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Appunti di Ematologia  e immunologia di laboratorio Pag. 1
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(SIPMEL).

Il paziente deve essere a digiuno da 8-12 ore (no alcool, zuccheri, caffè, fumo), a dieta, non

deve fare esercizio fisico nelle 8-12 ore precedenti, non deve assumere farmaci (chi prescrive

il prelievo deve specificare che medicinali prende il paziente, anche se sono anticoagulanti

perché possono influenzare il risultato analitico).

Se il prelevatore con alcune provette non ha cura di miscelare correttamente

l’anticoagulante con il campione, questo non viene a contatto con l’anticoagulante e una

parte del campione coagula. Arriva poi al laboratorio con il coagulo più o meno evidente.

Se il prelievo è stato difficoltoso, questo può innescare la coagulazione e un sequestro di

piastrine, consumando il fattore di coagulazione. Si firmano dei test emocoagulativi dove c’è

stato un errore nella fase di prelievo.

I campioni emolizzati sono spesso provenienti da pronto soccorso perché in questi pazienti

si usano aghi cannula che provocano uno stress ai globuli rossi che vengono emolizzati nella

fase di prelievo. Di questo ci si accorge dopo la centrifugazione.

Il siero può dare risultati erronei su test coagulativi e su elettroliti (potassio, LDH).

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Nelle provette celesti è richiesto un rapporto campione-anticoagulante liquido 1:10.

L’anticoagulante è il citrato di sodio. Un riempimento eccessivo o scarso della provetta va ad

incidere su diversi test e sul dosaggio dei fattori della coagulazione.

C’è, secondo le linee guida internazionali, un ordine da seguire durante l’ordine dei prelievi a

seconda della tipologia di provetta. Si segue una sequenza dettata dalle linee guida.

1. Prelievo per emocolture per controllare la presenza di patogeni nel sangue.

2. Provetta con sodio citrato: test emocoagulativo.

3. Prelievo per la sierologia.

4. Provetta con eparina, con o senza gel separatore. Si usa per indagini di diagnostica

molecolare ma alcune provette che contengono li-eparina con o senza gel separatore

sono le provette da utilizzare per i marcatori dell’infarto miocardico acuto (IMA) di

cui il capostipite è la troponina I (TnI). Oggi è disponibile con una formulazione che

permette di ridurre ulteriormente il tempo di valutazione di un infarto miocardico

con due sole determinazioni in un intervallo temporale di 3 ore, a seconda di quanto

il paziente resta al pronto soccorso.

Si utilizza la hsTnI (High Sensitivity) per ristringere l’intervallo di tempo.

5. Provetta con EDTA per l’emocromo.

6. Provetta con fluoruro per la glicemia. Con il fluoruro si impedisce la glicolisi.

Lo striscio di sangue

Ormai ci sono gli strisciatori automatici di

sangue. Se si blocca o si rompe lo

strumento, dobbiamo saper fare gli strisci

di sangue.

Il vetrino non deve essere troppo corto ma

nemmeno troppo lungo, cioè tra i 3 e i 4

cm di lunghezza. Bisogna cercare al centro

dello striscio. Si va in un senso e poi si va

indietro e avanti.

Si guardano i globuli rossi, gli aggregati e lo

stato maturativo dei leucociti.

La colorazione di elezione, quella maggiormente usata, è quella di May-Grunwald/Giemsa.

Le anormalità dei globuli rossi vanno scritte

sul commento.

Variazioni di volume (anisocitosi), variazioni

di colore, variazioni di forma (poichilocitosi),

distribuzione e anormalità.

Le piastrine si vedono nello striscio di

sangue periferico.

Si vedono gli aggregati piastrinici, si può

distinguere una vera piastrinopenia da una

finta. 31

May Grunwald si compone di due fasi:

1. Utilizza il colorante di May Grunwald in una soluzione alcolica di alcol metilico.

Si fissa il vetrino in metanolo. La colorazione in fase alcolica dura circa 3 minuti, poi si

lava.

2. Si fa una colorazione in fase acquosa con colorante di Giemsa diluito per circa 15

minuti. Alla fine, viene sciacquato e fatto asciugare all’aria.

La doppia colorazione fa in modo di rendere visibili le struttura nucleari, cellulari e i parassiti.

I vetrini si leggono al microscopio quando sono completamente asciutti.

Diagnostica integrata delle neoplasie ematologiche

Non basta più la diagnostica di base, si passa oltre al primo livello.

Si tratta di un insieme di tecnologie e processi analitici innovativi indispensabili per una

completa diagnosi ematologica. Questi processi devono essere gestiti e affrontati con una

sequenza razionale, c’è un percorso logico da seguire.

In campo oncoematologico c’è un percorso dettato da linee guida internazionali che

definiscono i parametri biologici delle diverse oncoemopatie. Il riferimento internazionale

nell’analisi e classificazione delle oncoemopatie è la classificazione delle stesse fatta dalla

WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità, OMS).

Questa complessa classificazione delinea tutti i parametri biologici classificativi delle

oncoemopatie ed è finalizzata alla diagnostica e alla stratificazione dei pazienti per le diverse

finalità prognostico-terapeutiche. La diagnostica deve essere integrata con vari parametri

(morfologici, biochimici, citogenetici, molecolari) che sono indispensabili per meglio

inquadrare le neoplasie e scegliere i protocolli terapeutici nell’ambito di quella branca della

medicina chiamata medicina personalizzata / medicina di precisione.

È caratterizzata da percorsi diagnostici personalizzati (tailored therapy).

