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LEZIONE 2 CON LA PROFESSORESSA LORENA NAVARRO
Si hanno poche ricerche sull’impatto di queste organizzazioni carcerarie sulla recidiva.
Alcuni studi si sono occupati sulla recidiva che passano dal carcere di Bollate in Italia.
Questi luoghi tendono a privilegiare le persone che dimostrino capacità di
adattamento al sistema, sono persone che hanno mostrato migliore capacità di
adattamento e quindi gli è stata data una migliore prognosi. Si tratta di mondi
differenti rispetto a chi rimane nelle altre carceri. Ha senso interrogarsi se altre carceri
hanno un impatto migliore in termini di recidiva? Vuol dire allora che se non avessero
un buon impatto in termini di recidiva non ha senso creare luoghi aperti? Se la
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giustificazione di luoghi correzionali è il fatto che tali luoghi hanno un buon impatto in
termini di recidiva allora vale anche il contrario, ossia se non hanno un buon impatto
in termini di recidiva non hanno ragione d’essere. Un’eccessiva enfasi sul
correzionalismo può distogliere l’attenzione sull’aspetto della dignità umana che
invece è centrale.
Argentina, Santa Fe – il caso dei “padiglioni evangelici”
Le provincie di Buenos Aires e Santa Fe negli ultimi decenni hanno dimostrato una
crescita dei padiglioni evangelici basati sulla religione. Grazie all’intervento
evangelizzatore si crea una generazione dell’ordine particolare che riesce a contenere
la violenza in carcere. La diffusione di questi padiglioni è stata guidata da un lato
dall’espansione della religione evangelica e dall’altro il contesto stesso delle prigioni.
L’espansione della religione evangelica si nota grazie all’incremento dei credenti.
L’evangelismo ha cominciato a partecipare alla vita pubblica e politica del paese. Allo
stesso tempo l’interesse evangelizzatore ha movimentato alcuni leader a visitare le
carceri per prestare assistenza ai carcerati. Nelle carceri argentine si è registrato un
ampio aumento della popolazione carceraria. Del numero totale di queste persone il
44.4% era in attesa di un processo per essere condannato o assolto. Nella provincia di
Santa Fe la popolazione in eccesso è del 21,9%. La metà delle persone detenute a
Santa Fe sono giovani tra i 18 e 30 anni. Questi due processi non si sono tradotti
automaticamente nella partecipazione nei padiglioni evangelici. Questi ultimi sono il
risultato di vari negoziati. A Buenos Aires il pastore che ha creato il primo padiglione
aveva iniziato a entrare nel carcere inizialmente solo una volta a settimana. Durante
una rivolta, il pastore voleva fare da mediatore ma gli fu negata la possibilità. Per
questa ragione si iscrive alla scuola penitenziaria per diventare agente e quando inizia
a lavorare come tale cerca di creare il primo padiglione. Nel 2001 forma il suo primo
padiglione e nelle provincie si accelera l’espansione di questi padiglioni. I detenuti dei
padiglioni evangelici sono quelli che hanno fatto in modo che la violenza non si
intensificasse. I padiglioni evangelici si sono poi espansi nella provincia di Santa Fe.
Il padiglione evangelico è uno spazio del carcere maschile in cui si instaura una
gerarchia e delle regole. Questo spazio ha forti autonomie rispetto all’autorità e alle
guardie carceraria anche se comunque vi sono dei limiti. Vi è una gerarchia al cui
vertice c’è un soggetto estraneo dal padiglione ma riconosciuto come autorità di tutti i
padiglioni evangelici del carcere. Questa figura è il pastore esterno e stabilisce le
regole con le quali i padiglioni devono essere governati. Interviene a che nelle
decisioni sul mantenimento dell’ordine nei padiglioni. Il denaro riscosso dal pastore
non è utilizzato nella manutenzione del padiglione. Nel livello più basso si ha il
pastore interno, nominato dal pastore esterno. Come requisito è necessario aver
avuto una carriera religiosa e aver attraversato le più basse esperienze di questa
carriera. Devono anche avere un certo rispetto nel mondo carcerario, devono
conoscere i codici e le pratiche carcerarie. Il pastore interno specifica le regole dei
padiglioni e stabilisce i compiti dei detenuti con le relative sanzioni per le persone che
violano le regole. Il pastore interno NON usa la violenza fisica ma altri tipi di
coercizione. Ci sono alcune regole che si allontano da quelle formalmente prescritte
come il rispetto alle autorità religiose. Queste norme vogliono costruire un luogo in cui
non ci siano conflitti tra le persone appartenenti. In secondo luogo un altro obiettivo è
quello di promuovere la conversione religiosa, cioè l’abbandonamento di una vita
criminale. Il pastore interno realizza le attività religiose dei padiglioni ma organizza
anche le attività legate al funzionamento quotidiano dello spazio. Più in basso nella
gerarchia vi sono i lideres e i colaboradores. Vi sono poi i detenuti che sono ospitati
nel padiglione evangelico ma che non fanno parte di questo gruppo evangelico.
