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I∝E
Tale teoria si dimostrò inefficace qualora fu necessario spiegare fenomeni come la radiazione del corpo
nero e l’effetto fotoelettrico. Max Planck pubblicò un’equazione sulla distribuzione della radiazione
elettromagnetica emessa dal corpo nero (corpo cavo le cui pareti interne, mantenute a temperatura
costante, emettono in ogni istante tanta energia quanta ne assorbono), nella quale ipotizzò che un corpo
non sia in grado di emettere o assorbire energia costantemente, ma soltanto secondo certe quantità
discrete. O più semplicemente sono gli atomi che costituiscono la materia ad emettere energia, variando
il proprio contenuto energetico per quantità discrete (i quanti= la particella elementare associata a un
dato campo di forze). Un quanto di energia è relazione hxν (ν= frequenza della radiazione emessa, h=
costante di Planck).
In riferimento all’effetto fotoelettrico (emissione di elettroni da parte di una superficie metallica quando
viene inciso da un fascio di luce) Albert Einstein ipotizzò che la luce fosse composta da particelle
(teoria corpuscolare), che chiamò fotoni (massa a riposo=0, colpendo la superficie del metallo riescono
per urto a strappare l’elettrone, sono particelle di energia h) e che l’energia E di questi fosse
proporzionale alla frequenza della radiazione:
E= hxν
Il modello ondulatorio della luce non era infatti in grado di spiegare che per avere emissioni di elettroni
dalla superficie metallica la luce incidente dovesse possedere una frequenza superiore ad un valore ν ,
0
(valore soglia) caratteristico per ogni metallo. Inoltre, secondo questa teoria, all’aumentare dell’intensità
dovrebbe aumentare l’energia cinetica degli elettroni emessi (che ne è indipendente) e non la corrente
fotoelettrica (pari al numero di elettroni emessi per secondo) come invece si osservava.
Affinché un fotone possa espellere un elettrone dal metallo è necessario che la sua energia sia uguale o
superiore al lavoro di estrazione (L = lavoro che si deve compiere contro le forze che trattengono
e
l’elettrone all’interno del metallo). Quindi il fotone deve avere un’energia
hxν≥L con h×ν =L
e 0 e
L’intensità di un fascio luminoso avente una certa frequenza è proporzionale al numero di fotoni che
questo trasporta per ogni secondo. Anche il numero di elettroni emessi per secondo dalla superficie del
metallo (corrente fotoelettrica) è proporzionale al numero di fotoni incidenti e all’intensità di fascio
luminoso.
La luce deve quindi essere considerata, a seconda dei fenomeni in cui è coinvolta, di natura ondulatoria
o di natura crepuscolare, da ciò Luis de Broglie avanzò l’ipotesi che anche le particelle materiali
2
avessero la medesima natura. Secondo Einstein, in accordo con l’equazione E=m×c , massa ed energia
sono equivalenti, se tale equazione viene applicata ad un fotone di energia
E=h×ν= hc/λ
2
si ottiene mc = hc/λ
h/λ = mc
La quantità di moto p di un fotone, che si muove alla velocità c, è p=mc e si ottiene
h/λ= p
L’ipotesi di de Broglie consiste nel considerare p come la quantità di moto di una particella materiale di
massa m che si muove con velocità v (p=m×v) a cui deve essere associata un’onda con lunghezza
d’onda:
λ=h/mv
Per verificare l’ipotesi che alle particelle materiali sono associate delle onde si devono svolgere degli
esperimenti in cui si può osservare il fenomeno della diffrazione: Davisson e Germer confermarono
l’ipotesi e la formula di de Broglie, osservando come un fascio di elettroni monocromatici (si muovono
tutti con la stessa velocità e che hanno associata una lunghezza d’onda) veniva diffratto da un cristallo,
così come accade ai raggi X.
Modello di Bohr
Quando gli elettroni cedono energia fanno si che si formino degli atomi che non si trovino più allo
stato fondamentale, bensì in stati eccitati, ovvero in una condizione di instabilità, fino a quando non
tornano spontaneamente allo stato minimo di energia (stato fondamentale). Il passaggio da stati aventi
un’energia superiore a quelli aventi un’energia inferiore avviene attraverso l’emissione di fotoni
(radiazioni elettromagnetiche).
Bohr nei primi anni del 900 postulò che ogni atomo possedesse una serie discreta di stati stazionari, ai
quali corrispondono determinati valori di energia E1, E2, E3. L’atomo può esistere solo in questi stati
stazionari e può passare da uno stato all’altro emettendo e assorbendo un quanto di luce di energia hv
(corrisponde alla differenza di energia tra gli stati coinvolti nella transizione).
- Se un elettrone passa da uno stato con energia E1 a uno stato con energia E2 con E2 > E1 gli
E
deve essere fornita una energia pari a E2 -E1
- Quando l’elettrone ritorna nel livello E1 emette energia sotto forma di radiazione luminosa di
E = E2 -E1 = h
Con l’ipotesi che l’elettrone si muova intorno al nucleo descrivendo orbite circolari e che il momento
della quantità di moto (L= r^p -> prodotto vettoriale) dell’elettrone possa assumere solo valori discreti
interi Bohr calcolò i valori delle energie degli stati stazionari dell’atomo di H e ne ricavò le lunghezze
d’onda delle radiazioni che vengono emesse quando atomi di H passano da stati di energia superiori a
quelli inferiori.
