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MALTRATTAMENTO E USO DI ALCOL
L’uso di alcol, come emerge da numerosi riscontri, è fortemente associato all’aggressione fisica verso il partner.
Inoltre lo stesso consumo da parte della donna oltre che dell’uomo aumenta per la prima il rischio di vittimizzazione.
Similmente è stato possibile riscontrare che gli individui richiedenti un trattamento per un uso problematico di alcol
tendono a manifestare un livello di prevalenza di IPV che risulta essere di 4/6 volte maggiore di quella osservabile
nella popolazione generale. Gli studi esistenti in materia hanno trovato che il consumo di alcol sembra essere
associato alla violenza coniugale solo nelle coppie che riportano ostilità, che mostrano una discordanza coniugale
ed un’aggressività verbale. Fals-Stewart & Stappenbeck (2003) propongono invece un modello di soglia multipla
della IPV, che integra gli effetti principali ed interattivi dell’uso di alcol e delle caratteristiche di personalità
antisociale nel predire forme gravi e meno gravi di violenza. Le precedenti ricerche di Murphy e O'Farrell (1994)
su campioni di individui abusanti d’alcol hanno evidenziato che i maltrattanti violenti e con consumo di alcol si
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rilevano essere tendenzialmente più giovani dei non violenti, riportano un maggior numero di bevute e maggiori
problemi d’alcol con un esordio precoce di assunzione rispetto ai non violenti; mostrano inoltre forti credenze circa
il fatto che l’alcol sia causa di problemi coniugali. Tali individui rispetto al gruppo di controllo riportano anche una
minore capacità di resistere all’interno di conflitti interpersonali senza ricorre all’aiuto dell’alcol e tipicamente
riportano una storia familiare di alcolismo tra i propri parenti maschi biologici e una più duratura storia di arresti.
Ciò ribadisce il fatto che il rischio di IPV sia più elevato per coloro che soffrono di alcolismo grave e che presentano
un esordio precoce, e ancora di più per coloro che presentano oltre alle suddette anche caratteristiche antisociali
CONFRONTO DI GENERE
Morse (1995): in un campione di donne di età compresa tra i 27 e i 33 anni, il 27.9% di esse riportava di aver usato
violenza all’interno della relazione.
Miller (2005) afferma che una consistente minoranza degli individui arrestati ogni anno negli Stati Uniti sono
donne coinvolte in aggressioni verso il proprio partner.
Uno studio condotto in Tennessee ha trovato che il 16% degli arresti per IPV interessa soggetti di sesso
femminile.
La meta-analisi di Archer (2000) sulle differenze di genere nei livelli di aggressioni fisiche rivolte ai partner intimi
trova livelli equivalenti perpetrati
da entrambi i sessi.
Swan & Snow (2002) rilevano all’interno del campione di donne prese in esame una media di 58.06 (SD = 39.83)
comportamenti abusivi (abuso emozionale, controllo coercitivo, abuso fisico e coercizione sessuale) verso i loro
coniugi nei sei mesi precedenti l’inizio dello studio, valori che rimangono comunque inferiori alle rilevazioni della
violenza perpetrata dagli uomini: M = 74.12 (SD = 51.17). Questo studio ha permesso di evidenziare le forme di
violenza maggiormente perpetrate dal campione femminile: 54% arreca offese al partner, 28% utilizza coercizione
sessuale (in questo caso, tentativi di esperire un rapporto sessuale con il partner contro la sua volontà, senza utilizzo
di forza fisica, ma attraverso l’uso di minacce), 86% utilizza controllo coercitivo sul partner.
“Egli usa il suo potere fisico, lei usa il suo potere verbale”; “Egli usa il pugno, lei il coltello”; “Egli controlla la
spesa fatta dalla donna, lei accumula carte di credito”; “Egli interroga i figli circa
la madre, lei nega le visite”
à i comportamenti umani sono determinati dai ruoli di genere e dalle aspettative culturali associate ai generi
sessuali.
Swan et al. (2008) svolgono una rassegna delle ricerche riguardanti la prevalenza di IPV nelle donne e le forme di
violenza maggiormente perpetrate da esse:
Per quanto riguarda l’aggressione fisica (conferma dati della meta-analisi di Archer (2000), dati derivanti da uno
studio su un campione non clinico (studenti di college), evidenziano simili livelli nei due sessi per la perpetrazione
di violenza fisica (Cercone, Beach & Arias, 2005) se non una più alta prevalenza nelle donne (Straus, 2004).
Per l’investigazione dei livelli di prevalenza della coercizione sessuale, intesa come “ogni situazione nella quale
una persona utilizza mezzi verbali o fisici per ottenere la realizzazione di un’attività sessuale senza il consenso
dell’altra parte” (Adams-Curtis & Forbes, 2004, p. 91) (campioni di studenti del college): 19
La maggior parte degli studi in merito a tale variabile trova una più elevata percentuale di comportamenti sessuali
coercitivi nei maschi rispetto alle femmine. Prevalenza maggiore per la componente maschile anche per lo stalking.
Il “National Violence Against Women Survey” suggerisce che le donne esperiscono nel corso della vita una
prevalenza di stalking signifivativamente maggiore rispetto agli uomini: 14.2% contro il 4.3%
Il dato interessante è che sia le femmine che i maschi vittime
di stalking indicano come perpetratore un uomo.
La frequenza della violenza femminile all’interno della relazione di coppia è fortemente associata allo stato socio
economico (stress finanziario, povertà, svantaggio economico).
