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PRINCIPIO DI COERENZA

Criteri di risoluzione delle antinomie

Interpretazione sistematica leggo una disposizione alla luce del significato che ho dato ad altre, partendo dal

presupposto che l’ordinamento è coerente. Prima l’interprete cerca di rendere coerente, se si rende poi conto che non è

possibile trovare questa coerenza, allora ricorre ai criteri risolutivi delle antinomie. I criteri servono a mantenere la

coerenza.

Criterio cronologico

Si scontra con la fisiologica rinnovazione dell’ordinamento, la volontà del legislatore più recente prevale su quella del

legislatore più antico. Ogni fonte è inesauribile e può sempre produrre disposizioni nuove.

Chi produce la disposizione nuova a volte facilita il ruolo dell’interprete, abrogazione espressa caso in cui chi produce

nuova disposizione dice anche quale disposizione vecchia viene abrogata dalla nuova, riguarda le disposizioni. Invece,

l'abrogazione tacita, raffronto tra due specifiche norme, e l’abrogazione implicita, intero complesso normativo abrogato

perché sostituito totalmente da uno nuovo, riguardano il rapporto tra norme, cioè è l’interprete a decidere se la norma è

abrogata.

Ad esempio nel 2000 viene adottato un decreto legislativo che ridisciplina la concessione della cassa integrazione

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guadagni (previdenza messa a disposizione dei lavoratori per crisi dell'impresa), riordinando la materia intera si può

ritenere implicitamente abrogata la normativa precedente. Sta poi all’interprete costruire quale fosse la vecchia disciplina

in quanto non contenuta in un testo unico. Se si applica criterio abrogazione tacita non essendoci nessuna norma nella

nuova disciplina in contrasto con quella vecchia, allora quella vecchia è ancora in vigore. La Cassazione ha risolto il

contrasto dicendo che andasse applicata l’abrogazione tacita, decisione frutto di attività interpretativa.

Reviviscenza: la nuova entrata in vigore di una norma precedentemente abrogata per effetto dell’abrogazione della

norma che l’aveva abrogata. La giurisprudenza dice che normalmente l’abrogazione di una norma abrogatrice non fa

rivivere la norma abrogata dalla norma abrogatrice, questo perché la volontà di far tornare in vita la vecchia norma non

viene manifestata e non si può automaticamente trarre che lo voglia (inesauribilità del potere normativo di un organo,

può volere cose diverse, ma ciò non basta a pensare che la sua volontà sia quella di ristabilire la norma). Tuttavia c’è un

caso particolare, la norma A è stata abrogata espressamente da una disposizione B (la reviviscenza si può verificare

solo in casi di abrogazione espressa), se la legge B è meramente abrogativa e non contiene nuova normativa e

interviene una legge C con cui si abroga la legge B, in questo caso si abroga una legge che aveva l'unica funzione di

abrogare un’altra legge, quindi fa rivivere la legge A, sempre a condizione che la legge C sia anch’essa meramente

abrogativa. Caso che riguarda la legge elettorale, nel 1994 fu approvata legge elettorale e nel 2006 questa fu abrogata

dalla legge Calderoli (Porcellum) che aveva introdotto una disciplina nuova (dichiarata poi nel 2014 incostituzionale),

intorno al 2010 fu promosso un referendum abrogativo dell’intera legge del 2006. La Corte Costituzionale ha sempre

ritenuto inammissibili i referendum totali sulla legge elettorale, perché questa è una legge necessaria, dal momento che il

referendum è soltanto abrogativo, l’abrogazione della legge elettorale totale è inammissibile perché non ci sarebbe

alcuna garanzia che poi il Parlamento riesca a votare per una nuova legge che la sostituisca (sono inammissibili tutti i

referendum che pretendono di abrogare una legge necessaria costituzionalmente alla formazione di un organo

costituzionale). I promotori del referendum allora dicono che quel referendum abrogativo della legge Calderoli ha come

unico scopo quello di far rivivere la legge del 1994. La Corte dichiara inammissibile il referendum perché la legge che

abroga non deve introdurre una nuova disciplina elettorale e la legge Calderoli aveva introdotto una nuova disciplina,

non era meramente abrogativa.

Una norma abrogata è inapplicabile ai casi verificati dopo la sua applicazione, l’ordinamento contiene norme

perfettamente valide e che sono abrogate, che continuano ad applicarsi a tutti i fatti verificatisi prima della loro

abrogazione. Il criterio gerarchico e quello della competenza non creano una relazione fisiologica tra le due norme,

producono un fenomeno patologico che esige di espellere dall’ordinamento la norma incompatibile. C’è una differenza

concettuale. Una norma abrogata può essere dichiarata incostituzionale (sollevata la questione se rilevante e non

manifestamente infondata) proprio perché ancora applicabili. Eccezione: ci sono casi in cui la norma abrogatrice è

retroattiva e impedisce alla norma abrogata di trovare uno spazio applicativo, nessun fatto può più essere disciplinato

dalla vecchia norma (ad es. art. 2 c.p. se però una norma dice espressamente di non essere retroattiva e contrasta con

questo art. 2, reddito di cittadinanza). La retroattività è un fenomeno non ben visto dall’ordinamento, c’è la norma

generale dell’art. 11 delle preleggi che dice che “la legge vale solo per il futuro, essa non ha effetto retroattivo”, tuttavia ci

possono essere leggi retroattive perché le preleggi sono del 1942 mentre per es. leggi sul reddito di cittadinanza sono di

oggi e prevalgono in virtù del criterio cronologico. La legge quindi normalmente non ha effetto retroattivo a meno che non

lo dica espressamente, derogando l’art. 11. Se si introduce un nuovo reato non si può stabilire un’efficacia retroattiva a

quel reato, divieto scritto nell’art. 25 comma 2 della Costituzione, problema di rapporto tra la legge e una norma della

Costituzione, criterio gerarchico, la legge non può derogare alla Costituzione, lo potrebbe fare all’art. 11 delle Preleggi

perché sono un atto avente forza di legge (un decreto legislativo, come il Codice civile).

