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Il sistema giuridico giapponese
Pur essendo stato sino a tempi recenti uno dei paesi meno studiati dal punto di vista del diritto, il Giappone ha guardato spesso alla cultura giuridica di altre aree geografiche per adottare modelli che potessero essere validi pure per la peculiare realtà nipponica. In particolare, nel V secolo d.c., l'introduzione della scrittura cinese fu accompagnata dal trapianto dell'ideologia confuciana, con i concetti "quasi-giuridici" in essa contenuti. Il Giappone è poi rimasto un sistema di diritto fondamentalmente tradizionale a base confuciana sino alla seconda metà dell'XIX secolo, quando la forzata apertura del paese alle potenze occidentali ha provocato la necessità di innovarsi anche dal punto di vista del diritto, ispirandosi ai modelli europei. Se in queste due fasi storiche la recezione di concetti e nozioni giuridiche straniere era fortemente voluta dall'establishment governativa, così
Non può dirsi per la terza fase di contaminazione, quella successiva alla Seconda Guerra Mondiale, quando nell'ambito dell'occupazione statunitense i gli americani decisero di importare alcuni principi di origine prettamente occidentale. Il risultato più eclatante di questa fase di imposizione fu la costituzione del 1946.
Le origini del diritto giapponese antico e medioevale. Le prime fonti propriamente storiche sul Giappone risalgono al V secolo d.c.: è in quel periodo infatti che venne indotta nel paese la scrittura cinese. Con essa, giunsero anche la religione buddhista e la filosofia confuciana; con i precetti dell'ideologia di Confucio vennero abbracciati anche i principi giuridici presenti al suo interno. Benché l'adesione al modello confuciano abbia segnato la cultura nipponica sino ai giorni nostri, visono tuttora alcune differenze significative con il sistema cinese: si segnalano in particolare il rifiuto della teoria del
“mandato del cielo” (l’imperatore, figlio della dea del sole, non aveva bisogno di investiture ulteriori per giustificare la propria natura divina) e l’affidamento degli incarichi amministrativi ed esecutivi all’aristocrazia (di corte prima, e militare poi) e non per concorso aperto a tutti. L’influenza della cultura giuridica cinese ha modellato anche la pur esigua produzione normativa successiva al V secolo. La prima legislazione di origine imperiale risale infatti al VII secolo, ed è composta da raccolte normative divise in norme penali e norme amministrative, rimaste in vigore sino al XIX secolo. Sin da quando è possibile avere informazioni storiche sul paese, si può riscontrare una complessa dialettica tra la detenzione formale del potere e il suo concreto esercizio: sebbene l’autorità della figura imperiale non sia mai stata messa in discussione, per lunghi periodi il potere reale è stato esercitato
d'ombra. Durante il periodo Edo (1603-1868), il potere degli shogun si consolidò ulteriormente e il sistema di governo si basava sulla rigida gerarchia sociale. L'aristocrazia militare, composta dai samurai, era al vertice della società, seguita dai contadini, dagli artigiani e dai mercanti. La costituzione del paese era modellata su questa divisione sociale. La famiglia Tokugawa, che salì al potere nel 1600, portò il Giappone in un lungo periodo di stabilità politica. Gli shogun, durante il loro governo, influenzarono anche il sistema legale. Già nel 1615 furono promulgate due raccolte di leggi, una per le famiglie militari e una per la corte imperiale. Queste leggi impedirono ad altre casate di guerrieri di rafforzarsi e relegarono l'imperatore e la corte a un ruolo marginale.simbolico. L'altro grande documento legislativo dell'epoca Edo risale al 1742; si tratta di una raccolta di decisioni in materia penale ed amministrativa ad uso dei funzionari con compiti giurisdizionali, consultabile solo da una ristretta cerchia di ufficiali di shogun. Il sistema giuridico giapponese che venne a "scontrarsi" con i diritti occidentali nella seconda metà del XIX secolo appariva dunque in uno stadio non più che post-medioevale. Dal contatto con gli stranieri si innescò una vorticosa evoluzione, che dette luogo al sistema giapponese moderno. Le fonti del diritto giapponese moderno: i codici Il moderno sistema delle fonti del diritto giapponese venne a formarsi nella seconda metà del XIX secolo d.c., nell'ambito di un periodo conosciuto come "restaurazione Meiji". L'imperatore, rendendosi conto dell'arretratezza del diritto locale, ritenne fondamentale dotare il Giappone di leggi moderne e strutturate, tali dapermettere al paese di essere considerato alla pari delle potenze europee ed occidentali. Non potendo trasformare lo