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Estratto del documento

La sociologia economica sostiene che qualsiasi scambio di un bene di mercato presuppone

una relazione intensa che è innanzitutto interpersonale tra venditore e cliente.

Questo fenomeno di radicamento sociale e relazionale dell’agire economico

(embeddedness) è stato studiato da Polanyi; egli sosteneva che la sopravvivenza di un

mercato richiedesse necessariamente l’esistenza di istituzioni formali e informali.

Granovetter parlò invece di legami forti e legami deboli.

Viene introdotto così il capitale sociale, che è l’insieme delle dimensioni non economiche

dell’agire economico, ovvero:

●​ dimensione individuale, ovvero la rete di relazioni interpersonali;

●​ dimensione collettiva e contestuale, insieme di reti di relazioni interpersonali

mediate da sistemi di regole scritte e non scritte;

●​ dimensione organizzativa, possono essere piu’ o meno organizzate.

Le teorie di Putnam

Dopo la pubblicazione delle sue ricerche sulla tradizione civica delle regioni italiane, si

diffuse il concetto di capitale sociale; per lui i divari tra Sud e Nord sono dovuti proprio al

diverso senso civico.

Per lui il capitale sociale ha una dimensione collettiva, territoriale e organizzativa e le cause

del sottosviluppo vanno individuate nella debolezza sua e del senso civico.

Il capitale sociale:

può essere misurato e osservato, utilizzando indicatori come la partecipazione alla

❖​ vita collettiva e i tassi di partecipazione alle elezioni politiche, che dimostrano quanto

gli individui siano disposti a impegnarsi per la collettività. Altri indicatori sono il senso

di appartenenza e la fiducia reciproca.

ha caratteristiche intrinsecamente ed esclusivamente positive, è qualcosa che

❖​ deve e può essere influenzato.

Ci sono due forme diverse di capitale:

❖​ bonding, tipico dei gruppi e delle comunità molto coese con legami forti, può

➢​ diventare un vincolo;

bridging, legami prevalentemente deboli, tuttavia è il piu’ prezioso in quanto

➢​ fa da ponte tra individui e attori.

Le teorie di Schumpeter e Kondratiev

Schumpeter parla per la prima volta dell’importanza dell’innovazione tecnologica negli

anni Trenta; egli sosteneva che questa fosse il centro dello sviluppo economico, perchè offre

uno sviluppo qualitativo, rompendo così il rigido determinismo dei modelli precedenti.

L’imprenditore innovatore è capace di esercitare una funzione di distruzione creatrice,

arrivando a invenzioni che vengono poi trasformate in innovazioni; queste poi subiscono un

processo di standardizzazione, che esercita una notevole pressione per un continui

miglioramento dei processi e dei prodotti.

L’innovazione è dunque una necessità e ha effetti positivi per coloro che la intraprendono,

ma negativi per coloro che ne restano tagliati fuori.

Schumpeter distingue tra diverse tipologie di innovazioni;

●​ di prodotto (telefono);

●​ di processo (catena di montaggio);

●​ nuovi mercati (Cina 1970);

●​ nuove fonti di materie prime (fusione atomica);

●​ nuove forme organizzative.

Possono essere distinte in base anche al loro impatto:

radicali e incrementali;

➢​ epocali (cicli di Kondrat’ev).

➢​

Secondo Kondrat’ev, infatti, l’innovazione tecnologica è un elemento di rigenerazione del

sistema capitalistico e avviene attraverso una fluttuazione di lungo periodo (cicli di 45-60

anni).

I cluster high-tech

Dagli anni Ottanta ci fu una maggiore attenzione per le condizioni localizzative delle

imprese, e in particolare i cluster high tech, ovvero concentrazioni di imprese fortemente

specializzate in settori altamente tecnologici.

●​ aree adatte a ospitare start-up;

●​ denso tessuto di relazioni, soprattutto indirette;

●​ generano un particolare tipo di economie esterne, “interdipendenze non di mercato”

(untraded interdependencies), perchè non agiscono attraverso relazioni di

scambio.

●​ learning regions perchè hanno un’elevata concentrazione di capacità innovativa.

●​ ci sono organizzazioni che interagiscono con le imprese locali e definiscono il

contesto socio-economico.

I cluster possono essere orizzontali (le imprese svolgono la stessa funzione) o verticali

(diverse attività economiche complementari).

Possono essere il risultato di politiche o nascere spontaneamente; in quest'ultimo caso,

fattori determinanti sono:

la specializzazione delle imprese in settori sempre piu’ specifici, che accresce la

➢​ conoscenza all’interno del cluster e permette alle altre imprese di concentrarsi su altri

problemi;

l’elevata scomposizione del processo produttivo, che determina la necessità di

➢​ contatti stabili.

L’esempio piu’ emblematico è la Silicon Valley, specializzata in biotecnologia e

microelettronica; molti hanno cercato di creare altri cluster simili ex-novo, soprattutto in

Europa (Sophia Antipolis in Francia, che finì per essere solo un’operazione di mera

speculazione immobiliare), ma furono fallimentari perchè mancavano alcuni fattori discreti

d’area fondamentali; tra questi troviamo università, centri di ricerca, specificità culturali locali

e rapporti fiduciari che favoriscono le riproduzione della conoscenza (knowledge spillovers)

e di nuove attività (spin-off).

