le direttive → inadempimento dell'obbligazione principale → non è sufficiente eseguire una prestazione → osservanza delle direttive diventa elemento principale della prestazione lavorativa. Non solo, dal momento che queste posizioni nascono e vivono nel contratto, quindi non sono posizioni di soggezione o di potere personale, ma sono posizioni di soggezione e potere contrattuale, il lavoratore può benissimo rifiutare di eseguire prestazioni poste al di fuori dell'oggetto contrattuale. In quel caso non ci troviamo di fronte ad un inadempimento, ma alla richiesta del datore di lavoro.diuna prestazione non contrattualmente prevista.
Obbligo di fedeltà
Questo obbligo di diligenza di cui all'art.2104 c.c. non a caso è immediatamente seguito nel codicecivile dall'obbligo di fedeltà, regolato dall'art.2105 c.c.
Anche il termine utilizzato, sebbene sia quello di fedeltà, in realtà non parla di una fedeltàpersonale del lavoratore rispetto al datore di lavoro, ma una fedeltà contrattuale.
Si tratta, in altri termini, di quei principi che in ambito generale fanno capo al dovere di correttezza ebuona fede nell'esecuzione del contratto → quindi non è altro che la traduzione in ambito lavoristicodei principi generali degli artt.1175/1375 c.c.
Adempiere con fedeltà vuol dire semplicemente adempiere secondo correttezza e buona fede.
La norma stabilisce che il prestatore di lavoro durante il rapporto, nel periodo di vigenza delcontratto, non deve trattare per conto proprio o di terzi, affari inconcorrenza con l'imprenditore (suo datore di lavoro), né divulgare notizie attinenti all'organizzazione, ai metodi di produzione dell'impresa o a farne uso in modo da recare pregiudizio all'impresa stessa. 1. Obbligo di non divulgare notizie L'art.2105 c.c., oltre ad un obbligo di non concorrenza e ad un obbligo di riservatezza, impone al lavoratore di non divulgare notizie riguardanti l'impresa in modo da recare pregiudizio all'impresa stessa. Questo aspetto dell'obbligo di fedeltà ha sollevato una serie di problemi applicativi rispetto al diritto di critica del lavoratore, cioè l'esercizio da parte del lavoratore della sua libertà di espressione, di manifestazione del pensiero rispetto all'obbligo contrattualmente assunto di non divulgare notizie riguardanti l'impresa. Il punto di contemperamento, di equilibrio, tra queste due esigenze è stato individuato dalla giurisprudenza prendendo in prestitoquelli che sono i criteri elaborati sempre dalla giurisprudenza con riguardo alla legittimità dell'attività giornalistica. Quali sono questi criteri? - Continenza formale → Legittimo esercizio del diritto di critica deve rispettare il limite di continenza formale; nell'esercizio della critica il lavoratore non deve utilizzare espressioni sconvenienti o offensive nei confronti dell'impresa e del datore di lavoro; - Continenza sostanziale → nell'esercizio del diritto di critica il lavoratore non può divulgare notizie false, fatti non veritieri Tali limiti devono essere entrambi rispettati, un limite non esclude l'altro. Ovviamente, il diritto di critica non deve condurre alla divulgazione di fatti riservati riguardanti l'attività di impresa (segreti industriali, brevetti, notizie di fornitori e così via). 2. Obbligo di non concorrenza Questo obbligo di fedeltà si compone non soltanto dell'obbligo di non divulgare

notizie riguardanti l'impresa → art.2105 c.c. pone in capo al prestatore di lavoro l'obbligo di non trattare affari in concorrenza. Che cosa significa? Anzitutto non stiamo parlando della concorrenza tra imprese, regolata dall'art.2198 c.c., qui stiamo parlando della concorrenza esercitata del lavoratore nei confronti del suo datore di lavoro → ciò che l'art.2105 c.c. vieta non è lo svolgimento di qualunque altro rapporto lavorativo, ma soltanto quelli in concorrenza, deve quindi trattarsi perlomeno dello stesso settore del mercato. Non è neppure necessario che sia il lavoratore stesso ad avere dato vita all'iniziativa economica in concorrenza, perché la norma dice "per conto proprio o di terzi". Per il resto la libertà contrattuale del lavoratore rimane libera → possibilità per il lavoratore di instaurare altri rapporti di lavoro rimane impregiudicata. Il lavoratore non può svolgere attività

In concorrenza con il datore di lavoro, a meno che il datore di lavoro, informato dal lavoratore, autorizzi tale attività. Tutti questi obblighi, proprio perché nascono e vivono nel contratto, sono limitati al periodo in cui il contratto è vigente. Una volta che il contratto cessa per dimissioni, per recesso, per termine finale di durata, il lavoratore non è più tenuto a quell'obbligo di fedeltà, ferme restando le fattispecie penalmente sanzionate (es. divulgazione di segreti industriali) → una volta che il rapporto viene meno il lavoratore non è più tenuto ad alcun obbligo contrattuale, vi può essere però la legittima esigenza da parte dell'impresa di estendere questi obblighi di non concorrenza anche per il futuro, quindi per il periodo successivo alla cessazione del rapporto. Le esigenze possono essere numerose → es. un lavoratore di elevato livello professionale, che quindi ha una notevole.capacità sviluppata all'interno di quel settore economico, potrebbe utilizzare le capacità acquisite per una impresa concorrente. Il precedente datore di lavoro, quindi, potrebbe avere l'interesse a limitarne la libertà contrattuale, a evitare che quel lavoratore fondamentalmente possa andare a lavorare direttamente con la concorrenza. Qui sorge un problema → abbiamo due esigenze contrapposte: - Da un lato la libertà contrattuale del lavoratore, che come qualunque soggetto gode della libertà di scegliersi di volta in volta un contraente diverso, un datore di lavoro diverso; - Dall'altro lato l'esigenza dell'impresa di evitare che le competenze acquisite da quel lavoratore vadano a vantaggio di una impresa concorrente. A questo scopo serve il PATTO DI NON CONCORRENZA che è disciplinato dall'art.2125 c.c. → anzitutto è un patto, un elemento accidentale del contratto che potrebbe anche non esserci, le partipotrebbero decidere di non stipulare alcun patto di non concorrenza per il futuro, e quindi a quel punto cessato il rapporto il lavoratore recupera la sua piena libertà contrattuale. Il legislatore, però, ha voluto evitare che questo patto di non concorrenza possa arrivare al punto di vietare qualunque possibile attività del lavoratore. Il patto di concorrenza è presidiato da una serie di limiti e condizioni ai fini della sua legittimità. Condizioni di legittimità del patto di non concorrenza: - Deve risultare da atto scritto a pena di nullità; - Deve essere pattuito un corrispettivo. L'articolo 2105 del codice civile richiede che vi sia un corrispettivo, diversamente il patto è nullo. Qui sono sorti problemi, in quanto il corrispettivo deve essere proporzionato ai limiti che il patto prevede. Più il divieto di non concorrenza è ampio, maggiore deve essere il corrispettivo. Il sacrificio del lavoratore deve essere adeguatamente compensato.

compensato attraverso un corrispettivo → dichiarati nulli i patti di non concorrenza che prevedevano l'erogazione di un corrispettivo frazio

Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
75 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher michelasudati di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Ludovico Giuseppe.