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Pertanto, si evita di disperdere le risorse su ASA non core, consolidando le ASA core
tramite: ricapitalizzazione finanziamenti da terzi
una cercando (è dunque importante
apporti da parte dei
aver mantenuto una buona reputazione verso le banche) o
soci; partnership
delle temporanee per lo sviluppo.
Poiché l’azienda si focalizza esclusivamente sul core business, è di fondamentale
importanza che il settore non sia in declino. Questa è una politica più economica
rispetto al re-engineering, viene attuata quando non si dispongono ingenti risorse
finanziarie che permettono il cambiamento, infatti l’obiettivo è semplicemente il
controllo di costi e la limitazione delle perdite.
● Riconversione (o riposizionamento competitivo): l’azienda abbandona la
linea produttiva esistente e sviluppa internamente una nuova linea,
possibilmente vicina tecnologicamente a quella precedente. Il cambiamento non deve
mai essere radicale, attuare una diversificazione conglomerale comporta numerosi
costi che un’azienda in crisi non è in grado di sostenere, pertanto bisogna entrare in
nuove ASA sfruttando sinergie (di mercato, di processo, di approvvigionamento,
finanziarie, fiscali).
Nel momento in cui l’azienda si riposiziona, per capire come gestire le ASA, bisogna
utilizzare la matrice per l’analisi delle aree di business, composta da due
variabili: valore strategico dell’ASA per il mercato e valore strategico dell’ASA per
l’impresa.
In caso di valore strategico per il mercato alto e valore strategico per l’impresa
o alto, la strategia indicata è la creazione di partnership, dunque per
mantenere l’ASA bisognerà ricorrere a uno sviluppo per vie esterne.
In caso di valore strategico per il mercato alto e valore strategico per l’impresa
o basso, la strategia indicata è la dismissione lenta, cioè di cedere l’ASA in
modo lento senza distruggerne il valore (non bisogna svenderla), sfruttando il
residuo gradimento che ancora possiede nel mercato, continuando a vendere a
prezzi attuali e senza attuare investimenti nel suo sviluppo.
In caso di valore strategico per il mercato basso e valore strategico per
o l’impresa basso, la strategia indicata è la dismissione rapida.
In caso di valore strategico per il mercato basso e valore strategico per
o l’impresa alto, la strategia indicata è la ricapitalizzazione, dunque lo sviluppo
per vie interne. Questa è una scelta rischiosa per un’azienda in uno stato di
crisi, poiché serviranno risorse, quindi bisognerà puntare a cercare nuove
risorse finanziare dai soci o rinegoziando i debiti.
Individuiamo 3 strategie che permettono la dismissione lenta, a seconda della
forza dell’impresa nella domanda residua e dell’intensità della competizione:
1. In caso di alta forza dell’impresa nella domanda residua e di alta intensità della
competizione, per attuare la dismissione lenta bisogna creare una nicchia
verso segmenti in crescita (strategia di focalizzazione orientata alla
differenziazione).
2. In caso di alta forza dell’impresa nella domanda residua e di bassa intensità
della competizione, per attuare la dismissione lenta bisogna ridurre i costi
accessori, esternalizzare, ridurre i prezzi, aumentare la distribuzione
(strategia di quota di mercato).
3. In caso di bassa forza dell’impresa nella domanda residua e di bassa intensità
della competizione, per attuare la dismissione lenta bisogna fermare gli
investimenti, massimizzare il cash flow, utilizzare al massimo la
capacità produttiva, ridurre i costi di marketing, ridurre la qualità,
attuare il recupero crediti (strategia di mietitura).
Oltre al gradimento del mercato (parametro qualitativo), le scelte riguardo le ASA
devono associarsi a un parametro economico-quantitativo, analizzando il margine di
contribuzione delle matrici prodotto/mercato. Quest’informazione indirizzerà alle
scelte di make or buy, di mantenimento di una linea, sui prezzi, ecc.
Le decisioni sono più puntuali se effettuate non sui valori assoluti (margine di
contribuzione totale), ma sui valori relativi (margine di contribuzione unitario),
contributo che ogni unità di prodotto venduto apporta alla copertura dei costi
cioè il
fissi una volta recuperati i costi variabili.
Dall’esempio osserviamo che entrambe le linee portano allo stesso margine di
contribuzione (190-180=10 e 100-90=10), quindi oltre all’analisi del margine di
contribuzione totale, bisognerà distinguere il margine di contribuzione industriale
dal margine di contribuzione commerciale:
Per la copertura dei costi variabili industriali, la linea A contribuisce per 90, mentre la
linea B per 50, quindi a livello di processo produttivo la linea A è quella più
conveniente, poiché crea il margine più alto.
Per la copertura dei costi variabili commerciali, la linea A contribuisce per 120, mentre
la linea B per 60, quindi a livello commerciale la linea A è nuovamente quella più
conveniente, poiché crea il margine più alto.
Dunque, a parità di margine di contribuzione totale, la linea A è quella che conviene di
più portare avanti e abbandonare la linea B.
