vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
LE OPERE
La produzione di Kierkegaard è sostanziosa. Tra le opere più importanti:
1. Il concetto di ironia
2. Aut Aut
3. Timore e tremore
4. Il concetto di angoscia
5. Gli stadi del cammino della vita
L’ANGOSCIA ESISTENZIALE DEL SINGOLO
Ciò che costituisce il segno caratteristico dell'opera di Kierkegaard è l'aver
cercato di ridurre la sua esistenza alla categoria della possibilità e di
averne messo in luce il carattere negativo e paralizzante, infatti,
secondo Kierkegaard ogni possibilità oltre che “possibilità che si” è anche
e sempre “possibilità che non” quindi, la possibilità implica la nullità di ciò
che è possibile. Kierkegaard vive e scrive sempre sotto il segno di questa
minaccia: i rapporti con la famiglia, l'impegno di fidanzamento, la sua
stessa attività di scrittore, gli appaiono carichi di alternative terribili, che
finiscono con il paralizzarlo.
In Kierkegaard è sempre presente il concetto di angoscia, di chi sente in
sé le possibilità annientatrici che ogni alternativa dell’esistenza comporta,
quindi, per ognuna di queste, egli si sente paralizzato. Kierkegaard stesso
parlava dell'impossibilità di ridurre la sua vita ad un compito ben preciso,
di scegliere tra le alternative opposte e di attuarsi in un'unica possibilità .
La filosofia hegeliana gli si presenta come l'antitesi della sua filosofia:
Hegel parlava dell'essere astratto, Kierkegaard parla dell'essere reale,
ovvero del singolo e alla riflessione oggettiva propria della filosofia di
Hegel, il filosofo contrappone la riflessione soggettiva connessa appunto
con l'esistenza.
Un tema centrale del pensiero di Kiekegaard è costituito dalla categoria
del singolo,posta al centro di una filosofia dell’esistenza. Se Hegel aveva
concepito l’essere indeterminato a fondamento dell’idealismo,Kiekegaard
concettualizzava il tema dell’esistenza del singolo al centro della
realtà:sicchè considera l’uomo non come pura soggettività
concettuale,bensì come singolo che vive nel mondo con gli altri in una
realtà odiosamente vera;ogni individuo vive e soffre in un mondo
reale,pieno di sofferenze, di cui bisogna indagare le cause, con la
consapevolezza che taluni eventi derivano da cause noti ed altri eventi
derivano da cause sconosciute. Il più delle volte l’uomo soffre per cause
dai contorni chiari e definiti, ma il male, che più affligge l’esistenza di ogni
singolo uomo, consiste nell’angoscia che dipende dal fatto stesso di vivere
nel mondo. L’uomo a differenza degli altri esseri viventi,pur essendo certo
della propria esistenza ,rimane all’oscur di ciò che sta alle poprie spalle e
di ciò che l’attende dopo la morte.
È merito di Kierkegaard aver compreso quanto dura fosse la vita del
singolo e di aver compreso il dramma, il dissidio di cui è intessuta la vita
umana. Per salvare l'uomo dalla tragedia finale, egli cerca rifugio nella
trascendenza: la vita è un labirinto di cui l'uomo cerca la via d'uscita.
Solo nella fede e nell'abbandono di sé stesso a Dio, egli trova la salvezza e
la verità. Egli può raggiungere questa meta richiamandosi non alla
ragione, ma alla propria interiorità, perché la verità secondo Kierkegaard
risiede nella soggettività, si riferisce agli uomini, cioè agli individui
singoli così “Guardali correre da un piacere all'altro”.
STADI DEL CAMMINO DELLA VITA
Nell'opera “Stadi del cammino della vita”, Kierkegaard ha costruito le
sfere dell'esistenza umana: quella della dissipazione giovanile, quella del
tentativo di entrare nel mondo e di costruirsi una vita familiare, ed infine
quella del totale impegno per l'esperienza religiosa. Queste tre sfere di
esistenza vengono chiamate:
ESTETICA; lo stadio estetico è quello relativo al piacere a cui l'uomo non
può resistere perché passa incessantemente da un piacere all'altro, da un
desiderio all'altro, alla ricerca di nuove e piacevoli esperienze. Secondo
Kierkegaard, l’esistenza ci pone davanti ad un continuo aut aut, quindi ci
impone di scegliere. Però i termini della scelta non sono conciliabili con la
vita estetica, perché ogni scelta implica l'esclusione del non scelto, cioè
ogni scelta esclude l’altra. La scelta impoverisce, per questo è limitazione
generando angoscia. Dunque, in Kierkegaard, la scelta genera angoscia
perché non si può capire se la scelta fatta sia quella giusta. L'esteta fugge
dall'angoscia dell'esistenza, perché nella sua vita c’è posto solo per la
spensieratezza e quindi nega qualunque scelta che significhi esclusione.
L’esteta non vuole escludere nulla dalla sua vita, quindi si rifiuta di
sottostare all'aut aut della vita e di conseguenza, si rifiuta di scegliere.
L’esteta considera il mondo come uno spettacolo da godere, dando libero
corso alle sue tendenze e alle sue fantasie e non cerca nulla di serio nella
vita. Desidera vivere momento per momento, vuole una libertà assoluta,
senza freni e senza limitazioni, per questo è contro ogni condizione che
pone limiti alla sua libertà, rifiuta ogni mestiere ed ogni professione che
possa servire l'uomo e possa privarlo della libertà.
