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Senato potrà compiere qualsiasi atto rientri nelle competenze presidenziali ma
che non possieda, tuttavia, una marcata, e rilevante
"
valenza politica ". Infatti, ragionevolmente, atti di siffatto peso potranno essere
compiuti, esauritasi la situazione di impedimento, dal titolare stesso delle
funzioni di che trattasi (o dal suo successore). Probabilmente, l'unico limite
che può desumersi indirettamente dal testo costituzionale è lo scioglimento
delle Camere, atteso che, in virtù del già rammentato secondo comma
dell'art. 88, tale facoltà non può essere esercitata dal Presidente della
Repubblica stesso negli ultimi sei mesi del suo mandato, sicché dovrebbe
conseguirne la preclusione in capo al supplente in quanto è istituzionalmente
privo di una piena rappresentatività, che difetta anche al Presidente della
Repubblica alla conclusione del suo mandato.
3. La controfirma e la responsabilità del Presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica non è inserito nel circuito della responsabilità
politica, vale a dire non concorre alla formazione dell'indirizzo politico che nella
forma di governo parlamentare deriva dalla relazione fiduciaria Parlamento-
Governo.
Il regime d'irresponsabilità trova enunciazione e fondamento nel citato art. 89,
secondo cui "nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è
controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità". A
detto organo, pertanto, non può essere attribuita alcuna responsabilità
giuridica (civile, penale o amministrativo-contabile) per i propri atti, poiché la
necessaria controfirma da parte dei Ministri, proponenti o competenti,
determina l'assunzione in capo a questi ultimi delle responsabilità in questione,
oltre a sancire la validità e l'efficacia (se non, addirittura, l'esistenza stessa)
degli atti imputabili al Presidente della Repubblica. Quest’ultimo non risponde
neppure politicamente, non è infatti previsto nessun meccanismo
istituzionale mediante il quale potrebbe essere rimosso dalla carica.
"il Presidente della
Il primo comma dell'art. 90 Cost. aggiunge e precisa che
Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue
funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione".
Questa disciplina - che non equivale alla previsione secondo cui la persona del
Re era considerata "sacra" e "inviolabile" , e quindi esente da qualsiasi tipo di
procedimento giurisdizionale: art. 4 St. Alb. - contempla un'eccezione alla
regola della responsabilità individuale per gli atti compiuti in violazione di diritti
altrui: regola che discende dai principi di legalità e di giustiziabilità dei diritti, e
che per i pubblici funzionari è espressamente ribadita nell'art. 28 della
Costituzione col rinvio alle "leggi penali, civili e amministrative" caso per caso
applicabili (Corte cost., sent. n. 154 del 2004). La suddetta deroga al normale
regime di responsabilità ha, dunque, lo scopo specifico di assicurare all'elevata
carica il libero esercizio delle funzioni di capo dello Stato: non si tratta,
pertanto, di un privilegio personale ma di un istituto diretto a salvaguardare
l'imparzialità del titolare sia dai possibili condizionamenti giudiziari che
potrebbero derivare da iniziative intentate nei suoi confronti sul piano civilistico
o penale allo scopo di influenzarne talune funzioni, sia da indebite interferenze
di altri poteri. In conseguenza di ciò, e nel silenzio della Costituzione, non può
che essere esclusa l'estensione del regime l'irresponsabilità agli atti estranei
all'esercizio delle funzioni presidenziali, vale a dire a quelli compiuti quale
comune cittadino da parte del titolare dell'ufficio.
A tale riguardo, l'art. 1 l. n. 140/2003, aveva escluso che il Presidente della
Repubblica potesse essere sottoposto a procedimento penale, per qualsiasi
reato, anche in relazione a fatti antecedenti l'assunzione della carica e fino alla
cessazione della medesima, stabilendo, altresì, la sospensione dei procedimenti
in corso, salvo quanto previsto dal menzionato art. 90 Cost. per i reati
funzionali. Al riguardo, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 24/2004, ha
sottolineato che per i reati comuni il Presidente della Repubblica è soggetto
alla legge come tutti gli altri cittadini, dichiarando incostituzionale la disciplina
in questione.
In definitiva, l'immunità del PdR riguarda solo gli atti che costituiscono
esercizio delle funzioni presidenziali e le dichiarazioni strumentali o accessorie
rispetto a tale esercizio. È dunque indispensabile tenere ferma la distinzione fra
atti e dichiarazioni inerenti all'esercizio delle funzioni e atti e dichiarazioni che
restano addebitabili alla persona fisica.
