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METODO GIURIDICO E INNOVAZIONE MOD.II (REGOLAZIONE PER PRINCIPI E TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI)
Matteo Fraumatteo.frau@unibs.it
I diritti umani in una prospettiva europea. Opinioni concorrenti e Libro: P. P. A, DE LBUQUERQUE dissenzienti (2011-2015), Giappichelli, 2016
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Il corso tratta di casi attuali in cui è possibile avere una idea della complessità della definizione dei diritti e della loro tutela nell'attuale realtà giuridica. La realtà giuridica di oggi è una realtà non relativa a un ordinamento ma una molteplicità di ordinamenti che si intersecano tra di loro. Viviamo in un sistema di ordinamento multilivello in cui c'è una stratificazione di ordinamenti giuridici compenetrati l'uno all'altro. Persino in assenza di una costituzione globale o europea (non si può parlare di costituzione europea).
Molti studiosi affermano che siamo già
dentro una costituzione europea, ma di fatto non esiste unacostituzione europea perché non c'è l'approvazione dei popoli. E questo non è mai accaduto in Europa. L'unica volta che si è provato a fare una costituzione, o qualcosa di simile, ovvero il trattato del 2004 (definita la costituzione europea o trattato costituzionale), nel processo di ratifica quel trattato è stato clamorosamente bocciato dal popolo francese. Fin quando i governi hanno deciso di recuperare tale trattato, di rivitalizzarlo, eludendo il problema del pratico, cioè che avrebbe potuto essere nuovamente bocciato dai popoli. Quindi hanno preso i contenuti di quel trattato e li hanno riversati nel trattato di Lisbona. Esso non è stato sottoposto a ratifica nazionale. L'unico referendum al quale è stato sottoposto è avvenuto in Irlanda (il popolo irlandese ha bocciato anche il Trattato di Lisbona). I governi infatti sono dovuti tornare sultrattato correggendo qualcosa per rassicurare il popolo irlandese e anche loro hanno dato il loro nulla osta. In realtà il trattato recupera buona parte di ciò che era contenuto nel trattato costituzionale ma ciò non significa che oggi l'Europa ha una costituzione perché manca il dna di una costituzione e cioè la volontà titolare del potere costituente che è il popolo. L'idea di fondo è che anche senza la costituzione abbiamo un ordinamento enorme anche a livello sovranazionale che oggi ha come riferimento il trattato di Lisbona e altri trattati istitutivi nel quale sono inseriti tutti una serie di altri ordinamenti, come quelli degli stati, ma anche sotto-ordinamenti come quelli delle regioni. Realtà ulteriormente ampliata dal fatto che l'unione europea aderisce al Consiglio d'Europa, quindi nell'ambito dell'unione europea la stessa corte di giustizia, come parametro di interpretazione della
La carta dei diritti dell'Unione Europea ha come punto di riferimento la carta di Strasburgo. Quindi l'Unione Europea, che ha già una sua carta di diritti, la Carta di Nizza, deve fare i conti anche con la Convenzione europea. Ci sono alcuni diritti che sono corrispondenti, talora anche nella formulazione delle disposizioni, ma non sono identici. Vedremo quindi come questi diritti sono disciplinati nella Costituzione, nella Carta di Nizza e nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Una presenza contemporanea di diritti entro tre livelli di affermazione giuridica.
Questa duplicazione dell'affermazione dei diritti fondamentali e anche dei livelli di tutela non può essere vista necessariamente come una cosa positiva. O se vogliamo priva di problemi: non è che se un diritto è affermato più di una volta è un diritto più forte, perché ogni livello di tutela prevede un diverso bilanciamento. Ad esempio, il diritto alla
La privacy affermata sia nella Convenzione sia nella Carta ha un peso molto diverso, assicurando un diverso livello di tutela al diritto all'oblio.
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IL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA E DI NON DISCRIMINAZIONE: Articolo 3 della Costituzione Italiana
Eguaglianza formale e eguaglianza sostanziale. I cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [29, 31, 37 1, 48 1, 51; c.c. 143, 230bis], di razza, di lingua [6], di religione [8, 19, 20], di opinioni politiche [21, 49], di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico [24 3, 34, 36, 40] e sociale [30 2, 31, 32, 37], che,
limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana [37, 38] e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori [35] all'organizzazione politica [48, 49], economica [39, 45-47] e sociale [31, 34] del Paese."
