IL LINGUAGGIO PROFESSIONALE E LA COMUNICAZIONE
Quando serve un linguaggio professionale: preciso, non approssimativo, inequivocabile, finalizzato
ad esprime i contenuti professionali propri. Quando è strumento per informare, farci capire dai
nostri assistiti, tarato sulle loro capacità di comprensione. Dobbiamo capire che persona abbiamo
davanti e in base a ciò utilizzeremo un linguaggio appropriato per lui.
La giusta misura nella giusta situazione: tradurre quello che vogliamo dire in modo comprensibile e
non che sminuisce paziente o noi. Scelgo linguaggio in base a persona che ho davanti e obbiettivo
da raggiungere. Quando mi relaziono con il paziente obbiettivo da raggiungere è fornire
informazioni organizzative e per verificare comprensione uso feedback.
VISSUTI E REAZIONI ALLA MALATTIA
- il continuum di salute e malattia: salute e malattia possono essere considerati i due poli di un
“filo” che percorre tutta la vita della persona; L’equilibrio “fluttua”, condizionato dal patrimonio
di salute di partenza. Condizionato dagli eventi della vita, dalla fortuna di non incorrere in
patologie, dalla capacità di agire per mantenersi sani, dalla disponibilità di strutture, di cure…
LA MALATTIA:
- Quando la salute\benessere viene persa, il cambiamento porta la persona a dover fare
esperienza della nuova condizione.
- Questa esperienza è colorata di vissuti individuali, che appartengono alla più intima sfera
personale; emozioni, paura, ansia.
- Dalle fasi iniziali di questa nuova esperienza in poi si “attraversa” una gamma di situazioni
emotive, inizialmente caratterizzate dal processo di consapevolizzazione e successivamente di
adattamento.
- È l’efficacia con cui questi processi vengono affrontati dalla persona che “fa la differenza”.
- Malattia e vissuti di malattia:
ESPERIENZA DI MALATTIA:
- prospettive: acuta/cronica
- gravità
- impatto sulla qualità di vita, sulla famiglia, sociale e lavoro
MALATTIA CRONICA VS ACUTA
• Mattia cronica = la durata prolungata, a volte la morte a distanza di anni o decenni dall’esordio; i
possibili peggioramenti progressivi o il ripresentarsi di fasi evolutive\remissioni temporanee
lasciano sempre l’individuo “in sospeso”. Forte impatto sulla dipendenza delle persone,
soprattutto nelle fasi avanzate.
- La gestione delle cure nella cronicità si fonda su:
1. Deospedalizzazione delle cure (lasciamo la persona a casa)
2. Qualità di vita
3. Integrazione dei percorsi (chiedo aiuti a più specialisti)
4. Coinvolgimento delle associazioni dei pazienti (associazioni di volontariato dedica un tempo
prezioso all’ascolto)
5. Sviluppo di competenze
Esperienza / come viene vissuta malattia:
- il vissuto e le reazioni delle malattie: influenzata dalla personalità e storia personale, dalle
persone che lo circondano, dai modelli culturali di riferimenti, disponibilità di servizi sanitari
(anche come sostegno\supporto).
Malattia come pericolo percepito per la persona:
Per la vita (minaccia di morte)
Per l’integrità fisica (dolore, menomazioni)
Per identità personale (modificazione dell’immagine di sè, perdita di autonomia)
Per la vita sociale (separazione da famiglia, contesto sociale, amicale ecc)
- Malattie e cambiamenti: cambiamenti dell’aspetto fisico - riduzioni della capacità fisica e
convivenza con il dolore.
- Adattamento alla malattia:
1. Shock iniziale
2. Attivazione di meccanismi di difesa: attacco (aggressività vs reazioni costruttive), rinuncia (fuga),
passività
3. Rassegnazione
4. Accettazione\adattamento-evoluzione
5. Non è scontata l’evoluzione automatica alle fasi più «mature» ed efficaci di reazione
- la famiglia nella malattia: anche la famiglia “si ammala” insieme al familiare direttamente colpito
Reazioni possibili di: rifiuto, reazioni iperprotettive (ecco perché a volte il malato non vuole
comunicare alla famiglia il suo stato di salute), reazioni costruttive.
- Dolore morte e sofferenza = contributo di stimoli provenienti dalle lezioni di Psicologia della
Salute e di Psicologia Clinica al 2° semestre; Apposito approfondimento nell’ambito delle attività
tutoriali.
- Ospedale e malattia = esperienza che “colpisce”, soprattutto la prima volta (bambini, anziani),
Possibili vissuti: trauma, strappo, distacco brusco dal mondo familiare, Nuovi ritmi, modifica di
abitudini, codici di comporta mento non consueti, Se ripetuti ricoveri: insofferenza, angoscia.
- Distacco/rottura della malattia = Distacco definitivo, passaggio “senza ritorno”, segnale di
declino\invecchiamento\ perdita; possibili vissuti di “espulsione”, allontanamento, rifiuto.
- Emozioni = i primi a stare bene dobbiamo essere noi, dobbiamo essere in equilibrio con noi
stessi, dobbiamo capire come ci sentiamo, solo dopo possiamo aiutare il paziente, Emozioni del
paziente ed emozioni del professionista (Il Cli-Tv prevede di dedicare allo studente infermiere
dei momenti di gruppo all’approfondimento e riflessione su questi temi).