Un recente studio ipotizza l’esistenza di diverse motivazioni negli uomini e nelle donne che sottendono gli atti
violenti: la violenza maschile sembra essere più facilmente attribuibile a fattori di personalità interni, quali, ad
esempio, il desiderio di controllo (non sembra in campioni non clinici), mentre quella femminile sembra essere
nella maggior parte dei casi giustificata, ossia messa in atto per difesa di sé o a fini di ritorsione.
In riferimento alle differenti motivazioni associate alla violenza femminile, interessante la rassegna di Swan e
colleghi (2008).
Essi ritengono che le spiegazioni della violenza intima femminile potrebbero essere riassunte in cinque fattori:
1. Difesa di sé
2. Paura: “Probabilmente io, sono il tipo che divento violenta con un uomo perché prima che lui mi trovi, io
lo trovo, poiché ho molta paura. La mia precedente relazione si basava sulla violenza…non ho dunque più
intenzione di permettere a nessuno di parlarmi o di agire nei miei confronti violentemente, in nessun modo”
3. Difesa dei propri figli
4. Controllo: …. Swan e Snow (2003) trovano che il desiderio di controllo può essere un fattore sottostante
la violenza femminile; il 38% delle donne del loro campione, infatti, riporta di aver minacciato il proprio
partner di ricorre alla violenza con lo scopo di indurlo a soddisfare le proprie richieste
5. Punizione: “Divengo estremamente gelosa se sono innamorata di un uomo e se lui fa qualcosa, come
portare un’altra ragazza vicino a me o chiedermi il numero di telefono di una ragazza. Reagisco
violentemente: gli lancio contro qualcosa, senza realmente rendermi conto di quello che sto facendo”
(Swan et al., 2008). Diversi studi suggeriscono che la punizione per torti reali o percepiti come tali da parte
del compagno sono uno dei più comuni motivatori del comportamento violento femminile.
Nell’esperimento di Stuart et al. (2006) le maltrattanti rivelano che nel 35% dei casi in cui hanno commesso
violenza è stato per vendicarsi nei confronti del proprio compagno per averle ferite emotivamente e nel
20% dei casi per ritorsione per essere stata colpita o aggredita per prima.
Walsh et al. (2010) all’interno di un campione clinico (pazienti psichiatrici) valutano la prevalenza di episodi
aggressivi nel contesto coniugale per mano dei rappresentanti del genere maschile o femminile. All’interno dei
campioni maschili e femminili con tratti antisociali, le donne presentano un maggiore livello di recidiva di IPV
di quasi quattro volte superiore alla probabilità di violenza intima rispetto ai gruppi di controllo; nei maschi
invece non si rilevano per il rischio di recidiva differenze significative tra i vari sottotipi.
L’aspetto interessante, in questo studio, è che la maggior parte delle maltrattanti rientra all’interno del gruppo
borderline-disforico (BD), con alti livelli di vittimizzazione, alti livelli di depressione, disturbo borderline di
personalità, abuso di sostanze e bassi livelli di gradevolezza ed estroversione. 20
In riferimento ai fattori di rischio della violenza intima da parte delle donne numerosi studi riportano evidenze circa
la presenza di esperienze traumatiche e di abuso durante l’infanzia (Swan et al., 2008). All’interno del campione di
donne maltrattanti del lavoro di Swan et al. (2005): 60% dichiara di aver esperito abuso o neglect durante l’infanzia,
58% di essere stata sessualmente abusata, 52% aggredita fisicamente, 41% trascurata fisicamente.
Siegel (2000) nel suo studio longitudinale su 136 donne abusate sessualmente durante l’infanzia, ha identificato che
l’abuso subito è un fattore di rischio sia per la perpetrazione che per la vittimizzazione di queste donne.
Un altro fattore importante associato alla probabilità di IPV per mano femminile sembra essere la qualità del
funzionamento psicologico della donna, nello specifico, la presenza di ansia, depressione, abuso di sostanze e
disturbo post traumatico da stress sono significativamente elevati nelle perpetratici (Foa et al., 2000; Axelrod,
Myers, Durvasula, Wyatt & Chang, 1999).
Parimenti, anche nel lavoro di Swan et al. (2005) si è potuto osservare che il 69% delle donne con condotte intime
aggressive incontravano i criteri per il disturbo depressivo, almeno una su tre incontrava i criteri per il distubo
post traumatico da stress e una su cinque presentava problematiche legate all’assunzione di alcol o droghe.
Dati equivalenti sono emersi dall’esperimento di Dowd et al. (2005) che ha identificato un’alta prevalenza di
depressione (67%), disturbo bipolare (18%), problematiche legate a disturbi a carattere ansioso (9%) e problemi
legati all’uso di sostanze (67%). Altre ricerche riconoscono anche il ruolo importante dell’impulsività nel spiegare
talune forme di violenza femminile (Schafer, Caetano & Cunradi, 2004).
PRESA IN CARICO DELLE VITTIME
La violenza domestica è un fenomeno complesso che necessita di interventi trasversali e di una presa in carico
multidisciplinare. I casi di violenza domestica presentano un alto grado di complessità e richiedono sempre
l’intervento integrato di operatori sanitari e psico-sociali.
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Ospedale: luogo di accoglienza psivilegiato La violenza domestica è in Italia è un importante problema di salute
pubblica. Tra le donne che si recano ad un pronto soccorso cercando assistenza per un tra