Le frecce indicano alcune delle possibili transizioni da stati di più alta energia a stati di più bassa.
Successivamente Sommerfeld ipotizzò che l’elettrone potesse descrivere anche orbite ellittiche, tuttavia
il modello Bohr-Sommerfeld fallisce completamente nel calcolo dei livelli energetici di atomi con più di
un elettrone.
Equazione d’onda di Schroedinger
In accordo con i principi della meccanica quantistica è possibile scrivere per un sistema ‘’un’equazione
del moto’’ chiamata equazione d’onda, la cui soluzione fornisce delle funzioni d’onda, che descrivono
lo stato e tutte le grandezze misurabili del sistema (valori dell’energia, del modulo del momento della
quantità di moto). Tale equazione è l’equazione d’onda di Schrodinger (l’espressione matematica
differenziale che descrive il moto di un elettrone nel campo di potenziale in cui esso si muove. La
).
soluzione dell’equazione è la funzione d’onda Tale equazione ha soluzioni esatte solo per l’atomo
di idrogeno o per atomi con un solo elettrone. Risolvendola si ottengono tutti i valori dell’energia, ad
.
ogni valore di energia sono associate una o più funzioni d’onda Ogni funzione d’onda (definita
anche orbitale) è identificata da tre parametri chiamati numeri quantici.
n: numero quantico principale, da cui dipende il valore di E, assume i valori n =1, 2,…..,; ad ogni
valore di n corrisponde un livello energetico;
numero quantico secondario, assume i valori l = 0, 1, 2,….,n-1 per ogni valore di n, indica il tipo di
orbitale. Es. per n = 2, l=0, 1
ml : numero quantico magnetico, assume i valori - l ml l. Es: l = 2, ml = -2, -1, 0, 1, 2 in totale;
indica il numero di orbitali di tipo l.
Siccome ad ogni valore di n corrisponde un livello energetico l’energia è quantizzata, per lo stesso
motivo n viene definito numero quantico principale.
Gli orbitali con numero quantico secondario l=0 sono chiamati orbitali s, quelli con l=1 orbitali p,
con l=2 orbitali d e quelli con l=3 orbitali f. gli orbitali vengono indicati mediante il numero quantico
principale n seguito dalla lettera corrispondente al numero quantico secondario.
Le funzioni che hanno lo stesso numero quantico principale appartengono allo stesso strato o livello,
che viene indicato con la lettera maiuscola
K se n=1
L se n=2
M se n=3
N se n=4. ms
Numero quantico di spin: è un numero quantico associato al moto rotatorio di un elettrone
intorno al proprio asse. Può assumere solo due valori, +½ o – ½. Infatti, l’elettrone è dotato di un
momento angolare intrinseco (è come se ruotasse attorno al proprio asse), al quale è associato un
momento magnetico chiamato spin dell’elettrone. Tale asse di rotazione di può orientare in due modi,
che vengono definite parallele (+1/2) e antiparallele (-1/2).
Regole di riempimento degli orbitali
Configurazione elettronica: è la disposizione degli elettroni negli orbitali per l’atomo neutro nel suo
stato di minor energia.
Regole Aufbau, per il riempimento orbitalico
✓ Principio di Pauli: in un atomo non coesistono elettroni con tutti e quattro i numeri quantici uguali;
due elettroni possono avere uguale Ψ (“occupare” lo stesso orbitale) ma con diverso ms (spin opposto);
✓ Principio della minima energia: gli elettroni hanno la minor energia possibile, sono quindi descritti
dalla funzione d’onda di minor energia o “occupano” gli orbitali o il livello elettronico di più bassa
energia;
✓ Regola di Hund: massima molteplicità di spin: elettroni che “occupano” orbitali degeneri si
dispongono, finchè possibile, su orbitali differenti con uguale ms (spin parallelo
(Modelli atomici
Si vuole conoscere dove si trovano e che energia hanno gli elettroni all’interno dell’atomo. Per fare
questo occorre costruirsi un modello capace di spiegare l’esistenza dell’atomo.
L’elettrone è una particella carica e muovendosi produce un campo elettro-magnetico (luce) se si
muove-> emette luce-> perde energia e cade quindi sul nucleo (portando l’equazione di Coulomb a
zero). Per non cadere sul nucleo che lo attrae deve muoversi ad una determinata velocità; pertanto,
dobbiamo associargli un’energia cinetica correlata al suo moto.
Principio di indeterminazione di Heisenberg
Vi si basa la teoria quantistica. Se io osservo un corpo in movimento e voglio determinare la posizione e
la quantità di moto (mxv) di una particella
Prendo come riferimento l’asse x un corpo che si muove di velocità v e di massa m
Non riuscirò a determinare la sua posizione e la sua quantità di moto in maniera precisa, ma una
probabilità che sia in quella determinata posizione .)
Atomi polielettronici
L’equazione d’onda relativa all’atomo di idrogeno e agli ioni idrogenoidi (specie costituite da un
nucleo e un solo elettrone che si muove intorno) può essere risolta in modo rigoroso e solo per questi
ioni si possono ottenere orbitali esatti. Per gli atomi polielettronici l’equazione d’onda non è più
risolvibile con esattezza. L