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U

vero valore di , e rende possibile usare nella pratica i concetti proposti

U

da Terzaghi. Il parametro rappresenta la percentuale di cedimento

verificatasi sotto l’effetto del carico: varia banalmente da 0 (inizio prova)

a 1 (prova conclusa). Se mettiamo in forma grafica il risultato,

m

impiegando ad esempio cinque valori di per ogni calcolo di

sommatoria, possiamo ottenere una cosa come questa qui sotto.

Relazione di Terzaghi – Taylor tra fattore tempo Tv e consolidazione U, prove edometriche

VI – .

T

Il diagramma rappresenta la relazione tra fattore tempo , in ascissa ed

v

U

in scala logaritmica, e grado di consolidazione relativa , in ordinata, in

scala lineare, per il campione di terreno in esame. O meglio: rappresenta

l’andamento teorico che ci dovremmo attendere nel caso di un provino

ideale, drenato su entrambe le facce, stando ai modelli matematici di

Terzaghi e compagni. Questa curva dovrebbe, in teoria, andare bene per

qualsiasi materiale: le differenze tra di essi sono legate alle variazioni

c

di , o della semi-altezza al quadrato del provino, che cambieranno

v

l’altezza della curva o la durata temporale dei cedimenti. Ma tolte queste

T U

cose il diagramma che relaziona ed diviene invariabilmente sempre

v

lo stesso.

Osserviamo di nuovo le cose che succedono nella realtà materiale: nel

grafico IV, quello che mostra i cedimenti del provino con i tempi in scala

tempo–

logaritmica, in basso a destra c’è un ultimo flesso della relazione

abbassamenti, che dovrebbe segnalare il termine del fenomeno di

consolidazione indotto con quella certa pressione applicata dalla cella

edometrica. Questo in accordo alle previsioni teoriche fatte tramite le

formule, e va benissimo; però, a ben guardare, passato questo flesso non

è che i cedimenti abbiano termine: in realtà proseguono.

Prova edometrica: flesso in corrispondenza del termine della consolidazione

VII – .

due tratti di curva:

Nell’immagine, derivata dalla IV, sono evidenziati uno

nella parte terminale dell’abbassamento maggiore, e l’altro successivo,

meno inclinato. Convenzionalmente, è questo punto di inflessione che

segnala il termine della consolidazione propriamente detta. È evidenziato

dalle due rette in rosso. C’è anche un punto piazzato male: può capitare,

ed è sensibilità dell’operatore decidere se sia un errore di misura o meno.

Il tratto in basso a destra, rettilineo in scala semi logaritmica e poco

inclinato, ha una caratteristica speciale: in teoria non dovrebbe

esistere. Non dovrebbe, almeno secondo i diagrammi teorici che

predicono l’andamento della consolidazione in un materiale ideale.

Facendo il confronto con il grafico VI, derivato per via matematica, si

nota che in esso il termine della consolidazione produce una coda di

valori sì rettilinea, ma comunque sostanzialmente parallela all’asse delle

ascisse. E invece, al termine teorico della consolidazione, le cose vanno

in maniera diversa da quanto previsto per via teorica: i cedimenti

continuano, debolissimi, lungo un percorso che è lineare in una scala

tempo logaritmica. Questo fenomeno esiste sempre, ed è più evidente in

materiali a grana fine, ricchi di minerali argillosi.

Convenzionalmente, gli abbassamenti precedenti il flesso finale vengono

cedimenti primari, di consolidazione;

chiamati o quelli successivi, più

cedimenti secondari.

deboli, sono detti I cedimenti secondari sono

probabilmente dovuti a fenomeni di deformazione viscosa, tipo

creep

il che fa deformare plasticamente certe formazioni argillose. Ma se

ne sa ancora poco: di certo sappiamo che ci sono, che possono fare dei

danni, che rendono più difficile la interpretazione delle prove di

laboratorio e che durano all’infinito. Si, all’infinito: nel senso che per

ora, anche estendendo le prove per tempi lunghissimi, nessuno li ha mai

visti esaurirsi. E ovviamente spingono pian piano il materiale a

raggiungere uno stato di addensamento superiore a quello che gli

dovrebbe competere in corrispondenza della pressione scelta per la

prova.

Il flesso finale mostrato in figura VII sta più o meno attorno ai 5.000

secondi. Come dire che il cedimento primario, più importante, si è

esaurito in poco più di 1 ora e 20 minuti. Volendo leggere diversamente

la curva, ci sposteremo di un migliaio di secondi in più o in meno, ma

l’ordine di grandezza resterà questo. I tempi richiesti per concludere la

consolidazione variano secondo il quadrato del percorso più esteso che

2

l’acqua deve compiere per uscire dal provino, il termine già visto

H

T

nella definizione del fattore tempo . Operando su un provino drenato

v

su entrambe la facce, spesso 20 mm, questo percorso misura 10 mm. Se

immagino di avere caricato un banco di limi argillosi di questo tipo,

spesso 20 m e drenato su entrambe le facce, il tempo richiesto sarebbe

essere pari a 158,55 anni. Che è un limite superiore, certo; ma non è

poco.

Dopo la dissertazione su questo singolo gradino di carico, nel quale

applichiamo una singola pressione e vediamo come si esaurisce il

fenomeno di consolidazione del provino, ci si chiede quali siano i limiti di

queste operazioni.

