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DUTTILITÀ STRUTTURALE
Dalla sezione si vuole passare ad affrontare la duttilità per un elemento strutturale, ad esempio nel caso di
duttilità della colonna,
una colonna, se ad essa si applica una forza orizzontale si vuole valutare la che è
proprio l’elemento a cui si è più interessati anche dal punto di vista sismico.
Per poter arrivare a definire questa duttilità intanto si dovranno chiarire le dimensioni che si utilizzeranno,
infatti non si userà più il diagramma momento-curvatura, ma si dovranno utilizzare le dimensioni delle forze
diagramma forza-spostamento
e degli spostamenti, quindi il consente di individuare la duttilità in termini di
spostamento del sistema. Per arrivare a questa ci si deve ricordare che l’elemento è realizzato da infinite
sezioni e per ognuna di queste si deve conoscere il diagramma momento-curvatura; soltanto in questo modo
è possibile passare da ciò che fa la singola sezione a quello che fanno un insieme infinito di sezioni, ovvero
l’elemento strutturale.
Lo schema a cui si fa riferimento è soltanto quello di una mensola incastrata alla base e con una forza
orizzontale applicata in sommità, per questo caso si vogliono fare le considerazioni di cui si è appena parlato.
Si tratta di uno schema molto semplice, poiché in questo elemento si conosce
molto bene lo sviluppo del diagramma del momento, che ha un andamento
triangolare ed è nullo dove si applica la forza, mentre è massimo alla base con
un intensità pari alla forza per la distanza (FH); mentre il diagramma del taglio
presenta un andamento uniforme e pari alla forza F.
Se a partire dal caso di una colonna snella e quindi molto alta (come quella in
figura 1) si passa al caso 2, nel quale si ha la medesima forza ma la mensola
(colonna) è alta la metà; si può notare che alla base il momento massimo è la
metà mentre il taglio è sempre lo stesso.
Quindi confrontando queste due situazioni la banale osservazione è che
comunque il rapporto tra il taglio e il momento cambia, visto che nella colonna
snella si ha un forte momento e un certo taglio mentre nella colonna più bassa
e tozza è il taglio che domina, perché è rimasto sempre lo stesso mentre il
momento si è dimezzato. Se le due colonne hanno anche la medesima sezione
trasversale le tensioni di taglio τ saranno uguali, mentre le tensioni normali σ
saranno una il doppio dell’altra, in particolare le σ del caso 1 sono il doppio delle
σ del caso 2 perché il momento raddoppia. 91
Quindi il quadro fessurativo e lo stato di danno che ci si può aspettare aumentando il valore della forza in
maniera significativa è che nella colonna del caso 1 il quadro fessurativo sia dominato dalla flessione e per
cui ci si possono aspettare delle fessure sub-orizzontali o che comunque partono orizzontali alla base dove il
momento è forte e che man mano tendono ad inclinarsi dove il momento cala, cioè dove il taglio diventa
dominante. Viceversa, nel caso 2 le fessure già dall’inizio si inclinano rapidamente e rimangono tali perché è
sempre il taglio ad essere dominante. I due elementi andranno in crisi
secondo meccanismi differenti;
l’elemento più snello per flessione
mentre l’elemento più tozzo per
taglio.
I due meccanismi di crisi non sono
equivalenti, la crisi per flessione è
DUTTILE mentre quella per taglio è
FRAGILE. Per cui anche la forma e la
geometria degli elementi è utile per
evitare le crisi fragili favorendo
invece quelle duttili.
Per cui adesso si vuole andare a vedere come si comporta l’elemento quando è soggetto a questa forza
orizzontale, nello specifico si parte da un livello di forza applicata molto basso. Se si applica una forza di
intensità modesta in sommità si avrà un diagramma del momento con un andamento triangolare (linea blu)
e un corrispondente diagramma delle curvature triangolare anch’esso; sono entrambi triangolari perché c’è
proporzionalità tra momento e curvatura poiché tutto funziona elasticamente.
Se si aumenta la forza e lo si continua a fare finché si raggiunge il momento di snervamento My alla base
della colonna, si raggiunge per la prima volta il momento di snervamento; corrispondentemente si
raggiungerà anche la curvatura di snervamento nel diagramma delle curvature perché c’è proporzionalità tra
i due diagrammi.
Questo sarebbe il limite elastico e siccome non ci si vuole fermare ma piuttosto si vuole andare avanti, da
questo scenario occorre scegliere con attenzione quale diagramma momento-
curvatura si vuole usare, perché se si fa uso di questo primo diagramma per
descrivere la sezione, che è elastico e perfettamente plastico (bilineare), anche
aumentando la forza con cui si spinge non si riesce ad aumentare
ulteriormente in alcun modo il momento alla base, che rimane sempre uguale
a My, perché l’andamento considerato è perfettamente plastico. 92
My
Quindi una volta che alla base è stato raggiunto il diagramma del momento non può più cambiare, ma se
il diagramma del momento non può cambiare nemmeno la forza non può cambiare; quello che può succedere
è che si può continuare a spostare la sommità della colonna imponendo spostamenti crescenti. Lo si può fare
perché alla base si sta facendo aumentare la curvatura, per cui il diagramma delle curvature oltre il limite
elastico si forma un andamento simile a quello tratteggiato, cioè il diagramma delle curvature rimane uguale
dappertutto perché è tutto elastico, tranne che alla base, poiché la sezione alla base si sta plasticizzando
sempre di più fino a che raggiunge la curvatura ultima e a quel punto si verifica la crisi e la colonna cede.
