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2. SPAZIO-FORMA-STRUTTURA NELLA RICERCA CONTEMPORANEA
• Approfondimento su tre autori contemporanei a scelta tra i seguenti (esporre per ognuno 2 opere):
Alberto Campo Baeza
o David Chipperfield
o Mansilla + Tunon
o Aires Mateus
o Paulo Mendes da Rocha
o Nieto Sobejano Arquitectos
o OMA/Rem Koolhaas
o SANAA
o Steven Holl
o Toyo Ito
o Peter Zumthor
o 1
1. SPAZIO-FORMA-STRUTTURA NELL’ESPERIENZA DEI MAESTRI
La relazione tra architettura e costruzione è cambiata nel tempo. Fino all’800, architettura e costruzione
coincidevano: le forme architettoniche erano il diretto risultato delle tecniche costruttive, che a loro volta
dipendevano dal contesto geografico, climatico e culturale. Si costruiva con ciò che si trovava sul posto,
secondo saperi artigianali tramandati e condivisi tra architetti e maestranze. Ogni epoca aveva quindi un
proprio modo tipico di costruire, legato alla disponibilità di materiali locali e alle competenze tecniche del
momento.
Con l’avvento del cemento armato nella modernità, si assiste a una svolta epocale: la tecnica consente nuove
libertà formali, come ampie luci strutturali, aggetti e facciate non portanti. L’opera di Le Corbusier è
emblematica in questo senso, con la facciata libera e la possibilità di aprire finestre senza limiti strutturali. Si
rompe così il legame diretto tra forma e tecnica, aprendo la strada a una grande varietà di linguaggi
architettonici, come vediamo nell’architettura contemporanea. In questo nuovo scenario, conoscere materiali,
tecnologie e colori è ancora fondamentale, ma non determina più automaticamente la forma finale dell’edificio.
L’architettura ha un doppio volto, questa viene vista sia come arte che come tecnica. Alcuni architetti
moderni, come Le Corbusier, la definiscono un’arte plastica fatta di proporzione, luce e ordine matematico.
Altri, come Mies van der Rohe, mettono in evidenza la chiarezza della costruzione. Adolf Loos, invece,
distingue nettamente l’architettura “utile” da quella “artistica”: secondo lui, solo il sepolcro e il monumento
sono vera arte, mentre l’abitazione deve essere funzionale e rispondere alle esigenze di tutti.
L’architettura è anche descritta come un linguaggio autonomo, composto da spazio, forma e struttura, che
possiede una propria grammatica e sintassi. Questo linguaggio può articolarsi in sistemi più complessi, come
le tipologie costruttive murarie e trilitiche. L’architettura muraria si basa sulla continuità della materia e
su operazioni come lo scavo, l’accumulo e la stratificazione, mettendo in risalto il muro come massa e lo
spessore come valore compositivo. Al contrario, l’architettura trilitica, che deriva dall’archetipo della
capanna, è fatta di elementi discontinui e puntuali, e gioca con ritmi, proporzioni e contrasti tra pieni e vuoti,
luci e ombre. Infine, nell’800 il muro perde il suo carattere massiccio per diventare sempre più sottile, leggero,
quasi una superficie tessile, segnando un ulteriore passo verso l’astrazione formale e la separazione tra
costruzione e rappresentazione.
Andiamo ad analizzare il rapporto tra spazio, forma e struttura nell’architettura, sottolineando come questo
legame sia cambiato nel tempo, soprattutto a partire dal Movimento Moderno. In passato, nelle architetture
classiche e medievali (come i templi greci o le cattedrali gotiche), la forma degli edifici era una diretta
conseguenza della loro struttura: lo spazio era definito dalle esigenze costruttive. Con l’arrivo del cemento
armato e dell’acciaio, però, la relazione tra struttura e forma si libera e diventa più compositiva, aprendo
nuove possibilità progettuali.
Architetti come August Perret cercarono di mantenere un certo ordine formale, ispirato ai canoni classici, ma
utilizzando materiali moderni. La sua "Casa in Rue Franklin" a Parigi mostra la struttura in cemento armato
ma è arricchita da decorazioni leggere. Al contrario, Le Corbusier, suo allievo, spinge verso una maggiore
libertà formale, elaborando i cinque punti dell’architettura moderna, che permettono la facciata libera e la
pianta libera. In molte sue opere, come la Villa Savoye, la struttura portante è ridotta al minimo per lasciare
massima libertà spaziale e visiva. Mies van der Rohe lavora sull'essenzialità, usando proporzioni rigorose e
impianti strutturali semplici ma raffinati, come nella Galleria Nazionale di Berlino. Altri movimenti come
De Stijl, influenzati da arte e geometria (es. Mondrian), concepiscono lo spazio come una composizione
analitica di volumi, piani e colori.
Altri architetti si allontanano dal razionalismo: Alvar Aalto, influenzato dalla cultura finlandese, propone
forme più morbide e legate alla natura e ai bisogni dell’uomo. Frank Lloyd Wright propone un’architettura
“a misura d’uomo”, dove lo spazio guida la forma, come nel Guggenheim Museum, che ruota intorno a una
spirale centrale. Lo stesso Le Corbusier, verso la fine della carriera, si allontana dalla rigidità del suo primo
2
modernismo, come nella Cappella di Ronchamp, dove il cemento armato diventa espressione plastica ed
emotiva.
