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PROTEZIONI DALLE RADIAZIONI
Come facciamo allora a proteggerci da tutto ciò che abbiamo spiegato finora? Partiamo dal fatto
che non esiste missione immune a SEU, ma vediamo cosa fare per ridurli:
Schermare le parti più sensibili, utilizzando per esempio delle protezioni addizionali.
o Incrementare le dimensioni fisiche dei semiconduttori, ma questo non si fa mai per ciò che
o abbiamo discusso nelle pagine precedenti.
Ridondanza, utilizzata soprattutto per i dati più critici, poiché invece di immagazzinare dei
o dati di memoria in una sola cella, se ne utilizzano per esempio tre identiche. L’elettronica di
voto confronta periodicamente i valori contenuti dalle tre celle e, se una cella è stata affetta da
bit flip, l’elettronica riconosce come sbagliato questo valore e come corretto quello mostrato
dalle due celle restanti. Stiamo però in questo modo aumentando la massa, la potenza utilizzata
e siamo costretti a ricorrere all’elettronica di voto.
Utilizzare algoritmi di teoria dell’informazione (EDAC), ovvero si immagazzinano più
o informazioni del necessario in modo da accorgersi se si sono verificati degli errori, ed
eventualmente correggerli. Questa è sicuramente la tecnica più utilizzata.
Periodico reset dei computer di bordo.
o
In questo grafico abbiamo il flusso
giornaliero delle particelle in funzione del
LET, per eventi solari e raggi cosmici
galattici al picco del ciclo undecennale. Se
noi per esempio prendiamo un LET di 10
2 -3
/mg, abbiamo circa 10 particelle
MeV cm
2
per cm in un giorno, dovute a venti solari, e
-4 particelle portate dai raggi cosmici.
circa 10
Diminuendo il LET i numeri aumentano di
molti ordini di grandezza.
Quest’altra immagine è invece
molto interessante perché ci dà il
numero di SEU per cella quando si
usano tecnologie COTS, molto
poco costose. Notiamo una certa
concentrazione in due zone
particolari della superficie
terrestre: nelle regioni polari (dove
abbiamo molti puntini neri) e nella
regione dell’anomalia Sud-
Atlantica (perché qui le fasce di
radiazione penetrano più in profondità).
Tornando alle protezioni, in generale, queste permettono soltanto di ridurre la quantità di radiazioni
ma non le eliminano del tutto: una certa quota parte di radiazioni comunque riesce ad oltrepassare
queste protezioni.
CONVERSIONE TRA FLUSSI E DOSI DI RADIAZIONE
In generale noi possiamo parlare di flussi di particelle con una certa energia, ma allo stesso tempo
è importante anche capire qual è la quantità di radiazione che questi flussi di particelle depositano.
Il grafico mostrato qui sopra ci dà la risposta perché abbiamo nelle ascisse l’energia delle particelle
(protoni, elettroni, particelle alfa e fotoni) e nelle ordinate la conversione da flusso a dose. Dato
un certo flusso di particelle, questo grafico ci dice che dose, misurata in rad, è associata a questo
flusso. Notiamo come particelle alfa e protoni abbiano dei fattori di conversione molto elevati
rispetto agli altri due. Per i protoni questo effetto diminuisce a energie più elevate, quindi non è
detto che più energia voglia dire più danno e quindi maggiore dose di radiazioni, anche perché
particelle molto energetiche tendono ad interagire poco con la materia. Ovviamente si tratta di
variabili molto difficili da calcolare, derivanti da studi di tipo sperimentale.
EFFETTI BIOLOGICI DELLE RADIAZIONI
Avevamo introdotto l’indice RBE
(Relative Biological effectiveness), che
ci diceva qual era l’effetto di un rad di
differenti tipi di radiazione una volta
depositato su materiale biologico. Si
tratta comunque di un indice relativo
perché si prende come danno biologico
unitario quello causato da raggi gamma di circa 200 keV. Il danno biologico varia in maniera molto
diversa a seconda delle particelle che consideriamo: per esempio, i raggi gamma di energia più
elevata producono meno danno biologico, mentre aumentando la massa delle particelle (protoni,
neutroni e particelle alfa) il danno biologico aumenta molto. I neutroni hanno una grande capacità
di penetrazione ma nello spazio non sono molto presenti.
1 1 ∙ ,
Sappiamo che quindi possiamo classificare gli effetti delle radiazioni a
seconda delle dosi di radiazioni misurate in rem.
Per dosi tra 0 – 50 rem non ci sono effetti significativi, eccetto che minimi cambiamenti nel
o sangue.
Per dosi tra 50 – 100 rem c’è il 5 – 10% di effetti dovuti alla ionizzazione nel sangue (radiation
o sickness). Si tratta di effetti transitori, dovuti all’assorbimento di radiazioni in un momento
concentrato, che non causano problemi seri.
Per dosi tra 100 – 150 rem c’è circa il 25% di effetti dovuti alla ionizzazione nel sangue.
o Per dosi tra 150 – 200 rem c’è circa il 50% di effetti dovuti alla ionizzazione nel sangue. Si ha
o nascita di problemi seri che, però, non causano la morte.
Per dosi tra 200 – 350 rem la ionizzazione nel sangue ha percentuale molto elevata e c’è il 20%
o di probabilità di morte.
Per dosi tra 350 – 550 rem la ionizzazione nel sangue è completa e c’è il 50% di probabilità di
o morte.
