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4. L’EMISSIONE DEI TITOLI DI DEBITO
La riforma organica del diritto societario del 2003 ha introdotto nel corpo della
disciplina delle s.r.l. la possibilità di emettere titoli di debito. Nel consentire l’accesso a
forme di finanziamento alternativo a quello bancario, l’art. 2483 consente l’emissione
di titoli di debito pressoché senza limitazioni quantitative, limitandosi a richiedere
soltanto che la relativa decisione sia iscritta nel Registro delle imprese e indiche
espressamente le condizioni del prestito, le modalità del rimborso nel corso della vita
del prestito. Tuttavia, al fine di evitare ogni forma di sollecitazione del pubblico
risparmio, la citata disposizione riserva la relativa sottoscrizione ai soli investitori
professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali e dispone la
loro diretta responsabilità per il mancato rimborso in ogni ipotesi di successiva
cessione dei titoli eventualmente collocati, loro tramite, presso il pubblico dei
risparmiatori.
SEZIONE IV
LE PARTECIPAZIONI
1. LA PARTECIPAZIONE SOCIALE E LE SUE VICENDE
Secondo l’art. 2468 le partecipazioni sociali non possono essere rappresentate da
azioni e non possono essere oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari.
Diversamente da quanto disposto dall’art. 2348, nella s.r.l. ciascun socio è titolare di
un’unica quota di partecipazione, con la conseguenza che il numero di quote di
partecipazione è sempre pari a quello dei soci. Il che spiega la ragione per la quale
l’art. 2468 precisa che, salvo diversa previsione dell’atto costitutivo, i diritti sociali
spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta, e
che la singola partecipazione di ogni socio è determinata in misura proporzionale al
conferimento.
2. I PARTICOLARI DIRITTI AMMINISTRATIVI O PATRIMONIALI ATTRIBUIBILI A SINGOLI
SOCI
La facoltà lasciata ai soci delle s.r.l. di modellare a proprio piacimento gli assetti
organizzativi della comune iniziativa imprenditoriale al fine di meglio adattarla alle
proprie specifiche esigenze consente di apportare le più svariate deroghe al carattere
rigidamente egualitario delle partecipazioni sociali sancito dalla legge nel caso di
silenzio dello statuto. Alla luce dell’espressa scelta legislativa di cui all’art. 2468, è,
infatti, possibile che l’atto costitutivo attribuisca particolari diritti a determinati soci
singolarmente considerati relativamente sia alla amministrazione della società, sia alla
distribuzione degli utili. Lo statuto può prevedere a favore dei singoli soci l’attribuzione
del diritto, ad es.: di ricoprire la carica di amministratore; di designare alcuni o tutti i
componenti dell’organo amministrativo, di autorizzare o decidere direttamente il
compimento di specifiche operazioni di gestione dell’attività d’impresa. Qualche
ulteriore notazione merita il tema delle modalità procedurali che regolano
l’introduzione, la modifica e l’eliminazione delle relative pattuizioni statutarie. La
legge, al riguardo, si limita a dettare la sola previsione normativa di cui all’art. 2468,
secondo cui salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo e salvo in ogni caso quanto
previsto dal primo comma dell’art. 2473 i particolari diritti previsti dallo statuto
possono essere modificati solo con il consenso di tutti i soci.
3. IL TRASFERIMENTO DELLE PARTECIPAZIONI SOCIALI
Il principio generale sancito dall’art. 2469 secondo cui le quote di partecipazione della
s.r.l. sono liberamente trasferibili per atto tra vivi e per successione a causa di morte,
è contemperato dall’ampia autonomia negoziale riconosciuta ai soci nella fissazione di
deroghe ed eccezioni statutarie che connotino l’organizzazione prescelta di un
carattere più spiccatamente personalistico. A differenza, infatti, di quanto previsto
dalla corrispondente disciplina delle s.p.a., l’attuale formulazione dell’art. 2469,
consente espressamente la previsione anche del divieto assoluto di trasferimento della
quota senza alcun termine di durata. Per l’effetto, il trasferimento a qualunque titolo
delle quote può essere statutariamente: vietato o variamente limitato per un certo
periodo di tempo o anche per l’intera durata della società, subordinato al gradimento
degli organi sociali e/o di singoli soci e perfino di terzi, soggetto alle più svariate forme
di prelazione degli altri soci o di taluno di essi. Al fine, tuttavia, di evitare che i soci
subiscano un’eccessiva compressione della loro facoltà di autodeterminazione del
proprio patrimonio e che, dunque, finiscano per essere prigionieri della società, è
previsto un diritto di recesso ex lege in tutti i casi in cui l’atto costitutivo
alternativamente: sancisca l’intrasferibilità assoluta delle quote; subordini il
trasferimento delle partecipazioni al mero gradimento della società, dei soci o di terzi;
preveda condizioni o limiti che nel caso concreto impediscono, di fatto, il trasferimento
mortis causa delle partecipazioni medesime. Oltre agli eventuali limiti statutari il
trasferimento delle quote, in considerazione della stretta inerenza della partecipazione
alle persone dei soci, incontra il divieto assoluto di: acquisto di partecipazioni proprie
da parte della società; accettazione in garanzia di proprie partecipazioni; e di
concessione di prestiti e garanzie per il loro acquisto o la loro sottoscrizione. Per
quanto concerne, invece, gli aspetti formali del trasferimento delle quote per atto tra
vivi, la legge non prescrive alcun onere di forma per la validità dell’atto. Per i
trasferimenti mortis causa l’iscrizione nel Registro delle imprese dell’avvenuta
successione nel rapporto sociale è invece effettuato, su richiesta dell’erede o del
legatario, verso presentazione della documentazione richiesta per l’annotazione nel
libro dei soci dei corrispondenti trasferimenti in materia di società per azioni. Il
conflitto tra più acquirenti in ipotesi di cessione plurima a diversi soggetti della
medesima quota di partecipazione è espressamente risolto dalla legge in favore di chi
per primo abbia, in buona fede, effettuato la relativa iscrizione nel registro delle
imprese.
