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(DISCOL);
4. disoccupazione parziale o temporanea: CIG ordinaria (transitoria)
o straordinaria (aziende in crisi, ristrutturazioni);
Sistema complesso, particolaristico, molte difformità (settori, dimensioni
imprese; fra lavoratori anziani e giovani) 31
Le Politiche attive in Italia
:
1. incentivi assunzione, auto-impiego, mantenimento, stabilizzazione
Occupazione
2. formazione professionale (Regioni)
3. inserimento particolari categorie (donne, giovani, immigrati)
4. contratti causa mista (apprendistato, formazione lavoro)
Competenza:
● Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL):
coordinamento della rete dei servizi per il lavoro (strutture
regionali delle politiche attive del lavoro, Inps, Agenzie per il
lavoro, Fondi interprofessionali, scuole e università);
● Centri per l’impiego (Province): bacini min. 100.000 ab.)
Principali interventi di politica del lavoro in Italia
FINO AL 1970
Passive:
● assicurazione obbligatoria (1919); inizialmente limitata lavoratori
industria
● 1945: CIG; nelle intenzioni transitoria, ma da anni ’70
ammortizzatore sociale e strumento di politica industriale; anni ’90
tentativo di riportarla al carattere temporaneo, ma in realtà nuova
estensione
● 1949: sussidio straordinario (alcune zone)
Attive:
● 1949: monopolio pubblico collocamento (prima Camere del Lavoro)
● ’50-’60: introduzione apprendistato (14-20 anni); contratto tempo
determinato
● ’60: estensione categorie protette e aumento prestazioni (es. CIG
straordinaria)
● ‘scala mobile’; revisione metà anni ’70 (inflazione); 32
● 1969: abolizione ‘gabbie salariali’
DAL 1970
● 1970: Statuto diritti lavoratori: libertà individuali, libertà sindacali,
tutela posto, formazione, salute, tutela giurisdizionale (art. 18:
licenziamenti), figli dello ‘Autunno caldo’
● Anni ’70: crisi economica, aumento disoccupazione
● Clima politico di collaborazione PCI-DC: innovazione legislativa:
● 1977: occupazione giovanile (incentivi, formazione); riconversione
industriale;
● 1978: formazione professionale
● fine anni ’70 modello italiano: disparità fra settori e categorie (es.
CIG), assenza tutela persone 1a occupazione, sperequazioni
insiders/outsiders (es. procedure avviamento al lavoro), indennità
sotto media europea
DAL 1980
● Problemi disoccupazione in tutta Europa più acuti in Italia
● Vertenza FIAT 1980
● Mutamento posizioni parte Sindacati (CISL, UIL)
● 1984: occupazione (contratti solidarietà, formazione e lavoro, part
time), maggiore flessibilità procedure assunzioni
Metà anni ’80:
● crescita economia, ma anche disoccupazione (specie giovani e
donne);
● leggi imprenditoria giovanile Sud (incentivi) e riorganizzazione
mercato lavoro (parziale liberalizzazione collocamento; Agenzie
per l’impiego regionali);
● aumento indennità connesse salario
ANNI 1990
● Metà anni ’90: nuovo aumento disoccupazione (12%), calo tasso di
occupazione (-5%)
● 1992: Crisi sistema politico italiano (Tangentopoli, fine Guerra
Fredda, Trattato di Maastricht)
● 1992-93 (Amato e Ciampi): concertazione su politica dei redditi,
inflazione e costo lavoro (misure sottrattive!), 2 livelli contrattuali
non ripetitivi, distinti per materia , Obbiettivo contenere
retribuzioni entro tetto programmato inflazione
● Anni ’90: norme a favore occupazione: aumento indennità,
formazione, incentivi all’assunzione, patti territoriali (negoziali);
● Influenza Strategia europea per l’occupazione (SEO; dal 1994); 4
principi: occupabilità, imprenditorialità, adattabilità, opportunità
uomo/donna. Obbiettivi quantitativi e meccanismi di
monitoraggio
● Anni ’90: inizio riforme del modello italiano: contenimento
dinamiche salariali; flessibilizzazione Legge TREU (1997); fine
monopolio pubblico collocamento; promozione occupazione 33
ANNI 2000
Eventi - 1999: moneta unica; 2000: parametri comunitari UE su
occupazione e formazione per il 2010 (Obiettivi di Lisbona) per es. tasso
di occupazione al 70%; 2005: procedura di infrazione del Patto di
stabilità contro l’Italia; 2008: crisi economica mondiale.
● Legge Biagi 2003: flessibilizzazione in entrata (nuovi tipi contratti;
occupazione vs. precarizzazione e tutela insufficiente ),
liberalizzazione servizi impiego
● Riforme su occupabilità (formazione, flessibilità, nuove tipologie
contrattuali);
● Opposizione sindacati su revisione art. 18
● Politiche proattive: nel processo di decentramento dei servizi per
l’impiego, la riforma del Titolo V della Costituzione assegna la
materia delle politiche attive del lavoro e degli SPI alla
competenza concorrente di stato e regioni.
ANNI 2010/1
Eventi – 2008-2014: onda lunga della crisi economica mondiale, crescita
disoccupazione; 2011: governo tecnico Monti; 2016: governo Renzi.
