“I
ma la critica più nota e più contestata fu quella contenuta nel rapporto limiti dello sviluppo”
realizzato dal MIT a Boston nel 1972: la pressione demografica e la crescita industriale avrebbero
comportato, entro la fine del 21esimo secolo, una differenza tra domanda e disponibilità di risorse
tale da determinare il definitivo collasso economico, ecologico e demografico del sistema
mondiale. 29
MODULO - GEOGRAFIA
Unità didattica 2 - Geografia umana e geografia economica
Lezione 2 - I concetti ecologici. Gli squilibri ambientali
Gli organismi non vivono isolati, ma in stretta relazione con altri esseri viventi e con l’ambiente
fisico. L’insieme delle relazioni e dei legami funzionali tra gli elementi inerti dell’ambiente e le
comunità viventi costituisce un sistema ecologico, un ecosistema.
Un ecosistema quindi è un luogo biologicamente uniforme e con caratteristiche ben definite, ma
con dimensioni assai differenti (per esempio: un piccolo stagno, una prateria, una scogliera
corallina).
Le interconnessioni che legano i componenti dell’ecosistema e dei suoi sottoinsiemi sono gli
scambi di materiali e di energia tra gli organismi viventi e l’ambiente inorganico. Ogni ecosistema
è luogo di circolazione e di scambio di materia ed energia: ciclo dell’acqua, dell’ossigeno, dell’aria
vengono definiti cicli biogeochimici. Possiamo ripartire questi organismi in tre gruppi: i produttori,
i consumatori, i decompositori. I vegetali sono i produttori perché trasformano l’energia luminosa
per mezzo della fotosintesi in energia chimica.
I consumatori sono gli animali che si nutrono di altre specie di organismi viventi. Si distinguono
in consumatori primari (gli erbivori che si nutrono direttamente di vegetali) e consumatori
secondari (predatori). Ad ogni passaggio alimentare da un livello all’altro, un po’ di energia va
persa o trasformata in calore o movimento, cosicché la quantità di energia diminuisce ad ogni
livello. Questo significa che le catene alimentari assumono una forma piramidale, in quanto i
passaggi da un livello all’altro comporta una riduzione della massa degli organismi.
I cicli naturali si chiudono con i decompositori (invertebrati, funghi e batteri), cioè quegli organismi
che decompongono permettendo il riciclaggio degli elementi chimici o delle molecole più semplici
che possono essere riassorbiti dalle piante nel corso del nuovo ciclo nutrizionale.
I problemi più gravi e urgenti che il mondo deve fronteggiare sono il deterioramento dell’ambiente
e l’esaurimento delle risorse naturali.
Fin dalla sua comparsa, l’uomo ha influito sull’ambiente più di qualsiasi altra specie vivente. Fino
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alla rivoluzione industriale l’umanità poteva essere considerata ancora in sostanziale equilibrio con
la biosfera perché interi Continenti erano ancora allo stato naturale. Con la trasformazione
industriale è iniziata anche la rapida trasformazione dell’ambiente.
Un altro problema è che i cambiamenti non sono più locali, ma globali. L’elenco degli squilibri
ambientali è lungo: riduzione delle foreste, espansione dei deserti, le terre coltivate perdono
fertilità, l’ozono si assottiglia, crescono i danni provocati dalle piogge acide, aumento della
temperatura causato dall’accumulazione dei gas responsabili dell’effetto serra.
I paesi più ricchi sono quelli che inquinano maggiormente, ma è diffusa anche la coscienza
ambientale e i movimenti per la protezione dell’ambiente hanno ottenuto risultati nell’imporre
misure di controllo sugli inquinamenti.
Negli ultimi anni il problema è costituito dai paesi in via di sviluppo (PVS) perché per questi il
capitale economico è costituito dalle risorse ambientali. Sotto la pressione demografica e i debiti
economici, molti paesi del sud del mondo si sono visti costretti ad attingere in maniera eccessiva
alle proprie risorse naturali, sfruttando al massimo i suoli, disboscando, svendendo le risorse
minerarie.
L’atmosfera terrestre non è mai stata immutabile, però negli ultimi due secoli, la velocità di questi
cambiamenti (composizione, temperatura, capacità di autodepurazione) è molto più elevata. Questi
mutamenti sono causati da modificazioni nella quantità dei componenti principali dell’atmosfera:
ossigeno, azoto, gas nobili. Paradossalmente sono dovuti ad aumenti nel contenuto di alcuni
costituenti minori: anidride carbonica, metano, ossido e biossido di carbonio, monossido di
carbonio, ozono.
Il riscaldamento domestico e le automobili sono i principali responsabili dell’inquinamento
atmosferico delle aree urbane. Nelle giornate invernali senza vento molte città sono sovrastate dalla
pericolosa cupola di smog fotochimico, cioè un miscuglio di gas che si forma nella bassa atmosfera
per azione catalitica della luce sulle emissioni prodotte dall’uomo. L’ozono è uno dei principali
prodotti di queste reazioni chimiche: è pericoloso quando si accumula in prossimità del suolo,
perché dà irritazione agli occhi, problemi respiratori etc. Tra i rimedi ci sono l’adozione di veicoli
alimentati da combustibili alternativi e rinnovabili, l’eliminazione del piombo delle benzine.
