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RISERVE DEI TRATTATI

Lo Stato che intenda divenire parte ad un trattato multilaterale, ma che tuttavia reputi che alcune

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delle sue clausole siano troppo onerose, può formulare delle riserve. Secondo l’art. 2, lettera d,

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della Convenzione di Vienna (CVDT) del 1969, definisce la riserva come una dichiarazione

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unilaterale, quale che sia la sua articolazione o denominazione, fatta da uno Stato quando

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sottoscrive, ratifica, accetta o approva un trattato o vi aderisce e attraverso la quale esso mira ad

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escludere o modificare l’effetto giuridico di alcune disposizioni del trattato nella loro applicazione

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allo Stato medesimo.

Le riserve possono essere di due tipologie: 55

• ECCETTUATIVE: lo Stato tende a escludere l’applicazione nei propri confronti di talune

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clausole del trattato

• MODIFICATIVE: lo Stato intende modificare nei propri confronti l’effetto giuridico di alcune

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norme del trattato, precisano l’esatto significato che esso vuole attribuire a tali norme.

Le riserve, se ammissibili, modificano la disciplina giuridica contenuta nel testo del trattato nei

rapporti reciproci tra lo Stato che ha effettuato la riserva e tutti gli altri Stati contraenti. Oltretutto,

le due tipologie di riserve non vanno confuse con le dichiarazioni interpretative, che invece

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servono a precisare il contenuto delle disposizioni del trattato; anche se, spesso, si tratta di riserve

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mascherate.

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Nel diritto tradizionale le riserve, per essere ammissibili, dovevano essere accettate da tutti i

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contraenti, in ossequio al principio dell’integrità dei trattati. Quindi, le riserve dovevano essere

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formulate al momento della negoziazione del trattato, oppure al momento della stipulazione, ma

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solo a condizione che il trattato contemplasse espressamente la possibilità di apporre riserve.

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Se le riserve non erano accettate, oppure sei il trattato non contemplava la possibilità di

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formulare riserve, lo Stato che intendeva escludere, o modificare nei propri confronti gli effetti

giuridici di determinate clausole, non aveva scelta che rinunciare a divenire parte del trattato. Tale

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disciplina, non facilitava la più ampia partecipazione ai trattati multilaterali e, di fatto, attribuiva

agli Stati che partecipavano ai negoziati una sorta di diritto di veto, giacché essi, rifiutando

determinate riserve, potevano impedire allo Stato che le aveva formulate di divenire parte

contraente.

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L’emergere di nuovi attori appartenenti ad aree politiche, economiche e culturali differenti da

quelle degli Stati di matrice occidentale, infatti, rendeva molto più difficile una vasta partecipazione

a trattati multilaterali a vocazione universale. Così, gradualmente, il principio dell’integrità dei

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trattati ha quindi ceduto il passo a quello della flessibilità dei trattati, di marco maggiormente

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liberale.

Secondo questo principio, accolto dalla CIG nel parere del 1951 su Riserve alla Convenzione sul

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genocidio, l’assenza di una norma che autorizza le riserve in una convenzione multilaterale non

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implica l’inammissibilità delle riserve. Si tratta di un principio volto a promuovere l’universalità,

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ossia la più ampia accettazione del trattato. Attraverso tale principio:

• Le riserve sono ammissibili in assenza di disposizione contraria

• -

Le riserve sono ammissibili se sono compatibili con l’oggetto e lo scopo del trattato

• -

Il trattato non entra in vigore tra lo Stato che ha apposto la riserva e quelli che obbiettano

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alla medesima

• -

Il trattato entra in vigore con le modifiche volute dalla riserva tra lo Stato che l’ha formulata

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e tutti gli altri Stati contraenti che l’hanno accettata.

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Una volta formulata la riserva, gli Stati hanno 4 scelte:

1. Lo Stato che la formula deve notificarla alle altre parti contraenti, le quali hanno a

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disposizione 12 mesi di tempo per formulare un’eventuale obiezione. Dopo tale periodo, se

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nessuno Stato fa nulla, la riserva si intende accettata

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2. Accettare la riserva

3. Obiettare la riserva nel momento della sua entrata in vigore tra sé e lo Stato che l’ha

formulata, attraverso un’obiezione semplice

4. Obiettare all’entrata in vigore della riserva e del trattato tra sé e lo Stato che l’ha formulata,

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tramite un’obiezione rafforzata.

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La disciplina sull’ammissibilità delle riserve è stata messa in discussione in relazione ai trattati

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multilaterali di protezione dei diriĖ umani, sotto l’impulso degli organi di garanzia di quei trattati.

La Corte Europea dei diritti umani (cfr. sentenze casi Belilos, Weber e Loizidou) e il Comitato sui

diritti umani delle Nazioni Unite hanno affermato che, quando uno Stato formula una riserva

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ritenuta inammissibile:

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• Lo Stato che l’ha formulata entra comunque a far parte del trattato, senza beneficiare della

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riserva

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• La riserva è invalida

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Per quanto riguarda l’ordinamento italiano, le riserve, tendenzialmente, vengono formulate

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dall’Esecutivo; oltretutto, ai sensi dell’art. 80 della Costituzione, l’autorizzazione alla ratifica da

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parte del Parlamento copre tutto il contenuto di un determinato trattato, incluse le riserve.

