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ORGANI DELL’UNIONE EUROPEA

Essi sono elencati all’articolo 13 del Trattato sull’Unione Europea e sono:

- il Parlamento europeo,

- il Consiglio europeo, un organo formato dai capi di governo e dai capi di stato dei paesi membri.

- il Consiglio, un organo settoriale formato dai rappresentanti dei governi dei paesi membri, i quali

vengono suddivisi in base alla materia di competenza.

- la Commissione europea,

- la Corte di giustizia dell’Unione Europea,

- la Banca centrale europea

- la Corte dei conti

Il Consiglio europeo e il Consiglio formano le istanze dei vari paesi membri: dunque, la decisione

relativa a una determinata materia spetta all’Unione Europea, ma sono il Consiglio

europeo e il Consiglio che hanno il compito di verificare che tale decisione sia in linea con

le singole problematiche dei vari paesi membri.

* ai sensi dell’articolo 50 del Trattato dell’UE, il membro del Consiglio europeo e del Consiglio che

rappresenta lo Stato membro che ha deciso di recedere dall’Unione Europea non può più

partecipare né alle deliberazioni né alle decisioni che lo riguardano prese da questi due

organi.

L’Unione Europea ha anche un secondo “governo” che ha come compito quello di garantire il bene

dell’Unione.

La Corte di giustizia è l’unico organo di indirizzo giuridico, e non politico, dell’Unione Europea. Se

guardiamo al caso Albania-Italia, il Tribunale ordinario di Bologna ha sospeso il suo

giudizio per inviare la questione alla Corte di giustizia dell’Unione Europea. Inoltre, la

Corte di giustizia dell’Unione Europea ha anche il compito di eliminare le leggi ordinarie

che vanno contro i trattati internazionali vigenti.

DIRITTO E STRANIERI

Guardando all’articolo 10 della Costituzione italiana, l’ordinamento statutario sancisce che la

condizione giuridica dello straniero è gestita dalla legge, nello specifico dalla legislazione

ordinaria, in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Inoltre, bisogna ricordare

che, come sancito dall’articolo 117, l’immigrazione è una materia legislativa di competenza

unicamente statale e non regionale.

Lo stato italiano ha ratificato tutti i trattati relativi alla condizione giuridica dello straniero, che nello

specifico sono:

- Convenzione di Ginevra, promossa dall’ONU nel 1951 e con la quale venne definito per la

prima volta il termine “rifugiato”. Questo trattato venne aperto alla firma il 28 luglio del

1951, ma affinché entrasse in vigore c’era il bisogno che almeno sei stati membri

dell’Unione Europea lo ratificassero entro 90 giorni dopo la data del deposito. In Italia, la

legge relativa allo statuto dei rifugiati venne promulgata nel 1954, in seguito alla ratifica

della Convenzione.

- Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, nello specifico l’articolo 78 nel quale si

sancisce che l’Unione Europea si impegna nel sviluppare una politica comune in materia

di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a garantire uno status

appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione

internazionale. Inoltre, significativo è anche il comma 3 dell’articolo 78 nel quale si

sancisce che, in caso di un improvviso afflusso migratorio, il Consiglio può adottare misure

temporanee a beneficio dello Stato o degli Stati membri interessati.

- Trattato di Dublino, il quale riguarda le modalità e i luoghi di sbarco degli extra comunitari.

Il 14 maggio del 2024, l’Unione Europea ha approvato due regolamenti:

- il regolamento 1347, il quale reca norme sull’attribuzione della qualifica di beneficiario di

protezione internazionale ai cittadini di paesi terzi. Infatti, possono essere richiedenti di

protezione internazionale coloro che rischiano di essere perseguitati e torturati nel loro

paese di origine o, in generale, a cui non sono riconosciute le libertà fondamentali.

- il regolamento 1348, il quale è invece volto a stabilire una procedura comune di protezione

internazionale nell’Unione Europea.

PAESI DI ORIGINE SICURI

Per comprendere al meglio cosa si intende con questa definizione, bisogna fare riferimento alla

Direttiva 2013/32 dell’Unione Europa, nella quale si afferma che un paese d’origine può

essere considerato sicuro qualora si possa dimostrare che, in quel determinato paese,

non si corra il rischio di persecuzioni, torture o altre forme di trattamento disumano.

Inoltre, significativa è anche la Direttiva 2005/85, nella quale sono recate le norme minime relative

alle procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello

status di rifugiato. Inoltre, nell’articolo 30 di tale direttiva si stabilisce che gli Stati membri

dell’Unione Europea dovrebbero condurre esami periodici sulla situazione dei vari paesi di

origine sulla base di varie fonti di informazione. Questa direttiva venne attuata tramite il

decreto legislativo del 2008.

all’interno di questo decreto legislativo è presente l’articolo 2-bis, il quale prevede che, per la

➥ corretta attuazione della direttiva del 2005, è necessaria l’adozione di un elenco dei paesi

d’origine considerati “sicuri”, il quale deve essere periodicamente aggiornato. Il 7 maggio

del 2024, il ministro degli affari esteri ha promulgato un decreto nel quale è stata

aggiornata la lista dei paesi di origine considerati sicuri: Albania, Algeria,

Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro ecc… Oltre a questi

Bangladesh e l’Egitto,

paesi, per l’ordinamento italiano sono considerati “sicuri” anche il

seppur questo contrasti con i parametri normativi europei e i parametri normativi

internazionali.

