Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
PARTE PRIMA - TEORIA GENERALE DELL'IMPRESA
La moderna teoria dell'impresa nasce nei primi decenni del XX secolo, relativamente tardi rispetto alla nascita dell'economia politica, che si fa invece risalire al 1776. È solo in seguito al contributo di Coase dato nel 1937, infatti, che si iniziano ad affrontare questioni fino ad allora mai considerate, e che l'impresa inizia ad essere concepita come una forma di organizzazione della produzione, una tra tante, tutte viste come alternative possibili tra le quali è opportuno scegliere. Non ci si focalizza più sullo studio dei comportamenti e delle interazioni sul mercato di imprese date, in determinate circostanze; il problema, adesso, sta nel capire quale sia la forma organizzativa, tra quelle possibili, più appropriata in una certa situazione. Per capire meglio, possiamo pensare il lato della produzione di un mercato come un insieme di caselle da riempire: non ci interessa come si arriva alla situazione data, quante e quali caselle si siano originate e perse attraverso quel progetto, ma perché in ogni casella si insedia una determinata forma organizzativa. La teoria mira quindi a capire in quali circostanze sorge una determinata forma organizzativa.
Particolarmente importanti per la comprensione della natura e della funzione d'impresa sono:
- autorità e potere
- free riding (volgarmente detto "mangiare a sbaffo")
- funzioni economiche complementari svolte dai titolari d'impresa
- diritti di proprietà sui beni
- investimenti idiosincratici.
1 - L'IMPRESA E LE SUE FORME
L'economia capitalistica contemporanea è nata due secoli fa in Inghilterra con la Rivoluzione Industriale, per poi diffondersi in Europa e in America. Essa è al centro di un dibattito ormai secolare, che ha registrato una varietà di posizioni: se tutti infatti riconoscono una distinzione netta del capitalismo da tutte le economie precedenti, non si ha accordo né sulle cause di discontinuità né sui tratti distintivi. Sicuramente, diversa è l'organizzazione della produzione all'interno dell'impresa capitalistica, in cui i proprietari del capitale hanno il controllo, si appropriano del profitto originato dall'attività produttiva e impiegano il lavoro salariato acquistato sul mercato. Cruciali sono quindi i rapporti che conseguono tra capitalisti e lavoratori, tant'è che il capitalismo viene spesso caratterizzato come il modo di produzione in cui "il capitale assume il lavoro". Ovviamente però, affinché possano esistere capitalisti che ingaggiano lavoro contro una remunerazione monetaria, è necessario che esista una forza lavoro che si offre per un salario, e che quindi sia funzionante un mercato del lavoro.
Fino a quel momento, il lavoro manuale era stato tipicamente schiavistico, servile o di autonomi lavoratori artigiani, proprietari degli strumenti del proprio lavoro, e il lavoro salariato era piuttosto raro. Nel XIX secolo invece, si è assistiti alla graduale scomparsa dei legami di tipo feudale tra lavoratori manuali da una parte e padroni, signori e corporazioni dall'altra. Questo ha portato una massa di lavoratori "liberi" - senza altra ricchezza se non il loro potenziale – ad affacciarsi sul mercato e ad offrirsi al migliore offerente in cambio di un salario. Si è quindi avuto un passaggio da una società feudale ad una società capitalistica, e trasformazione dei ceti in masse. I soggetti diventano così portatori di interessi comuni ad altri soggetti (c.d. interessi di classe), che nascono la classe operaia e la società di massa.
Il capitalismo è stato subito messo in discussione: le condizioni economiche delle nuove masse di salariati, ai limiti della sussistenza e continuamente messe a repentaglio dall’andamento ciclico caratteristico del capitalismo, hanno portato a numerose critiche, manifestate anche da membri della borghesia produttiva quale, e.g., Owen. Egli, insieme con altri socialisti utopici, ha provato ad ipotizzare modelli di organizzazione della produzione alternativi all'impresa capitalistica, basati su elementi comunitari o comunisti. Tra questi si inserisce l'impresa cooperativa del lavoro, una forma di impresa in cui non si ha netta contrapposizione tra capitale e lavoro, e in cui i lavoratori controllano l'organizzazione e si dividono i profitti. La prima esperienza si è avuta nel 1844 a Rochdale, in Gran Bretagna, dove dopo uno sciopero fallito, alcuni lavoratori tessili si sono uniti per fondare una cooperativa di consumo che è stata poi modello e punto di riferimento di molte altre esperienze simili. Tuttavia, è solo a fine '800 che il fenomeno cooperativo acquista spessore. Sin dalle origini si è manifestato in varie forme organizzative, sempre accompagnate da varietà culturali e ideali, nonché di ispirazione evangelica e al magistero sociale della Chiesa.
