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PPI

Il Partito Popolare manteneva un atteggiamento a volte collaborativo a volte meno nei

confronti della classe dirigente liberale, soprattutto nei confronti di Giolitti (i rapporti

fra Sturzo e Giolitti non erano buoni poiché si imputava a Giolitti la politica

strumentale nei confronti dei cattolici durante il periodo dell’Italia giolittiana).

Gli anni che seguono, con Bonomi e Facta (giolittiano), vedono un partito popolare

diviso all’interno. L’atteggiamento di maggioranza è antifascista, ma con divaricazione

fra il gruppo parlamentare, che ha una visione più possibilista nei confronti della

collaborazione con il governo fascista e la segreteria, appunto assolutamente

antifascista. Di nuovo qui prevale il pericolo dell’influenza socialista delle masse – quel

moto che la classe liberale aveva seguito verso posizioni di sempre maggiore simpatia

nei confronti del fascismo dovuto al biennio rosso e alla reazione fascista, coinvolge

anche il mondo cattolico. Lo spostamento verso il conservatorismo non è solo proprio

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dell’establishment liberale e dei suoi elettori, ma è generalizzato a fronte

dell’espansione del socialismo e vede anche il mondo cattolico come attore – inoltre, si

tenga presente che era proprio questo timore una delle motivazioni che avevano

indotto il vaticano a favorire la nascita del PPI, ossia un partito popolare che

raccogliesse il consenso delle masse in funzione antisocialista, proprio perché si è già

detto dei dubbi sulla capacità della classe dirigente liberale di raggiungere la fase di

massa della politica. Quindi anche l’elettorato del PPI si sposta verso dx, il che spiega

perché quando viene formato il primo governo Mussolini, esso sarà di coalizione, e

vedrà la partecipazione dei popolari (Gronchi). Ciò fino al ’23, quando poi l’appoggio

verrà ritirato. Comunque si assiste a detta spaccatura fra la segreteria del partito

(Sturzo) e il gruppo parlamentare) – influisce sulle dinamiche comunque soprattutto la

posizione del vaticano, che dal ’23 decide per la linea di convivenza con il governo

fascista – anche il vaticano ha la posizione propria delle classi dirigenti europee; fra i

due nemici: rivoluzione bolscevica da una parte, e un governo che aveva determinato

una serie di violenze nel paese (’20-’22, soprattutto il ’21 è teatro di un forte clima di

violenza nel paese), il vaticano si accosta a questo secondo modello, scostandosi

dall’atteggiamento neutrale.

Le istituzioni e lo stato (prefetti, carabinieri, guardia regia), iniziano a non essere più

neutrali dinanzi agli scontri, questo perché si sentono più vicini al movimento fascista

piuttosto che alle forze di sx. Non c’è solo la questione del biennio rosso, ma anche

l’esperimento rivoluzionario russo, ed anche, ancora, il presentarsi del partito

socialista come antinazionale, ossia la memoria della mancata integrazione del partito

socialista all’interno delle grandi scelte della classe dirigente liberale (guerra di Libia,

ma ancora di più Prima guerra mondiale), le quali perdurano nella memoria collettiva.

È vero, infatti, che c’è un consenso forte al PSI alle elezioni del ’19, ma è vero anche

che in primo luogo esso inizia già a ridursi negli anni ’20, in secondo luogo esso inizia

a spacchettarsi a fronte delle divisioni nella compagine socialista (PCI – PSU).

Fermo restando questo consenso, inoltre, in realtà c’è tutta un’altra parte del paese,

che è maggioritaria, che guarda con sospetto e con timore l’ipotesi rivoluzionaria che il

partito socialista aveva mantenuto a partire dal 1912 (torna il tema della

delegittimazione politica, il quale opera nel lungo periodo – ricadere nel cono d’ombra

della delegittimazione politica esclude questi partiti dall’area della governabilità).

Il PSI, nell’ Italia liberale, ricade nel cono d’ombra della delegittimazione politica, per

cui, pur partecipando alla competizione è escluso dall’area della governabilità proprio

per le scelte che aveva compiuto. Quelle spaccature che cominciano ad emergere

nell’età giolittiana, e precipitano con la decisione della grande guerra, producono i loro

effetti nefasti, pertanto non solo ci sono divisioni nel PSI, ma quest’ultimo non è

neanche una forza politica utilizzabile per rinsaldare le istituzioni liberali – le tematiche

di questa forza antisistemica, che ha comunque un suo seguito, è chiaro che

spaventino tutto l’altro spettro del sistema politico, quindi la componente cattolica e la

componente liberale slittano verso la componente conservatrice, se non autoritaria.

Per non parlare dei poteri forti del paese, si parla della borghesia industriale, che vuole

fare i conti con il PSI dopo l’occupazione delle fabbriche.

Tornado al PPI, questo atteggiamento della santa sede si ripercuote anche nella

direzione del PPI, tanto che la santa sede, che vuole diminuire il connotato antifascista

del partito, costringe Sturzo prima ad abbandonare la segreteria del partito, poi ad

abbandonarne la presidenza, fino a che nel 1924 Sturzo è confinato negli Stati Uniti.