- “Dare speranza” come intervento infermieristico proposto nei manuali di assistenza.... Si può
fare? Conflitto con il senso di dare false speranze... «come fai a dire ad un paziente di avere
speranza e lo guardi e sai che ha un anno di vita davanti...? (storie di un infermiere). Le
sofferenze emotive dell’infermiere ed il rischio di burn-out.
ORGANIZZAZIONE DELE CURE INFERMIERISTICHE
Gli ambienti di lavoro sono sempre più complessi (dimensione delle strutture, tecnologia…). C’è
una molteplicità e varietà dei soggetti coinvolti (infermieri, medici, pazienti, familiari, specialisti
vari…). Bisogni in continua evoluzione, scenari turbolenti, criticità (mancanza risorse economiche
ecc.) richiedono a tutti- anche agli infermieri- competenze organizzative sempre più evolute.
L’organizzazione del lavoro: consente di identificare necessità e priorità; permette la
personalizzazione delle risposte, rende possibile la realizzazione di interventi appropriati ed
efficaci, aiuta a realizzare un buon uso delle risorse, è indispensabile per coordinare la propria
attività con quella delle altre strutture\professionisti (es. laboratori, servizi diagnostici, ecc). (In
ospedale bisogna tenere conto anche delle esigenze dei singoli pazienti).
È fondamentale definire le priorità assistenziali, definire le priorità è elemento essenziale in tutte le
situazioni di erogazione dell’assistenza perché:
1. i ritardi possono avere conseguenze dannose per i pazienti
2. dare medesima priorità a situazioni non di uguale peso significa “sprecare” dove non serve e
non dare giusta considerazione alle situazioni veramente rilevanti
3. è presupposto per definire percorsi\piani assistenziali efficaci, sicuri e fattibili.
Definire le priorità assistenziali: È un elemento che si collega al processo di nursing: Quali sono i
problemi prioritari per il paziente, Quali sono gli interventi di maggiore rilevanza o maggiormente
strategici per risolvere i problemi del paziente.
Le priorità sono: posticipa (non è urgente), delega, prima possibile e subito. Per decidere che
priorità è devo avere capacità di problem solving, devo verificare la gravita della situazione, la
prima cosa che devo fare è raccogliere i dati anche chiedere coma sta, questa è la fase
dell’accertamento, le informazioni che ho raccolto mi servono a dire quale è il problema dopo devo
capire quali sono le conseguenze del problema, stabilisco un obbiettivo e un criterio solo poi posso
decidere come intervenire. Per definire le priorità applico il processo del nursing: raccolgo i dati,
sono in grado di dire se c’è un problema e quale è, stabilisco l’obbiettivo e intervengo e infine
faccio la valutazione per vedere se ho raggiunto l’obbiettivo, è un processo circolare una volta
raggiunto un obbiettivo ne devo stabilire altri se non è stato raggiunto faccio il processo dall’inizio.
Codici:
rosso: subito = importante ed urgente
arancio: prima possibile = non urgente ma importante
giallo: delega = urgente ma non importante
verde: posticipa = non urgente e non importante
Gli infermieri utilizzano 2 criteri combinanti: priorità di importanza\urgenza: secondo i livelli di
,
preoccupazione per la salute del paziente (=criticità vitale) e priorità di tempo (=tempi entro i quali
devono essere attuati gli interventi). (questi due criteri fanno parte del giudizio clinico)
organizzare l’assistenza
Definire priorità assistenziali serve per: (=dare priorità ai
Valutare fabbisogno di risorse,
bisogni maggiormente rilevanti) anche umane (=carichi di lavoro)
Organizzare il servizio (=es in Unità Didattica Infermieristica Estensiva) a bassa complessità
clinica- medica e a intensità assistenziale più pronunciata, per selezionare i pazienti adatti ad una
certa realtà organizzativa, in sicurezza e qualità delle cure erogate.
Tempo di assistenza è dettato da complessità assistenziali e criticità paziente (patologia di cui
soffre)
Classificazione = Degli assistiti e dell’intensità delle cure infermieristiche.
Necessità di “categorizzare” i pazienti per capire a quali assicurare una maggiore assistenza
n ecessaria.
Collegare questa classificazione alla quantità di impegno assistenziale richiesto (=al
carico di lavoro che determinano).
I metodi che ci permettono di classificare gli assistiti:
1. Approccio secondo la dipendenza assistenziale = Misurata sulla capacità del paziente di
soddisfare autonomamente i propri bisogni fondamentali, in aggiunta alla valutazione di
limitazioni cognitive o funzionali presenti, più aumenta la non dipendenza più aumenta
l’assistenza
2. Approccio basato sul grado di acuità dei pazienti (severità della malattia) (prognosi) = Variabili
che influenzano sono: Tempo di inizio o insorgenza della malattia, gravità delle condizioni del
paziente e durata della malattia (acuta\cronica)(acuità/gravità), da un evento acuto il paziente
migliora ma non
torna più alla salute iniziale
3. Approccio basato sulla complessità assistenziale (complessità degli interventi terapeutici ed
assistenziali richiesti), la complessità è data da più elementi che dobbiamo gestire insieme =
Sviluppato dalla Federazione Nazionale IPASVI (ora FNOPI) nel 2003; Presa in cura del
paziente considerando contemporaneamente 3 prospettive: 1. Instabilità clinica (condizione di
s
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