Per dosi superiori ai 1000 rem la morte è certa.
o
Assumendo un RBE pari a 1, per un anno di esposizione alle radiazioni abbiamo le seguenti dosi:
2
): su
Supponiamo di avere addosso una tuta spaziale per un anno (schermaggio di 0.1 g/cm
o un’orbita a 400 km e 30° di inclinazione (circa quella della Stazione Spaziale Internazionale)
abbiamo una dose, dovuta alle particelle intrappolate delle fasce di Van Allen e ai raggi cosmici
galattici, di 400 rem; su un’orbita polare a 400 km e 90° di inclinazione circa 15000 rem; in
orbita geosincrona abbiamo una dose di 5 Mrem. 2 senza alcuna protezione per un anno:
Supponiamo di prenderci uno schermaggio di 5 g/cm
o i dati diminuiscono notevolmente. Su un’orbita a 400 km inclinata di 30° la dose è pari 32 rem;
su un’orbita polare a 400 km inclinata di 90° la dose è pari a 28 rem (questo valore è diminuito
perché ai poli le linee di campo sono aperte, quindi non possiamo intrappolare le particelle
delle fasce di Van Allen), mentre in orbita geosincrona si arriva a 300 rem.
Radiazioni dovute ai flares solari: su un’orbita a 400 km e inclinata di 30° non c’è dose di
o radiazione; su un’orbita polare a 400 km inclinata di 90° la dose è pari a 80 rem (questa
radiazione è maggiore perché, non avendo linee di campo chiuse, ai poli ci esponiamo ai flussi
di particelle che vengono dal Sole e che piombano sull’atmosfera terrestre attraverso le cuspidi
polari), mentre in orbita geosincrona si arriva a 250 rem.
In generale su ogni navicella spaziale c’è un dosimetro, cioè un dispositivo che misura la quantità
di radiazione assorbita. Proseguiamo con questa tabella, nella quale abbiamo i limiti di dosi di
radiazione che possono essere sopportati dagli astronauti per la pelle, gli occhi e il midollo spinale,
durante un’esposizione prolungata.
Guardando le dosi del totale della carriera di un astronauta, dobbiamo tener conto del fatto che
questi numeri sono quelli che possono aumentare del 3% la probabilità di avere dei tumori. I raggi
cosmici hanno anche effetti sul sistema nervoso, ma ancora non sappiamo se si tratti di una
degradazione progressiva o a soglia (cioè se oltre una certa soglia il funzionamento della cellula
nervosa viene inibito).
Durante una missione quindi, è necessaria protezione. Bene o male dai protoni solari ci si protegge
abbastanza facilmente perché ne conosciamo la direzione di provenienza: in caso di un evento
solare intenso potremmo pensare di avere protezioni con spessori piuttosto consistenti e riorientare
la navicella spaziale in modo da esporre una grande densità superficiale di massa verso il Sole. La
stessa cosa, però, non può essere fatta per i raggi cosmici galattici che provengono in maniera
isotropa da tutte le dimensioni. Ultimo diagramma cui fare
riferimento è questo a sini-
stra, nel quale è riportato il
numero di macchie solari
(rappresentato dalla linea
continua), mentre ciascuna
linea verticale rappresenta
un evento di protoni
energetici emessi dal Sole:
le linee più chiare rappresentano i flussi energetici con energia all’incirca pari a 10 MeV, mentre
le linee più scure considerano i flussi protonici con energia superiore a 30 MeV. In ascisse ci sono
gli anni dal 1955 al 1985, mentre in ordinate abbiamo le fluenze dei protoni, ovvero i flussi di
2
particelle per unità di area (in questo caso cm ) integrati sulla durata dell’evento. Questi eventi
tendono a presentarsi nella fase discendente del ciclo solare.
CAPITOLO 5
I CAMPI DI GRAVITÀ
Nell’immagine abbiamo il primo campo di gravità terrestre fornito da Grace nel 2003. Grace si
basa su un sistema di due satelliti in formazione sullo stesso piano orbitale, che si seguono a
distanza di 200 km. Il funzionamento di tali satelliti è basato su un link radio che misura la velocità
relativa, tramite cui è possibile ricavare il campo gravitazionale.
Le anomalie gravitazionali rappresentano tutto ciò che rimane escludendo i termini di bipolo e
quadrupolo e sono appunto quelle rappresentate in figura. Si tratta di anomalie gravitazionali
positive, cioè abbiamo più gravità, e negative. L’unità di misura è il milliGal (in onore di Galileo),
.
/ Le regioni più particolari sono, per esempio, quella che comprende la
dove
catena Himalayana, dove abbiamo continuo passaggio da zone blu a rosse, la regione del
Giappone, il Cile e così via. Questi strani andamenti della gravità misurati da Grace sono
direttamente collegati alla composizione interna terrestre e ci permettono, per esempio, di misurare
qual è la quantità di ghiacciai che si sta sciogliendo o qual è il contenuto di acqua, con la sua
variazione stagionale, delle falde freatiche.
EQUAZIONE DI POISSON 2
Sappiamo che la gravità, così come le forze elettriche, è proporzionale a 1/r . La differenza tra le
due sta nel fatto che, mentre nel caso delle forze elettriche possiamo avere sia forze attrattive sia
repulsive, nel caso della forza gravitazionale, questa risulta esclusivamente attrattiva. Proprio per
questo possiamo, per esempio, schermarci da campi elettromagnetici ma non esiste alcuna
protezione dalla gravità.
Vogliamo capire adesso quale sia l’equazione del ca