Chi lavora in un moderno laboratorio di diagnostica ematologica deve conoscere quali sono i

tumori del sistema emolinfopoietico. La WHO ne fa una classificazione e una divisione.

Più aumenta la specializzazione, maggiori sono le abilità richieste ai professionisti.

Conoscendo tutti i parametri biologici, le diagnosi possono essere più precise e si può

conseguire l’obiettivo della terapia di precisione.

Questa è la diagnostica integrata, che comprende la parte dello studio citologico,

morfologico e citochimico. Lo studio di base lo si fa con gli analizzatori ematologici.

La morfologia si studia con la microscopia e con dei lettori di immagini.

Spesso accanto allo studio citologico del sangue periferico c’è lo studio istologico delle

cellule del sangue, cioè lo studio morfologico sul tessuto del midollo osseo (studio istologico

del mieloaspirato, aspirato midollare). La quota di midollo osseo serve per completare

buona parte delle diagnosi. Per il sospetto di una emoplasia si usa il midollo.

A volte questo è scarso e può non essere rappresentativo della malattia da inquadrare,

quindi, si ricorre ad un tessuto che si ottiene grazie alla BOM (biopsia osseo-midollare).

Si prende midollo e tessuto osseo. L’indagine si realizza su questi tessuti.

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Su questa si possono condurre solo esami istologici perché ci sono frammenti ossei che non

possono essere trattati con le altre diagnostiche. Il midollo aspirato può essere utilizzato

anche con le altre diagnostiche.

Il primo step è l’indagine immunologica con gli anticorpi monoclonali (indagine immuno-

fenotipica), si cercano i marcatori antigenici che ci permettono di classificare le neoplasie ed

eliminare il blocco maturativo e l’appartenenza ad una linea cellulare o filiera cellulare

linfoide o mieloide (o nessuna delle due).

Ci serve la citometria a flusso e i reagenti (anticorpi monoclonali coniugati a fluorocromi)

con le regole stabilite a livello internazionale seguendo la classificazione di WHO.

Lo studio citogenetico se affrontato nella maniera classica si potrà analizzare il cariotipo, cioè

lo studio delle alterazioni dei cromosomi visibili al microscopio ottico.

Per le alterazioni submicroscopiche si deve ricorre alle sonde molecolari fluorescenti, quindi

alla citogenetica molecolare (ibridazione fluorescente in situ, FISH, e ibridizzazione genomica

comparativa, CGH).

Per completare la fase diagnostica delle oncoemopatie possiamo avvalerci della diagnostica

molecolare. Il fulcro della diagnostica molecolare oncoematologica è la PCR, soprattutto

anche per analisi qualitative e quantitative si usa la versione della PCR Real Time (RTPCR).

Un’altra metodologia che si sta diffondendo in sostituzione della RTPCR è la ddPCR (Digital

-6

Droplet PCR). È una PCR ad altissima sensibilità in grado di raggiungere target di 10 , cioè

una cellula con il marcatore su un milione di cellule normali.

La svolta nella diagnostica molecolare nelle malattie è rappresentata dalla metodologia che

rileva mutazioni puntiformi nel genoma eventualmente associata alla malattia ed è il Next

Generation Sequencing (NGS, Sequenziamento di Ultima Generazione).

Così si può dare un significato clinico alle mutazioni che la tecnologia ci segnala.

Non ci si orienta sul WGS (sequenziamento massivo) ma su un sequenziamento degli esoni.

L’indagine immunofenotipica serve per classificare le cellule come linea di appartenenza

(lineage), livello di maturazione (se c’è stato un blocco maturativo dobbiamo sapre dove è

stato in modo da capire anche cosa si ha di fronte) e per evidenziare clonalità (popolazioni

clonali, se c’è un arresto maturativo, tutte le cellule si matureranno e si arresteranno allo

stesso livello).

Consente di individuare e classificare, diagnosticandole, le forme indifferenziate, immature e

quelle che appartengono alla linea linfoide. Si riconoscono le leucemie linfoblastiche acute

(LAL) da quelle mieloblastiche acute (LAM). Rappresenta il gold standard nelle patologie

linfoproliferative, piuttosto che nello studio della sottopopolazione linfocitaria per la

valutazione della risposta immunitaria del soggetto (T, B, NK).

Il citometro a flusso ha un movimento regolato dalla focalizzazione idrodinamica.

Ogni particella raggiunge il punto della cella a flusso dove viene raggiunta da un raggio

luminoso proveniente da una sorgente laser. 33

Quando le particelle con il flusso laminare raggiungono il punto dove incontrano il laser, ogni

cellula emette una quantità di luce che subisce una deviazione proporzionale alle dimensioni

della cellula (fotoscatter), se la luce viene deviata a 90° C è il sidescatter.

Le cellule vengono eccitate dal laser e ad emettere la luce è il fluorocromo.

Si può lavorare con più di 20 fluorocromi contemporaneamente.

C’è la possibilità di caratterizzare le cellule del sangue con vari anticorpi monoclonali

simultaneamente. L’analisi è risolutiva ma ci sono dei problemi pratici e tecnologici notevoli.

Gli anticorpi sono ibridomi. Inizialmente erano impiegati in vitro nella citometria a flusso per

la diagnosi e la prognosi, ora si utilizzano anche in vivo con anticorpi monoclonali che sono

umanizzati per ridurre al minimo la risposta di anticorpi neutralizzanti che servono per la

medicina di precisione e la terapia personalizzata.

Lo scopo dell’immunofenotipo è conoscere e

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
74 pagine
SSD Scienze mediche MED/15 Malattie del sangue

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Chiass di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Ematologia e immunologia di laboratorio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Valentini Massimo.