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OBBLIGHI GENERALI DI CORRETTEZZA, DILIGENZA E PROFESSIONALITÀ
Impongono all'intermediario di “servire al meglio l'interesse dei clienti” e di“rispettare l'integrità dei mercati”, così da assicurare un comportamento funzionale, efficiente e trasparente nel mercato dei capitali.
OBBLIGHI INFORMATIVI
Gli obblighi informativi, invece, sono necessari per assicurare la massima trasparenza sia nell'acquisizione delle informazioni dai clienti sia nell'inoltro di informazioni adeguate a questi ultimi. Per cui, innanzitutto, le informazioni devono sempre essere chiare, corrette e non fuorvianti; in secondo luogo, gli intermediari devono fornire al cliente delle informazioni appropriate, affinché questi possano comprendere la natura del servizio di investimento, il tipo specifico di strumento finanziario, e i rischi ad esso connessi, così da prendere le decisioni in modo consapevole. Inoltre, al cliente devono essere
Fornite puntuali informazioni sull'intermediario, sulla salvaguardia del patrimonio del cliente stesso, sulle caratteristiche del tipo specifico di strumento finanziario di riferimento e sui costi ed oneri del servizio.
3) OBBLIGHI ORGANIZZATIVI
Gli obblighi organizzativi, invece, stabiliscono che l'intermediario debba disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi e delle attività.
Pertanto, il controllo interno si articola in 3 aree distinte che sono:
- Il controllo di conformità (compliance): finalizzata alla verifica dell'adeguatezza e dell'efficacia delle procedure interne;
- L'attività di internal audit: finalizzata alla verifica dell'adeguatezza dei sistemi, dei processi, delle procedure e dei meccanismi dell'intermediario;
- L'attività di risk management: finalizzata alla funzione di gestione dei rischi a cui sia esposto.
In pratica: la disciplina dell'adeguatezza fu introdotta con la legge 1/91, e la sua portata è stata oggetto di numerosi precedenti giurisprudenziali soprattutto nell'ambito del contenzioso sul "risparmio tradito"; comunque, in sostanza, l'adeguatezza implica che l'intermediario abbia il divieto di effettuare o consigliare operazioni che non siano profiloadeguate al dell'investitore.
La MiFID ha rafforzato questa regola, rendendola inderogabile (nel senso che l'intermediario non può eseguire un'operazione inadeguata nemmeno nel caso in cui l'investitore glielo ordini espressamente!); tuttavia, la regola dell'adeguatezza non ha più portata generale, perché adesso è applicabile solo al servizio di gestione di portafogli e al servizio di consulenza.
Comunque, per adempiere gli intermediari devono acquisire determinate informazioni dai clienti; cioè,
devono: sapere se questi abbiano esperienza nel settore di riferimento, devono conoscere la loro situazione finanziaria e devono sapere gli obiettivi di investimento. Infatti, senza queste informazioni, l'intermediario non può prestare il servizio (mentre prima della MiFID poteva valutare se l'operazione potesse comunque considerarsi adeguata). D'altro canto, l'intermediario non deve valutare la veridicità delle informazioni, ma deve verificare che non siano palesemente inesatte, incomplete o superate (perché, in quel caso, dovrà integrarle e aggiornare il profilo dell'investitore). APPROPRIATEZZA Invece, la regola dell'appropriatezza si riferisce a servizi diversi dalla consulenza e dalla gestione, ed implica un giudizio che si basa soltanto sull'esperienza e la conoscenza dell'investitore. Cioè, il giudizio di appropriatezza non insiste sugli obiettivi di investimento. Inoltre, se l'operazione non sia appropriata,l'intermediario è tenuto solo ad informare l'investitore ma non è sottoposto al divieto di operare. Comunque, nella prestazione dei servizi, la MiFID ha anche previsto una zona franca, rappresentata dai servizi prestati in modalità "execution only": infatti, in questo caso, l'intermediario si limita a dare esecuzione agli ordini trasmessi, senza obbligo di richiedere informazioni. Tuttavia, questa modalità è possibile solo quando i servizi abbiano ad oggetto degli strumenti finanziari non complessi (come le azioni quotate e le obbligazioni), quando il servizio sia richiesto dal cliente, quando il cliente sia consapevole del fatto che l'intermediario non è tenuto a valutare l'appropriatezza dell'operazione e quando l'intermediario rispetti gli obblighi in materia di conflitti di interesse.
BEST EXECUTION
Infine, la MiFID ha riformulato la regola di best execution, cioè la regola che impone
agli intermediari di ottenere le migliori condizioni possibili. Inizialmente, questa regola era stata concepita come forma di tutela dell'investitore, ma finiva con l'essere snaturata dal garantire la concentrazione degli affari che assolvesse principalmente la funzione di scambi nei mercati regolamentati. Ovviamente, con l'eliminazione della concentrazione si sono originate diverse venues che operano su piani paritetici, e questo implica che le condizioni di migliore esecuzione debbano manifestarsi rispetto alle diverse sedi (= venues) a cui l'intermediario ha accesso. Per meglio dire, gli intermediari hanno l'obbligo di elaborare una procedura scritta che identifichi la strategia di esecuzione degli ordini. Quindi, è chiaro che lo scopo sia quello di ottenere il miglior risultato possibile per il cliente, avendo riguardo a prezzi, costi, rapidità e natura dell'ordine. Inoltre, gli intermediari devono adottare una strategia finalizzata adindividuare (per ogni categoria di strumenti finanziari) tutte le sedi di esecuzione che permettano di mantenere il miglior risultato nel corso del tempo; poi, se l'ordine viene eseguito per conto di un cliente al venues dettaglio, la selezione delle va fatta sulla base del corrispettivo totale (= prezzo dello strumento più tutti i costi di esecuzione). Comunque, dev'essere osservato che, in realtà, la best execution non corrisponde affatto alla migliore esecuzione possibile, ma solo alla miglior esecuzione che l'intermediario sia in grado di ottenere nell'ambito della cerchia di che abbia preselezionato. LA DISCIPLINA DEGLI INCENTIVI Il MiFID ha modificato la disciplina degli incentivi, che oggi ha una dimensione autonoma ed indipendente dai conflitti di interesse, in pratica, la percezione o il pagamento di incentivi (come le commissioni di retrocessione) può incidere negativamente sul dovere dell'intermediario, che potrebbe essere indotto adagire in modo controproducente per il cliente. Di regola, in altre parole, gli incentivi sono vietati, a meno che non rientrino nelle eccezioni ammesse dalla Direttiva, di cui fanno parte i costi di custodia, i prelievi compensi, le obbligazioni obbligatorie e le spese legali; tuttavia, nelle eccezioni rientrano anche le commissioni o le prestazioni non monetarie, pagate o fornite da un terzo o da chi agisca per conto di questi. In quest'ultimo caso, però, tutto ciò che riguarda la loro natura e il loro importo deve essere comunicato al cliente in modo chiaro, completo e accurato PRIMA della prestazione del servizio; e, inoltre, il pagamento deve essere rivolto a migliorare la qualità del servizio fornito al cliente e non deve ostacolare l'adempimento degli obblighi dell'intermediario. Comunque, questa disciplina ha messo in discussione numerose forme di remunerazione degli intermediari, delineando profili di dubbia legittimità; tuttavia, a ben vedere,La disciplina degli incentivi