vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Il problema è il livello di trasfezione: in una trasfezione (inserire DNA dentro le cellule), bisogna
assicurarsi che entrambi entrino, se voglio ricorrere a due plasmidi. Se il primo vettore ha una
bassa efficienza di trasfezione, il secondo entrerà in pochissime cellule. La percentuale di successo
della prima trasfezione deve essere intorno al 90-95%. Allora si può continuare l’esperimento e
ricercare, tra le cellule verdi, quelle verdi e rosse. Se il verde delle cellule è debole, l’esperimento
deve essere ricominciato.
Come assicurarsi che le cellule verdi e rosse abbiano subito correttamente l’editing? Per adesso ho
solo controllato che la GFP è espressa. Come controllare che è avvenuto l’editing?
Ci sono varie strategie:
RT-PCR. Se si disegna bene l’assay, si scelgono due primer che si appaiano esattamente alla
regione che si pensa di aver mandato fuori frame con il taglio. Il probe non si attacca più
bene, perché l’mRNA è mutato. Ma se si disegnano i primer un po’ più a monte o a valle
del sito di taglio, la RT rileverà la presenza di un mRNA, comunque non funzionale.
Sembrerà che la CA sia ancora espressa. Se viene lasciato il promotore del gene, la prima
tripletta codificante, la regione di inzio trascrizione, si ha comunque l’espressione di
qualche elemento, fallimentare dal punto di vista traduzionale. Se l’assay prevede un
annealing esattamente al sito di taglio, allora si può fare.
Anticorpi diretti contro la regione C-terminale della proteina. Se va fuori frame, non viene
riconosciuta, mentre si usa un anticorpo policlonale, si riconosceranno anche altre strutture,
ma a pesi molecolari diversi. Un anticorpo contro la CA è sicuramente la scelta giusta. Se si
è fortunati, si trova addirittura l’anticorpo contro l’epitopo mutato della proteina.
Sequenziamento genico, dopo la PCR.
Una tecnica ancora più veloce del sequenziamento genico: T7 endonucleasi assay.
T7 endonucleasi assay
Si hanno due fiasche, una con le cellule normali e una con le cellule trasfettate con le guide. Si
prende un’aliquota di cellule w-t e delle editate e si estrae il DNA genomico da entrambe le linee.
Si allestiscono due provette con i due DNA genomici. Si fa una PCR su entrambi i campioni: in una
provetta si ottiene l’amplificazione del frammento dell’esone 2 della CA w-t e nell’altra si ha
altrettanto per il campione editato. Si fa riscaldare a 96 gradi entrambe le provette con il DNA, per
farlo denaturare, e si fanno mescolare i due prodotti di PCR (w-t ed editati) tra di loro. I singoli
filamenti denaturati si riappaieranno non necessariamente secondo l’appaiamento di partenza, ma
l’annealing sarà casuale (w-t + w-t; w-t + mutato; mutato + mutato). Si avranno frammenti ibridi
(w-t + mutato), eteroduplex. Se l’editing genetico ha provocato un danno al filamento editato (cioè
è andato a buon fine), l’appaiamento ibrido stride perché c’è sicuramente più di un mismatch, che
causa instabilità al genoma. Si aggiunge allora alla mix un enzima proveniente da un fago,
l’endonucleasi T7, che scorre lungo il filamento ed effettua un taglio a livello delle forzature di
appaiamento. Si fanno correre i campioni su gel di agarosio: le cellule che non hanno subito
l’editing presenteranno una sola banda (la T7 nucleasi non ha riconosciuto alcuna mutazione),
mentre quelle che hanno ricevuto l’RNA guida e la Cas9 avranno mutazioni che cadono proprio
nel sito per cui è stata progettata la guida (ci sarà il prodotto di una digestione enzimatica). Si
osserverà una banda più bassa e una più alta. In cima alla corsa, vicina al fronte di caricamento,
troveremo sempre presente la banda del wild-type. La banda w-t è dovuta all’appaiamento
omoduplex tra due filamenti, che comunque avviene, così come avvengono annealing tra due
filamenti editati. Non si può rimuovere in alcun modo. La T7 serve a capire se si sta procedendo
nella giusta direzione (se è presente un editing). Se il risultato è positivo, si può affermare che ci
sono differenze tra le cellule editate e quelle non editate.
Non abbiamo informazioni sull’efficienza di taglio: qual è la percentuale di editing effettiva?
Bisogna capire prima di tutto il tipo di mutazione prodotta (monoallelica, biallelica) e lo stato delle
cellule editate. Non si può lavorare con un mix di
cellule diverse. Bisogna generare, a
partire da un mix di cellule modificate
a vari livelli o intatte, singole cellule
dalle quali produrre nuove linee
cellulari editate. Si staccano le cellule
dalla plastica di crescita e si procede a
una diluizione limite. Si seminano 500
cellule nel primo pozzetto, nella prima
riga, in una piastra a 96 pozzetti. Con
una pipetta multicanale, si procede a
diluire questo terreno contenente 500
cellule 1:2, per 11 volte. Se nella riga A
ci sono 500 cellule, nella riga B ci
saranno circa 250 cellule, nella riga C circa 125, nella riga D 60-70. Man a mano che ci si porta
avanti nelle diluizioni scalari, si procede fino ad avere una cellula sola, che potrebbe morire in
condizioni normali, ma sono cellule tumorali, immortali, che produrrà un clone, fotocopia di sé
stessa e del proprio genoma. Si avrà un ammasso di cellule tutte derivanti da un unico progenitore
mutato, quindi anch’esse mutate. Si isolano i cloni su una piastra (una trentina di cloni mutati circa
da una diluizione limite, da 40-50 pozzetti contenenti cloni derivati da una sola cellula), e questi
vengono espansi e viene loro estratto il DNA, per caratterizzare ciascuno dei cloni, per capire la
linea cellulare che si sta per allestire.