CASO ITALIA-ALBANIA

Il 6 novembre del 2023, a Roma, venne stipulato il Protocollo tra il Governo della Repubblica

italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della

collaborazione in materia migratoria. L’accordo Italia-Albania può essere considerato a

legge del 21

tutti gli effetti un trattato internazionale, il quale è stato ratificato con la

febbraio del 2024.

in Albania, l’Italia ha finanziato la creazione di centri per richiedenti di asilo, nei quali vengono

➥ mandati solamente coloro che provengono da un paese considerato “sicuro” e che, quindi,

sono legittimati a prendere parte alla procedura di rimpatrio e non hanno motivo per

scappare o chiedere asilo.

Di recente, il giudice del Tribunale di Roma non ha convalidato il decreto di trattenimento dei 12

migranti che erano stati mandati in Albania, poiché erano tutti provenienti o dal

Bangladesh o dall’Egitto. Infatti, ciò è avvenuto dal momento che tale giudice ha

riscontrato un’incongruenza tra la lista dei paesi sicuri stilata dal governo italiano e i

parametri normativi comunitari, e per tale motivo ha disapplicato il decreto del 7 maggio.

Tuttavia, ciò ha scatenato l’ira del governo italiano, il quale ha accusato il Tribunale di

Roma di aver agito su una questione che non è di sua competenza. Dunque, nello scorso

23 ottobre 2024, il governo italiano ha promulgato un decreto legislativo con il quale il

decreto del 7 maggio contenente la lista aggiornata dei paesi sicuri ha assunto la forza

giuridica di una legge. Con tale atto, il giudici di Roma si è trovato con le mani legate e

non gli resta altro che sospendere il processo oppure appellarsi alla Corte Costituzionale

per verificare che la lista dei paesi sicuri non riscontri principi incostituzionali, in particolare

che non contrasti con il comma 3 dell’articolo 10.

Sempre di recente, al Tribunale di Bologna è stato presentato un caso in cui a un cittadino del

Bangladesh è stata dichiarata infondata la sua domanda di asilo e di protezione

internazionale, dal momento che il Bangladesh è considerato un paese sicuro per l’Italia.

Tuttavia, rifacendosi alla direttiva del 2013 e alla direttiva del 2005, il giudice di Bologna

ha sospeso il suo giudizio e, ai sensi dell’articolo 267 del Trattato sul funzionamento

dell’Unione Europea, si è appellato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Infatti, in

quanto unico organo di indirizzo giuridico dell’UE, essa ha il potere di pronunciarsi

sull’interpretazione dei trattati e sulla validità delle azioni compiute dalla istituzioni;

dunque, può verificare che i parametri con cui il governo italiano ha stilato la lista dei paesi

sicuri siano in linea con i parametri comunitari e, in caso, può disapplicare la legge

italiana contrastante con il diritto comunitario.

Il giudice di Bologna, però, non sta criticando l’interpretazione del trattato, ma critica alcuni dei

principi che sono contenuti nel trattato, poiché non li trova conformi alla legge.

LE CARTE FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA

Il Trattato di Roma del 1950, il quale è un trattato internazionale, prende anche il nome di

Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà

fondamentali e in cui sono contenuti tutti i principi fondamentali che devono essere

rispettati da tutti i membri del trattato: il consiglio d’Europa, ad esempio, ha il compito di

promuovere i trattati internazionali relativi alla giustizia e alla sicurezza: infatti, questo

organo ha promosso il Trattato di Roma e, di conseguenza, la Convenzione europea.

In realtà, il Trattato di Roma non contiene niente di più di quello che è già presente all’interno della

Costituzione italiana, la quale costituisce un vero e proprio modello per i principi

fondamentali che vengono poi promossi dai trattati internazionali.

Nell’articolo 6 del Trattato sull’Unione Europea si sancisce che l’Unione Europea riconosce i

diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali, la quale non è da

considerarsi un trattato internazionale, quanto più un atto giuridico approvato

favorevolmente dall’Unione Europea e avente un valore molto forte, la quale entrò in

vigore il 7 dicembre 2000 e che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.

Tra i principi contenuti nella Carta sono i principi “cardine” per l’Unione Europea, troviamo:

- dignità

- libertà

- uguaglianza

- solidarietà

- cittadinanza

- giustizia

= come abbia già detto, tutti questi principi, in realtà, all’interno della Costituzione italiana erano già

presenti a partire dal 1948, anno in cui entrò in vigore.

la Convenzione europea del 1950 (= trattato) e la Carta dei diritti fondamentali (= atto

➥ approvato) sono quindi le due carte fondamentali dell’Unione Europa, nelle quali sono

presenti gli ste

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Scienze giuridiche IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico

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