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M M
out
lnpN lnpN µpxqdx ln µpxqdx
q ´ q “ ´ ùñ “´
out 0 N
0
0 0
Il parametro N fisicamente indica il numero di fotoni emessi dalla sor-
0
gente, mentre N fisicamente indica il numero di fotoni rilevati dal de-
out
tector. L’ultima relazione ci dice che se facciamo il logaritmo naturale del
rapporto tra numero di fotoni rilevati e numero di fotoni emessi, otteniamo
un’informazione riguardo ad una proprietà caratteristica del mezzo. Fino ad
ora abbiamo considerato un mezzo disomogeneo lungo x e omogeneo lungo
l’altra direzione; per un mezzo disomogeneo lungo entrambe le direzioni, ab-
biamo ancora un’integrazione monodimensionale, stavolta lungo un generico
raggio: ˆ ˙ ż
N
out µpx, yqdγ
ln “ ´
N
0 γ ˆ ˙
ż N
out
µpx, yqdγ “ ´ln N
0
γ 55
Quest’ultima relazione ricorda quello che nelle prime lezioni abbiamo definito
come proiezione P per cui, questa la possiamo ottenere come il logaritmo
ptq,
θ
(cambiato di segno) del rapporto tra numero di fotoni rilevati e numero di
fotoni emessi; la nuova relazione tiene conto di entrambi i fenomeni. Espan-
diamo il logaritmo utilizzando la funzione esponenziale (ovvero risolviamo
rispetto al logaritmo):
x x
ˆ ˙ ˆ ˙
ż ż
N M M
out exp µpxqdx N N exp µpxqdx
“ ´ ùñ “ ´
out 0
N
0 0 0
In questa relazione ho assunto che i fotoni avessero un’unica frequenza,
ovvero che le sorgenti fossero monocromatiche (emettono fotoni ad una sola
frequenza). In verità, le sorgenti non sono mai monocromatiche, emettono
fotoni a frequenze diverse, per cui una relazione di questo tipo, nel caso più
realistico, sarebbe: x ˙
ˆ
ż ż M µpxqdx dE
N N
“ pEqexp ´
out 0 0
L’integrazione la facciamo sull’energia, poiché legata attraverso la costante
di Planck h alla frequenza f . Con questa relazione, facciamo un’integrazione
che indica un processo di media di tutte le frequenze in gioco. La strada più
giusta sarebbe filtrare solo i fotoni ad una determinata frequenza di interesse;
questo però introduce il problema che il segnale ricevuto è più tenue e, di con-
seguenza, più sensibile al rumore (SNR si abbassa). Abbiamo considerato un
possibile setup per la tomografia per raggi molto semplice, ovvero dove i raggi
si muovono parallelamente tra di loro. Per misurare proiezioni ad angolazioni
diverse, abbiamo detto che spostiamo concretamente il sistema di sorgenti
e detettori. Dal pdv pratico, esistono sistemi più efficienti nell’acquisizione
dei dati poiché, con questo sistema, i tempi di acquisizione risultano molto
lunghi. Tra questi sistemi, ci sono quelli che utilizzano sorgenti che emettono
i fotoni su fasci a ventaglio o a cono (fan-beam e cone-beam). Questo migliora
i tempi di acquisizione, ma il processing dei dati risulta molto più complesso.
Abbiamo visto sistemi dove sorgenti e detector sono esterni all’oggetto, ma
c’è la possibilità di eseguire tomografie dove le sorgenti si trovano all’interno
dell’oggetto (sostanze radioattive che vengono ingerite e fungono da sorgenti
all’interno del corpo). 56
5 Introduzione ai Problemi Inversi
5.1 L12-Parte 2
Innanzitutto che si intende per problema inverso e problema diretto? Fac-
ciamo un esempio: a teoria dei segnali abbiamo studiato i sistemi lineari e
tempo invarianti (LTI); abbiamo un ingresso xptq, un’uscita yptq e la risposta
impulsiva hptq (ovvero la risposta yptq quando in ingresso abbiamo una δptq).
Se l’ingresso impulsivo lo ritardo di t̂, anche l’uscita ritarda della stessa
quantità. Se conosco l’ingresso e conosco il sistema hptq, voglio determinare
l’uscita (tipico esercizio di TDS). Questo è quello che si intende per prob-
lema diretto, ovvero quando si assegnano (sono note) le cause (ingresso) e
si vuole conoscere l’effetto (uscita). Il problema diretto consiste nel deter-
minare gli effetti date le cause. Tornando alla tomografia, le sorgenti possono
essere le cause, il numero di fotoni rilevati dai detector può essere l’effetto
e l’oggetto irradiato può essere il sistema. Più precisamente, come causa si
considera l’oggetto, come sistema l’intero sistema tomografico e come effetto
la misura del numero di fotoni diminuito rispetto al numero di fotoni emessi.
Quando scrivo la proiezione, sto risolvendo il problema diretto, poiché as-
sumo di conoscere l’oggetto (causa) e voglio conoscere l’effetto (proiezione).