La distinzione tra stereotomico (architettura massiva, scavata, come quella mediterranea) e tettonico
(architettura leggera, assemblata, tipica del nord Europa). Questi due archetipi si riflettono nelle costruzioni:
il sud cerca protezione dalla luce con strutture chiuse, il nord ne ricerca il massimo con strutture aperte e
luminose. Questo dualismo continua anche nell’architettura moderna, come nella Galleria Nazionale di Mies,
dove c’è una base massiva e una parte superiore leggera.
Jørn Utzon, influenzato dall’architettura orientale, lavora con coperture fluttuanti e basamenti marcati. In
Italia, il Movimento Moderno si sviluppa in modo diverso rispetto alla Francia: architetti come Terragni, con
la Casa del Fascio, lavorano su una struttura muraria più evidente, a differenza della Villa Savoye di Le
Corbusier, più libera e sospesa. Infine, si riconoscono legami tra architetture moderne e classiche: ad esempio,
Villa Stein richiama la Villa Malcontenta di Palladio, mostrando una continuità nella struttura e nel ritmo.
Anche nella Casa Escherick di Louis Kahn, la struttura è chiaramente visibile e definisce la forma
dell’edificio, mentre Le Corbusier tende a nasconderla dietro una composizione più libera.
MIES VAN DER ROHE
Mies van der Rohe (1886–1969) rappresenta una figura cardine del Movimento Moderno. Nato ad Aquisgrana,
città dalla forte tradizione storica e architettonica, Mies inizia il suo percorso nella bottega paterna
(scalpellino), per poi approdare allo studio di Bruno Paul e, nel 1908, presso quello di Peter Behrens, dove
entra in contatto con Gropius e Le Corbusier. Nel 1913 apre il suo studio e nel tempo aderisce a movimenti
d’avanguardia come il Novembergruppe. È uno degli ultimi direttori del Bauhaus, chiuso nel 1933 con
l’avvento del nazismo. Da quel momento si trasferisce negli Stati Uniti, dove trova terreno fertile per le sue
idee e fonda l’Illinois Institute of Technology, progettandone il campus.
Il pensiero di Mies si concentra sulla “nuova oggettività”, un'architettura funzionale, razionale e
universale, che rappresenti lo spirito del tempo piuttosto che il gusto individuale. Pur opponendosi
al formalismo, ricerca una forma che sia espressione esatta della costruzione, non fine a sé stessa.
"La forma come scopo porta sempre al formalismo." – Mies
Il suo celebre motto “Less is more” sintetizza questa visione: la semplicità è frutto di chiarezza e
rigore, non di facilità.
Mies preferisce il termine Bauen (costruire) a Architektur, poiché sottolinea la centralità del processo
costruttivo rispetto alla pura forma. Ammira Schinkel, e ne adotta il principio della separazione
degli elementi (colonne, pareti, coperture), visibile nei suoi lavori più maturi. Mies si dedica in
particolare all’acciaio e al vetro, elevandoli a materiali simbolo della modernità. Le sue opere,
all’apparenza semplici, sono in realtà profondamente studiate, soprattutto nel rapporto tra
copertura e recinto:
La copertura è spesso una grande lastra leggera sorretta da pilastri (es. Galleria Nazionale a
• Berlino).
Il recinto, trasparente o arretrato, lascia lo spazio aperto e fluido, annullando la separazione
• tra interno ed esterno.
Appare come un architetto razionale, ma dimostra una forte sensibilità artistica ed espressionista,
soprattutto nella sua ricerca della purezza costruttiva. C’è quindi una tensione costante tra rigore
tecnico e apertura poetica, tra costruzione e arte. 3
Museo per una piccola città, 1941-1943
Il Museo per una piccola città, progettato da Mies van der Rohe tra il
1941 e il 1943, è un esempio emblematico della sua poetica
architettonica, basata sull’essenzialità, sulla chiarezza costruttiva e
sull’integrazione tra spazio costruito e paesaggio. L’intero progetto si
articola secondo un modulo quadrato ripetuto, che organizza lo spazio
attraverso una griglia regolare di pilastri. Questi ultimi, disposti secondo
una composizione cruciforme, non sono mai inglobati nei setti murari,
ma ne restano tangenti o completamente distaccati, ribadendo l’idea che
la struttura portante debba essere chiaramente leggibile, autonoma
rispetto agli elementi di chiusura. La copertura è costituita da una grande
lastra orizzontale che unifica l’intero complesso. Essa si posa sopra il
sistema di pilastri, definendo un volume puro e rigoroso. Parte dell’involucro è costituito da muri che assumono
un duplice ruolo: da un lato fungono da basamento, dall’altro da elementi di separazione o recinzione. Nella
restante parte, invece, l’involucro è completamente trasparente, realizzato in vetro. Questo elemento è
fondamentale nella poetica di Mies, poiché permette al paesaggio
di entrare nella composizione architettonica, annullando la
distinzione netta tra interno ed esterno e rendendo l’ambiente
naturale parte attiva dell’esperienza spaziale.
Il museo si articola in tre spazi principali: un ambiente interno
coperto, una corte interna scoperta ma recintata, e infine uno
spazio esterno completamente aperto. Questa suddivisione suggerisce un'idea di transizione tra i gradi diversi
di relazione tra uomo e natura, mediati dall’architettura. Con pochi elementi – pilastri, copertura, vetro e setti
murari – Mies riesce a costruire un’architettura di grande raffinatezza formale e concettuale. È un’opera che
dimostra come la semplicità, se ben calibrata, possa ess