Come capire che genere di mutazione è stata prodotta, se in omozigosi, in eterozigosi?
Si hanno 20 cloni. Si potrebbe estrarre il DNA da un clone, lo si sottopone a PCR e lo si manda a
sequenziare così com’è. Se si procede in questo modo, il prodotto di PCR per quel clone è un mix
dell’amplificazione di entrambi gli alleli: non si può capire a che livello di zigosi è stata prodotta la
mutazione. L’elettroferogramma presenta picchi sovrapposti.
Si manda comunque a sequenziare il clone: quest’operazione permette di escludere i non mutati.
Ancora non capisco se si è in un contesto di omozigosi o di eterozigosi. Se non si riescono a leggere
i nucleotidi da un certo punto in poi (bassa coverage) significa che in quei prodotti di PCR si sono
verificate mutazioni, che verranno studiate. I cloni che sono esattamente fedeli alla sequenza
depositata nei database (cloni w-t)
vengono scartati perché non hanno
alcun significato ai fini dell’editing.
Si deve riuscire a capire l’omozigosi o
eterozigosi all’interno della
popolazione clonale editata. Si
procede con il subclonaggio: si
prende il DNA amplificato mandato
a sequenziare (contenente sequenze
differenti dal DNA w-t) e lo si clona
all’interno di un vettore di
subclonaggio già aperto (TA
subcloning vectors), pronto per
ricevere un frammento, richiudersi ed essere immessi in una cellula batterica. Adesso si hanno
tanti (centinaia) plasmidi diversi, con un solo amplicone del prodotto di PCR a testa. Prima
avevamo centinaia di migliaia di ampliconi che venivano letti insieme, adesso sono stati suddivisi
in plasmidi diversi. Mandando a sequenziare 5-6 plasmidi purificati da una singola colonia, si
avranno, statisticamente, 3 plasmidi con l’amplicone dell’allele 1 e altri contenenti l’amplicone
dell’allele 2. Non ci sarà più sovrapposizione. Si sono separati i due alleli: un plasmide può
ospitare l’amplicone di un allele soltanto. Inviare soltanto 2 plasmidi non è sufficiente (è troppo
elevato il rischio di avere lo stesso allele inserito), bisogna mandarne almeno 5-6. Dividendo i due
alleli e sequenziandoli, si comprende il tipo di mutazione avvenuta.
Nel sequenziamento generico, osservo la situazione del clone 10. Su 6 plasmidi mandati a
sequenziare, 2 hanno riportato la delezione di un nucleotide, 3 hanno subito una delezione di 10
basi: avrei individuato i due alleli di quel clone. Ma dal report emerga una situazione di un
plasmide con una delezione di 13 paia di basi. Non ha senso. Se ottengo più di due alleli, significa
che non è stato portato avanti un singolo clone, ma c’erano più cellule derivate da più progenitori
clonali. Quel clone non era puro. Lo si deduce dalla presenza di più di due varianti alleliche. Lo
stesso discorso vale per il clone 9.
Il clone 8 possiede 3 colonie con una mutazione di 19 paia di basi e 3 colonie con una delezione di
21 paia di basi. L’editing ha colpito entrambi gli alleli. Lo stesso discorso vale per il clone 7, per il
quale ci sono 7 cloni con una modificazione di 5 nucleotidi e un clone con una modificazione di 8
nucleotidi. Se fossero stati mandati a sequenziare soltanto due plasmidi, sarebbe stato molto
elevato il rischio di sequenziare due volte lo stesso frammento allelico.
Quale, tra questi cloni, è il migliore per generare una linea knock-out?
Se si edita provocando una mutazione che coinvolge un numero di basi multiplo di tre, non
avviene il frameshift, si ottiene solo una proteina mutata.
Il numero 7 è un candidato ottimo perchè non ha multipli di 3. Anche il 3 va benissimo. Il
candidato 4 non è un buon candidato: è un eterozigote. Ha un allele che non è assolutamente
mutato: c’è stato l’inserimento di tre nucleotidi. La proteina viene sintetizzata lo stesso. Invece, il 3
e il 7, sicuramente, genereranno un prodotto alterato. Nel caso di una mutazione di un singolo
nucleotide, è bassa la probabilità che questa subisca una reversione. E’ più facile che la cellula si
snaturi completamente e sia in grado di sopravvivere senza ceramidasi acida, liberandosi della
ceramide in altri modi.
Si operano i dovuti controlli. I cloni in real-time PCR non amplificano più per il gene: è stata
disegnata una serie che va a sovrapporsi alla regione che viene tagliata. In Western blot si osserva,
nella linea cellulare che deriva dal clone 7, l’assenza della banda della CA. Anche in
immunoistochimica è stato confermato il risultato: le cellule sono prive di CA.
Come stanno queste cellule editate?
Il numero di cellule di melanoma che danno metastasi viene studiato attraverso un saggio di
invasione cellulare (semina delle cellule su un materiale gelatinoso chiamato matrigel), per
osservare quante di queste riescano a farsi strada attraverso questo substrato, arrivando al fondo
del pozzetto. Le cellule trattate con
guide non specifiche (non affette da
tagli) si mangiano rapidamente il
matrigel (sintomo tipico di una cellula
tumo