‘70
Dagli anni il fenomeno delle piogge acide si è imposto all’attenzione dell’opinione pubblica
quando giunsero foto di migliaia di alberi spogliati della Germania. Le piogge acide sono causate
dai gas che si trasformano in acido nitrico e solforico che sono solubili in acqua. Le piogge acide
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sono principalmente un fenomeno locale, a scala regionale o tutt’al più continentale. Esse possono
causare molti danni agli ecosistemi e alle attività agricole e sono responsabili della corrosione dei
monumenti.
Effetto serra, aumento anidride carbonica, aumento temperatura, innalzamento acque, riduzione
piogge estive. Per ridurre l’effetto serra si deve ridurre l’accumulo dei gas serra con il risparmio
energetico, passaggio a fonti di energia alternative (eolica, solare, maree) e arresto alla
deforestazione.
L’inquinamento delle acque è una diretta conseguenza dell’accrescimento della popolazione
mondiale, dell’aumento della concentrazione urbana e della crescente produzione industriale.
Inquinamento delle acque interne: sono causate dagli scarichi fognari, detersivi, dal dilavamento
dei concimi chimici usati in agricoltura, prodotti chimici di origine industriale, sostanze radioattive;
spesso non sono le sostanze ad essere inquinanti, ma la loro quantità; per esempio gli scarichi
domestici potrebbero essere biodegradati dai processi naturali nei corsi d’acqua, ma l’enorme
quantità impedisce la normale azione biodegradante. Per decenni questi composti sono finiti nei
fiumi senza divieti, ora per il disinquinamento delle acque interne vengono utilizzati degli impianti
di depurazione che però spesso creano più problemi di quanti se ne riescano a risolvere e il loro
funzionamento non è sempre ottimale.
Gli oceani ricoprono il 70% della superficie del pianeta e svolgono un ruolo decisivo nel
mantenimento degli equilibri terrestri, nel condizionamento del clima e nella sopravvivenza di
animali e piante, compreso il fitoplancton, importantissimo produttore di ossigeno. Ora come ora i
grossi problemi di inquinamento si fanno sentire soprattutto nelle acque costiere e nei mari chiusi
o semichiusi. Gli idrocarburi sono la principale fonte di inquinamento. La moltiplicazione dei
trasporti via mare tramite petroliere e l’estrazione di petrolio dalle piattaforme offshore, hanno
aumentato il rischio di contaminazioni. Il petrolio scaricato in mare si espande, formando una
pellicola sottile che impedisce gli scambi gassosi tra acqua e aria e ostacola parzialmente il
passaggio della luce, compromettendo la fotosintesi indispensabile alla produzione di plancton;
inoltre provoca una grave contaminazione delle spiagge e un imbrattamento mortale per uccelli
marini, pesci etc.
In un ecosistema regolare i cicli biogeochimici sono di tipo circolare e si chiudono senza sprechi,
cioè tutti gli scarti sono metabolizzati e riutilizzati. Nelle società umane, invece, il sistema
industriale prevede l’utilizzo delle materie prime, la loro trasformazione in prodotti di consumo e
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in scarti da eliminare. Un altro aspetto importante è quello della quantità; la produzione di rifiuti
delle società umane è tanto abbondante e concentrata da non permettere ai sistemi naturali di
neutralizzarli. Lo smaltimento dei rifiuti può avvenire per mezzo di discariche attraverso l’iniezione
in pozzi profondi o l’immagazzinamento in miniere abbandonate. Le discariche controllate sono
quelle più utilizzate in tutto il mondo, anche se non consentono l’eliminazione dei rifiuti, ma solo
il loro confinamento. Il rischio di perdite di sostanze tossiche nelle falde acquifere è molto alto.
La discarica selvaggia è molto diffusa. Il metodo più sicuro per distruggere i rifiuti è
l’incenerimento ad alta temperatura però porta alla produzione di numerosi sottoprodotti, tra cui la
diossina di cui si conoscono gli effetti nocivi sull’uomo. Solo gli inceneritori di ultima generazione
vanno rivalutati.
Lo sviluppo di una politica sulla gestione dei rifiuti si basa sul riciclaggio che richiede la raccolta
differenziata. Un altro modo per contenere i rifiuti soldi urbani è rappresentato dallo spreco e della
reintroduzione dell’abitudine del riutilizzo.
Ogni anno in agricoltura vengono utilizzate sostanze chimiche nuove, tra cui pesticidi che vengono
dilavati dall’acqua piovana e finiscono nelle falde acquifere. Tra i più pericolosi è la diossina,
diventata famosa in Italia nel 1976 a seguito di un incidente avvenuto nell’industria farmaceutica
(Seveso).
I terreni agricoli sono minacciati da desertificazione, erosione eolica e idrica, degrado dei pascoli,
salinazione dei terreni irrigati. Con desertificazione si intende un processo innescato dalle attività
umane, che porta pressoché alla totale scomparsa dell’originaria vegetazione naturale e al
progressivo inaridimento del suolo in zone climatiche marginali alle aree deserte. Le cause della
desertificazione sono la progressiva distruzione dei cespugli e dei pochi alberi che circondano i
deserti, spesso dovuta alla ricerca di legname da ardere per la cottura di cibi e all’eccessivo
sfruttamento di pascoli e alla pressione delle attività agricole. L’utilizzo delle tecniche di
irrigazione ha consentito la trasformazione di molte regioni agricole. Ma le regioni aride incorrono
nel rischio della salinazione dei suoli, dovuta all’evaporazione dell’umidità s
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