Queste persone devono rispettare le regole del padiglione. Vi sono tutta una serie di
controlli volti a evitare la violazione di regole e conflitti prima che accadano. Il pastore
interno decide chi può vivere e chi no all’interno del padiglione. Si tiene conto del fatto
che la persona non abbia problemi con altre persone già all’interno del padiglione. I
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pastori possono anche decidere chi deve lasciare il padiglione (cattivo comportamento
o problemi con altre persone all’interno del padiglione). C’è una costante sorveglianza
dai membri evangelici. Le autorità giudiziarie non possono entrare nei padiglioni se
non quando ci sia un conflitto o la necessità di effettuare perquisizioni. C’è una
strategia preventiva legata alla distribuzione di compensi informali che cerca di
guidare il comportamento degli appartenenti al padiglione (es. ricompense materiali
riscontrabili nelle migliori condizioni di vita). Il padiglione ha un regime aperto e quindi
durante il giorno i detenuti possono restare fuori dalle calle ma all’interno del
padiglione. I più alti funzionari della Chiesa sono autorizzati a lasciare il padiglione per
andare in Chiesa o incontrare il padiglione esterno, visitare i detenuti in isolamento
ecc. C’è poi la ricompensa di vivere in carcere. C’è anche la probabilità di una
ricompensa pensale perché vivere in un padiglione evangelico serve a tenere un buon
comportamento. Ci sono alcune strategie di controllo relative che vengono attivate
quando le regole vengono trasgredite e sono simili a quelle usate dall’autorità
carcerarie come l’isolamento o il trasferimento ad un altro padiglione. Le autorità e le
guardie carcerarie non sono attivamente coinvolte nella decisione di queste sanzioni
anche se in alcuni casi è necessaria la loro collaborazione. Di fronte a violazioni più
gravi delle regole, la pensa di isolamento può essere applicata e la durata dello stesso
è decisa dal pastore interno. 21/04/2022
Panico morale (o moral panic)
L’ultimo caso di provvedimento di indulto (causa di estinzione della pena) in Italia è
stato nel 2006. L’ultima amnistia (causa di estinzione del reato) invece è degli anni
’90. Un articolo comparso nel quotidiano italiano raffigura una mole di persone che
escono di galera e tornano a commettere reati. Il rischio di un provvedimento di
clemenza è che tali provvedimenti nella dogmatica penalistica violano il principio di
certezza della pena in quanto a un certo punto la pena comminata viene bloccata e le
persone smettono di scontare la pena. Beccaria, a tal proposito, diceva che i
provvedimenti di clemenza incidono sulla funzione deterrente della pena. Ci si chiede
se l’applicazione di un provvedimento di clemenza stava davvero avendo questo tipo
di effetto. Si voleva verificare se realmente incidere sulla certezza della pena ha un
impatto in termini di recidiva. In quei mesi si stava verificando il fatto che l’impatto del
provvedimento in termini di recidiva era altrettanto che negativo: la recidiva dei
beneficiari dell’indulto era molto bassa. Questo poneva un altro punto: se da un lato
l’analisi della recidiva del provvedimento di indulto mostrava tassi di recidiva
mediamente bassi, perché la rappresentazione sociale del fenomeno era radicalmente
diversa? L’interruzione della sanzione contrariamente a quanto suggerito da Beccaria
mostrava un impatto radicalmente opposto. L’interesse in questo caso era il seguente:
se i numeri dicevano ciò perché un articolo di un quotidiano nell’ottobre di quell’anno
dava un’immagine radicalmente diversa rispetto a quella che risultava? Il gioco del
populismo penale ha spesso dei protagonisti, ci sono alcuni soggetti che sulla
creazione della paura ne hanno quasi fatto una professione. Qui però non si tratta
proprio di quel caso. Questo articolo si trovava sulla prima pagina della Stampa di
Torino e si trattava di un trafiletto della stampa che in quegli anni veniva letto dalla
maggior parte delle persone (tale trafiletto veniva chiamato “buongiorno” e chi
scriveva quel buongiorno era considerato una persona autorevole). L’articolo in
questione è stato scritto da Massimo … Ci si chiede La cosa interessante del
buongiorno è il fatto che l’autore dell’articolo non mette in discussione la veridicità di
ciò che c’era scritto. L’autore era convinto di ciò che aveva scritto perché come molti
altri condivideva l’idea che l’indulto avesse quell’impatto. Si credeva che l’indulto
avesse prodotto un impatto devastante in termini di sicurezza. Si trattava di una
convinzione secondo cui i beneficiari del provvedimento fossero immediatamente
tornati a commettere reati e mettessero in pericolo la vita dei cittadini. Come si è
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creata questa convinzione diffusa riguardo l’impatto negativo dell’indulto in termini di
recidiva e di sicurezza? La ricerca è partita da alcuni concetti propri della sociologia
generale e della sociologia del controllo sociale. il primo concetto è quello di realtà
come costruzione sociale. Questo concetto si deve a Berger e Luckman, due sociologi
americani. Questo concetto muove dall’idea che la realtà non è qualcosa di oggettivo,
la realtà è frutto di interpretazioni. Noi nel confrontarci con il mondo mettiamo in atto
forme di interpretazione della realtà che dipendono da diversi fattori (cultura,
posizione di chi osserva, esperienza ecc.). Gli stessi fatti sociali possono avere diverse
interpretazioni sulla base dello sguardo di colui che le osserva. L’interpretazione delle
situazioni è figlia di esperienze, di conoscenze del ond