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Delocalizzazione e crescita metropolitana. Decentramento produttivo e decentramento territoriale.
Detroit l'economia aveva privilegiato la città poiché più adatta alla competitività delle imprese.
Dal 1950 in poi la popolazione diminuisce, tale data segna l'inizio della crisi delle città, il loro progressivo svuotamento a causa del venir meno delle industrie (in Italia tale fenomeno fu meno marcato a causa del forte radicamento nel territorio).
Nel caso di Detroit ci sono due date importanti:
- 1950-1970: finisce il processo di sprawl e si forma l'industria dei sobborghi, ciò segna la morte della città. Segni di decadenza visibili ancora oggi (edifici di industrie abbandonati). Il valore della rendita del suolo diminuisce.
Qualcosa sta cambiando nei processi economici. Il fenomeno è visibile alla scala dei singoli paesi. La quota di occupazione nella Frostbelt non agricola della nazione è diminuita da oltre
Il 57% nel 1950 a meno del 44% nel 1980. L'occupazione manifatturiera nella Frostbelt, in proporzione al totale nazionale, è scesa dal 68% del 1950 a meno del 50% nel 1980. Inoltre, il numero dei posti di lavoro nel settore manifatturiero nella Frostbelt è effettivamente diminuito di oltre 960.000 unità durante gli anni '70. La quota della popolazione nazionale che viveva nella Frostbelt è scesa dal 49% negli anni '50 al 43% nel 1980. La migrazione netta fuori dalla regione ammontava a quasi 3,5 milioni dal 1970 al 1979. (O'Rourke, Notiziario 1981).
La terza Italia si "scoprono" dei sistemi produttivi diversi da quello fordisti, tipici del triangolo industriale del Nord Italia. Ci sono molte piccole e medie imprese nel centro Italia e servono nuovi strumenti per poterle studiare.
Alcuni macro-processi alla base del cambiamento nella configurazione territoriale della società:
- La riorganizzazione del sistema
produttivo (decentramento e ricerca della flessibilità) àabbandono della produzione in serie e standardizzata a favore della personalizzazione delprodotto (grande diversificazione, ad esempio sulle pubblicità degli antidolorifici);
2) La transizione veloce verso l’economia terziaria e quaternaria (l’occidente capitalisticoaccresce le attività legate ai servizi (ricerca e sviluppo, assistenza al consumatore…), taliservizi prima erano interni all’impresa mentre ora vengono esternalizzati.
3) L’evoluzione del sistema dei trasporti e delle comunicazioni favorirà la globalizzazione;à
4) Cambiamento negli stili di vita, gusti, capacità reddituale, tempi di vita, della popolazione.
Nuove configurazioni produttive e territoriali
Verso la fine degli anni ’70 e per tutti gli anni ’80 una parte della geografia economica si dedica astudiare l’emergere di economie regionali tipicamente periferiche durante
Il Fordismo. Il carattere del sistema produttivo di queste aree sembra presentare i seguenti caratteri:
- Agglomerazione spaziale di piccole e medie imprese (concentrate in uno spazio regionale, elemento fondamentale);
- Grande dinamismo e capacità innovativa (a fronte della stasi dell'industria);
- Fitte relazioni locali inter-impresa (relazioni di cooperazione e di competizione in ambito lavorativo);
- Specializzazione produttiva di tre tipologie, per la gran parte, si tratta di:
- Settori neo-artigianali in varie parti del Nord-America e dell'Europa (assume un nuovo significato, formazione del made in Italy che dà cultura ed identità);
- Industrie ad alta tecnologia come la Silicon Valley, l'Orange County, la Route 128, l'asse Londra-Bristol (hardware e software diventano settori trainanti, sono molto dinamici);
- Servizi finanziari e alle imprese nelle città globali e in centri specializzati (ciò avviene nelle grandi capitali del mondo).
Studiati i modelli di localizzazione delle attività economiche, i processi di crescita e declino, la struttura interna; ma questo dando per scontato che la regione fosse il risultato di più profondi processi economici e sociali. Non si considerava la regione come unità della vita sociale al pari dei mercati, degli Stati, delle famiglie, né si considerava la regione come motore dello sviluppo, al pari della tecnologia, dell'impresa. Quando emergono alcune regioni, e non altre, e queste mostrano peculiarità specifiche sul piano produttivo e tecnologico, si apre lo studio delle relazioni tra capitalismo post-industriale e regione e regionalizzazione.
La sensazione è che l'unità del ragionamento sia ora l'unità di territorio (il luogo, il distretto, il cluster, la città, il parco scientifico e tecnologico, il cluster...) la scala alla quale si producono lo sviluppo e l'innovazione, e non più la fabbrica.