Quindi introducendo un comportamento elastico perfettamente plastico, volendo spingere in campo non
lineare la colonna si osserva che questa arriva alla crisi avendo plasticizzato una sola sezione, quella alla base.
Però nel tempo sono state fatte tante prove, da cui è risultato che questa cosa non è vera, perché quando si
spinge con una forza orizzontale su una colonna portandola alla crisi non si plasticizza una sola sezione ma si
plasticizza una porzione finita della colonna, situata nel settore basso a partire dall’incastro.
Con il diagramma elasto-plastico questa cosa non può essere giustificata,
allora si deve capire che questo è un diagramma troppo semplificato, per cui
si dovrà passare a considerare il diagramma dotato anche di incrudimento:
prima si ha il ramo elastico iniziale ma poi il ramo elastico è incrudente;
questo significa che aumentando la curvatura il momento cresce, per cui in
My Mu
questo caso e non coincidono.
Per cui se si ripete lo stesso ragionamento di primo con questo nuovo legame, una volta raggiunto lo
snervamento per la prima volta se si continua ad accrescere la forza il momento può crescere anche se non
My Mu,
tantissimo; quindi se la forza cresce, alla base da ci si sposta verso quindi l’intero diagramma del
momento si amplifica di intensità pur rimanendo sempre lineare (dalla curva blu si passa alla rossa).
Mu
A questo punto alla base è stato raggiunto il momento ultimo e quindi anche la crisi, perché a Mu
corrisponde anche la curvatura ultima.
Analizzando come prima cosa il diagramma del momento alla crisi, come già detto all’incastro si ha il
Mu
momento ultimo e andando verso l’alto il momento cala fino ad un certo punto, in corrispondenza del
My.
quale si avrà un momento pari a
Da tale punto in su la colonna è ancora elastica, per cui in questa parte il diagramma delle curvature è ancora
lineare e proporzionale a quello dei momenti; ma da tale punto in giù il momento è crescente linearmente
ed è più grande del limite elastico, quindi nel diagramma momento-curvatura si sta ragionando all’interno
del campo plastico che è caratterizzato da una piccola inclinazione, per cui basta una piccola variazione di
momento per ottenere una grande variazione di curvatura, secondo un regime che non è lineare.
Infatti, l’andamento della curvatura prima era lineare ma da questo punto in giù cresce in maniera più che
lineare perché a piccole variazioni di momento corrispondono grandi variazioni di curvatura, finché alla base
Mu.
non si avrà la curvatura ultima in corrispondenza del momento ultimo
Quando si introduce un legame momento-curvatura che ha il ramo plastico incrudente si scopre che nel
pilastro alla crisi esiste una porzione finita di colonna che è plasticizzata (non una sezione) e questo combacia
con quanto si può vedere effettivamente sperimentalmente. Quindi per descrivere in maniera compiuta la
realtà si deve cercare di usare diagrammi di questo genere, mettendo in campo l’incrudimento nella
dimensione momento-curvatura; perché la perfetta plasticizzazione non è in grado di giustificare la presenza
di una zona finita plasticizzata alla crisi.
Il diagramma momento-curvatura con il ramo plastico incrudente è però troppo complicato tecnicamente da
usare per cui lo si vuole semplificare. L’andamento della curvatura può essere semplificato mantenendo una
prima parte lineare ed elastica e poi nella parte inferiore si vuole concentrare tutta la non linearità
trasformando l’andamento curvilineo nell’area campita nella figura successiva: 93
Si può distinguere una prima
zona elastico lineare che
arriva fino ad un certo
punto, ma da tale punto in
poi si ha un incremento
plastico e improvviso di
curvatura finché non si
arriva alla curvatura ultima,
nuovamente con una
pendenza parallela a quella
dell’andamento della
pendenza elastica.
Con questa semplificazione
invece che prendere tutta la
variazione vera della
curvatura, la si semplifica
pensando che sia elastica e
poi aumenti improvvisamente formando una discontinuità (salto) ad una certa altezza.
lunghezza della cerniera plastica;
lp,
Questa altezza può essere chiamata che è la con questa semplificazione
si sta introducendo un concetto fondamentale: tutte le plasticizzazioni alla base della colonna si concentrano
in una zona ridotta che prende il nome di cerniera plastica. Non è esattamente vero ma è molto più comodo
cerniera plastica
ragionare in questo modo; tale zona prende il nome di perché la “cerniera” è un qualcosa
che ruota ma non trasmette momento, se la cerniera è plastica significa che in questa