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CAP. 10.2: GLI ALLEATI ITALICI IN GUERRA
All’inizio del I secolo a.C. si avviò una soluzione volta a risolvere il problema
giuridico degli alleati italici, tra cui l’equiparazione giuridica con i cittadini
romani. “Guerra degli Alleati”
In questo caso Roma finì con un conflitto chiamato durato
tra il 91 e l’89 a.C.
Questi ultimi facevano pressioni da decenni sul proprio riconoscimento della
cittadinanza romana oltre che chiedere la fine delle discriminazioni.
I ceti dirigenti miravano a ciò per ambire all’elettorato passivo e attivo. I ceti
subalterni invece ambivano a ciò per godere dei benefici di cui godeva la plebe
urbana.
Nel tempo molti italici entrarono a Roma e fecero uso dei benefici cittadini
fingendosi tali. Ovviamente ciò comportò a tante espulsioni e all'istituzione di
un tribunale speciale per ciò, anche se in più occasioni i magistrati avevano
l’inclinazione a dare l’equiparazione civica per tutti. Vi furono molte
→
opposizioni dalla parte dirigente e plebea per motivi politici ed economici.
91 a.C. Marco Livio Druso
Dopo i vari tentativi dei Gracco, poi di Flacco, nel
concedere la cittadinanza agli Italici,
(tribuno della plebe) aveva l’intenzione
ma questo suscitò una brutta reazione da parte del ceto dei cavalieri e
senatoriale. Venne poi subito assassinato dal suo oppositore Lucio Marcio
Filippo, facendo scoppiare una guerra tra gli alleati e Roma, anche se non tutte
le comunità aderirono.
rivolta contro Roma
La si diffuse rapidamente prendendo buona parte della
penisola, dalla Gallia Cisalpina alla Puglia mentre alcune colonie latine si
allearono con Roma.
Gli alleati crearono un loro stato su una base politica della repubblica romana
con capitale Corfinio, coniando moneta, il proprio senato, ecc.
Roma impiegò enormi risorse per combatterli (Generali come Mario, Silla) in
quanto erano familiari con le strategie romane militari, vincendo ma non
eccessivamente.
90 a.C. Legge Giulia
Viene promulgata la per il riconoscimento della
● →
cittadinanza a tutti i Latini e Italici che non si erano ribellati.
89 a.C. Fine della guerra. Vengono promulgate 3 leggi: Calpurnia, Plauzia
● →
Papiria e Pompeia. Tutte che aumentano i confini della cittadinanza di Latini e
Italici.
Alla fine nell’89 a.C. tutta la penisola e le colonie latine della Cisalpina avevano
il diritto romano, assumendo la veste giuridica di colonie romane o municipi.
L’aumento improvviso di cittadini minò l’influenza dei rapporti clientelari dei
comizi, facendo poi emanare un provvedimento (durò 10 anni) che attestava la
divisione dei nuovi cittadini in solo 10 tribù. Ciò fu fatto per dar tempo
all’aristocrazia di creare nuove clientele.
84 a.C. Cinna ottiene l’approvazione a introdurre i nuovi cittadini nelle 35
● →
tribù originali, ponendo fine alla marginalizzazione politica dei nuovi cittadini.
CAP. 10.3: LE GUERRE SERVILI
Se gli Italici raggiunsero i propri obiettivi, ciò non si verificò per gli schiavi (a
causa della manodopera servile, che pur aveva creato tensioni), che
rappresentavano un altro grosso problema della tarda repubblica romana.
Isola di Delo base per i mercanti, anche e soprattutto di schiavi.
Schiavi soprattutto in Sicilia, granaio di Roma (quindi serviva molta
manodopera) molti fuggivano e si davano al banditismo creano un
problema
Ciò non è nuovo, tra il 135 e il 71 a.C. esplosero numerose guerre servili, tre
delle quali imposero un grosso peso militare per Roma.
Prima Guerra Servile
135 - 132 a.C. La scoppiò in Sicilia da parte di schiavi-
● →
pastori sotto il comando di Euno, un indovino siriaco che si proclamò re. Vinsero
anche alcune battaglie e presero alcune città. Alla fine, con l’intervento del
Console Publio Rupilio, la rivolta venne bloccata con l’uccisione dei capi dei
rivoltosi. Seconda Guerra Servile
104 - 101 a.C. La scoppiò di nuovo in Sicilia (mix
● →
eterogeneo di persone, non sol chiavi-pastori, ma anche proletari, gente
fuggita da Roma, ecc.). Allora si discuteva dell’emancipazione promessa agli
schiavi che avevano militato nell’esercito di Mario e quelli rapiti dai pirati. Il
senato in verità aveva anche concesso loro le libertà ma i proprietari si
rifiutarono e quindi gli schiavi insorsero. La rivolta venne bloccata dal Console
Manio. Terza Guerra Servile
74 - 71 a.C. La scoppiò in Italia. I ribelli erano della
● →
scuola gladiatoria Spartaco
di Capua ed erano capeggiati da e Crisso. I ribelli
(120.000) erano anche uomini liberi marginalizzati e simili e, dopo le razzie tra
Campania e Lucania, si spostarono a nord nella speranza di ritornare nelle loro
terre natie. Non ci riuscirono perché Roma mandò dei generali molto capaci e
nel 71 a.C. anche questa guerra viene conclusa con Roma vincitrice.
Ritornarono poi a sud dove Spartaco strinse degli accordi con dei pirati per
traghettare lui e il suo esercito in Sicilia, però questi ultimi non rispettarono i
patti. Allora i ribelli andarono in Puglia, forzando il blocco di Licinio Crasso.