Successivamente, si confrontano tali margini con i costi fissi specifici industriali
(ad esempio ammortamenti, manodopera diretta, manutenzione, costi di
progettazione, ecc.) e i costi fissi specifici commerciali (pubblicità, compensi
agenti, ammortamenti store vendita, ecc.) associati ad ogni linea o segmento di
mercato:
La stima di questi costi è importante perché aiuta a capire il risparmio che si
conseguirebbe eliminando una certa linea oppure esternalizzandola a terzi.
Successivamente, ci sono i costi fissi comuni (utenze, stipendi amministratori,
imposte, ecc.).
Infine, sottraendo al margine di contribuzione industriale e al margine di contribuzione
commerciali i costi fissi specifici e comuni, otteniamo il margine operativo
industriale e il margine operativo commerciale.
Si conferma nuovamente l’ipotesi che conviene mantenere la linea A.
Oltre all’analisi dei margini, un altro dato di fondamentale importanza è il rendimento
delle linee: un’azienda solida deve penetrare il mercato e produrre molto, ma
un’azienda in crisi non ha le risorse per farlo, quindi, per sfruttare i margini, l’azienda
ha come alternativa lo sfruttamento delle riserve di capacità, cioè fare leva su una
produzione statica tradizionale.
Se l’azienda non dispone di riserve di capacità produttiva che gli permettono di far
crescere i volumi ed è costretta, a causa della crisi, a rallentare la produzione, per
arrivare al margine deve aumentare i costi fissi e variabili attuali per aumentare i
ricavi.
Per capire quanti ricavi occorre conseguire per avere un margine di reddito adeguato,
calcoliamo gli indici: occorre valutare la convenienza delle linee confrontando il
margine operativo con il ROS:
margine operativo/ricavi di vendita
Quindi, in termini di rendimento la linea A è meno conveniente rispetto alla linea B.
Questo significa che bisogna vendere almeno il doppio dei prodotti della linea A, per
riuscire ad avere un rendimento equiparato alla linea B.
Se i costi commerciali fossero ininfluenti perché molto simili o si volesse attivare un
canale diretto per eliminarli, occorre determinare il rendimento confrontando il
margine operativo industriale con i ricavi di vendita:
margine operativo industriale/ricavi di vendita
● Riequilibrio della struttura finanziaria: esso può avvenire mediante:
Apporto di nuovo capitale di rischio, tramite:
la ricapitalizzazione da parte dei soci, in alcuni casi imposta dalla
o legge, ad esempio quando la società registra una perdita che supera di
1/3 il capitale sociale;
l’ingresso di nuovi soci finanziatori (aziende, banche, privati),
o tuttavia in questo caso bisogna stare attenti a non diluire la proprietà e di
fare in modo che la maggioranza resti sempre in mano alla vecchia
proprietà.
Rifinanziamento o consolidamento di fonti di debito da fonti esterne:
Ristrutturazione del debito: in questo caso è importante la credibilità
o e la fiducia che l’azienda mantiene nei confronti della banca, la quale può
decidere di:
dare più tempo all’azienda per pagare i debiti;
abbassare gli interessi.
Si può agire con diversi strumenti:
pactum de non petendo, cioè un accordo tra il debitore e il
creditore, dove quest’ultimo prolunga la data di rimborso
dell’intero debito;
rinegoziazione del debito;
rateizzazione;
rinuncia agli interessi (art. 56 Codice della crisi, 2021).
Conversione del credito in quote capitali: l’azienda genera nei
o confronti del creditore il cosiddetto leveraged buyout, cioè converte il
debito in quote capitali d’acquisto, quindi dalla posizione di creditore si
passa a quella di socio.
Il creditore rinuncia al rimborso del finanziamento e dei correlati interessi
per diventare socio, dunque la sua remunerazione avviene sottoforma di
utili e dividendi.
È un caso diverso dalle obbligazioni convertibili, perché in questo caso
non c’è un titolo ma un prestito.
Nuovi finanziamenti con covenants per il controllo aziendale: è il
o caso in cui un’azienda non manifesta un indebitamento troppo elevato, la
quale mantiene il debito in essere e per riequilibrare la struttura
finanziaria richiede dei finanziamenti con delle clausole di salvataggio e
salvaguardia previste dal Codice della crisi d’impresa.
Ad esempio, si rinunceranno a determinati interessi o si concederanno
delle date di rimborso più diluite e si consentirà al creditore un maggiore
partecipare a determinate assemblee al pari di un
controllo, il quale potrà
socio riceverà determinati report periodici
(senza il diritto di voto) oppure
sullo stato di salute dell’azienda.
● Turnaround: è un processo di risanamento che impone un cambiamento
mission, obiettivi,
radicale, un salto quantico rispetto al passato. Cambiano la gli la
strategia, struttura operativa e commerciale.
la Non ci si limita al ripristino
dell’efficienza.
Esso combina varie azioni di risanamento (riconversione, riassetto organizzativo,
ristrutturazione del debito, ecc.).
Si attua nel medio-lungo periodo e il fine non è solo sopravvivere ma rilanciare e far
all’innovazione radicale della tecnologia da
crescere l’azienda. Esso si associa spesso
implementare.
12.3. Valutazione delle strategie di risanamento
La strategia di risanamento necessita di una valutazione e