scarso e frammentario materiale normativo a disposizione, fu necessario rivolgersi a modelli stranieri: nella scelta del sistema a cui ispirarsi, i giapponesi preferirono rivolgersi ai sistemi di civil-law europei-continentali. Inizialmente il modello francese venne ritenuto il migliore, e pertanto i primi testi normativi (il codice penale e di procedura penale, risalenti al 1880) vennero redatti su di esso; tuttavia i giapponesi si resero ben presto conto che non esisteva un modello ideale, pertanto i legislatori decisero di attingere anche ad altre esperienze, in particolare a quelle dell'era germanica. Nacquero così il codice di procedura civile (1890) ed il codice di commercio (1899). La maggiore consapevolezza del neonato ceto di giuristi nipponici rese più critico l'approccio verso l'adozione incondizionata dei modelli stranieri: l'iniziale fase
Di contingenza lasciò presto spazio ad un periodo di riflessione più attenta, tesa ad implementare un sistema normativo moderno e che tuttavia non cancellasse completamente tradizioni e consuetudini locali.
La costituzione
Per quanto attiene al diritto costituzionale, già nei primi anni dell'epoca Meiji era stata accettata l'idea di dotare il Giappone di una costituzione. Il modello di ispirazione prescelto fu quello prussiano, dal momento che nella Prussia il paese trovava alcune somiglianze con se stesso, per quanto riguarda l'idea paternalistico-autoritaria dello stato, con il sovrano al vertice della nazione. La "costituzione Meiji", adottata nel 1889, era di fatto considerata una sorta di benevolo dono dell'imperatore ai propri sudditi. I principi di divisione dei poteri non furono rispettati e le primarie funzioni statali erano perlopiù concentrate in capo al sovrano, detentore esclusivo dei poteri legislativo ed esecutivo.
Esisteva un parlamento bicamerale ed un consiglio di gabinetto, ma avevano funzioni soprattutto consultive. L'attuale sistema delle fonti del diritto giapponese Con l'approvazione definitiva del codice di commercio (1899) il sistema delle fonti del diritto assunse la struttura attuale. Al vertice delle suddette fonti vi è la costituzione, e sotto di essa le leggi (le più significative delle quali, ovviamente, sono i 5 codici: civile, penale, di procedura civile, di procedura penale e codice commerciale-). Come avviene nella maggior parte degli ordinamenti molte delle materie non sono regolate da codici, ma trovano la loro disciplina in numerose leggi speciali, che sono in posizione gerarchicamente egualitaria rispetto ai codici stessi, ma dedicate a materie specifiche. La costituzione vigente Il testo promulgato nel periodo Meiji che ha subito lo stravolgimento più radicale è la costituzione, il cui "nuovo modello" è entrato in vigore nel1947, durante l'occupazione americana del paese. Con l'intento di democratizzare e modernizzare il Giappone, gli statunitensi imposero al parlamento nipponico una bozza di carta costituzionale incentrata sui seguenti principi: ridimensionamento del ruolo imperiale, rispetto dei diritti umani ed uguaglianza tra i cittadini. Di particolare interesse sono l'articolo 1 e l'articolo 9, dedicati rispettivamente alla figura del sovrano ed alla rinuncia alla guerra. L'imperatore, nel testo del 1889 figura centrale e quasi onnipotente, venne ridotto a mero simbolo statale e di unità del popolo, legittimato nella propria posizione non per diritto divino, ma dal popolo stesso. La regola di successione della casa imperiale non ha trovato posto in una costituzione moderna, risiede invece nel codice di famiglia imperiale, che permette la successione al trono solo agli eredi maschi. Abbandonato il modello incentrato sull'imperatore, la vigente costituzione adotta un principio
Pieno di separazione dei poteri, affidando alla dieta (un parlamento bicamerale composto dalle camere elettive dei rappresentanti e dei costituenti) il legislativo, al governo l'esecutivo e dalla magistratura il giudiziario. La costituzione giapponese moderna non spicca per peculiarità prese dalla precedente carta di epoca Meiji. Uno dei motivi più accesi di critica del testo è proprio la mancanza in esso di quei valori autenticamente nipponici che la renderebbero un documento idoneo ad essere la norma fondamentale della nazione. Tuttavia, nonostante siano state avanzate varie ipotesi a questo titolo, l'art. 96 dispone che per ogni eventuale modifica sia necessario il favore di 2/3 di entrambi i membri della dieta, nonché una successiva approvazione tramite referendum popolare. Il pacifismo costituzionale secondo capitolo della costituzione, intitolato "rinuncia alla guerra" e composto dal solo art.9, rappresenta un unicum nel diritto costituzionale.