L’idea chiara sulla necessità di scendere a patti con il governo fascista fa sì che Sturzo

passi gli anni del fascismo negli Stati Uniti in un esilio volontario/suggerito dalla santa

sede – a capo della segreteria del PPI sarà De Gasperi, anch’egli di formazione

antifascista, tanto che quando nel ’25 i partiti saranno sciolti, egli passerà la vita negli

anni del fascismo a fare poi il bibliotecario del vaticano, derogando alla sua attività

politica. Per far riemergere De Gasperi e la classe dirigente di questo primo

popolarismo si attenderà poi il ’42, e poi lo sviluppo dell’Italia repubblicana.

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Anche il PPI, dunque, nel momento dei tragici avvenimenti del ’24-’25 si presenterà

diviso, non solo per la posizione del vaticano, di dialogo con il governo fascista, tanto

che Sturzo viene ridimensionato, ma anche per le posizioni del mondo cattolico. Si

vede quanto la stagione ’19-’22 abbia spaccato, diviso e frantumato il sistema politico

dell’Italia liberale, creando anche delle diaspore. Lo stesso avveniva nella classe

dirigente liberale, dove se una parte maggioritaria guarda con favore al fascismo, nella

convinzione di poterlo usare per ridimensionare il PSI e quindi poi istituzionalizzare più

avanti, c’è una piccola parte dichiaratamente antifascista. Tuttavia, sono pochi quelli

che saranno dichiaratamente antifascisti prima del delitto Matteotti, da lì molti

prenderanno le distanze; anche Croce fino al delitto Matteotti guarda con favore al

fascismo, così come Giolitti e lo stesso Einaudi, inizialmente non così critico – questo a

causa di quel fraintendimento che portava a credere che una volta data una lezione ai

socialisti, esso sarebbe stato reinserito nell’alveo del sistema liberale. Questo fa capire

il motivo del via libera dato a Mussolini nel ’22 – il che non è scontato ci sono varie

opzioni inizialmente (Mussolini-Salandra, Giolitti) – l’idea di dare l’incarico a Mussolini è

determinata anche dalla spaccatura nel sistema politico liberale, non c’è solo

l’intelligenza e l’abilità mussoliniane, ma anche la corresponsabilità di tutte le altre

parti e della loro debolezza in quanto avversari. Le vittorie e i successi dipendono

sempre da ambedue le parti. Nel ’22 il successo della marcia su Roma è dovuta a

questa complessità.

Mussolini non sembra neanche prendere subito il sopravvento da questo governo. Dal

’22 al ’25 (approvazione delle leggi fascistissime) difficilmente si può parlare di

dittatura (la questione è dibattuta, qui, focalizzandosi sull’aspetto istituzionale, si

ritiene che il governo sia qui semplicemente e fondamentalmente di coalizione; vi

partecipano: fascisti, liberali, repubblicani ecc.) – tanto che dinanzi alla legge Acerbo

che ripristinava il sistema maggioritario, e che stabiliva che la lista che avrebbe avuto

il 25% avrebbe ottenuto la maggioranza dei seggi in parlamento, e che quindi stabiliva

un premio di maggioranza, vede il sostegno di molti esponenti liberali. Giolitti, in

un’intervista all’ambasciatore inglese, sosteneva che ciò fosse essenziale al ripristino

dell’autorità dello stato e della classe dirigente liberale e che il proporzionale fatto da

Nitti era stato la causa dello sconquasso del primo dopoguerra. La situazione è molto

complessa e variegata e vede non solo la violenza, ma anche il dialogo politico con il

precedente sistema, rispetto al governo fascista. Anche perché mentre il nazional

socialismo nel ’33 arriva al potere come primo partito in parlamento, nel 1922 i fascisti

presenti in parlamento erano solo 35. È chiaro che l’ascesa di Mussolini in Italia non

viene da una posizione di forza dal punto di vista parlamentare, ma da una posizione

di forza all’interno del paese poiché c’è il coadiuvamento da parte degli attori del

sistema politico – ha qui un ruolo importante anche la monarchia, quando Facta

propone al re lo stato d’assedio, il sovrano non lo firma, poiché in quella fase, al di là

dei convincimenti personali (che rispecchiavano sicuramente in buona sostanza quello

della classe dirigente liberale – tema del fraintendimento), si pone il problema della

fedeltà delle forze armate già emerso nella riflessione sovrana in occasione

dell’impresa di Fiume che aveva visto la partecipazione di reparti dell’esercito che

aveva molto preoccupato il sovrano. Nel ’22 questa paura ritorna e il re non solo ha

paura dello spargimento di sangue fra italiani, ma ha anche paura che le forze armate

impediscano lo stato d’assedio, venendo meno uno dei poteri sui quali si era letta la

monarchia sabauda dal regno di Sardegna. Il re non rischia la fedeltà del proprio

braccio armato e decide di accogliere il governo fascista. Dall’analisi della

corrispondenza inglese si è desunto che quando i fascisti arrivano a Roma e passano al

quirinale, passano a salutare il re, il quale si affaccia dal balcone con alle spalle i due

esponenti delle forze armate: il capo dell’esercito e il capo della marina, la monarchia

ha dietro di sé le forze armate - così il re si presenta ai fascisti, ribadendo il ruolo di

fedeltà delle forze armate – dimostrazione chiara dal punto di vista simbolico.

Mussolini è molto abile, però, a collegare il fascismo alla Prima guerra mondiale – uno

dei primi passaggi è porta

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
139 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/03 Storia delle istituzioni politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher bennykkk000 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teoria e Storia dei partiti politici e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università internazionale degli studi sociali Guido Carli - (LUISS) di Roma o del prof Ungari Andrea.