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Teoricamente, il Parlamento potrebbe esso stesso formulare riserve nella legge di autorizzazione

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alla ratifica, anche se nella pratica ciò non è mai successo.

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Tuttavia, qualora il governo non tenesse conto della riserva formulata dal Parlamento, troverebbe

applicazione, per la disposizione del trattato investita dalla riserva parlamentare, l’art. 46 della

Convenzione di Vienna, che riguarda la nullità dei trattati per violazione

RISPETTO DEI TRATTATI

Una volta che il trattato entra in vigore, esso deve essere adempiuto in buona fede dalle parti

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contraenti. Questa norma di solito è espressa con il brocardo pacta sunt servanda, ed è codificata

dall’art. 26 della Convenzione di Vienna del 1969, secondo il quale ogni trattato in vigore vincola le

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parti, e va adempiuto in buona fede. Mentre, l’art.27 evidenzia l’irrilevanza del diritto interno in

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caso di adempimento del trattato internazionale. Tale regola ha una valenza più generale: uno

Stato, infatti, non può invocare il proprio diritto interno per giustificare l’inadempimento di

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qualsiasi obbligo internazionale, quale che sia la specifica natura dell’obbligo.

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Occorre rilevare che, in assenza di una diversa intenzione delle parti ricavabile dal trattato o in altro

modo, un trattato vincola ciascuna delle parti rispetto al suo territorio (art. 29 della CVDT) e

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impone obblighi solo relativamente agli atti o fatti successivi alla data dell’entrata in vigore del

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trattato (art. 28 della CVDT).

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Si pone però il problema di capire se il trattato può essere vincolante anche per gli Stati terzi che

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non hanno ratificato il trattato. Normalmente, i trattati creano diritti e obblighi solo nei confronti

degli Stati che hanno aderito al trattato; perciò, non esistono conseguenze per gli Stati terzi ( Pacta

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tertiis nec nocent nec prosunt). Sia nel diritto internazionale, sia nella disciplina che si è venuta

gradualmente a formare in epoca più recente, e che risulta codificata nella CVDT del 1969, si

prevede che i terzi Stati possano assumere obblighi internazionali o esercitare diritti previsti in un

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trattato cui non sono parte contraente solo se essi manifestino una specifica volontà in tal senso.

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Per quanto riguarda l’esercizio di diriĖ soggeĖvi , la Convenzione di Vienna prevede che il

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consenso del terzo Stato si presume fintanto che non vi sia un’indicazione contraria e sempre che il

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trattato non disponga diversamente. Nel caso, invece, dell’assunzione di obblighi, il consenso del

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terzo Stato deve risultare in forma scritta. Ciò, in sostanza, significa che solo quando il terzo Stato

=

stipula con le parti contraenti uno specifico accordo, il trattato può conferire diritti o obblighi in

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Stato

capo a questo

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INTERPRETAZIONE DEI TRATTATI

L’interpretazione consiste in un’attività intellettuale che tende a chiarire il senso e la portata di una

norma giuridica ai fini della sua applicazione. Tenendo in considerazione i soggetti che procedono

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all’interpretazione, si possono distinguere vari tipi di interpretazione:

• Unilaterale fatta unilateralmente da uno Stato (es. attraverso dichiarazioni

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interpretative). Non vincolante per le parti. Utile per capire come le parti intendono la

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portata del trattato.

• ColleĖva fatta da tutti gli Stati contraenti, attraverso una dichiarazione congiunta o una

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risoluzione al momento dell’adozione. Ha valore di interpretazione autentica, ed è

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vincolante solo per le parti in accordo.

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• ColleĖva fatta da un organo previsto dal trattato (ad esempio, gli UN Treaty Bodies,

=

stipulati dalla Convenzione dei Diritti Umani)

• Giudiziale i trattati istitutivi delle organizzazioni internazionali contengono talora delle

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norme che dettano regole specifiche in materia di interpretazione:

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o In alcuni casi affidano a un organo la competenza a interpretare il trattato istitutivo

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(come nel caso delle CIG)

o In altri sono gli Stati membri che interpretano il trattato istitutivo

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Nella CVDT ci sono tre articoli dedicati alle regole di interpretazione dei trattati: gli artt. 31, 32 e 33.

Regola generale e articolo 31

La regola generale d’interpretazione dei trattati, enunciata all’art. 31, afferma che un trattato

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1 2

dev’essere interpretato in buona fede , seguendo il senso ordinario da attribuire ai termini del

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trattato nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo . In sostanza:

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1. Questa regola dà preminenza al metodo testuale o oggeĖvo, in virtù del quale occorre

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ricercare la volontà delle parti al trattato, secondo il senso ordinario da attribuire ai termini

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del trattato.

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2. L’interpretazione, però, deve tener conto del contesto del trattato (interpretazione

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sistematica), ove il contesto è costituito dal preambolo, dagli allegati e da tutti gli accordi

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relativi al trattato.

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3. Oltretutto, l’interpretazione, secondo il criterio dell’effetto utile, deve avvenire alla luce

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dell’oggetto e dello scopo del trattato (interpretazione teleologica).

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
164 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/13 Diritto internazionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ele.onoraaaa di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Mainetti Vittorio.