4. LE CLAUSOLE DI GRADIMENTO E DI PRELAZIONE
Le s.r.l. possono prevedere statutariamente le più svariate forme di limitazione alla
libera trasferibilità delle quote. Tra le possibili limitazioni convenzionali alla libera
trasferibilità delle quote, le più diffuse e tradizionali pattuizioni statutarie sono quelle
che prevedono diritti di gradimento e di prelazione. Il gradimento al trasferimento
delle quote subordina l’efficacia della pattuita sostituzione soggettiva
all’autorizzazione degli organi sociali, di tutti o di alcuni soci o anche di terzi, e può
essere tanto vincolato a talune condizioni e a motivi predeterminati quanto del tutto
immotivati. Le clausole di prelazione, invece, obbligano il socio che intende alienare la
propria quota a inviare preventivamente agli altri soci una comunicazione contenente
l’identità del potenziale cessionario, il prezzo convenuto e le altre condizioni
dell’ipotizzato trasferimento, sì da consentire ai titolari del diritto di essere preferiti
rispetto al potenziale acquirente individuato dal socio cedente. Tutte le limitazioni alla
circolazione delle partecipazioni sociali previste dall’atto costitutivo hanno efficacia
reale e, quindi, sono opponibili erga omnes.
5. L’espropriazione, il pegno, l’usufrutto ed il sequestro delle quote
La partecipazione “può formare oggetto di espropriazione” da parte dei creditori
del socio sia in ipotesi di libera trasferibilità sia in caso di limitazione statutaria (art.
2471, comma 1°).
Se lo statuto non prevede limiti alla trasferibilità delle partecipazioni, la quota del
socio espropriato è sottoposta all’ordinario procedimento di cessione forzata o di
assegnazione al creditore procedente regolato dal codice di procedura civile e,
all’esito, l’aggiudicatario o l’assegnatario subentrerà nella qualità di socio di cui era
titolare il soggetto espropriato (senza particolari complicazioni).
Nell’ipotesi di espropriazione di una quota non “liberamente trasferibile” per
vincolo statutario, secondo l’art. 2471, comma 3°, attribuisce la possibilità di trovare
liberamente una soluzione condividi che contemperi l’interesse del creditore
procedente, del socio-debitore e della società. Nel caso in cui non vi si raggiunga alcun
accordo, la norma dispone l’obbligatorio ricorso alla vendita all’incanto, consentendo
unicamente alla società di presentare, entro dieci giorni dall’aggiudicazione, un
diverso acquirente disposto a corrispondere il medesimo prezzo offerto dal terzo
aggiudicatario. Si discute se si tratta di quote assolutamente intrasferibili per
disposizione dell’atto costitutivo se possano essere oggetto di espropriazione forzata
da parte dei creditori del socio.
Per quanto riguarda le diverse ipotesi di sequestro, usufrutto e pegno delle
2471-bis
quote, l’art. detta un duplice rinvio:
a. All’art 2352 per quanto concerne gli effetti di tali vincoli sull’esercizio dei diritti
sociali
b. All’art 2471, comma 3° per quanto riguarda il procedimento di espropriazione
coattiva delle quote sottoposte a pegno o a sequestro che non siano
liberamente trasferibili
N.B. non è chiaro se gli atti con cui si costituiscono i diritti di pegno o di usufrutto
delle quote vadano iscritti nel registro delle imprese (a norma dell’art. 2470) e se i
possibili conflitti possano essere risolti sulla base dell’anteriorità dell’iscrizione (buona
fede)
6. Il recesso e l’esclusione del socio
La regolamentazione del recesso del socio consente l’abbandono della compagine
sociale al socio che non intenda subire gli effetti di una vasta gamma di decisioni della
maggioranza che incidano su profili essenziali dell’organizzazione o del rischio
d’impresa.
Il recesso è visto come “strumento di contrattazione con gli altri soci e con la
maggioranza della società” ed è un diritto che prevede che la liquidazione della quota
debba avvenire “in proporzione del patrimonio sociale” determinato “tenendo
conto del suo valore di mercato”. L’art. 2473 opera in due direzioni essenziali:
1. Lascia ampio spazio all’autonomia negoziale, in virtù della regola generale
dettata dal comma 1° dove si determina che è l’atto costitutivo a determinare
“quando il socio può recedere dalla