- cooperativa di consumo
presenta affinità con la cooperativa di lavoro, ma non sono i lavoratori a controllare l’impresa, quanto piuttosto i consumatori. Si elimina il commerciante, e quindi anche il conflitto di interessi tra questo e i consumatori
- cooperativa di lavoro
- banche di credito cooperativo e altre forme.
Riassumendo, dunque, all’interno dell’economia capitalistica le due principali forme d’impresa sono: quella controllata dai proprietari del capitale (impresa capitalistica), e quella controllata da altre categorie di soggetti, quali lavoratori o consumatori (impresa cooperativa).
Se in passato, gli economisti classici (Smith, Ricardo, Mill, Marx) avevano come obiettivo la comprensione dei fenomeni macroeconomici, oggi ci si focalizza maggiormente sul punto di vista microeconomico. La teoria dell’impresa tratta soprattutto degli aspetti organizzativi dell’impresa, soffermandosi su chi organizza e su che cosa si organizza, con quali strumenti, ecc.
2 - IL MERCATO E LE ORGANIZZAZIONI
La divisione sociale del lavoro, che si concretizza nella frammentazione dei processi produttivi e nella specializzazione delle mansioni produttive, ha iniziato a manifestarsi negli stadi primitivi della società, e si è poi intensificata nel corso dei secoli. Perché possa manifestarsi, si devono avere due condizioni, e cioè i produttori devono avere la possibilità:
- di concentrare nello svolgimento della loro attività lavorativa con altri che svolgono mansioni diverse ma complementari
- di accedere ai beni di cui hanno bisogno, ma che non contribuiscono direttamente a produrre.
La divisione del lavoro implica pertanto la cooperazione e la circolazione dei beni, che sono strettamente connesse al ciclo produttivo. Questo non è legato solo ed esclusivamente alle attività che si svolgono entro i confini di un’impresa o di un’unità produttiva di impresa, ma quasi sempre comincia prima e spesso continua anche dopo che il prodotto è uscito da quell’unità produttiva. In realtà il ciclo produttivo non è circoscritto all’interno di un’unica unità organizzativa, ma, attraverso più unità autonome ciascuna delle quali comprende al suo interno più fasi, infine, tra i soggetti impegnati nelle varie fasi, hanno luogo passaggi di beni semilavorati.
Graficamente il ciclo produttivo di un bene appare come sopra. Su ciascuna linea sono collocati i soggetti che svolgono mansioni lavorative diverse dalle due punti della stessa linea, quello più a sinistra rappresenta la fase che viene prima), mentre mansioni non appartenenti alla stessa produzione, possono essere simultanee (come lo sono B,C ed E). Le diverse linee pian piano confeliscono l’una nell’altra fino ad esaurirsi in un punto dove il prodotto finale esce definitivamente dalla produzione e approda al consumo.
Il ciclo produttivo più semplice è quello in cui vi sono all’inizio e alla fine due soli soggetti che intervengono in sequenza nel processo: è questo il caso di un soggetto A che produce un semilavorato e di un soggetto B che, completando il semilavorato, produce il bene finale.
Immaginiamo che due soggetti entrino in contatto unicamente attraverso un atto di scambio, che diviene qui uno strumento di cooperazione nella produzione. Ovviamente perché ciò sia possibile è necessaria la coordinazione tra A e B, e sono essenziali due cose: che il bene semilavorato abbia le caratteristiche richieste, e che il trasferimento avvenga nei tempi giusti. Il coordinamento tra produttori è indispensabile per la cooperazione.
Un discorso analogo può essere fatto in relazione alla produzione di un servizio: supponiamo che il produttore B chieda ad A l’idraulico la riparazione di un tubo, e che i due si accordino per un certo compenso. B non è interessato al modo in cui A esegue la riparazione, non essendoci nell’accordo alcun riferimento al fare dell’idraulico ma solo al risultato desiderato dal committente. Nel fornire il suo servizio, A fa la stessa cosa di un artigiano che costruisce il tubo in proprio per la vendita, pertanto anche in questo caso possiamo parlare di scambio.