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NAZIONALISMO, PANAFRICANISMO E NEGRITUDINE
Introduciamo 3 concetti e tre movimenti che sono fondamentali per comprendere il
processo di colonizzazione dell’africa: il nazionalismo, il panafricanismo e
negritudine (movimenti che si sviluppano al di fuori del continente africano).
Quali sono le caratteristiche della resistenza politica? Sono associazioni politiche
(veri e propri partiti politici) che si sviluppano nelle aree di più antico insediamento
degli europei in Africa (Sud-Africa, dove gli europei sono già presenti a partire dal
1650).
Gli europei arrivano anche insieme ai missionari (che nella loro opera di
evangelizzazione, si occupano anche di istruzione).
Questi africani istruiti cominciano ad opporsi al colonialismo e attraverso la scrittura,
attraverso la pubblicazione di articoli sui giornali chiedono una riforma del
colonialismo.
Usano quindi gli stessi strumenti che usano i partiti politici europei come mezzi di
resistenza (in particolare la stampa). Pubblicano articoli che chiedono un
cambiamento del colonialismo a favore degli africani (ovvero un maggiore
coinvolgimento degli africani, una distribuzione delle ricchezze nei contesti coloniali).
Perché queste persone istruite non chiedono la fine del colonialismo? Perché nelle
lezioni fanno propria l’idea della colonizzazione, viene insegnato quanto è importante
il processo di civilizzazione degli africani. Gli africani quindi interiorizzano l’idea che il
colonialismo è buono per gli africani, perché porta alla civiltà e alla scrittura. Quindi
non contestano l’esistenza del colonialismo.
Nel frattempo cominciano a svilupparsi dei movimenti molto più radicali in
opposizione al colonialismo europeo, sviluppano un movimento che prende il nome
di Panafricanismo.
Cos’è il panafricanismo? È un movimento politico che si fonda su un’idea ben
precisa, l’idea secondo la quale le persone di discendenza africana hanno una storia
comune che deriva da un’origine comune (il continente africano), ma anche da una
storia comune di sofferenza (quella determinata dalla schiavitù).
Questo fa sì che questa storia comune determini un destino comune di lotta
condivisa e che ha prodotto la nascita di un’unità transculturale che va al di là dei
confini coloniali e continentali. E’ un’unità che è storica, politica e culturale e che si
fonda sul colore della pelle e sull’origine comune (che è quella africana).
Il panafricanismo è un movimento che si sviluppa in 2 fasi principali:
— dominata da idealismo, tra gli africani della diaspora (1900-1945);
— lotta politica, dominata dagli africani del continente;
Partiamo dalla prima fase:
Questi Africani guardano verso un cambiamento della realtà coloniale. Edward
Blyden scrive un saggio “Africa for the Africans” nel quale sostiene che per
raggiungere la libertà degli africani dal razzismo era fare in modo che gli Africani
potessero tornare nel continente africano. C’è un po’ un’idealizzazione dell’idea di
africa. Che cosa accomuna gli schiavi? Un’origine africana, il colore della pelle e una
sofferenza che deriva dalla schiavitù. In questo processo viene a formarsi un’identità
ben precisa e prende come punto di riferimento ben preciso l’Africa. E’ il ritorno di
un’africa idealizzata.
Marcus Garvey si fa promotore di un movimento “back to Africa”. A differenza di
Blyden, lui prova a sviluppare dei progetti di implementazione delle idee di
panafricanismo, attraverso un concetto che è quella dell’autosufficienza. Dobbiamo
costruire un sistema economico che promuova il benessere di promozione di
discendenza nera. Diceva che gli africani dovevano aiutarsi acquistando le merci
prodotte dagli Africani. L’idea è quella di promuovere la collaborazione tra le due
sponde dell’Atlantico, quindi l’indipendenza delle persone nere dai bianchi e dal
dominio dei bianchi.
Fonda poi un’associazione “universal negro impoverente” volta a migliorare le
condizioni dei neri (delle Americhe e del continente africano). Voleva creare in
Etiopia e in Liberia delle comunità, dei villaggi nel quale trasferire gli schiavi del
continente africano (progetto che alla fine non verrà messo in pratica).
Farà nascere una rivista “the negro world” in cui promuove l’idea della necessità di
lottare contro il razzismo e contro il colonialismo europeo.
Questa rivista circola anche nel continente africano e comincia ad essere letto da
quelle élite africane istruite. Quindi a diffondere delle idee più radicali rispetto a
quelle che gli studenti africani potevano ricevere nelle scuole missionarie.
Du Bois fa un discorso che è rimasto nella storia nel quale sostiene che il problema
del secolo XX sarebbe stato un problema della linea del colore che separava i neri.
La differenza di diritti sulla base del colore della pelle, sarebbe stato uno dei
problemi fondamentali del secolo XX. Questi congressi si svolgono tutti al di fuori
delle Americhe e al di fuori del continente africano.
Il primo congresso che prende il nome di “congresso panafricano” si tiene a Parigi
nel 1919. Du Bois (e altri del movimento panafricansita) chiedono di tenere un
congresso panafricanista. Questa richiesta viene concessa a condizione che Du
Bois e gli altri non critichino apertamente il colonialismo.