1. Riforma Fornero (2012):
parziale modifica art.18, stretta sui contratti a termine;
Introduzione di ASPI e Mini-ASPI per ampliare la gamma dei
potenziali beneficiari;
Riorganizzazione e razionalizzazione delle misure di sostegno al
reddito
Politiche proattive: introduzione di contratti di lavoro con
contenuti formativi (apprendistato)
2. Jobs Act (2014):
Promozione contratto a tutele crescenti (tempo indeterminato);
liberalizzazione di alcuni contratti a termine;
cancellazione del principio di tutela reale in caso di licenziamenti
economici;
Introduzione NASPI, ASDI e DISCOL;
Revisione della disciplina della cassa integrazione guadagni
creazione di una nuova Agenzia nazionale per le politiche attive
del lavoro (ANPAL)
ANNI 2010/2
Eventi – 2008-2014: onda lunga della crisi economica mondiale, crescita
disoccupazione; 2011: governo tecnico Monti; 2016: governo Renzi. 2018:
governo Conte «giallo-verde». 34
1. «Decreto Dignità» (2018)
Regole più stringenti per i contratti a tempo determinato;
Reintroduzione di voucher per determinate categorie (aboliti dal
Jobs Act);
In conclusione…
L’Italia spende poco per le politiche del lavoro, più per quelle passive e
meno per quelle attive;
Il sistema di ammortizzatori sociali è largamente tarato sui caratteri del
modello di 30-40 anni fa;
Si privilegia l’erogazione di sussidi (ai lavoratori) o incentivi (alle imprese)
piuttosto che la fornitura di servizi diffusi ed efficienti (buona
formazione, rete di centri per l’impiego, sostegno tecnico per
l’attivazione di imprese);
Vi è ancora disuguaglianza di trattamento in caso di perdita del lavoro
e/o del reddito, soprattutto per lavoratori con forme contrattuali
atipiche;
famiglia
La , intesa come contesto socio-economico primario nel quale
l’individuo è inserito, rappresenta con il lavoro, uno dei principali
elementi al centro del mutamento.
Ruolo strategico rispetto alla sua valenza istituzionale e al suo ruolo
nella strutturazione della società.
Come prima istituzione, modella comportamento, aspettative e desideri
degli individui
Come soggetto di decisioni, la famiglia è un attore che partecipa alla
vita quotidiana della società e dei suoi mutamenti
A differenza dei rapporti di lavoro, i rapporti familiari non sono
rigidamente strutturati su uno scambio calcolato fra lavoro e salario,
nondimeno essi sono istituzionalmente regolati da una forma
contrattuale: il matrimonio.
La sostanziale differenza fra le due forme di regolazione è che nel
contratto matrimoniale si intrecciano norme, culture e codici morali.
Nella sua essenza la famiglia “industriale” è un luogo di potere
prevalentemente incentrato sulla figura maschile.
La predominanza maschile si è sostanziata col processo di
industrializzazione, che delega al marito/padre il ruolo di unico
percettore di reddito definendo così il modello male breadwinner, che 35
ha caratterizzato e in alcuni casi caratterizza ancora, molti contesti
nazionali come quello italiano.
Le teorie della famiglia nella società industriale hanno evidenziato
come il declino dell’attività di mercato di tipo familiare, anche, e
soprattutto, a causa dell’ascesa del ruolo dell’impresa nella vita delle
persone, abbia determinato due particolari processi:
1. Segregazione delle donne a un ruolo puramente domestico ed
alla loro esclusione dalla forza lavoro
2. Definizione della famiglia quale luogo prevalentemente destinato
ai legami affettivi ed emotivi
Differenti analisi hanno messo in luce come il processo di
urbanizzazione e lo sviluppo della fabbrica come luogo predestinato
del lavoro salariato, producendo lo sviluppo di nuove tecnologie e
l’intensificarsi dei flussi migratori dalla campagna alla città, abbiano
introdotto nuove forme di divisione del lavoro.
Analisi sociologiche anni 50 e 60 hanno definito un modello che
giustificava le differenze di genere nella gestione delle attività familiari,
teorizzando la separazione dei ruoli all’interno della famiglia.
Modello duramente criticato negli anni 60 da sociologi e antropologi
per relatività storica e geografica.
Le ricerche etnografiche hanno evidenziato come culture differenti
abbiano organizzato diversamente le funzioni che noi consideriamo
interne alla famiglia.
Meno viziati da giudizi di valore sono le analisi socio-storiche, che
spostano il fuoco dalle funzioni alla struttura della famiglia come
tipologia di convivenza
Si studia il tipo di vincolo che lega i membri in una convivenza, sia esso
di tipo affettivo, di sangue, di matrimonio o di discendenza.
Vincoli: distinzione fra struttura e relazioni:
1. struttura: regole attraverso cui una convivenza si forma e si
trasforma, la sua composizione e la sua ampiezza
2. relazioni: rapporti di autorità e di affettività all’interno del gruppo
di persone che convivono
Questa distinzione è fondamentale in relazione ai cambiamenti
avvenuti nelle dinamiche familiari a seguito delle più recenti
trasformazioni socio-economiche
A partire da questa lettura si può affermare come gli elementi che
meglio definiscono la famiglia nelle società contemporanee siano la
co-residenzialità e la presenza di un bilancio comune. 36
Nel contesto europeo, la famiglia ha vissuto varie evoluzioni che hanno
visto il passaggio dal modello di famiglia multipla, del gruppo di
parenti, fino alla famiglia coniugale moderna.
Come molte altre istituzioni economico-sociali, anche la famiglia ha
vissuto, nel tempo, ciclicità definite da momenti di crisi e di espansione