Alla fine lo scontro decisivo si combatté in Lucania dove Spartaco morì. I
superstiti furono poi crocifissi lungo la Via Appia tra Capua e Roma per ordine di
Crasso. non fecero abolire la schiavitù
Queste guerre ma diedero ai proprietari terrieri
una visione più emancipata dello schiavo, oltre a dare una visione
antieconomica dello sfruttamento.
Sfruttamento spietato = fattore antieconomico
CAP. 10.4: L’AMMINISTRAZIONE DELLE PROVINCE
Tra il II e il I secolo a.C. la classe dirigente romana iniziò a operare per
regolamentare meglio l’amministrazione delle province, da anni assoggettate
alla discrezione e saccheggio dei governatori. Ciò comportò una ribellione da
parte delle comunità extra italiche, che inviarono delegazioni per far valere i
loro diritti lesi. Legge Calpurnia
Per risolvere il problema il senato, tramite la del 149 a.C., creò
un tribunale speciale per giudicare i governatori inquisiti per il reato di
concussione. Ci furono tre fattori che resero questo tribunale molto efficace e
anche molto dibattuto: la possibilità ai provinciali di presentare in proprio la
denuncia, l’entità delle pene e la composizione della giuria.
I problemi erano molteplici: in primis i provinciali non potevano rincorrere in
proprio ma dovevano presentare le proprie istanze attraverso i Patroni, spesso
del rango degli imputati. In caso di condanna dell’imputato, la pena era solo il
risarcimento.
Queste circostanze assicuravano l’impunità e l’incoraggiamento degli abusi di
potere. Legge Acilia,
123 a.C. Approvazione della promossa da Glabrione (corrente
● →
politica di Gaio Gracco), modificando la normativa in tema di concussione. La
legge cambiava la composizione della giuria dal rango senatorio a quello dei
cavalieri.
La legge diede anche il potere ai provinciali di poter inviare le proprie istanze
senza la mediazione dei Patroni e cambiò il sistema di punizione: la pena
avrebbe previsto un pagamento alla provincia di una cifra doppia rispetto a
quanto estorto.
La legge però mise i governatori in ostaggio dei cavalieri. Durante la dittatura
di Silla la giuria ritornò alla sua composizione senatoria.
70 a.C. Avviene l’approvazione della Legge Aurelia Giudiziaria che stabilì
● →
una composizione a tre della giuria, divisa tra senatori, cavalieri e tribuni erari.
46 a.C. Giulio Cesare revisionò nuovamente la questione, emanando la
● →
Legge Giulia sulla Concussione, rimuovendo i tribuni erari e creando una metà
tra senatori e cavalieri. La legge impose il quadruplo delle somme sottratte
oltre che l’espulsione dal senato.
Tramite Cesare, figura più eminente dei popolari, i popolari si fecero carico di
porre rimedio allo sfruttamento dei provinciali. Una risposta iniziale allo
sfruttamento furono le rivolte provinciali come quelle in Asia. Cesare, durante il
suo governo, però sperimentò alcuni provvedimenti in favore dell’Asia.
CAP. 11.1: LE RINNOVATE MODALITA’ DELLA POLITICA
Tra la fine del II e I secolo a.C. emerse la gravità della inadeguatezza delle
istituzioni repubblicane, non più capaci di sostenere le esigenze gestionali dello
Stato. Tra le comuni violazioni delle regolamentazioni e il soffocante organo
burocratico, in pochi decenni, ci fu una grande mobilità sociale: il ceto
senatorio ed equestre subirono enormi ridimensionamenti per colpa delle
continue guerre.
Sia Silla che i triumviri ricorsero alle proscrizioni, eliminando tantissimi
avversari politici, togliendo loro le proprietà e praticamente radiandoli dai
ranghi senatori ed equestri. Al contrario della contrazione dirigente, sia Silla
che Cesare ampliarono il senato da 600 e poi 900.
Tramite la diminuzione della classe dirigente le élite italiche poterono farsi
strada nella carriera politica. Ciò grazie alla loro integrazione in tanti settori,
come militari, economici e clientelari.
Si applicano dei cambiamenti sul cursus perché in troppi violano il percorso,
quindi occorre ribadire tutti gli aspetti fondamentali che vincolano le violazioni
istituzionali
CAP. 11.1.1: LE VIOLAZIONI ISTITUZIONALI
Tramite questo periodo di inadeguatezza delle istituzioni repubblicane, non
consolato
mancarono le violazioni. Ad esempio il venne conferito ad uno stesso
individuo senza soluzione di continuità senza rispettare l’intervallo previsto e,
in altre occasioni, la carica venne data solo ad un solo individuo.
Un altro esempio è il fatto che furono stretti accordi extra istituzionali: come i
triumvirati del 60 e del 43 a.C. oppure il fatto che un governatore potesse
delegare la propria amministrazione ad un sottoposto rimanendo a Roma.
dittatura
Infine, la venne utilizzata in una forma che tradiva il suo compito,
acquisendo caratteristiche molto diverse: fu auto conferita e solo poi
legalizzata dai comizi, fu motivata dalle esigenze della guerra civile (non è una
minaccia esterna) e spesso durava più dei sei mesi previsti.
CAP. 11.1.2: L’AFFERMARSI DI GRANDI PERSONALITA’
Le violazioni istituzionali furono comunque accettate dal popolo in conseguenza
della trasformazione dell’ideologia romana. La visione era comunque che il
popolo sovrano
fosse e che il potere venisse indirizzato tramite le magistrature,
il senato e le assemblee, quindi il potere era esercitato dalla collettività e non
dal singolo.
Invece la tarda repubblica fu gestita prin