La questione è stata affrontata dalla Cassazione, e poi dalla Corte
costituzionale (adita per conflitto d'attribuzioni tra poteri dello Stato) nella
sentenza n. 154/2004, in una vicenda che ha riguardato il Presidente Cossiga
per esternazioni ritenute diffamatorie a carico di parlamentari, ove è stato
chiarito che, pur non essendo questi vincolato a esprimersi solo con messaggi
formali (controfirmati a norma dell'art. 89 Cost.), il potere di esternazione,
che non è equiparabile alla libera manifestazione del pensiero di cui all'art. 21
Cost., non integra di per sé una funzione, per cui è necessario che
l'esternazione sia strumentale o accessoria a una funzione presidenziale perché
possa beneficiare dell'immunità. Fanno eccezione alla generale posizione
d'irresponsabilità funzionale del Presidente i reati di alto tradimento e di
attentato alla Costituzione, perché radicalmente confliggenti col ruolo
costituzionale del Presidente come capo dello Stato: l'accertamento di essi è
demandato, ai sensi degli artt. 134 e 135 Cost., alla Corte costituzionale,
"sulle accuse promosse
competente a giudicare, in composizione integrata,
contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione".
Per quanto interessa in questa sede, occorre prendere posizione sulla
configurazione dei "reati presidenziali", la cui fattispecie astratta, tuttavia,
non è definita nell'art. 90 Cost.
Secondo la tesi costituzionalistica deve trattarsi di comportamenti che,
violando il giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della
Costituzione (art. 91 Cost.), siano idonei a confliggere apertamente col ruolo
del capo dello Stato, essendo di tale gravità da mettere in pericolo l'esistenza
stessa della Repubblica, minandone unità e continuità.
Se questa è, pertanto, la ratio della previsione costituzionale qui considerata, si
può bene comprendere la ragione per la quale non occorra ricercare l'esistenza
di una corrispondente norma incriminatrice in precedenti fonti di rango
primario, come il codice penale del 1930, ovvero l'art.77 del Codice
penale militare di pace del 1941, che considera integrato il delitto di alto
tradimento da parte di un militare (ma tale certamente non è il Presidente della
Repubblica) che compia atti violenti, comunque idonei a mettere a repentaglio
l'integrità, l'indipendenza e l'unità dello Stato o l'esercizio delle attribuzioni
degli organi costituzionali, e che comunque commetta altri gravi reati contro la
personalità dello Stato.
La eccezionalità delle ipotesi di reato contemplate nell'art. 90 e la gravità dei
comportamenti ad esse sottesi giustificano il fatto che al Parlamento in seduta
comune, che deve procedere alla deliberazione di messa in stato d'accusa e,
poi, in sede di giudizio, alla Corte costituzionale in composizione integrata,
gravino compiti connotati da un amplissimo margine di discrezionalità nel
ricondurre, di volta in volta, i comportamenti posti in essere alle fattispecie di
reato non compiutamente sancite, la cui violazione può essere contestata e
sanzionata, in caso di concorso, anche a comuni cittadini. L'art. 6 della l. n.
219/1989, inoltre, prevede che nei procedimenti relativi ai reati di cui all'art. 90
della Costituzione non sono richieste le autorizzazioni previste dall'art. 68 Cost.
per i parlamentari e non possono essere opposti in sede di giudizio né il segreto
di Stato, né il segreto d'ufficio. Le sanzioni penali che la Corte costituzionale
può irrogare sono contenute nei limiti del massimo di pena previsto dalle leggi
vigenti al momento del fatto, potendo la sentenza determinare anche le
sanzioni costituzionali, amministrative e civili adeguate al fatto.
4. Gli atti del Presidente della Repubblica.
La dottrina costituzionalistica suggerisce una distinzione, ormai consolidata,
degli atti del Presidente della Repubblica, che assumono la denominazione di
Decreti, in formalmente presidenziali e sostanzialmente governativi, il
cui contenuto è deliberato esclusivamente dal Governo; in formalmente e
sostanzialmente presidenziali, ove il contenuto di essi sia attribuibile alla
volontà esclusiva del Presidente della Repubblica; e in atti a complessità
eguale, se il contenuto derivi dell'accordo tra il Governo e il Presidente della
Repubblica.
Tutti gli atti presidenziali sono soggetti a controfirma come richiede l'art. 89
Cost., a seguito della quale la responsabilità per i medesimi è assunta dal
Ministro che ha proposto l'atto o, se questo è il frutto della volontà del solo
Presidente della Repubblica, dal Ministro competente per la materia di volta in
volta trattata. La controfirma, in definitiva, assume un diverso valore a
seconda del tipo di atto di cui rappresenta il completamento o, più
esattamente, un requisito di validità: la controfirma, infatti, quando l'atto
sottoposto alla firma del Presidente della Repubblica sia di tipo governativo
ne attesta la provenienza sostanziale dal Governo; mentre ad essa va
riconosciuto un valore soltanto di controllo formale quando l'atto sia
espressione di poteri propri del Presidente della Repubblica, quali la
nomina dei senatori a vita o dei giudici costituzionali, i messaggi alle Camere o
la concessione della grazia. Per completezza, si deve avvertire che è possibile
imbattersi anche in atti esentati dall'obbligo di controfirma, quali sono quelli
personalissimi, come, ad esempio, il giuramento innanzi al Parlamento in
seduta comune (art. 91 Cost.), le esternazioni in forma orale atipiche, le
dimissioni dalla carica, la dichiarazione d'impedimento che dà luogo alla
supplenza di cui all'art. 86 Cost.