Un cluster cresce attraverso tre processi:

I.​ le imprese operanti esternamente a esso possono decidere di ri-localizzarsi al suo

interno per usufruire delle conoscenze e instaurare rapporti privilegiati;

II.​ gli imprenditori che vogliono avviare nuove attività sono attratti dal cluster;

III.​ nuove imprese nascono all’interno del cluster attraverso il meccanismo dello

spin-off: gruppi di lavoratori possono riconoscere alcune potenzialità del mercato e

abbandonare le proprie posizioni per avviare nuove imprese.

Perchè la Silicon Valley ha avuto successo?

In merito a ciò, si è interrogata Anna Lee Saxenian, analizzando lo sviluppo di questo cluster

a partire dagli anni Sessanta e Settanta che ha portato al fallimento della Route 128, a

Boston. Entrambe le aree hanno le stesse economie esterne, ma:

l’organizzazione gerarchica e rigida della R128 ha frenato la sua innovazione, mentre

➢​ il gran numero di iniziative autonome e l’attitudine alla cooperazione hanno

promosso lo sviluppo della SV;

contesto dinamico e cooperativo;

➢​ ”senso di appartenenza” a una stessa comunità tecnologica e condivisione degli

➢​ stessi linguaggi specifici e modi di fare;

la sub-cultura dell’ideologia della California, che affida alle tecnologie un ruolo

➢​ fondamentale nello sviluppo economico, sociale e politico.

Diversi tipi di conoscenza

Per comprendere il funzionamento dei cluster high-tech e il loro rapporto con l’innovazione e

l'apprendimento, è necessario fare la distinzione tra:

●​ conoscenza contestuale (o codificabile), possono essere codificate e tradotte in

un linguaggio comprensibile, non richiede prossimità geografica;

●​ conoscenza tacita (o non codificata), non può essere codificata facilmente e

spesso anche inesprimibile da chi la detiene, per questo è necessaria la prossimità

fisica; sono informazioni complesse e multidimensionali, per questo si possono solo

apprendere facendo (learning by doing) e osservando (learning by seeing).

La conoscenza tacita, poichè difficilmente codificabile, è localmente radicata e rimane

concentrata in luoghi specifici, connotati da particolari reti di innovazione.

Le interazioni face-to-face, per questo, rimangono estremamente importanti nonostante la

globalizzazione, in quanto permettono di prendere decisioni complesse rapidamente e

accrescere la fiducia.

La prossimità può avere diverse forme:

●​ organizzativa (stessi sistemi di comunicazione e standard produttivi);

●​ cognitiva (linguaggi comuni e convenzioni);

●​ culturale (modi di fare e pensare);

●​ istituzionale;

●​ spaziale.

La conoscenza può essere trasferita in modi diversi:

acquisto di macchinari, strumenti e apparecchiature a elevato contenuto

➢​ tecnologico;

l’accesso alla descrizione di nuovi prodotti o processi produttivi;

➢​ l’assunzione di personale specializzato;

➢​ il ricorso a servizi ad hoc (consulenze tecnologiche, commesse).

➢​

Economie di rete e effetto lock-in

Sebbene le economie di rete riducano l’incertezza e facilitino l’organizzazione, uno sviluppo

eccessivo delle relazioni può generare un lock-in, ovvero un blocco del sistema.

Questo effetto è molto dannoso e genera reti chiuse e polarizzate, poco flessibili e aperte

all’ingresso di nuovi fattori. Per prevenire il lock-in, è importante mantenere un certo grado di

libertà e valorizzare le differenze.

Ecosistemi innovativi di imprese e reticoli locali

Altri modelli introdotti dai ricercatori per spiegare la presenza di sistemi territoriali di

innovazione sono il Regional Innovation System (RIS) e i Local Innovation Systems

(LIS).

I reticoli locali si oppongono ai “sistemi globali di innovazione” (global pipelines), ovvero

reti trans-locali di collaborazione e sviluppo tecnologico.

Un ecosistema di imprese è un sistema produttivo territorialmente circoscritto, connotato

da un insieme di risorse localizzate e attori economici che interagiscono in modi che

favoriscono imprenditorialità, produttività, innovatività e creatività. Sono utilizzati per

spiegare l’attrazione e lo sviluppo di nuovi insediamenti d’impresa.

Un ecosistema di Start-up è un particolare sistema di impresa nel quale piu’ soggetti si

attivano per sostenere la nascita e lo sviluppo di nuove imprese.

Il modello delle tre T

Modello sviluppato da Richard Florida nel libro L’ascesa della classe creativa, tiene in

considerazione l’importanza della “creative class”, sostenendo che la sua presenza attrarrà

nuove realtà imprenditoriali innovative e capitale umano qualificato; questo però può portare

a nuove disparità e divari, come la gentrification (processi di espulsione) o brain drain.

Le tre T sono:

●​ la tecnologia, ovvero la capacità di esprimere una struttura produttiva specializzata

in settori innovativi e dinamici;

●​ il talento, ovvero il capitale umano e il grado di istruzione;

●​ la tolleranza, tipica dei luoghi aperti alla diversità culturale e dunque piu’ adatti

all’innovazione; misurata tramite i gay index, bohemian mix (attrattività culturale del

luogo) e indicatori di multiculturalità.

Politiche per l’innovazione

I governi sono, ovvia

Dettagli
Publisher
A.A. 2024-2025
9 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-GGR/02 Geografia economico-politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher teasaricx di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Geografia politica ed economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Rota Francesca Silvia.