Il primo è di tipo dimensionale: la prova viene eseguita su campioni

aventi volume di 50–100 cc. Chiaramente i provini potrebbero essere

poco rappresentativi di un grande banco di materiale disomogeneo. Altra

questione: le fratture e le cavità dovute a radici, sempre presenti nei

suoli. Aumentano la permeabilità del materiale, e così il tempo richiesto

per far terminare i cedimenti primari sotto le fondamenta di una casa

rischia di essere inferiore a quello previsto per via teorica basandosi su

una prova condotta con l’edometro. Ancora, è inevitabile che in una cella

edometrica ci sia attrito con le pareti, anche questo può alterare i

tempo–abbassamenti.

risultati; soprattutto, cambia la forma della curva

Questi problemi esistono, e bisogna ricordarseli prima di affidarsi

edometrica.

ciecamente ad una prova

Immaginiamo ora di eseguire una prova in cui carichiamo il provino con

spinte crescenti: terminato il cedimento dovuto ad un carico, applichiamo

il carico successivo. Con questa logica possiamo creare dei diagrammi

che mettono in relazione il carico applicato, in [kg/cm ], con lo stato di

2

addensamento raggiunto dal terreno oggetto della prova. Questo stato di

addensamento di solito è espresso con e, adimensionale: l’indice dei

vuoti. Questo indice vale:

V v

e= V s

Esso è quindi il rapporto tra il volume dei vuoti esistente in un certo

quantitativo di terreno ed il volume occupato dai granuli solidi in esso

presenti.

Il risultato potrebbe essere rappresentato come segue.

Curva edometrica, relazione tra pressione ed indice dei vuoti.

VIII –

Il risultato è una curva che mostra il progressivo addensamento del

terreno al crescere della pressione applicata. Nel grafico l’asse delle

ascisse mostra la pressione, [kg/cm ] in scala logaritmica; l’asse delle

2

e

ordinate riporta invece il parametro , indice dei vuoti, in corrispondenza

dei vari carichi applicati. La prova procede dunque partendo dall’alto e

e

dirigendosi in basso. L’indice può cambiare molto, a parità di carico,

passando da un terreno ad un altro, ma concettualmente le

caratteristiche di queste curve sono sempre simili. All’applicazione delle

varie pressioni, la curva si dirige come detto verso il basso; in maniera

meno marcata per carichi elevati, al punto che occorre un asse delle

ascisse in scala logaritmica per rappresentare convenientemente la cosa.

Se ad un certo punto decidiamo di togliere parte del carico, il nostro

provino comincerà a reagire rigonfiandosi ed aumentando nuovamente di

volume. Però non tornerà più allo stato originario: e si vede bene

osservando l’ultimo ramo di curva in basso nel diagramma VIII, che è

debolmente pendente e conduce ad un punto conclusivo posto ben più in

basso di quello di avvio della prova. Lo stato di addensamento, anche

rimuovendo tutti i carichi, resterà comunque ben più forte rispetto a

quello che il materiale aveva ad inizio prova. I cedimenti indotti caricando

irreversibili:

i terreni sono per gran parte non è proprio possibile ottenere

di nuovo lo stato di addensamento originario semplicemente togliendo il

carico.

L’edometro è l’unico strumento che possiamo usare per misurare la

k

permeabilità di materiali fini: quando è molto basso, non c’è modo di

eseguire misure dirette. Possiamo solo ottenere stime derivate da queste

prove. Al variare dello stato di addensamento del materiale, cambiano in

k m e

maniera sistematica anche i parametri , ed . è proprio la

v e

progressiva diminuzione dell’indice dei vuoti a portare con sé la

variazione degli altri due parametri: dato che un materiale via via più

addensato dispone di minori spazi vuoti per il transito dei fluidi, e tende

comunque a divenire meno comprimibile.

Questo problema della variazione dei parametri caratteristici del

materiale non si riscontra solo passando da un carico applicato ad uno

più elevato: esiste anche all’interno di un singolo gradino di carico. In

sintesi, una prova reale non fornirà mai un diagramma coincidente con

quelli teorici dedotti tramite predizioni matematiche. Un problema

aggravato dalla presenza di eventuali bolle di aria nel provino: bolle che

sfuggono molto velocemente appena applicato un carico, e che generano

ulteriori distorsioni. prova edometrica

I parametri che descrivono una sono

−∆ e

=

a

compressibilità,

Indice di

 v ∆σ '

∆ε 1

= =

m

compressibilità,

Coefficiente di

 v ∆ σ ' E d

−∆ e

=

c

ricompressione,

Indice di

 r ∆ log σ '

−∆ e

=

c

compressione,

Indice di

 c ∆ log σ '

−∆ e

=

c

rigonfiamento,

Indice di

 s ∆ log σ '

−∆ ε

RR=

ricompressione,

Rapporto di

 ∆ log σ '

−∆ ε

CR=

compressione,

Rapporto di

 ∆ log σ '

−∆ ε

SR=

rigonfiamento,

Rapporto di

 ∆ log σ '

- SCATOLA DI CASAGRANDE

scatola di Casagrande

La cosiddetta è una prova di taglio diretto, che

res

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A.A. 2024-2025
74 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/07 Geotecnica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher antoniojose di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fondamenti di geotecnica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Gottardi Guido.