Il problema inverso è l’inverso del problema diretto; nel caso dei sistemi
LTI il problema inverso consiste nel determinare le cause (ingresso) noto
l’effetto e il sistema (uscita e risposta impulsiva). Dal pdv tomografico, note
le proiezioni e noto il setup di misura (angoli, posizione sorgenti, posizione
detector)(sistema) dobbiamo determinare l’oggetto. Noi studieremo i prob-
lemi inversi lineari. I problemi inversi (lineari e non-lineari) per molto tempo
sono stati considerati inutili da risolvere, poiché, in quasi tutti i casi, questi
problemi sono problemi mal posti: se il problema risulta mal posto è inutile
risolverlo (definizione). Immaginiamo che il nostro problema sia descritto da
una relazione operatoriale di questo tipo g Apf dove g e f sono fun-
“ q,
zioni e A è un operatore. In generale, un problema inverso lo modellizziamo
in questo modo: c’è una funzione f , che può descrivere delle proprietà di
un oggetto; la funzione g rappresenta i dati (nella tomografia coincide con
le proiezioni P ); la A è l’operatore (lineare o non-lineare) che lega le due
θ
funzioni. Vogliamo determinare f , noto g e noto A (problema inverso). Per
problema mal posto (inverso) si intende un problema che non rispetta anche
solo una delle seguenti condizioni o, analogamente, un problema ben posto
si intende un problema che rispetta tutte le seguenti condizioni:
57
• Per ogni g (qualsiasi esso sia) deve esistere una soluzione f .
• La soluzione f deve essere unica.
• La soluzione dipende in maniera continua dai dati (f dipende in maniera
continua da g).
Se anche una sola di queste condizioni non è verificata, il problema si definisce
mal posto. I problemi mal posti, in realtà, si possono trasformare in ben posti
accettando qualche trade-off. Vediamo meglio queste condizioni. La prima è
ragionevole? Sı̀, qualsiasi sia il dato deve esistere una soluzione; dobbiamo es-
sere in grado di trovare una soluzione per qualsiasi dato misurato. La seconda
condizione dice che la soluzione deve esistere e deve anche essere unica; anche
questa è ragionevole. Anche la terza è ragionevole, ma capiamola meglio. La
continuità concettualmente è assegnata all’operatore A; se ho una funzione
discontinua, in genere mi aspetto che, se mi sposto a cavallo del punto di
discontinuità, la funzione cambia parecchio. Come esiste la continuità delle
funzioni, esiste la continuità degli operatori. Nel nostro caso richiediamo
proprio che l’operatore sia continuo, ovvero, richiediamo che se cambia di
poco f , cambierà di poco g (smuovo un poco f , g cambia di poco). La terza
condizione, in realtà, richiede una continuità dell’operatore inverso. Immag-
´1
iniamo che l’inverso esista, per cui f A stiamo dicendo che se vario
“ pgq,
di poco g, deve variare di poco f . Ogni misura che facciamo, sovrapponiamo
al dato ideale del rumore. Vogliamo, quindi, che il sistema sia caratterizzato
da una certa stabilità. Vedremo come si trasformano i problemi mal posti
in problemi ben posti. Vediamo con un esempio come queste 3 condizioni
possono essere violate. Immaginiamo di avere un legame semplice e lineare
tra f e g, ovvero assumiamo che g sia una funzione di un’unica variabile
(spaziale, ma non per forza), anche f , e assumiamo A come un operatore
integrale di questo tipo: `8
ż 1 1 1
gpxq kpx, x
“ qf px qdx
´8
dove k è il nucleo dell’operatore integrale generico. L’operatore diventa spazio
invariante nel momento in cui non dipende più separatamente dalle due vari-
abili spaziali, bensı̀ dipende dalla differenza tra le due variabili. Per sem-
plicità consideriamo la spazio invarianza, in modo da poter fare la trasfor-
mata di Fourier. `8
ż 1 1 1
kpx x
gpxq ´ qf px qdx
“ ´8 58
Trasformando ambo i membri otteniamo la seguente relazione. La trasfor-
mata la indichiamo con il cappello e w è la variabile coniugata di x.
ˆ
ĝpwq k̂pwq f
“ pwq
Immaginiamo che k̂pwq sia una funzione
a banda rigorosamente limitata tra e B.
´B
Stiamo facendo un sistema che filtra tutto
ciò che si trova al di fuori di questa banda.
Vediamo se questo problema rispetta le con-
dizioni di problema ben posto. Pensiamo,
ˆ
per ricavare f , di farne il reciproco: ĝpwq
ˆ
f pwq “ k̂pwq
Immaginiamo che il rumore non esista. All’interno della banda questa re-
lazione vale, poiché k̂ 0. Fuori banda abbiamo un rapporto 0 su 0, ap-
‰
parentemente è una forma indeterminata, ma se immaginiamo che la k̂ va
ˆ
asintoticamente a 0, anche la f e la ĝ vanno a 0 asintoticamente. La ĝ va più
velocemente a 0 delle altre due, ha in sé l’andamento asintotico composto
di entrambi. Questo implica che il rapporto va a 0 (ĝ va più veloce a 0),
posso, quindi, ottenere un rapporto che è a quadrato sommabile (che implica
l’antitrasformabilità), ovvero se rispetta la condizione
2
ˇ
ˇˇ
`8
ż ĝpwq ˇ dw
ˇ
ˇ ă `8
ˇ
ˇ k̂pwq
´8 ˇ
ˇ
Posso inventare qualche trucchetto in modo che la funzione sia anti-
trasformabile. Il problema nasce nel momento in cui usciamo dall’ipotesi
in cui non c’è rumore, poiché abbiamo ĝ ĝ ŵ, per cui
“ `
0
ĝ ŵpwq
pwq
0
ˆ
f pwq “ `
k̂pwq k̂pwq
Il termine ĝ posso fare in modo che sia uno 0 di ordine maggiore rispetto
pwq
0
a k̂pwq; il termine di rumore non lo posso controllare, per cui quando k̂pwq
va a 0 fuori banda, non sappiamo se il rumore va più lento di k̂. Se va con
la stessa velocità, il secondo termine assumerà un andamento costante che
59
determina una funzione che non è antitrasformabile. Se il denominatore va
a 0 più velocemente, il secondo termine esplode, va a infinito; da ciò con-
segue che non vale più la condizione di quadrato sommabile, non può essere
antitrasformabile, quindi, non esiste una soluzione al problema (la prima
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