L'ordinamento italiano è stato uno dei primi a enucleare in modo molto nitido un secondo principio di eguaglianza accanto a quello dell'uguaglianza formale, che è quello dell'eguaglianza sostanziale. Duplice dimensione del principio di eguaglianza. I due principi sono coessenziali, ma l'eguaglianza sostanziale è qualcosa di più. Il principio di uguaglianza formale è frutto del costituzionalismo liberale, è tipico della tradizione dello stato liberale. Ma cambia qualcosa perché c'è riferimento alla "pari dignità sociale": c'è alla base un contesto diverso, il contesto dello
Lo stato democratico è caratterizzato da una pari dignità sociale per tutti i cittadini. Segue poi il principio dell'eguaglianza sostanziale: "sono eguali davanti alla legge". Essere eguali davanti alla legge non significa che la legge sia uguale per tutti, non implica che la legge tratti le situazioni e tutti i cittadini allo stesso modo. Il principio di eguaglianza è violato sia quando si tratta in modo identico situazioni disomogenee, sia in modo differente situazioni omogenee. La legge deve saper distinguere le situazioni. Da qui nasce anche il CANONE DELLA RAGIONEVOLEZZA: la legge può prevedere un trattamento diverso in certe situazioni tenendo in considerazione la diversità, ma deve farlo sempre con il canone della ragionevolezza.
In cosa consiste questo divieto? Nel divieto di adottare condotte discriminatorie. È un obbligo di non fare che grava naturalmente sullo stato e sulla pa. Non sono ammesse leggi discriminatorie. Discriminare è incostituzionale. Ma
Questo divieto in realtà opera a tutti i livelli: anche la P.A. non può discriminare, ad esempio negli atti esecutivi. È un divieto generale ed è un DIVIETO DI NON FARE. Evitare qualcosa, omettendo qualcosa, evitare di discriminare: impostazione tipica dello stato liberale. Nella visione dello stato democratico sociale c'è qualcosa in più: i compiti dello stato si fanno incisivi. Cambia la visione dello stato e anche della cittadinanza, una cittadinanza proattiva che fa parte delle istituzioni. Ma la cosa innovativa è che si richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà economica, giuridica ecc.: UN OBBLIGO DI FARE. Quindi c'è da un lato il riconoscimento dell'eguaglianza, dall'altro l'adempimento dei doveri inderogabili. La prima parte corrisponde alla visione liberale. La visione democratica sociale la troviamo dopo: "è compito della repubblica rimuovere..."
È una disposizione complessa. Il succo è che non basta il dovere di astenersi dal discriminare ma bisogna fare qualcosa. La repubblica deve FARE, rimuovere gli ostacoli, preso atto che nella società ci sono delle disuguaglianze enormi. Questa seconda parte si collega benissimo ai doveri di solidarietà. Si rimuovono gli ostacoli ad es. attraverso i doveri di solidarietà: tutti siamo chiamati ad aiutare chi è rimasto indietro. Troviamo nello stesso art. 1 Cost un richiamo a una costituzione sociale, non socialista, quando c'è il riferimento al principio lavorista: "l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro". Il fondamento lavorista della repubblica italiana è una manifestazione della democrazia sociale (lavoro inteso in senso ampio: i lavoratori siamo tutti i cittadini, chi lavora, chi cerca lavoro, chi l'ha perso, chi ha lavorato. Essere lavoratori è un modo diessere cittadini). Il lavoro è il diritto di tutti, ma tutti noi siamo dovuti a contribuire al progresso della nazione. Il principio di eguaglianza affermato nella Carta di Nizza, ad esempio, non ha questa portata. Così come non ce l'ha il principio di eguaglianza nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo. È inevitabile questa conseguenza perché quando si tratta di mettere insieme diverse costituzioni, ordinamenti, tante condizioni culturali, è difficile costruire un principio che vada bene per tutti. E questo produce un problema grosso perché tanto più gli ordinamenti sono integrati fra di loro, tanto più noi abbiamo un potere politico sovranazionale, tanto più le differenze tra i principi emergono. Molto spesso la tutela di un diritto dipende dal caso, e cioè dalla circostanza che un giudice a quo sollevi la questione alla Corte Costituzionale oppure faccia un rinvio alla Corte di Giustizia.perl’interpretazione del diritto dell’unione europea. O ancora che messi n campo tutti i rimedi uncittadino si rivolga alla Corte di Strasburgo. Viene meno la certezza del diritto e dominal’aleatorietà punto di vista del professore.
CORTE DI GIUSTIZIA E CORTE DI STRASBURGO
Differenza notevole sia tra le due carte che fra le due Corti. La Corte di Strasburgo non haquell’immenso potere vincolante che ha la Corte di Giustizia. Le sentenze di quest’ultima hanno ivalori dei principi del diritto dell’Unione Europea. Vengono applicate addirittura con una forzagiuridica superiore a quella dell’enorme costituzionali dei singoli stati e vincolano quest’ultimi.
La Corte di Strasburgo invece non è inserita in un ordinamento multilivello. Le sue sentenze nonvincolano. Si pronuncia dopo perché questa convenzione mira a garantire che gli stati e le lorolegislazioni che vi aderiscono rispettino i diritti che sono affermati.
Interviene
quando riscontra che gli stati non hanno mantenuto l'impegno di garantire al loro interno un'adeguata protezione di quei diritti. Quindi arriva dopo, mentre la Corte di Giustizia interviene subito.