Panafricanismo che si sviluppa al di fuori del continente, ma che comincia anche ad
avere delle ripercussioni nel continente. La più evidente delle quali è il congresso
nazionale dell’africa occidentale britannica. Questo congresso chiede ai governi
coloniali riforme amministrative e sociali (maggiore partecipazione politica degli
Africani alla gestione delle colonie), un miglioramento dell’accesso all’istruzione e
infine dichiarano che c’è una resistenza politica, c’è un’iniziale diffusione dell’idea di
panafricanismo, c’è una richiesta di riforma del colonialismo, ma che il colonialismo
in quanto tale non viene messo in discussione, perché c’è questa interiorizzazione,
questa assimilazione dell’idea che il colonialismo era qualcosa di nuovo.
Quindi dove, come e perché si sviluppa un movimento di resistenza più radicale? Si
sviluppa al di fuori del continente africano.
Anche loro sono studenti che interiorizzano l’idea della bontà della civilizzazione e
con quest’idea arrivano nelle università europee. E’ però nelle università europee
che arrivano in contatto con il panafricanismo. Gli studenti delle colonie formano
delle associazioni nelle quali discutono il colonialismo, il razzismo e creano dei
legami che vanno al di là dei confini delle singole colonie. Diventano quindi promotori
di idee socialiste.
E’ qui che questi studenti africani cominciano a sviluppare l’idea del nazionalismo
come strumento di lotta perché vedono i partiti europei che costruiscono un piano di
azione politica all’interno dei confini di una nazione.
L’idea che lo strumento di liberazione delle colonie era quello di fare opposizione ai
governi coloniali. Ma costruendo un’idea di liberazione che era un’idea di liberazione
dalla costa doro (significava trasformare le colonie in stati-nazioni indipendenti).
La creazione di nazioni indipendenti dalle colonie viene visto come l’unico esito
possibile della lotta coloniale. E’ qui che nasce il nazionalismo e l’idea di nazione
come spazio.
L’antropologo Kenyatta introduce un concetto importante: imitazione. Cosa fanno
questi intellettuali per contestare il colonialismo? Imitano i colonizzatori e usano
questa imitazione come strumento di destabilizzazione dell’ordine coloniale.
E’ questo modello di contestazione che funziona, non la resistenza armata: è un tipo
di resistenza che è molto più difficile da reprimere perché si diffonde con un
messaggio anti-coloniale. E’ un messaggio di lotta politica che va ad innestarsi su
quella sofferenza, insoddisfazione che il colonialismo aveva creato in Africa. Quindi il
messaggio politico che si diffonde viene accolto, risuona tra le popolazioni delle
colonie e quindi crea quella congiuntura tra colonizzazione e messaggio politico
coloniale.
La negritudine: è un movimento che, a differenza del panafricanismo che si
sviluppa sopratutto nel mondo anglofono, questo si sviluppa invece dagli studenti
provenienti dal mondo coloniale francese e si ritrovano a Parigi negli anni 30.
Cosa Studiano questi studenti africani che fanno nelle università europee? Studiano
materie umanistiche, ed è proprio nell’ambito di questo umanesimo che nasce la
negritudine. E’ la risposta che questi studenti si danno alle domande: “chi sono io?”. I
fondatori del movimento sono A. Césaire, Senghor e Damas e che nel 1984, per
rispondere a questa domanda fondano una rivista: “lo studente nero”.
Cos’è la negritudine? È il riconoscimento di una identità e specificità culturale del
mondo nero. Una risposta alla filosofia coloniale e alla filosofia politica della Francia
che era quella della similazione. I francesi colonizzano l’Africa con un’idea,
un’impostazione ben precisa, ovvero che l’unica cultura possibile era quella
francese. Quegli africani che riuscivano ad assimilarsi alla cultura francese,
acquisivano lo stato di “evoluto”.
Avevano addirittura diritto di voto al parlamento francese. E’ in risposta a questa
assimilazione che questi studenti vollero dimostrare che le culture dei colonizzati
sono culture degne, al pari di quelle francesi e usano la cultura della poesia come
strumento di resistenza politica.
10/04—LEZIONE 8
Con i sistemi coloniali non abbiamo ancora affrontato il tema dell’amministrazione
politica che si collega a quello dell’assimilazione, ossia la filosofia politica della
Francia (l’idea che la superiorità della cultura francese consentisse ai francesi di
considerare le culture dei colonizzati da sostituire e da qui l’idea che i colonizzati,
attraverso l’assimilazione culturale, sarebbero potuti diventare dei veri e propri
cittadini francesi).
Viene così introdotta la categoria degli évolués, ossia colonizzati africani che
attraversano questo processo di assimilazione e che, attraverso l’istruzione,
diventano dei cittadini francesi (concedere, dunque, anche il diritto di voto).
Gli évolués di fatto erano molto pochi, quindi pochi erano coloro che riuscivano a
fare questo processo di evoluzione; questi si contrapponevano agli oreginiers che,
invece,