(come era al tempo del fordismo). La regione è un concetto fondamentale della geografia. Prima la regione serviva a vedere i processi economici che però si ipotizzava avvenissero ad altre scale (o quella micro o quella macro). Adesso si analizza una scala geografica subnazionale in cui avvengono i processi economici, a metà tra la scala micro e macro, chiamata scala meso. Spesso è la scala delle città che consente dinamismo e produttività (economie esterne).
Alfred Marshall: l'industria prima del fordismo
Marshall fu uno dei padri dell'economia, egli scrisse "Principles of Economics". Marshall descrive l'organizzazione industriale pre-fordista parlandone come di una "concentrazione di industrie specializzate in località particolari". Infatti, l'industria pre-fordista presenta delle analogie con l'industria post-fordista.
Il segreto dell'industria, secondo lui, è nell'aria,
esterne si riferiscono ai vantaggi che le imprese possono ottenere lavorando in un determinato distretto industriale. Questi vantaggi includono la condivisione delle risorse, come fornitori, infrastrutture e conoscenze tecniche, nonché la possibilità di collaborare e apprendere dagli altri attori presenti nel distretto. Le economie esterne favoriscono la specializzazione e l'efficienza produttiva, consentendo alle imprese di concentrarsi sulle proprie competenze distintive e di beneficiare delle sinergie generate dalla presenza di altre aziende simili. Inoltre, la vicinanza geografica facilita la comunicazione e la cooperazione tra le imprese, favorendo lo scambio di informazioni e l'innovazione. Il concetto di distretto industriale è stato ampiamente studiato e applicato in diverse regioni del mondo, come ad esempio l'Emilia-Romagna in Italia, la Silicon Valley negli Stati Uniti e il distretto di Shenzhen in Cina. Questi distretti sono diventati dei veri e propri poli di sviluppo economico, in cui le imprese locali sono in grado di competere a livello internazionale grazie alle economie esterne e alla cultura collaborativa che si è sviluppata nel tempo. In conclusione, i distretti industriali rappresentano un modello di sviluppo economico basato sulla cooperazione e sulla condivisione delle risorse. Questo approccio favorisce la creazione di una cultura identitaria forte e la diffusione delle conoscenze industriali, contribuendo alla crescita e alla competitività delle imprese locali.agglomerazione porterebbero a una riduzione dei costi legati alla disponibilità di manodopera qualificata, alla presenza di associazioni locali che spostano informazioni e relazioni, in particolare infrastrutture e servizi (banche e trasporti); opportunità di ricerca e sviluppo legate principalmente alla facilità di diffusione di nuove idee.
Durante il fordismo, invece, prevalevano le economie di scala interne (che riguardano la crescita dimensionale dell'impresa). Le economie esterne riguardano il fatto che la concentrazione spaziale delle imprese genera dei vantaggi di scala come l'innovazione, le quali non si trovano all'interno dell'impresa ma provengono dall'atmosfera industriale.
Nell'analisi di Marshall, quando il processo di produzione è suddiviso in fasi che possono essere eseguite in stabilimenti separati, il processo stesso può essere organizzato in modo più efficace a condizione che le piccole imprese siano
raggiungimento di costi unitari inferiori. Per il Post-Fordismo: economie di agglomerazione, ovvero la concentrazione di imprese e attività correlate in un'area geografica specifica. Le economie esterne sono benefici che le imprese ottengono grazie alla loro vicinanza ad altre imprese simili o complementari. Questi benefici includono la condivisione di conoscenze, l'accesso a fornitori specializzati e la possibilità di collaborare per sviluppare nuove idee e metodi aziendali. La Triade di Marshall delle economie esterne si basa sull'idea che le imprese traggono vantaggio dalla vicinanza ad altre imprese simili o complementari. Questa vicinanza crea un ambiente industriale favorevole in cui le conoscenze accumulate sono localizzate e possono essere condivise tra le imprese. Inoltre, la divisione del lavoro su scala regionale consente alle imprese di specializzarsi in determinate attività, aumentando la loro efficienza e competitività. Infine, le attività accessorie o di supporto, come i servizi e la fornitura di input, favoriscono l'innovazione e il miglioramento dei processi produttivi. Le economie di agglomerazione sono diventate un concetto chiave nel post-fordismo, in quanto favoriscono la creazione di reti di imprese e la condivisione di risorse e conoscenze. Questa concentrazione di imprese e attività correlate in un'area geografica specifica crea un ambiente favorevole all'innovazione e alla competitività. Al contrario, nel fordismo, le economie di scala interne erano il concetto chiave, in quanto l'incremento del volume di produzione portava a costi unitari inferiori.diminuzione più che proporzionale dei costi (divisione tecnica del lavoro). Per il post-fordismo: econom