Quindi, lo stadio estetico è la forma di vita di chi vive l'attimo fuggevole e
irripetibile. L'esteta è colui che vive poeticamente, è dotato di un senso
finissimo per trovare nella vita ciò che viene di interessante. La vita
estetica esclude la ripetizione, che implica sempre monotonia. Questo
stadio è rappresentato in Giovanni, il protagonista del libro “Diario di un
seduttore”, che sa porre il suo godimento non nella ricerca sfrenata e
indiscriminata del piacere ma nell’intensità dell'appagamento. Ma la vita
estetica rivela la sua insufficienza e la sua miseria nella noia. Chi vive
esteticamente è disperato, la disperazione è l'ansia di una vita diversa che
si prospetta come un'altra alternativa possibile ma per raggiungere questa
bisogna attaccarsi alla disperazione, scegliere e darsi ad essa con tutto
l'impegno, per rompere l’involucro e arrivare al secondo stadio.
ETICA; la vita etica nasce con la scelta: questa vita implica una stabilità e
una continuità che la vita estetica, come incessante ricerca della libertà,
esclude. L'elemento estetico è quello per il quale l'uomo è
immediatamente ciò che è, l'elemento etico è quello per il quale
l'uomo diviene ciò che diviene. Nella vita etica, l’uomo come singolo si
adegua all'universale e rinuncia ad essere l'eccezione. La vita etica è
rappresentata dal marito: il matrimonio è l'espressione tipica dell’eticità.
Secondo Kierkegaard, è un compito che può essere proprio di tutti, inoltre,
la persona che vive del suo lavoro con piacere, il quale la mette in
relazione con altre persone, adempiendo al suo compito, arriva a tutto ciò
che può desiderare nel mondo. La caratteristica della vita etica è la
scelta che l'uomo fa di sé stesso, per la quale egli non può rinunciare
a nessuno dei suoi aspetti, neanche a quelli più dolorosi e crudeli che
questa vita gli offre. Ritrovandosi in questi aspetti, l'uomo si pente di aver
scelto la via etica. Il pentimento è la conclusione della vita etica.
- Tra lo stadio etico e quello successivo non vi è continuità. Si tratta di un
aspetto chiarito nell’opera “Timore e tremore”
RELIGIOSA; la vita religiosa è raffigurata da Abramo che visse fino ai suoi
70 anni nel rispetto della legge morale. Egli ricevette da Dio l'ordine di
uccidere il figlio Isacco e quindi di infrangere la morale. In Abramo, il
dissidio è totale tra il principio religioso (l'ubbidienza a Dio) e il principio
morale (l'amore per il figlio). Abramo, che ha fede, sceglie di ubbidire a
Dio e per questo viene salvato proprio nel momento di maggiore angoscia:
in questo rapporto privato tra il singolo e Dio, la fede implica un elemento
di incertezza e di rischio, ma è proprio l'urgenza angosciosa di questa
domanda che certifica la fede. La fede è paradosso e scandalo e Cristo è il
segno di ciò, poiché soffre e muore come uomo mentre parla ed agisce
come Dio. L'uomo è posto di fronte ad un bivio: “credere o non credere”.
Da un lato è lui che deve scegliere, dall'altro lato, ogni sua iniziativa è
esclusa perché Dio è tutto e da lui deriva anche la fede.
IL CONCETTO DI ANGOSCIA E LA MALATTIA MORTALE
L’impossibilità di decidere, il dubbio e l’angoscia sono le caratteristiche
dell'esistenza e nello stesso tempo anche fattori essenziali del
cristianesimo. Kierkegaard affronta la situazione di radicale incertezza in
cui l'uomo si trova a vivere per natura in due opere: “Il concetto di
angoscia” e “La malattia mortale”. Nella prima opera questa situazione è
chiarita nei confronti del rapporto dell’uomo col mondo, mentre nella
seconda questa situazione di angoscia è chiarita nei confronti del rapporto
che l'uomo ha con sé stesso. L'angoscia nell'uomo è il timore del nulla ed
è proprio l'infinità di possibilità che genera angoscia. A differenza del
timore e di altri stati analoghi, che sono determinati da qualcosa di
specifico, l'angoscia non si riferisce a nulla di preciso. L'angoscia è
strettamente legata alla condizione umana “se l'uomo fosse Angelo o
bestia non conoscerebbe l'angoscia”. Nella sua opera “Il concetto di
angoscia”, questo argomento viene trattato. Per Kierkegaard, anche la
parola più terribile pronunciata da Cristo esprime angoscia ed è la parola
che egli rivolge a Giuda quando gli dice “ciò che tu fai affrettalo”. Un’altra
espressione è “mio Dio perché mi hai abbandonato”, che aveva
impressionato Lutero, implica la sofferenza per ciò che accadeva ma solo
nella prima si rivela l'umanità di Cristo, perché l'umanità implica angoscia
(l'angoscia per ciò che poteva accadere). Dunque, la disperazione e
l’angoscia sono strettamente legate ma non identiche. Entrambe sono
fondate sulla struttura problematica dell'esistenza:
-Angoscia; inerente alla