mondiale: con esso il Giappone rinuncia formalmente non soltanto alla guerra, ma anche alla possibilità di possedere forze armate. Nel 1952 il Giappone aveva stipulato con gli USA il cosiddetto "trattato di mutua sicurezza", per mezzo del quale era consentito agli americani di mantenere basi militari sul territorio allo scopo formale di esercitare, a favore dei nipponici, il diritto di (auto)difesa in caso di aggressione. Nel 1954 il parlamento giapponese approva la legge sulle forze di autodifesa, dotandosi così di un vero e proprio esercito. Entrambi gli emendamenti sono stati più volte tacciati di incostituzionalità, ma la corte suprema ha osservato che, per quanto riguarda il trattato di mutua sicurezza, l'art. 9 impedisce solo al Giappone di avere un esercito, ma non preclude ad altri stati di dislocare forze militari sul territorio nipponico. Per ciò che concerne la legge sulle forze di sicurezza, essa ha affermato che tecnicamente l'impero
rme democratiche si basano è il rispetto dei diritti fondamentali e la tutela delle minoranze. Questi principi sono particolarmente importanti in un paese come il Giappone, che ha una lunga storia di omogeneità culturale e etnica. Il Giappone è noto per la sua omogeneità etnica, con la maggioranza della popolazione che appartiene all'etnia giapponese. Tuttavia, ci sono anche diverse minoranze presenti nel paese, come la comunità coreana, la comunità cinese e la comunità Ainu, che sono stati storicamente emarginati e discriminati. Per garantire il rispetto dei diritti fondamentali e la tutela delle minoranze, il Giappone ha adottato diverse leggi e politiche. Ad esempio, la Costituzione giapponese del 1947 garantisce la libertà di pensiero, di coscienza, di religione, di parola, di stampa e di associazione. Inoltre, vi è una legge sulla parità di trattamento delle persone di diverse razze e etnie, che vieta la discriminazione razziale e promuove l'uguaglianza. Il governo giapponese ha anche istituito l'Agenzia per gli Affari Culturali, che si occupa di promuovere la diversità culturale e di preservare le tradizioni delle minoranze. Inoltre, sono state create commissioni per i diritti umani a livello nazionale e locale, che si occupano di monitorare e affrontare i casi di discriminazione. Nonostante questi sforzi, ci sono ancora sfide da affrontare per garantire una piena tutela dei diritti delle minoranze in Giappone. Ad esempio, la comunità Ainu ha lottato per il riconoscimento dei propri diritti e per la preservazione della propria cultura. Inoltre, ci sono ancora casi di discriminazione e pregiudizi nei confronti delle minoranze, che richiedono un impegno continuo da parte del governo e della società nel promuovere l'uguaglianza e il rispetto dei diritti umani. In conclusione, il Giappone si impegna a garantire il rispetto dei diritti fondamentali e la tutela delle minoranze. Nonostante le sfide, il paese sta facendo progressi nel promuovere l'uguaglianza e la diversità culturale.