Criterio gerarchico

Disciplina la relazione tra fonti che non hanno la stessa forza, tra tutte le fonti che non hanno la stessa forza, il criterio

cronologico disciplina i rapporti tra le fonti che tra loro sono gerarchicamente ordinate, oggi la gerarchia non tocca tutte le

fonti, ma soltanto alcune. Tra Costituzione e legge c’è, tra legge e regolamento pure, tra lo statuto regionale che

disciplina le modalità con cui si approva legge regionale e la legge regionale c’è,... Non è più scontato però che tutte le

fonti tra loro si ordinano gerarchicamente.

Legge e regolamento esecutivo: principio di legalità

Costituzione e legge: principio di costituzionalità

Entrambi i principi sanciscono una relazione patologica, elemento patologico che va rimosso, il rimedio adottato è

l’invalidità della fonte subordinata rispetto a quella sovraordinata con conseguente annullamento della fonte subordinata.

Rapporto tra legge e regolamento

La legge è l’atto del Parlamento, il regolamento è l’atto del governo, relazione gerarchica tra Parlamento e governo figlia

del momento storico liberale, storicamente determinata tanto che per un sacco di tempo le Costituzioni prevedevano che

la legge prevalesse sul regolamento, ma se il governo adottava un regolamento in contrasto con la legge non c'era

nessun giudice che potesse annullare quel regolamento, secondo loro non ci poteva essere un giudice che avesse

potere di annullamento altrimenti violerebbe la separazione dei poteri, quindi la gerarchia inizialmente la si proclamava in

astratto. Poi la si garantisce in concreto a partire dal 1882 sezione del Consiglio di stato con potere di annullare gli atti

del governo contrari alla legge, poi dal 1948 sistema di giustizia costituzionale. Situazione intermedia che sopravvive

anche oggi; dal 1865 si è previsto che il giudice ordinario potesse disapplicare (restando in vigore, fenomeno più blando

rispetto all’annullamento, ricostruire l’unità dell’ordinamento) nel caso concreto gli atti amministrativi, tra cui i regolamenti,

che violassero i diritti soggettivi. Oggi abbiamo un doppio binario; atti amministrativi annullati dal giudice amministrativo o

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disapplicati, in questo modo si dà concretezza al criterio gerarchico.

Principio di legalità nasce come strumento per ordinare gerarchicamente la fonte primaria e quella secondaria, ma non si

esaurisce in questo, storicamente il principio di legalità coinvolge i rapporti politici tra l’esecutivo e legislativo (fonti = atti

conclusivi di processi di integrazione politica). Noi possiamo vedere i rapporti tra le fonti anche sotto forma di rapporti tra

gli organi politici, il principio di legalità cristallizza la supremazia del parlamento sul governo. Questo rapporto gerarchico

nella storia non si è sempre manifestato nello stesso modo, ad es. momenti in cui rapporto tra assemblea

rappresentativa e governo del re è stato complesso (in tutte le costituzioni dello stato liberale i governi tendevano a

ritagliarsi uno spazio di autonomia dai parlamenti), la forma di governo parlamentare monista ha fatto fatica a imporsi in

quanto tale e fu preceduta da forme di governo che pur riconoscendo supremazia teorica del parlamento mantenevano

caratteri di dualismo. Le fonti del diritto sono anche lo specchio della forma di governo, esse risentono dell’equilibrio della

forma di governo in quanto dipendono dai rapporti tra gli organi politici. Nel dualismo sono due i centri di produzione,

perché due sono i centri di legittimazione. La nostra forma parlamentare è monistica, negli USA è dualistica.

- Lo stato liberale dell’800 aveva una forma di governo tipicamente dualistica, i re rinunciano a una parte della

loro sovranità assoluta lasciando spazio alle assemblee rappresentative, il cui potere di produrre le leggi viene

riconosciuto dalla Costituzione concessa dal re. Le Costituzioni poi mano a mano iniziano a riconoscere che

laddove il Parlamento abbia legiferato su una determinata materia, gli atti del potere esecutivo dovranno essere

conformi a quella legge, il principio di legalità qui si manifesta come preferenza di legge sugli atti del potere

esecutivo, che non potrà adottare atti contrari alla legge. La legge viene approvata se conforme la volontà

dell’assemblea rappresentativa e a quella dell’assemblea non rappresentativa (senato, organo nominato dal re)

e può entrare in vigore solo se a sua volta ottiene la sanzione del re, questo significa che il re ha il potere di

difendere la sua prerogativa se il parlamento ha legiferato vuol dire che il re ha ritenuto che il parlamento su

quella materia lo potesse f

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Scienze giuridiche IUS/08 Diritto costituzionale

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